La nostra mente non ha più candore,

è piena di egoismo.

Così per denaro più che per ignoranza,

abbattiamo il nostro passato

e non sappiamo che stiamo

distruggendo il nostro futuro

(Tonino Guerra)

Avere un maestro è sentire tutta la forza dell’adolescenza, la forza del sogno, la forza della possibilità. Solo dobbiamo imparare a concederci la fortuna di riconoscerlo. Ermanno Olmi, che applaudivamo a Santarcangelo di Romagna all’apertura del Mondo di Tonino Guerra il 16 marzo 2012, ci ha detto: “Non io, voi meritate l’applauso, perché voi avete riconosciuto il poeta”. Umiltà gigantesca ed esemplare.

Tonino Guerra nel Museo con un quadro soltanto

Pennabilli: Tonino Guerra (16 marzo 1920 – 21 marzo 2012) davanti al quadro L’angelo coi baffi (dell’artista Luigi Poiaghi) ammirabile nel Museo con un quadro soltanto, “il più sguarnito e poetico museo del mondo”, nato da una sua poesia che accoglie il visitatore.

(foto © VITTORIO GIANNELLA)

Incontro in Abruzzo

Ho incontrato Tonino Guerra nel 2007, in un piccolo paese abruzzese. Lui mi aveva detto per telefono: ”Senti, se vuoi conoscere le cose che faccio potresti venire a vedere questa mostra a Canzano, anzi dimmi com’è il mare in Abruzzo, mi piacerebbe andare sulla spiaggia”.

A Canzano ho compreso come un artista poeta sia capace di mettersi in conversazione con i luoghi. Si trattava in questo caso di un posto solitario e un po’ arroccato, un castello in parte salvato al tempo, antichissimi muri, cantine sudate di umidità, il posto della neve, stanze di cortili comuni, strette vie piene di quegli umori… come nei paesi della nostra infanzia.

Luoghi che Tonino chiamava i Luoghi dell’anima, come ha ricordato Giannella Channel nell’articolo “Hollywood ricorda Tonino Guerra”.

Lì ho sentito il suo sguardo toccare, attraverso le sue opere, queste pietre, questi mattoni, scegliere il dove, ascoltando i suoni, le voci, osservando le ombre, le prepotenze della luce, annusando gli odori del tempo. Indicarne la presenza, suggerire l’ascolto. Portare le nostre sensibilità nei paesaggi della memoria con un racconto dilatato di grande immaginazione. Ma non lasciandoci immersi a lungo nello stupore. Aiutandoci invece subito dopo a raccogliere una certezza: credere che la bellezza vada sostenuta, incoraggiata, sottolineata. Che porti dentro di sé una carica potente, viva. Anche economica, se qualcuno ancora non l’avesse capito! Che è come una freccia da tener puntata davanti a noi e da sospingere con intelligenza, rispetto, fantasia, mentre si cammina. Un’abilità da maestro, e lui lo fu realmente, innata, e che diventò ricchezza per la nostra cultura contemporanea, nella straordinaria esperienza della scrittura e del pensiero per il cinema.

Un bagaglio carico di visioni, di emozioni, di incontri che portò con sé da Roma e lo mise sulla terra, sulle erbe e le rocce della valle del Marecchia, dove era nato.

Da questa valle il suo sarà un lento e continuo percorrere, ascoltare e vedere, come una seconda vita spesa nell’oscillazione tra il lavoro con la parola e l’esercizio dell’immagine.

Anche passi faticosi nella scoperta e responsabilità, che daranno ai suoi territori, prima di tutto interiori, grandi suggerimenti.

Incontro quel mondo che aveva grazia, che non avvelenava l’acqua e l’aria, e mi vien voglia di dire a tutti che bisogna tornare a riempirsi di umanità

I messaggi ai sindaci

ll poeta scende in campo con la sua arma preferita, la parola. E anche quando parla con un sindaco o un presidente della provincia, non rinuncia mai a graffiare la compostezza istituzionale o incantarla o darle delle scosse con immagini piene di curiose, gioiose e dolorose verità e suggestioni.
Dei suoi “7 avvisi ai sindaci”, vi do da leggere uno, è fantastico!

