Mai come nei giorni del coronavirus ho pensato al mio vecchio amico Tonino Guerra: avrei voluto tanto tornare a Pennabilli, sopra Santarcangelo, alla sua “casa dei mandorli” e vedere anche la sua dolcissima moglie Lora nei giorni del centenario della sua nascita, ma il contagio mi ha bloccato a Bologna. Mi è dispiaciuto moltissimo non essere riuscito a tornare, per l’occasione, in quel luogo incantato cui dedicò anche un versetto in romagnolo (“la mi chèsa la i è acsè d’in élt ch’u s sint a tòs e’ Signòur”, la mia casa sta così in alto che si sente la tosse di Dio), rivedere gli alberi in fiore, respirare l’aria calda della bella stagione. Eppure proprio la “fase uno” della pandemia, che mi ha segregato in casa, mi ha anche fatto sentire ancora più vicino alla poesia del grande cantore di quella magica terra che si chiama Romagna. Perché Tonino è stato il prototipo di tutto ciò che, in questo periodo di clausura, ci sta più mancando: l’aria aperta, il paesaggio che si distende davanti ai nostri occhi, le farfalle che si posano sugli alberi senza il desiderio di mangiarle come, purtroppo, succedeva anche a Tonino ai tempi del “lager”, le spiagge della riviera romagnola, gli arcobaleni dopo la pioggia che, come un mago, regalava spesso a chi andava a trovarlo (vedi testo e immagini a seguire di Daniele Pellegrini, Ndr).

Ecco, forse proprio perché, durante la guerra, era stato per anni chiuso in un campo di concentramento tedesco, il padre di Amarcord è riuscito a diventare il miglior poeta di quel mondo che tornerà a spalancarsi attorno a noi. I suoi racconti continuano, infatti, a raccontarci gli spazi sconfinati, le grandi profondità del cielo e del mare: ciò che oggi più ci manca. Guerra è diventato il poveta del colore: la sua vita è disseminata da moltissimi arcobaleni, anche in sedicesimo, che ci hanno fatto sognare. Come non respirare a pieni polmoni quando si rileggono le sue storie? Tipo quella di suo padre che, in primavera, alle sei del mattino, faceva alzare i figli perché vedessero “la nuvola bianca” dei mandorli in fiore, quella magica tovaglia che ricopriva il tavolo giù nel giardino. E come non rivedere nella mente il film felliniano del transatlantico Rex che solca il mare infinito la notte come un grande riflettore assieme alla luce del mitico Grand Hotel?

Tonino è stato, in tutti i sensi, un poeta solare anche se amava molto le stelle delle notti romagnole e, pensate un po’, non disdegnava neppure la pioggia. Come in questo suo breve racconto sul Ferragosto in Romagna che mi fece un giorno durante la manifestazione a Cervia La spiaggia ama il libro, curata da quel gigante del turismo che è stato Terenzio Medri:

Che cosa vorrei d’estate? Te lo spiego subito. Immagina una giornata calda, sulla spiaggia, le undici della mattina. Quei poveri bagnanti vivono un caldo da morire. Sudano e sono mezzo addormentati. Ecco, io vorrei radunare i responsabili della Riviera e dire loro: per favore, per mezz’ora trasmettete un temporale. È la più grande musica che possa esistere. Guardate che il fresco non abita soltanto fuori, abita nel nostro cervello: tutti sentirebbero un’armonia liquida.

Che la pioggia t’accompagni, caro Tonino. Sì, il cantore dei mandorli in fiore è stato certamente il migliore ambasciatore della Romagna nel mondo assieme a Federico Fellini. Ai due “grandi” potrei forse aggiungere il nome di Leo Longanesi, il maestro di Indro Montanelli, che, quando girava per l’Italia, scriveva sempre: “Da noi in Romagna”, come per sottolineare come la terra della caveja (lui era nato a Bagnacavallo, Ravenna, il 30 agosto 1905) avesse sempre una marcia in più rispetto al resto d’Italia.

