Una lettera al Corriere della Sera da un brillante veneziano che illumina un fenomeno antropologico dei turisti in laguna con ragionevole e costruttiva proposta. E una al nuovo Sette, lo storico magazine del Corsera diretto da un mese da Beppe Severgnini, da parte di un antico e ancora vispo redattore capo di via Solferino sugli eterni stereotipi che abitano nelle menti dei giornalisti. Sono le due lettere ai direttori scelte questa settimana per la rubrica “Italiani brave penne”. Leggiamole.
Ai turisti che sui traghetti in laguna pensano solo alle foto
A Venezia sul vaporetto si sta tutti scomodi. I turisti non guardano la meraviglia dei palazzi lungo il Canal Grande (foto in apertura, Ndr): devono fotografarsi e farsi selfie. Perciò (la cabina è vuota) sono tutti impalati come stoccafissi sul ponte a bloccare lo sbarco e l’imbarco. Raccolgono spintoni e insulti, ma non gliene importa: fotografano. Che poi è l’unica vera ragione per venire a Venezia.
Suggerisco di creare un vaporetto-zattera senza pareti e senza tetto, un vero e proprio set fotografico galleggiante e semovente. La “Photo-Boat” eviterebbe ai fotografanti le (per loro) inutili fermate ai pontili e offrirebbe su tutti e quattro i lati (pilota sopraelevato) infinite occasioni di fotografare e fotografarsi senza l’imbarazzante presenza di veneziani che si illudono ancora che il vaporetto sia un mezzo di trasporto.
Franco Bellino, Venezia
Quel mestieraccio di noi giornalisti alle prese con stereotipi eterni
Caro Beppe, ho letto “Luoghi troppo comuni” (Sette del 25 maggio) il breviario degli stereotipi e ti ringrazio perché mi hai fatto fare un passo indietro di quasi quarant’anni. Guarda un po’ che cosa scrivevo nel 1978, nel mio libro Il Mestieraccio che ho scritto quando ero redattore capo del Corriere d’Informazione, lì in via Solferino 28.
Lello Gurrado, Cernusco sul Naviglio
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