Caro Sindaco,

è ora che tu cominci ad ascoltare le voci che sembrano inutili, bisogna che nel tuo cervello occupato dalle lunghe tubature delle fogne e dai muri delle scuole e dagli ospizi e dall’asfalto e dai ferri e dalle pillole per gli ospedali, bisogna che nel tuo cervello pratico e attento soprattutto ai bisogni materiali, bisogna che entri il ronzìo degli insetti. Devi pregare che su questa piazza arrivino le cicogne o mille ali di farfalle, devi riempire gli occhi di tutti noi di cose che siano l’inizio di un grande sogno, devi gridare che costruiremo le piramidi. Non importa se poi non le costruiremo. Quello che conta è alimentare il desiderio, tirare la nostra anima da tutti i lati come fosse un lenzuolo dilatabile all’infinito… Ecco che arriva la nuvola di farfalle, ecco che tutti abbandoniamo la sedia di casa e lo stretto cannocchiale delle finestre. Stiamo tornando al centro della piazza per godere assieme questo spettacolo. I grandi godimenti sono quelli che si provano succhiando la meraviglia che esplode. Solo così può nascere la bella favola del nostro e del tuo paese. Bisogna tornare a essere bambini per governare!

Le sue opere-immagini, dipinti, tessuti, sculture in ferro, pietra, legno, vetro, mosaici, fontane, orti e giardini, così come le feste nel paese e le trasformazioni di povere cose abbandonate in stanze di poesia, hanno ridato a quel posto nella valle il senso della sua storia, di ciò che l’umanità possiede sempre meno, quella capacità di vivere insieme come comunità e prendersi cura dei luoghi.

Le storie sulle porte

Camminare per le vie di Pennabilli un po’ in salita, o un po’ in giù per una stradina dal selciato in pietre grigie, e incontrare sulle porte delle case una dedica che racconti la storia di chi ci abitava, fosse il sarto o il maestro o il parrucchiere, è come trovare una mano che ti invita a entrare nell’incontro con la gente. Le meridiane dipinte su tante case, vere opere d’arte affidate ad artisti non solo romagnoli, sono una gioia per gli occhi che guardano in su, rendono il cammino leggero e ricco di incontri, indicano il tempo, che è anche il tempo del percorrere e non del passare distrattamente a testa bassa.

Il passato in bocca

Il paese ha anche un orto aperto a tutti: L’orto dei frutti dimenticati, dove Tonino ha voluto che fossero piantati alberi da frutto di quelle essenze che appartenevano alla cultura della valle. Il poeta ha percorso, con l’inseparabile amico Gianni, i calanchi raggiungendo vecchi agglomerati di case coloniche e attorno a queste case, a volte abitate da anziani solitari o vuote e crollanti, ha trovato peri, pruni, meli, ciliegi, quelli selvatici dai sapori straordinari. Ogni volta, con nòccioli o nuovi nati, raccoglieva il suggerimento e lo portava in quell’angolo di orto dove a ottobre di ogni anno si fa festa con Gli antichi frutti d’Italia per “sentire il passato in bocca”.

La cosa più importante è la nostra devozione alla terra, torniamo mediocri contadini… I ragazzi devono imparare a usare la fantasia per salvare quello che stiamo perdendo, l’aria, l’acqua. Aiutiamoli a far fiorire piccole parole per la terra. Cercate di stare vicino a una foglia, vogliate bene alla terra, vogliatevi bene

È la bellezza delle sue visioni che rende possibile in noi piccole trasformazioni e ci incoraggia a darci da fare in modo poetico, nel modo possibile della poesia che non è battaglia politica apertamente, ma lo diventa ben presto.

