Giulio Sovran è un architetto italiano emigrato in Svizzera e ci racconta la sua esperienza. Giulio sta anche scrivendo un libro sul tema “come lasciare l’Italia” e cerca persone motivate a collaborare al progetto*

Prima puntata della saga promozionale di “Goodbye Mamma”, progetto che insegna un “metodo” per lasciare l’Italia e approfittare delle vastissime opportunità sociali e lavorative disponibili all’estero. Il primo episodio è incentrato sulla figura del “mammone”…

Prima di rispondere alle tue domande me ne pongo una io stesso: perché andare a vivere in Svizzera?

Eric Weiner, nel saggio “La geografia della gioia”, parla della Svizzera (8/10) come uno dei Paesi più felici al mondo, assieme a Islanda (8.2/10), Canada (8/10) Australia (7,7/10). L’Italia (6,7/10), forse a causa della sua filosofia “stavamo meglio quando stavamo peggio”, non é piazzata un granché bene secondo le statistiche redatte da uno studioso della felicità come RuutVeenhoven (World Database of Happiness) che parla di società dei valori quali famiglia, relazioni sociali, religione, oltre che di stabilità economica e di welfare state.

Uno degli elementi cardine che connota la qualità della vita in Svizzera é l’onestà delle persone, la fiducia nel prossimo e il profondo senso di stabilità che pervade la vita quotidiana. E’ possibile che una barriera geografica come le Alpi abbia contribuito a marcare le differenze tra i due paesi. Stili di vita e mentalità sono agli antipodi e sarei propenso a definire la Svizzera la Nuova Zelanda d’Europa.

Se in Italia dimenticare le tapparelle alzate in un “tranquillo” pomeriggio milanese, com’è successo a mia madre, significa farsi svuotare la casa, in Svizzera si può ancora lasciare aperta la porta di casa e non occorre un catenaccio in acciaio da cinque chili per bloccare una bicicletta. I bloster qui sembrano, piuttosto, braccialetti multicolori portafortuna.

Tuttavia è imprudente abusare della fiducia altrui. Io l’ho fatto e me ne sono pentito amaramente. Un venerdì come un altro. Partita di calcetto con gli amici bernesi in una palestra; tutti i nostri valori, come sempre, lasciati incustoditi negli spogliatoi: “Tanto siamo in Svizzera!”. Finita la partita, il mio portatile Macintosh nuovo fiammante, lo ammetto, nemmeno troppo nascosto nello zaino, era scomparso. Il mondo mi cade addosso. Mi risveglio da un sogno durato più di tre anni. Sono uno stupido, mi dico. La denuncia alla polizia mi prende circa un quarto d’ora, i furti sono una merce rara, ma anche la Svizzera non é il paradiso.

Sono passate tre settimane, la polizia mi chiama sul cellulare: “Il suo portatile é stato ritrovato”. La mia reazione? Una sola e semplice frase: “grazie Svizzera! Come ho potuto dubitare di te?”

Puoi riassumere brevemente il percorso universitario/professionale che ti ha portato in Svizzera?

Sono un milanese, amante della mia Milano frenetica e dei suoi ritmi incalzanti. Non sopporto perdere tempo, immaginate la frase “il tempo é denaro” detta con il tipico, e spesso fastidioso, accento milanese.

Finito il Liceo artistico Caravaggio mi iscrivo alla Facoltà di architettura di Milano Bovisa. L’architettura é una passione che assorbe la maggior parte del mio tempo, ma detesto l’architettura che s’insegna in quella Università. In tempi record, per architettura (quattro anni e mezzo), conseguo la laurea specialistica e saluto l’Italia, senza rimpianti.

Avevo capito da tempo che oltre confine le cose sarebbero state differenti, le occasioni molto più stimolanti.Come spesso succede, lo scossone che fa crescere il giovane studente universitario é il programma Erasmus, nel mio caso, un anno di vita (2003-2004) trascorso alla T.U. di Delft, in Olanda e sei mesi di tirocinio presso uno studio di architettura de L’Aia; un’esperienza fondamentale per le mie scelte future.