Ecco, oggi posso confessarlo: ho un grande rimorso. Quello di non aver fatto incontrare Guerra con Montanelli: entrambi mi avevano onorato della loro amicizia e anch’io avrei dovuto farli diventare cari amici: sarebbero stati compagni di una vita pur essendosi incontrati nella loro terza età. Volete mettere la ribollita di quel toscanaccio inappetente di Indro con le tagliatelle al ragù di Tonino? Ne avrebbero discusso per ore. (g.m.)

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¹ Giancarlo Mazzuca (Forlì, 25 luglio 1948) è un giornalista e scrittore. È stato inviato speciale del Corriere della Sera, caporedattore della sezione Economia a Il Giornale di Montanelli e suo vicedirettore a La Voce, poi vicedirettore di Fortune Italia. Ha diretto il Resto del Carlino (2002-2008) e il Giorno (2013). Dal 2013 al 2016 deputato della XVI Legislatura. La sua copiosa produzione libraria è a questa pagina. Il suo nuovo libro, Romagna nostra, scritto con il fratello Alberto e con le foto di Lorenzo Capellini (Minerva Edizioni, Bologna) sarà presentato da Salvatore Giannella giovedì 23 luglio 2020, alle ore 18.30, nell’Anfiteatro di piazza Vittorio Emanuele II a Pennabilli.
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A PROPOSITO/ Una poetica testimonianza di DANIELE PELLEGRINI²

Il regalo iridato di Tonino

Pennabilli - Arcobaleno

Andai a trovare Tonino Guerra quando le chiome degli alberi erano già dorate e turbini di vento mormoravano che, sull’Appennino, l’inverno sarebbe arrivato presto.

Era il 1993. Salvatore Giannella, allora direttore di Airone, mi aveva incaricato di realizzare per quel mensile di natura un reportage fotografico su una delle zone collinari più belle d’Italia, un po’ nelle Marche, un po’ in Toscana, un po’ in Romagna: il Montefeltro. Una terra magica, meravigliosamente ricca di natura, di storia e di cultura.

Qui Tonino Guerra, giunto al vertice della sua straordinaria carriera internazionale di poeta del cinema a fianco di Federico Fellini e altri grandi registi, aveva deciso di fissare la sua dimora. Giannella mi aveva suggerito di andarlo a trovare perché con le sue idee illuminasse il mio percorso fotografico.

Quando giunsi a casa sua, grandi nuvoloni neri correvano veloci su Pennabilli provocando improvvisi scrosci di pioggia. Sospinta dal vento, l’aria era divenuta frizzante e mi inebriava. Guardando il cielo dissi: “Chissà”. Ed entrai.

Ci sedemmo accanto al caminetto e Tonino mi illuminò. Eccome se mi illuminò! Con le sue parole i castelli e le rocche del Montefeltro si ammantarono di poesia, e poesia pura fu il ritratto della gente, quella gente antica che ancora abitava i cocuzzoli delle colline e che dovevo assolutamente incontrare. Non dimenticò, Tonino, l’appetito e l’olfatto: a Talamello, in Romagna, da una cavità sotto i pavimenti delle case si estraevano, soavemente puzzolenti, i “formaggi di fossa”. E poi i tartufi, i tartufi del Montefeltro…

Quando, ricco di informazioni, mi accomiatai da lui, il vento stava agitando le nubi e il mio istinto di fotografo mi disse che si stava prospettando quanto speravo. Dopo gli scrosci di pioggia, sospese nell’aria, rimanevano ancora miriadi di goccioline d’acqua che avrebbero potuto farmi un grande regalo. Montai in macchina e percorsi diversi chilometri, su e giù tra le colline, per trovare il posto giusto. Quando lo trovai, i raggi del sole, perforando le goccioline d’acqua, stavano deponendo un prezioso diadema sulle colline del Montefeltro, un arcobaleno di sfolgorante magnificenza: il regalo che sognavo.

Ancora inebriato dalla sua poesia, immaginai che questo fosse il regalo di benvenuto che Tonino mi aveva preparato.

Su Airone uscì un grande servizio che seguiva la traccia indicata da Tonino, ma per la foto dell’arcobaleno non si riuscì a trovare spazio. La presento qui, su Giannella Channel, nella ricorrenza dei cent’anni dalla nascita del grande scrittore: è il mio ricordo della sua “illuminazione”, con i colori della pace.