Nell’orto dei frutti dimenticati assieme a tanti alberi sono presenti i passaggi di grandi amici a cui lui ha dedicato un’opera o un gesto, un ricordo. Tarkowskij, il Dalai Lama, Fellini e la Masina… L’orto diventa così un parco delle meraviglie dove cammini tra fioriture e sculture o ti siedi ad ascoltare storie di amori e passioni, buttando l’occhio alle pietre del castello, tra api, farfalle, tra danze e musiche. Un luogo dove incontri sempre persone piene di racconti e di esperienze, gente che conosce le terre del mondo, esploratori silenziosi della vita di alberi rari, esperti di profumi e gemme. Terapeuti, erboristi. Scrittori, giornalisti. Come stare in un libro che tiene accesi tutti i sensi.

Poco lontano, sempre nei giorni dei Frutti dimenticati, nella chiesa della Misericordia, i doni dei frutti antichi sono messi in cartocci e cesti sui banchi da preghiera, sugli altari, sulle panche e sui tavoli imbiancati dalle tovaglie.

Rami, fascine, tele colorate, ceramiche e qualche strumento di lavoro della campagna, sapientemente ridato all’uso, costruiscono con i frutti dimenticati immagini della pittura che direi fiamminga. Anche solo il profumo è una visita all’infanzia.

Piccola, laboriosa economia

La cosa fondamentale è che ci rendiamo conto che tutto è reso possibile perché esiste una piccola e laboriosa economia fatta da persone che per questo lavorano e di questo vivono.

E comprendiamo pure perché il lavoro poetico di Tonino Guerra va così d’accordo con il pensiero di Ermanno Olmi e di Carlo Petrini. Tre meravigliosi amici appassionati amanti delle terre.

Oggi il paese di Pennabilli ha certamente una vita differente dagli anni in cui Tonino era giovane, non si può pensare che la gente spenga la televisione e corra a vedere lo spettacolo di un tramonto, ma il fatto che il poeta abbia disseminato tra le case piccole significative bellezze, abbia gridato alla valle parole luminose, abbia inventato modi e modi continuamente nuovi per incontrare e far crescere, tutto questo certamente diventa una spada che difende dalla rozzezza dei nostri giorni e che indica insistentemente, anche a chi amministra, una visione possibile.

Giovani in cerca degli occhi del maestro

I giovani hanno bisogno della città, tutti ne abbiamo bisogno, ma a Pennabilli, nelle occasioni di incontro create da Tonino Guerra, continue durante l’anno, ho visto giovani del teatro, del cinema, della scrittura, della musica, delle arti visive, dell’artigianato, e soprattutto tenaci coltivatori, arrivare con i loro prodotti, sempre in cerca degli occhi del maestro, e insieme ai suoi occhi incontrare nei fatti un modo possibile di vivere il territorio, di vivere la comunità.

Lui non ha mai smesso di ascoltarli, e li ha tenuti nella curiosità e nel piacere della creazione anche mettendosi con loro a fare e inventare cose nuove. E’ prima di tutto la presenza calda del maestro che promuove il messaggio della possibilità.

I suoi suggerimenti arrivano come “petardi”, lo diceva lui stesso, e risuonano dentro a distanza.

Pennabilli 10.11 ottobre 2009

Intervento di Tonino Guerra al Convegno dei Frutti dimenticati.

Amare la terra e portare i giovani ad amarla è un nostro compito. In questi anni abbiamo fatto un inferno. Dove è andata la devozione alla grande madre? Quella dei contadini dei tempi.

Un parco regala silenzio. Nella nostra memoria i ricordi affiorano se ci sono posti selvaggi che ci riportano all’infanzia. Non solo alla nostra infanzia, all’infanzia del mondo.

Rocce che precipitano nei torrenti. Foreste millenarie. Alberi patriarchi. È difficile da ripulire la cattiveria che abbiamo portato alla terra. Solo se ci riuniamo in una grande famiglia possiamo fare di questo mondo una cosa bella.

Ora il Montefeltro non è più marchigiano. Siamo passati alla Romagna. Ma cosa centra la suddivisione politica? Noi siamo sempre gli abitanti di questa terra. Il campanilismo non ci aiuta.