Quasi la totalità degli studenti Erasmus, una volta finiti gli studi, si ripromette di andare a lavorare all’estero. Tuttavia se l’esperienza e le opportunità offerte dall’Erasmus si collocano in un contesto ambientale ed economico protetto, il campus universitario e la famiglia alle spalle, l’inserimento nel mercato del lavoro è ben altro discorso, un vero e proprio salto nel buio; anche se io l’ho vissuto e lo vivo come un’esperienza eccitante che si rinnova quotidianamente.

Il mio unico pensiero è stato dunque di finire gli studi il più presto possibile per andare a lavorare all’estero.

Perché ho scelto la Svizzera? Come spesso accade, per motivi sentimentali, non volevo allontanarmi troppo dall’Italia. La meta più vicina? Losanna o Ginevra nella Svizzera francese. Primo passo, la lingua. Durante l’ultimo anno di università mi sono iscritto a un corso serale di francese e comincio una ricerca a tappeto di tutti gli studi di architettura nella Svizzera francese ai quali invio altrettanti curricula.

Risultato: un colloquio di lavoro in francese maccheronico a Sion, nel cantone Vallese (sud della Svizzera), il giorno successivo al conseguimento della laurea. Un periodo di prova di tre mesi che si è tradotto in una bellissima esperienza lavorativa e di vita durata due anni (2006-2008). Nel 2008 decido di trasferirmi a Berna, la capitale, nella Svizzera tedesca, quella dei così detti luoghi comuni, dove vivo e lavoro ormai da quasi due anni.

Conoscevi già il tedesco prima di arrivare a Berna?

Il tedesco, il francese, l’inglese e un po’ di olandese. Con il tempo ho scoperto l’amore per le lingue, intese come strumento di conoscenza e d’integrazione.

Moni Ovadia, autore, musicista, attore di teatro, profondo conoscitore della cultura ebraica, usa correntemente dieci lingue afferma: “Tutti e nessuno sono portati ad apprendere una lingua; é soltanto una questione di metodo”, (opinione che non posso che condividere). Io penso che la volontà e la disciplina siano alla base dell’apprendimento. In questi anni ho messo a punto diversi metodi di apprendimento legati alle circostanze, al tempo e al denaro a disposizione.

Rispetto al francese o all’inglese, il tedesco é una lingua veramente ostica per un italiano. Ho iniziato a studiarla a Sion 6-8 mesi prima di cercare lavoro nella Svizzera tedesca, ho frequentato un corso serale, ma soprattutto, una volta tornato a casa dall’ufficio, ho studiato tutte le sere per circa un’ora. Benché al colloquio di lavoro non fossi ancora pronto per un dialogo professionale in tedesco, tempo un mese dalla mia assunzione, ho “obbligato” i miei colleghi a parlarmi solo in tedesco e io a fare lo stesso con loro. Inoltre nei miei continui spostamenti la scelta di condividere con persone del posto l’appartamento mi ha consentito rapidamente di ottenere ottimi risultati in tempi rapidi. Dopo circa un anno e mezzo dal trasferimento a Berna parlo e scrivo correntemente in tedesco e capisco anche abbastanza bene il dialetto bernese. Eh sì, dovete sapere che lo svizzero tedesco usa abitualmente il dialetto svizzero tedesco anche sul posto di lavoro. Sarebbe come per un milanese trasferirsi in Sicilia e scoprire che la lingua ufficiale è il siciliano…

Ci descrivi la vita a Berna?

Facendo una proporzione aritmetica, potrei dire che Berna sta a Zurigo come Roma sta a Milano. Berna é la capitale, Zurigo é il business, è il vivere frenetico, come Milano. La contrapposizione tra Berna e Zurigo, come tra Roma e Milano, segna un confine immaginario tra i due cantoni; una frontiera linguistica reale (due dialetti) che si evidenzia in due modi distinti di salutare, Grüezi a Zurigo e Grüessech a Berna. I bernesi la chiamano “Grüezigrabe” (frontiera dei Grüezi).

Berna è una città di 125.000 abitanti, dal fascino architettonico ineguagliabile. Costruita in un’ansa creata dal fiume Aare su di un’altura, domina il paesaggio collinare circondato dai picchi alpini sempre innevati a sud. Berna è una città “lenta”; e così tutti in Svizzera si prendono gioco del modo flemmatico di muoversi e di parlare dei suoi cittadini. Il bernese non sembra stressato, si gode la vita (gemütlich), il tempo libero, gli aperitivi sotto le arcate, le cene nei numerosi e affollati ristoranti del centro storico.

