I mondi da sogno di Federico Fellini e di Tonino Guerra tornano a fluttuare sotto il cielo di Rimini e della Romagna
I cento turismi | Romagna 50
Il nuovo Fellini Museum (nella foto un momento dell’inaugurazione) e la mostra dedicata al suo sceneggiatore preferito fanno diventare realtà le emozioni diffuse dai due leggendari compagni di lavoro romagnoli in Amarcord e tanti altri film. A seguire riproponiamo, aggiornato, l’itinerario sulle loro tracce, da Rimini a Pennabilli, fatto da luoghi sorprendenti e profumati di sagre autunnali
I mondi da sogno di Federico Fellini e di Tonino Guerra tornano a fluttuare sotto il cielo di Rimini e della Romagna
Il nuovo Fellini Museum (nella foto un momento dell'inaugurazione) e la mostra dedicata al suo sceneggiatore preferito fanno diventare realtà le emozioni diffuse dai due leggendari compagni di lavoro romagnoli in Amarcord e tanti altri film. A seguire riproponiamo, aggiornato, l'itinerario sulle loro tracce, da Rimini a Pennabilli, fatto da luoghi sorprendenti e profumati di sagre autunnali
DAL DIARIO DI VIAGGIO DI UN CRONISTA VIAGGIATORE (8)
testi di Salvatore Giannella / condensati e aggiornati dal libro “La valle del Kamasutra”* di Tonino Guerra, da me curato
D’autunno la Valmarecchia e il Montefeltro, il “mare di terra” che va dalle sponde adriatiche di Rimini (ritrovata capitale anche del turismo culturale) all’Appennino romagnolo, si riempie di profumi e sapori garantiti da antiche sagre: un lungo weekend è d’obbligo, magari innescato da una visita a due gioielli appena aperti al pubblico a Rimini: il Fellini Museum e la mostra dedicata a chi, con la sua straordinaria fantasia poetica, ha affiancato il regista che ha incantato il mondo.
Su questi due appuntamenti riminesi ci aggiorna la giornalista romagnola Rita Giannini, già nota alla comunità di Giannella Channel. Segue l’itinerario, da me curato e aggiornato. (s. gian.)
Rimini ha accettato la sfida e ha realizzato il più grande progetto museale dedicato a un regista cinematografico. Museo che ha aperto i battenti a fine agosto con tre giornate di festa e di luci sulla città.
Tre gli spazi che lo ospitano: Castel Sismondo (la Rocca quattrocentesca voluta da Sigismondo Pandolfo Malatesta che porta la firma di Filippo Brunelleschi), il Palazzo Valloni dove ha sede il Cinema Fulgor amato e frequentato dal giovane Federico, recentemente restaurato su progetto di Dante Ferretti scenografo di Hollywood, vincitore di tre premi Oscar, e la Piazza dei Sogni dove il verde si alterna alle arene per spettacolo e trovano spazio installazioni artistiche legate al mondo felliniano. La Piazza dove alloggiava il Circo e Federico bambino scappava a sbirciarvi dentro.
È stato detto che il Fellini Museum è un’esaltazione dinamica dell’eredità più elevata lasciata dal Maestro:
Ed è così perché questo è il filo conduttore per leggere il museo, la chiave per interfacciarsi con un percorso che è del tutto innovativo e fuori dagli schemi, avvalendosi delle nuove tecnologie capaci di interagire direttamente col pubblico.
Il Museo è senza dubbio uno spazio aperto all’interpretazione del suo cinema e della sua poetica narrativa, uno spazio non ingessato sulla pura documentazione che rischierebbe di non aggiungere vita a riflessioni future. Proprio come la sua opera non è mai conclusa ed è costantemente avviata nel dibattito, nell’analisi, nell’approfondimento, nel raffronto, allo stesso modo il museo lascia spalancate le vie della connessione tra storia e futuro, tra memoria e interpretazione, tra realtà e sogno, tra verità e mito.
Il consiglio: lasciarsi accompagnare dalle sapienti guide del Museo, preparate e attente a cogliere le curiosità del visitatore, farsi rapire dalle immagini di quei film che hanno fatto la storia del cinema come i suoi protagonisti da Giulietta Masina, anche compagna nella vita di Fellini, a Marcello Mastroianni, suo alter ego, ad Anita Ekberg, che uscendo dalla Fontana di Trevi nella Dolce vita diventa tanto gigantesca da occupare un intero salone del castello. E ancora osservare come il mare prende forma, proprio come accadeva nello Studio 5 di Cinecittà a Roma dove Fellini ha fatto le riprese di tutti i suoi film, anche quelli, come Amarcord, che sembrano essere ambientati nella sua Rimini, dove in realtà non mai girato neppure un metro di pellicola.