Noi non abbiamo il mare. Ai riminesi regaliamo onde d’erba verde.

Nella Valmarecchia siamo sette comuni pieni di debiti. Inventiamo cose belle, semplici, buone!

Il mio paese non è il mio partito. Fare solo il proprio cieco interesse non è bontà verso la terra.

Generosità ci vuole e poesia.

Tolstoij aveva un meleto attorno alla sua casa. Le frequenti gelate in quella terra di Tula hanno fatto morire quegli alberi che facevano mele dolci e profumate e che erano arrivate dalla val di Non. Oggi attorno alla casa-museo di Tolstoj fioriscono di nuovo centinaia di meli.

Li hanno donati i discendenti di quella antica famiglia da cui Tolstoij li aveva avuti in passato.

Raro maestro, prezioso, Tonino Guerra sapeva raccontare i propri sogni con una convinzione talmente concreta da renderli toccabili.

I progetti sospesi sono suggerimenti per abbellire un paese, una città, un paesaggio. Come già dissi nel settimo messaggio ai Sindaci, il fatto più importante è che essi si fissino nella memoria della gente e soprattutto dei giovani. Camminare e avere nella memoria questi suggerimenti significa che sono progetti già realizzati. Comunque sono impronte che diventano un sogno collettivo, ora che tutti gli ideali sono caduti, e i giovani stanno percorrendo strade pericolose.

Ho scelto il Progetto Sospeso n° 30 (Tonino Guerra ha scritto un intero libro di progetti sospesi, edito dalla Provincia di Rimini) per chiudere questo mio contributo sull’arte, chiedendo ai lettori di esprimersi, se lo desiderano. Raccogliere suggerimenti potrebbe diventare una buona, incoraggiante abitudine.

Ogni comune può creare con pochi soldi un Museo Sospeso.

Gli artisti sono invitati a lasciare almeno cinque quadri al Museo.

Se si vendono, i soldi vanno al pittore il quale deve subito sostituirli.

Così il paese continua ad avere una sua esposizione di opere

e aiuta gli artisti nelle vendite.

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* Marialisa Leone si laurea in Lingue e Letterature straniere alla Bocconi di Milano nel 1971. Si dedica all’arte e all’insegnamento, conducendo e curando progetti d’arte per istituzioni, teatri, scuole, gruppi spontanei, in Italia e all’estero. Negli anni ’90 fonda a Crema l’associazione culturale per la promozione artistica Il Nodo dei Desideri che ancora guida, ideando progetti educativi e formativi. Realizza vari percorsi artistici, curando mostre con molti artisti tra cui Fortunato Depero, Emanuele Luzzati, Tonino Guerra. Scrive da anni per la rivista di teoria e critica delle arti Meta. Ha pubblicato varie opere a contenuto artistico. Con Tonino Guerra ha realizzato cicli di opere a quattro mani.

Da “Tonino Guerra 100: stop agli eventi ma non ai ricordi”:

  1. Edoardo Turci e l’infanzia del poeta. Uno storico locale di Sant’Angelo di Gatteo (da dove proveniva la madre di Tonino) rievoca i primi anni della grande firma del cinema in coincidenza con il centenario della sua nascita. È il primo dei contributi che leggerete su Giannella Channel. A seguire: un testo ritrovato di Sepulveda, al quale auguriamo una completa guarigione
  2. La scintilla poetica scoccata nel lager. La prigionia in Germania vede Tonino farsi Omero per i suoi compagni di sventura che con lui condividono il dialetto romagnolo. Per fortuna un medico ravennate, Gioacchino Strocchi, scriverà un diario dettagliato di quei giorni insieme, annotando i testi poetici che Antonio crea e recita ai compagni. Al ritorno in Romagna quei testi diventano un libro e la poesia resta in lui un nutrimento per l’anima
  3. Il giorno che disse grazie, dopo 66 anni, a un angelo di Verona. Nella Giornata della poesia, dieci anni fa, fui testimone di una storia degna di un film di Tonino e Fellini. Dalle fila di un teatro veronese si concretizzò a sorpresa la figura di una pasticcera che, a suo rischio, aveva portato dolciumi e sapone a Tonino prigioniero dei nazifascisti in quella città veneta, in attesa di essere trasferito via treno nel lager
  4. Il giorno in cui mi presentò Eliseo, il Socrate della Valmarecchia. Un noto fotoreporter accompagna il cantore della valle all’incontro con il saggio curatore di un orto. E le ore si riempirono di poesia e di ironia in questa quarta puntata del viaggio per il centenario di Tonino Guerra (testo e foto di Vittorio Giannella per Giannella Channel)
  5. Il giorno in cui accese il fuoco del teatro alle porte di Milano. Il fondatore e direttore di Emisfero Destro Teatro risponde al nostro appello rievocando il festival e l’incontro a Cassina de’ Pecchi che illuminò il futuro artistico suo e di tanti altri giovani di quel borgo lombardo
  6. Il giorno in cui donò, a me regista, la neve sul fuoco. Marco Tullio Giordana doveva girare, nel film “La domenica specialmente”, l’episodio più poetico, tra fascino della sensualità e tristezza della solitudine. Ma quel titolo era appesantito da un mattone. Un viaggio a Pennabilli e da Tonino nasce un’idea e un incontro con due donne straordinarie: Maddalena Fellini, sorella di Federico il Grande, e per il provino, Monica Bellucci
  7. Il giorno in cui mi ricordò che un paese ci vuole. Valentina Galli si stava laureando a Bologna e la tentazione di restare in città era forte. Ma l’incontro con Tonino le fece cambiare idea e ora insegna nella sua Valmarecchia
  8. Il giorno in cui il poeta si mise a dare i numeri. Il direttore del Museo del calcolo Renzo Baldoni rievoca l’inaugurazione delle stanze dedicate al far di conto. Con un rammarico: non aver potuto dirgli che le zone del cervello stimolate da un poeta o da un matematico, sono le stesse
  9. Il giorno in cui insegnò a noi tedeschi come rendere poetico il paesaggio. Roland Guenter, storico dell’arte da Eisenheim, racconta i festeggiamenti virtuali per il centenario nel parco creato sul Reno nel nome di Tonino e rievoca le lezioni di architettura poetica ricevute da lui e da altri studenti a Pennabilli, decisive per dare alla Ruhr un volto seducente per i turisti culturali
  10. Il giorno in cui mi parlò di Serafim, il santo che dava miele agli orsi. A Gianfranco Angelucci, scrittore e sceneggiatore amico di Fellini, il centenario del poeta del cinema che stiamo festeggiando sul blog, ispira un emozionante video e una lettera aperta a Tonino, con una inedita rivelazione spirituale
  11. Il giorno in cui mi regalò la sua gigantesca anima. Enrica, moglie di Michelangelo Antonioni, rievoca il primo e l’ultimo giorno in cui, tra rumori sapori e ricordi, incontrò il poeta del cinema
  12. Il giorno in cui giocò con la mia Gatta Danzante. Il pittore bolognese dei giardini Antonio Saliola, con rifugio creativo nella Valmarecchia, rievoca la favola di un pomeriggio in cui, sotto i suoi occhi stupiti, il suo felino fece le fusa al poeta del cinema, volteggiando come non mai. A seguire, un singolare documento: i pizzini di Tonino a Lora, sua signora, sulla legione di gatti in casa
  13. Il giorno in cui capii come nacque l’urlo in Amarcord “Voglio una donna!”. Uno storico romagnolo, Davide Bagnaresi, rievoca un incontro con Tonino Guerra in piazza a Bologna sui retroscena del film da Oscar e svela il ritaglio di cronaca che diede vita alla scena con Ciccio Ingrassia. A seguire, i consigli di Tonino per i bravi sceneggiatori

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