Berna è una piccola città a misura d’uomo, con un centro storico ben caratterizzato dove si concentra una varietà di servizi tipici della grande città. Le limitazioni scoraggiano l’uso del mezzo privato. Possedere un’auto a Berna è più una scomodità che un valore aggiunto. La fitta rete di piste ciclabili permette di raggiungere ogni posto al massimo in dieci minuti anche a coloro che abitano in periferia. I mezzi pubblici urbani sono impeccabili per collegamenti e frequenza.
D’estate il cittadino bernese approfitta delle attrezzature ricreative e sportive collegate al fiume Aare. Gratuito è l’accesso alle piscine e agli spazi verdi che si affacciano sulle sue sponde. Lo svago preferito consiste nel tuffarsi nel fiume dai ponti, nuotare nelle acque a volte gelate, attraversare da una sponda all’altra, navigare da una cittadina all’altra su gommoni gonfiabili, utilizzando i trasporti pubblici che permettono la facile risalita del fiume.

In quanto a vita notturna non pensate di essere a Madrid o a Barcellona. Durante la settimana si rischierà di sentirsi un po’ soli per strada. Ma di locali notturni ce ne sono e anche di gente disposta a divertirsi. Basta adattarsi agli orari locali che prevedono una sveglia mattutina a prova di “galline”, e l’ orario di inizio lavoro tra le 8.00 e le 8.30 (il mio tra le 7.00 e le 7.30). Di conseguenza la sera si va a nanna presto.

Berna è una città cosmopolita, gli stranieri sono numerosi, ben integrati e rispettano le regole del paese che li ospita. Il bernese tipo, oltre al tedesco, adora parlare in francese (il Canton Berna confina con diversi cantoni francesi), conosce l’inglese e, sorpresa, non è raro scovare bernesi che se la cavano bene anche con l’italiano. Non vi sentirete mai abbandonati a Berna. Chiunque vi vedrà in difficoltà per la strada sarà disposto a darvi una mano, la lingua? A vostra scelta!

Cosa offre la Svizzera che manca all’Italia?

La Svizzera offre una qualità di vita di gran lunga superiore alla media italiana, e Berna, in particolare, è una città decisamente più economica di Zurigo o di Ginevra. Il costo di un appartamento in periferia (10 minuti di bici dal centro), con soggiorno, cucina attrezzata e due camere da letto, si aggira intorno ai 900 € al mese. Condividere un appartamento può costare dai 300 ai 500 €. Come a Milano, direte voi. Si, ma lo stipendio mediamente è il triplo di quello che si percepisce in Italia.

La Svizzera offre tranquillità e sicurezza. La gente si fida ed è onesta. Nel caso perdiate un cellulare o un portafogli per strada, non è un fatto eccezionale che qualcuno ve lo riporti. Non è necessario guardarsi le spalle continuamente per evitare di essere raggirati, tanto nessuno proverà a farlo.

I servizi svizzeri sono impeccabili dalla Sanità, ai Trasporti, alle Poste. Il sistema sanitario è privato (il costo mensile si aggira tra i 100 e i 200 €), ben organizzato e di alta qualità, con tempi di attesa brevissimi. Negli uffici postali il cliente è servito mediamente entro cinque minuti. Attenti però: ultime statistiche registrano in quanto a puntualità dei treni un peggioramento del servizio. Pare che nel 2009 solo il 96% dei treni sia arrivato puntuale rispetto al 97% del 2008. Dati che, rispetto all’Italia, si commentano da soli!

Le tasse? In Italia si usa dire che le pagano solo i lavoratori dipendenti e gli stupidi (arrivano sino al del 50% dello stipendio), a fronte di servizi spesso scadenti. In Svizzera tutti (o quasi) pagano le tasse che variano da cantone a cantone (stato federalista), comunque si aggirano massimo intorno al 30% del reddito lordo.

Il denaro pubblico è gestito con il massimo della trasparenza. Se in Italia si parla di debito pubblico, nella confederazione svizzera è normale che i bilanci si chiudano in attivo; ho scoperto io stesso qualcosa che non avevo mai sentito prima: il “credito pubblico”. Sembra fantascienza, ma qualche anno fa è stato indetto un referendum (in Svizzera la consultazione popolare è usata di frequente) su come utilizzare le eccedenze del credito da tassazione!

