Immaginate di avere una grande idea da realizzare con la vostra azienda. Una azienda in regola, con tanto di dipendenti, raramente perfino profitti, molto probabilmente diversi mutui e finanziamenti attivi. Come molte grandi idee, servono grandi risorse economiche per realizzarla. Provate a raccogliere informazioni: materiali, mano d’opera, prototipazione, tempistiche. Buttate giù un piano di spese.

  • Più o meno serviranno… 32.000.000 $.
  • Trentadue milioni di dollari.
  • Circa ventiquattro milioni di euro.

Questa storia finirebbe qui per la maggior parte di noi.

Una storia diversa

Mark Shuttleworth

Mark Shuttleworth (Welkom, 1973).

Ma Mark Shuttleworth è un ricco imprenditore originario del Sud Africa, dalla mente piuttosto stravagante e dal carattere decisamente testardo. Basti pensare che fu il secondo privato cittadino della storia a essersi permesso un viaggio spaziale a proprie spese, ospite della stazione orbitante internazionale.

Per raccogliere i fondi necessari non si è rivolto al suo conto corrente (del resto, la gita nello spazio gli costò ben 20 milioni di dollari). Non ha neppure pensato di accedere a un qualche finanziamento.

Si è rivolto invece ai potenziali utilizzatori della sua idea, e ha chiesto il finanziamento direttamente a loro. Tramite una pagina internet spiega l’idea che ha avuto, per filo e per segno, con tanto di modelli digitali e video di presentazione.
Chiede i soldi a tutti noi a nome della sua azienda, la Canonical Ltd, situata a Londra.

Raccolta fondi a orologeria

Le regole della raccolta fondi sono molto semplici. Si possono donare piccole quote (20$), oppure quote decisamente più consistenti (intorno ai 600$, 700$, 800$, etc) al fronte delle quali si riceverà a casa la concretizzazione materiale dell’idea (data di consegna stimata: maggio 2014).

Ma il tempo che Mark si è dato per raggiungere la somma totale è di soli trenta giorni. Se entro 30 giorni non si sarà raggiunto almeno il totale mega-donazione, l’importo di tutte le donazioni e di tutti i pre-ordini verrà restituito ai finanziatori. E non se ne farà nulla.

Tuttavia nessuno assicura che se l’iniziativa avrà successo verrà mai recapitato alcunché, se non la buona reputazione dell’azienda. Non si compra un prodotto: si finanzia lo sforzo necessario per costruirlo, in cambio del quale si riceverà il risultato di questa impresa. Potenzialmente, nulla.

Crowdfunding ambizioso

Il consumatore diventa quindi anche imprenditore. La parola inglese per definire questa innovativa forma di finanziamento è crowdfunding. Letteralmente, finanziamento da parte della folla, della moltitudine di persone interessate al progetto. Solitamente si applica a progetti decisamente più piccoli: qualche migliaio di euro per incidere una album o filmare una breve sequenza, qualche decina di migliaia di euro per una iniziativa di alfabetizzazione, o per realizzare un gadget, etc.

Mark intende raccogliere più di un milione di dollari al giorno per trenta giorni. Il tutto per materializzare, forse, questa idea, e non prima di maggio 2014.

Impossibile? Il primo giorno l’iniziativa ha raccolto più di 3.000.000$ (tre milioni).
Il secondo giorno il contatore ha sfiorato i 6.000.000$ (sei milioni).
Hanno contribuito finora circa 13000 persone (con una media di ben 460$ a testa!).

E l’idea?

Non lasciamoci raffreddare dall’oggetto apparentemente futile dell’ultima stravagante trovata del signor Shuttleworth: un cellulare iper-tecnologico [0]. Il punto non è il cellulare in quanto oggetto fisico, per realizzare il quale andrà spesa una buona parte dei fondi.
Ciò che ha scatenato una reazione tanto vigorosa da parte dei tanti consumatori-imprenditori che hanno donato non è certo l’ennesimo cellulare.

È l’intelligenza che anima questo cellulare: il software. Non si tratta, come nel caso di tutti i cellulari in circolazione, di una intelligenza frutto e proprietà privata dell’azienda produttrice, che ne è gelosa custode, ma di un software libero, chiamato Ubuntu.
Libero: cioè molto più che gratuito. Liberamente riutilizzabile, modificabile, studiabile fin nei minimi dettagli da chiunque – studenti, “smanettoni” e acerrimi concorrenti compresi. Il software libero non è di proprietà dell’azienda che lo produce: è di tutti.

Nelson Mandela spiega il significato di “Ubuntu”

L’intelligenza condivisa

L’insolita parola Ubuntu viene dall’Africa, e Nelson Mandela la spiega così: “Ubuntu non significa non pensare a se stessi; significa piuttosto porsi la domanda: voglio aiutare la comunità che mi sta intorno a migliorare?”

Che cosa possa mai avere a che fare questa parola Africana con il software, i computer ed i cellulari, lo scopriamo andando a leggere la discussione pubblica che Mark ha intrattenuto ieri con tutte le persone interessate al progetto.

Un simpatizzante dall’India scrive:

Hello, Thanks for empowering millions of people from developing countries […] to have an alternative […]. We can’t afford OS like Windows and the simplistic nature of ubuntu […] really helps many people in the villages to learn computers.[…] Thank you. ¹

(Ciao, grazie per dare la possibilità a milioni di persone da nazioni in via di sviluppo come l’India di avere una alternativa. Non possiamo permetterci sistemi operativi come Windows e la natura semplice di ubuntu aiuta concretamente molte persone nei villaggi ad apprendere l’informatica. Grazie.)

Un altro partecipante, in partenza per il Kenya, saluta in questo modo Mark:

I’m leaving for kenya in 4 day’s, I’m going with the ABC childrens aid foundation. I’ll be teaching children in the ABC school chess and of course Ubuntu! One step closer to utopia i’d say. ²

(Partirò per il Kenya tra 4 giorni, e andrò alla fondazione di aiuto ai bambini “ABC”. Ai bambini della scuola ABC insegnerò scacchi e, chiaramente, Ubuntu! Un passo più vicino all’utopia, direi.)

cosa-significa-Ubuntu

Effetti benefici

Il software è una scintilla di intelligenza posta dall’uomo all’interno della materia inanimata, che rende un oggetto immensamente più utile di un qualsiasi ausilio manuale o meccanico. Ci permette ogni giorno di comunicare, imparare, divertirci. E ancora, proteggere la nostra salute e migliorarla, prevedere il comportamento della natura, risparmiare energia. E naturalmente, lavorare e produrre in modo efficiente, dall’industria all’artigianato al turismo.

Nel corso di questa eccentrica avventura di costruire un super-cellulare, verrà accumulata una notevole quantità di sapere, che sarà man mano condiviso con tutti, per sempre. Andrà così ad aggiungersi al patrimonio di conoscenza di tutta l’umanità.

Condividere questa intelligenza produce una cascata di effetti benefici in situazioni del tutto imprevedibili ed incontrollabili (i villaggi Indiani, la scuola in Kenya, e chissà quanti altri).

Ecco il segreto che ha permesso a Mark di raccogliere così tanto supporto in così poco tempo: la condivisione.

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Daniele Paganelli, modenese, classe 1983, è laureato in Chimica e dottorato in Ingegneria dei Materiali. Lavora come ricercatore privato nel campo della strumentazione scientifica per lo studio delle proprietà dei materiali. I suoi interessi vertono principalmente su temi relativi alla scienza e all’informatica, ma cerca con la scrittura e il racconto di mantenere attivo il proprio emisfero cerebrale destro.