La Rimini, la sua Rimini che si propone in un itinerario ampio e ricco a cui oggi il Museo si aggiunge come la perla preziosissima di una lunga collana di luoghi magici e inconfutabilmente legati al genio del Maestro.
Il Fellini Museum si sviluppa tra Castel Sismondo (foto), rocca malatestiana del Quattrocento al cui progetto contribuì Filippo Brunelleschi; Palazzo del Fulgor, edificio settecentesco che ospita al piano terra il leggendario cinema immortalato in Amarcord; e Piazza Malatesta in cui, oltre ai giochi di luce e installazioni. è collocata una fontana che ricrea l'effetto nebbia del film Amarcord. Per visite e contatti: tel. 0541.704494; sito ufficiale: fellinimuseum.it.
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Tra sogno e poesia
Rimini ritrova Fellini
Una rara immagine che ritrae Federico Fellini (a destra) con il suo sceneggiatore preferito, il poeta romagnolo Tonino Guerra, durante una pausa di lavoro sul set. Insieme hanno vinto l’Oscar con Amarcord (1973).
Le lucciole per Guerra sono lampi poetici che deliziano e incantano, e ricrearle era un suo intento. Lo è stato per gli ultimi trent’anni della sua vita attraverso la creazione artistica e la produzione artigianale. La manualità sapienziale degli artigiani, “a cui io sto molto vicino”, è una ricchezza che non può andare perduta, gridava insieme al suo motto primario:
Nella bottega studio di casa sua sono nati gli embrioni di quei manufatti che ora abbagliano con variegati cromatismi ed eccentrici simbolismi le pareti delle stanze di Isotta. Sono prodotti di mani sapienti appartenenti a uomini e donne coi quali ha dialogato con umiltà, affetto, amore, che sapeva tenere in amorevole legame amicale prima ancora che artistico, perché anche questo faceva parte del suo innato genio. Una mostra da non perdere.
RITA GIANNINI
Giornalista
Fotogallery
Il mondo poetico di Tonino
nelle stanze del castello
Da Rimini a Pennabilli sulle tracce di Fellini e di Tonino Guerra: paesaggio con poeta
Tra i grandi personaggi che hanno reso famosa l’Emilia Romagna nel mondo spiccano Fellini, uno dei maggiori registi del cinema italiano, e Guerra (poeta, sceneggiatore, pittore e scrittore), creatore dei Luoghi dell’Anima a Pennabilli e nella Valmarecchia, “la valle più bella d’Italia”, © Antonio Paolucci. Entrambi intensi, emozionanti, dallo sguardo poetico e profondo, collaborarono nella scrittura di diverse sceneggiature: la loro opera comune più famosa è sicuramente Amarcord, l’indimenticabile film che racconta i luoghi, lo spirito e il carattere della Romagna e della sua gente. Questo è un invito alla visita nelle terre che hanno alimentato la loro creatività poetica
DAL DIARIO DI VIAGGIO DI UN CRONISTA VIAGGIATORE (8)
testi di Salvatore Giannella / condensati e aggiornati dal libro “La valle del Kamasutra”* di Tonino Guerra, da me curato
È una costellazione composta da luminosi pianeti umani, in primis la moglie Lora (Eleonora Kreindlina, conosciuta nel ’75 e sposata a Mosca nel ’77, che ha regalato a Tonino l’Oriente e la Russia, sua seconda patria, e che fa da vigile custode della casa-museo di Tonino a Pennabilli) e da un mosaico di asteroidi: i luoghi minimi delle storie e dei versi magici di Tonino con al centro Pennabilli (solamente un poeta poteva scegliere di vivere in un borgo di tremila abitanti, a 629 metri d’altitudine, dal nome che sembra inventato, un po’ fiaba e un po’ fumetto, circondato da colline e boschi, con dirupi e picchi in miniatura che ricordano gli sfondi dei quadri di Piero della Francesca e di Leonardo da Vinci).
È stato amore a prima vista con questa valle dell’Appennino centrale che Antonio Paolucci (responsabile dei Musei Vaticani e già ministro dei Beni culturali italiani) si è spinto a definire “la più bella d’Italia”.
Ho fatto in anteprima la strada che Tonino, in uno dei suoi sognanti progetti sospesi, vorrebbe come “la carrozzabile” o “Corriera del silenzio” che ti permette di fare “i lunghi viaggi vicino a casa” portandoti dal clamore del mare di Rimini a un bagno nella tranquillità e nella bellezza dei piccoli paesi carichi di storia e di memoria dell’entroterra. Così ho visto i luoghi minimi e spesso isolati dove hanno vissuto o vivono gli umili eroi di Tonino, come l’orto di Eliseo a Ranco, una borgata di case dove “in ottobre se tira vento piovono le noci sui coppi”.