E ora parliamo di regole.

Le regole di convivenza civile sono accettate e applicate di buon grado. Il cittadino è il primo a pretendere che si rispettino. Il suono del clacson, per fare un esempio, lo sentirete solo quando state facendo qualcosa di contrario al codice stradale, e non certo per sollecitarvi a ripartire allo scattare del verde, oppure per farvi notare da una bella ragazza che passa.

Ma anche la polizia stradale non scherza! Sappiate che non fa sconti a nessuno. L’avete fatta sporca? Allora pagate. Tempo due settimane dal mio arrivo a Berna alle ore 23 di un martedì sera ho collezionato in bicicletta un totale di 100€ di multa perché ho attraversato con il rosso tre semafori pedonali. Una pattuglia della polizia che mi stava seguendo, mi ha fermato prima del quarto semaforo, per fortuna… No, qui su certe cose non si scherza!

E sono sempre stato più fortunato di quel diciassettenne tedesco, fermato in bici con un tasso alcolico nel sangue troppo elevato il quale, oltre alla sanzione di 500€, per quindici anni non potrà condurre veicoli non motorizzati (di quelli motorizzati non se ne parla neppure) in Svizzera, skateboard incluso e sarà anche obbligato a pagare 30€ ogni volta che verrà sorpreso sul suolo svizzero persino alla guida di un triciclo!

Com’è il mondo del lavoro in Svizzera?

La crisi finanziaria mondiale ha colpito gravemente anche la Svizzera dove il tasso di disoccupazione è cresciuto dal 2,6 al 2,7%, un valore inferiore soltanto a Norvegia e Danimarca in Europa…

Parlare di lavoro? In questo momento sto scrivendo (il mio Mac è rimasto a casa) dalla spiaggia di Koh Lipe, isoletta sperduta nel sud della Thailandia. Accanto a me un cocktail da 80 centesimi di euro nella noce di cocco. Non ve lo descrivo, potrebbe farvi invidia. Una domanda coerente potrebbe essere: No, il lavoro mi aspetta a Berna dal primo marzo. Approfitto di un mese di vacanza a febbraio, tra Malesia e Thailandia, per consumare gli straordinari che ho accumulato l’anno scorso. Anche qui, come succede in ogni studio di architettura, si lavora molto. Per rispettare le scadenze, passo giornate (spesso nottate) intere in ufficio. Ma le ore eccedenti, vengono pagate o tradotte in giorni di ferie. Il lavoro ben retribuito mi consente di accantonare il denaro senza rinunciare a soddisfare i miei interessi. Cosa chiedere di più?

Parliamo ora della leggendaria precisione e puntualità svizzera. Non esiste un luogo comune più vero. Anche per un ritardo di 10 minuti si usa telefonare. Dovrete abituarvi. In quanto a precisione, dopo quasi quattro anni di duro lavoro vengo ancora ripreso. Probabilmente in Italia sarei già pronto per dipingere delle miniature…Questo è lo “SwissMade”!

Che consigli daresti agli Italiani che vogliono emigrare in Svizzera?

Ragazzi,volete andare a lavorare in Svizzera? Provateci!

La soluzione più semplice sarebbe quella di cercare lavoro nel Canton Ticino. In realtà il mercato è già inflazionato dai lavoratori italiani frontalieri e le retribuzioni sono decisamente inferiori.

Il primo scoglio da superare per accedere al mercato del lavoro nella Svizzera “vera”, sono le lingue. La conoscenza del francese e del tedesco è indispensabile. Nonostante la scarsa conoscenza della lingua, per me è stato più facile spostarmi dalla parte francese a quella tedesca, avendo già maturato due anni di esperienza in uno studio di architettura a Sion.

La buona conoscenza del francese e/o del tedesco sono nella maggior parte dei casi obbligatori, dovendo competere con emigrati di madrelingua. Anche loro cercano condizioni lavorative migliori rispetto a Francia e Germania e hanno ben capito dove trovarle. Se lavorate nel business (consulenza, multinazionali, organizzazioni internazionali, ecc.) o nella ricerca, l’inglese potrebbe bastarvi; in tutti gli altri campi, armatevi di pazienza e studiate. Cercate di capire il mercato prima di mandare un curriculum “a caso”. Riceverete sicuramente una risposta (gli svizzeri rispondono sempre!), ma nel 99% dei casi sarà negativa.