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² Daniele Pellegrini (Crespano del Grappa, Treviso, 1945), ha dedicato tutta la sua vita alla fotografia documentaristica. È figlio d’arte. Suo padre, il giornalista Lino, per oltre mezzo secolo ha realizzato reportages in tutto il mondo. Laureato in Scienze Politiche all’Università Cattolica di Milano con una tesi in etnologia dedicata all’etnia afghana dei Kafiri, che, secondo una leggenda, potrebbero essere discendenti dell’esercito di Alessandro Magno, Daniele inizia poco più che ventenne la carriera come fotografo di viaggio. Per più di vent’anni ha documentato natura, antropologia, archeologia e zoologia di tutto il pianeta, come fotografo di Airone, quando questo mensile, negli anni ’80 e ’90, con un successo editoriale straordinario, era diventato una delle più prestigiose riviste geografiche del mondo. È stato iscritto nel Guinness dei Primati per aver compiuto tra il 1976 e il 1979, con Cesare Gerolimetto, il “Primo giro del mondo in camion”: due anni e otto mesi di viaggio alla guida di un autocarro Fiat-Iveco. Ha collaborato anche con le maggiori riviste geografiche europee. Seguendo gli inviati dell’ONU, ha documentato grandi eventi storici come la terribile carestia dell’Etiopia nel 1985, la guerra civile in Afghanistan nel 1990 e la tragedia del popolo curdo dopo la Guerra del Golfo in Irak, nel 1991. Nel 2001 gli è stata dedicata una tesi di laurea presso l’Università di Parma, dal titolo: “Daniele Pellegrini, fotografo di viaggio”.

Album

Esplorando il Montefeltro

che incantò Tonino

Foto di Daniele Pellegrini

Pennabilli

Pennabilli

Petrella Guidi

Petrella Guidi

Petrella Massana

Petrella Massana

Pietrarubbia

Pietrarubbia

Sant'Agata Feltria

Sant’Agata Feltria

San Leo

San Leo

Val Marecchia

Val Marecchia

Cantoniera verso Carpegna

Cantoniera verso Carpegna

Montefeltro. Zona Frontino

Zona Frontino

Daniele Pellegrini

Daniele Pellegrini

Da “Tonino Guerra 100: stop agli eventi ma non ai ricordi”:

  1. Edoardo Turci e l’infanzia del poeta. Uno storico locale di Sant’Angelo di Gatteo (da dove proveniva la madre di Tonino) rievoca i primi anni della grande firma del cinema in coincidenza con il centenario della sua nascita. È il primo dei contributi che leggerete su Giannella Channel. A seguire: un testo ritrovato di Sepulveda, al quale auguriamo una completa guarigione
  2. La scintilla poetica scoccata nel lager. La prigionia in Germania vede Tonino farsi Omero per i suoi compagni di sventura che con lui condividono il dialetto romagnolo. Per fortuna un medico ravennate, Gioacchino Strocchi, scriverà un diario dettagliato di quei giorni insieme, annotando i testi poetici che Antonio crea e recita ai compagni. Al ritorno in Romagna quei testi diventano un libro e la poesia resta in lui un nutrimento per l’anima
  3. Il giorno che disse grazie, dopo 66 anni, a un angelo di Verona. Nella Giornata della poesia, dieci anni fa, fui testimone di una storia degna di un film di Tonino e Fellini. Dalle fila di un teatro veronese si concretizzò a sorpresa la figura di una pasticcera che, a suo rischio, aveva portato dolciumi e sapone a Tonino prigioniero dei nazifascisti in quella città veneta, in attesa di essere trasferito via treno nel lager
  4. Il giorno in cui mi presentò Eliseo, il Socrate della Valmarecchia. Un noto fotoreporter accompagna il cantore della valle all’incontro con il saggio curatore di un orto. E le ore si riempirono di poesia e di ironia in questa quarta puntata del viaggio per il centenario di Tonino Guerra (testo e foto di Vittorio Giannella per Giannella Channel)
  5. Il giorno in cui accese il fuoco del teatro alle porte di Milano. Il fondatore e direttore di Emisfero Destro Teatro risponde al nostro appello rievocando il festival e l’incontro a Cassina de’ Pecchi che illuminò il futuro artistico suo e di tanti altri giovani di quel borgo lombardo
  6. Il giorno in cui donò, a me regista, la neve sul fuoco. Marco Tullio Giordana doveva girare, nel film “La domenica specialmente”, l’episodio più poetico, tra fascino della sensualità e tristezza della solitudine. Ma quel titolo era appesantito da un mattone. Un viaggio a Pennabilli e da Tonino nasce un’idea e un incontro con due donne straordinarie: Maddalena Fellini, sorella di Federico il Grande, e per il provino, Monica Bellucci
  7. Il giorno in cui mi ricordò che un paese ci vuole. Valentina Galli si stava laureando a Bologna e la tentazione di restare in città era forte. Ma l’incontro con Tonino le fece cambiare idea e ora insegna nella sua Valmarecchia
  8. Il giorno in cui il poeta si mise a dare i numeri. Il direttore del Museo del calcolo Renzo Baldoni rievoca l’inaugurazione delle stanze dedicate al far di conto. Con un rammarico: non aver potuto dirgli che le zone del cervello stimolate da un poeta o da un matematico, sono le stesse
  9. Il giorno in cui insegnò a noi tedeschi come rendere poetico il paesaggio. Roland Guenter, storico dell’arte da Eisenheim, racconta i festeggiamenti virtuali per il centenario nel parco creato sul Reno nel nome di Tonino e rievoca le lezioni di architettura poetica ricevute da lui e da altri studenti a Pennabilli, decisive per dare alla Ruhr un volto seducente per i turisti culturali
  10. Il giorno in cui mi parlò di Serafim, il santo che dava miele agli orsi. A Gianfranco Angelucci, scrittore e sceneggiatore amico di Fellini, il centenario del poeta del cinema che stiamo festeggiando sul blog, ispira un emozionante video e una lettera aperta a Tonino, con una inedita rivelazione spirituale
  11. Il giorno in cui mi regalò la sua gigantesca anima. Enrica, moglie di Michelangelo Antonioni, rievoca il primo e l’ultimo giorno in cui, tra rumori sapori e ricordi, incontrò il poeta del cinema
  12. Il giorno in cui giocò con la mia Gatta Danzante. Il pittore bolognese dei giardini Antonio Saliola, con rifugio creativo nella Valmarecchia, rievoca la favola di un pomeriggio in cui, sotto i suoi occhi stupiti, il suo felino fece le fusa al poeta del cinema, volteggiando come non mai. A seguire, un singolare documento: i pizzini di Tonino a Lora, sua signora, sulla legione di gatti in casa
  13. Il giorno in cui capii come nacque l’urlo in Amarcord “Voglio una donna!”. Lo storico romagnolo Davide Bagnaresi rievoca un incontro con Tonino Guerra in piazza a Bologna sui retroscena del film da Oscar e svela il ritaglio di cronaca che diede vita alla scena con Ciccio Ingrassia. A seguire, i consigli di Tonino per i bravi sceneggiatori
  14. Il giorno in cui assistetti all’incontro tra due grandi italiani: Tonino Guerra ed Enzo Biagi. Rita Giannini, biografa del poeta del cinema, rievoca l’inedito faccia a faccia nello studio in Galleria, a Milano, del popolare giornalista: due emiliani romagnoli, nati entrambi nel 1920, emozionati e liberi di raccontarsi a ruota libera
  15. Il giorno in cui fece cadere la pioggia sulla riviera bollente. Un grande giornalista romagnolo, Giancarlo Mazzuca, rievoca l’incontro a Cervia con il poeta solare fino al midollo che sapeva anche essere l’uomo della pioggia. A seguire: il regalo iridato di Tonino al fotoreporter Daniele Pellegrini
  16. Il giorno in cui conquistò il cuore di medici e infermieri. Il noto pediatra Italo Farnetani rievoca le parole con cui Tonino Guerra commosse 1.200 congressisti a Rimini, richiamando da poeta del cinema l’insegnamento di Ippocrate
  17. Il giorno in cui Sergio Zavoli lo salutò con parole eterne. Del grande giornalista appena scomparso ricordiamo lo speciale addio che diede a Tonino una primavera del 2012 a Santarcangelo

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