Mancando di esperienza e di conoscenza delle lingue potreste proporvi a prezzi competitivi, proprio come fanno gli operai stranieri in Italia. Il datore di lavoro non potrà essere che contento di un lavoratore motivato e che costa meno. La cosa non ci piace? Queste sono le leggi della domanda e dell’offerta. In definitiva siamo tutti stranieri, salvo che in casa propria. Ma su questo argomento si aprirebbe un’altra serie di domande ben più spinose.

Una cosa certa è che si deve lottare.

Saggio sarebbe accontentarsi inizialmente di uno stipendio più basso e di condizioni contrattuali meno ambiziose pur di entrare nel mondo del lavoro svizzero. Avrete in questo modo la possibilità di apprendere la lingua locale, il modo di lavorare e, se sarete bravi, avrete la possibilità di far carriera. Perché in Svizzera vige una regola dettata da una parola spesso ignorata in Italia: meritocrazia.

E ricordate che anche se accetterete uno stipendio dimezzato e delle condizioni “sfavorevoli”, spesso e volentieri guadagnerete più di quanto vi avrebbero pagato in Italia.

Scusa l’ignoranza, ma un italiano, per vivere nella Confederazione svizzera che non fa parte dell’Unione Europea, deve essere in possesso del permesso di soggiorno?

Giusto. La Svizzera non è parte dell’Unione Europea ma grazie a trattati economici bilaterali, per coloro che vogliono trasferirsi in Svizzera le procedure sono state semplificate.

Quattro anni fa, quando arrivai in Svizzera, il mio datore di lavoro, prima di assumermi, dovette dimostrare di non aver trovato, al momento, nessun cittadino svizzero con le mie stesse competenze. Oggi le cose sono più semplici per chi proviene da Paesi membri della Comunità Europea.

La Svizzera rilascia, oltre un periodo superiore ai tre mesi, in cui si è considerati “turisti”, un permesso di soggiorno solo a chi possiede un regolare contratto di lavoro. L’autorizzazione al soggiorno varia da 1 a 5 anni, a seconda del tipo di contratto. La cittadinanza può essere concessa solo dopo 12 anni di residenza continuativa in Svizzera e il superamento di un esame di conoscenza linguistica, politica, geografica; qualche anno prima se sposate una/uno svizzera/o.

Ma voglio affrontare un altro argomento che mi sta particolarmente a cuore ed è quello della durata dei contratti di lavoro. Il sogno della maggior parte degli italiani oggi è quello di avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato, il cosiddetto “posto fisso”, quello che nessuno potrà più toglierci, e che ci consentirebbe di accendere un mutuo trentennale. Purtroppo In Italia capita che il tanto sudato posto fisso significhi “cadesse il mondo, ormai nessuno me lo potrà più togliere”. In Svizzera il lavoro a tempo indeterminato è quasi la normalità, ma ciò non vuol dire che non si possa venire licenziati nelle tempistiche previste dalla normativa (1-2-3-6 mesi). L’efficienza da parte del lavoratore deve essere garantita. L’efficienza è un requisito indispensabile per mantenere un posto di lavoro, l’efficacia dei risultati conseguiti è una condizione per migliorare il profilo personale e di conseguenza le condizioni economiche. Altrimenti… Altrimenti sei libero di cercare qualcos’altro.

Il credito pubblico svizzero non è certo il frutto di un biglietto vinto alla lotteria…

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italiansinfuga * Fonte: italiansinfuga.com. Sovran sta scrivendo sul tema “come lasciare l’Italia”, cerca persone motivate a collaborare al progetto. Contattatelo pure: sovran@goodbyemamma.com. Aggiornamento: il progetto, Goodbye Mamma, sta andando a gonfie vele e per ulteriori informazioni visitate goodbyemamma.com. Oppure sulla pagina Goodbye Mamma su Facebook. Per porre quesiti sul tema espatrio, direttamente sul nostro gruppo Goodbye Mamma su Facebook.