Ho gustato i sapori del passato nell’Orto dei frutti dimenticati, al centro di Pennabilli, alberi che nessuno coltiva più.
Ho percorso la via delle Meridiane, che invitano a sentire l’ora attraverso le ombre, un modo antico d’adoperare gli occhi.
Mi sono fermato incantato ad ammirare il Giardino pietrificato, ai piedi della torre di Bascio, composto da sette tappeti in ceramica dedicati a personaggi che ebbero una voce nella storia della Valmarecchia, da Giotto a Ezra Pound, a Dante e Buonconte da Montefeltro fino a Uguccione della Faggiola e Fanina di Borbone, vedova bianca che ancora oggi qualcuno crede di intravvedere affacciata alla finestra della torre e gridare in direzione della sua città natale: “Paris, Paris, aiuto!”.
Una rara immagine che ritrae Federico Fellini (a destra) con il suo sceneggiatore preferito, il poeta romagnolo Tonino Guerra, durante una pausa di lavoro sul set. Insieme hanno vinto l’Oscar con Amarcord (1973).
Ho ammirato il tramonto dalla collina di Petrella Guidi, il vetusto borgo del sole e della luna Frazione di Sant’Agata Feltria) da cui inizia la storia del Rico e della Zaira, raccontata da Tonino ne Il viaggio (libro e film). Ho guardato con simpatia al museo con un quadro solo, l’Angelo con i baffi, dove un registratore nascosto tiene in vita, perennemente, un concerto di cinguettii sempre più rari e dimenticati.
Ho poggiato le mani sulla roccia delle pareti lisce di un versante del Monte della Zucca che, rilasciando tante gocce di rugiada, arrivano a creare le sorgenti del piccolo torrente che diventa poi il Marecchia, o Maricla, secondo l’antica denominazione, cioè “piccolo mare” sul quale naviga da un quarto di secolo la casa-arca rosata di Guerra tutta arredata con mobili di legno antico spesso da lui ideati (battezzati i Mobilacci, “sono dei mobili non pratici, cioè delle presenze che hanno un carattere forte e non portati a un’obbedienza totale”).
E ho capito perché Tonino, stanco di Roma (“Non c’era nulla di ostile, mi mancavano i profumi della memoria”), con negli occhi le sconfinate pianure della steppa russa, le montagne del Caucaso, le cupole blu di Samarcanda e Buhara, i grattacieli di Manhattan, le piazze di Roma e di Parigi, ha infine scelto, nel lontano 1989, di approdare in questa valle, a gettare provocazioni continue sulle spalle di poveri sindaci e assessori (alle prese con bilanci sempre più impoveriti e marciapiedi e fognature) che faticavano a contenere la sua geniale vitalità.
Tonino Guerra con il regista Michelangelo Antonioni: due grandi del cinema ripresi ai piedi della millenaria torre di Bascio, frazione di Pennabilli posta a 651 metri d'altezza. (credit: Piero Marsili/Photo Movie).
C’è chi avanza l’ipotesi che le città e i territori abbiano un genere letterario loro proprio, così come le parole usate per descriverle.
L’anima di una terra sta nelle parole che i suoi grandi spiriti riescono a trasmettere. Per questo vi invito a un viaggio nel mondo di Tonino Guerra, in un universo magico che lui chiama “I luoghi dell’anima”. Ci piacerebbe che, dopo aver familiarizzato con le pagine di questo libro, poteste anche voi dichiarare quanto confessato al poeta inglese Wilfred Owen da un giovane marinaio, incontrato in treno nel 1915: “Leggere un libro, signore, mi spinge al largo”. Sarebbe bello che anche voi, grazie alle immagini e alle parole di questo testo, foste spinti un po’ più al largo nel mare di terra sulle rive del Marecchia. O, per dirla con l’augurio di Tonino, che
Il pomeriggio sto seduto a guardare
la valle e la montagna in fondo
con tutti i campi che sembrano stracci
ad asciugare al sole e ogni tanto le strisce
rosse dei papaveri, dei mucchietti di case
come dei nidi di rondine appoggiati a terra.
E la gente piegata a lavorare
piccola come la polvere e io seduto
con tutta sta roba dentro gli occhi
La valle è ricca di luoghi d’interesse storico e archeologico. Nella zona del Montefeltro le valli sono caratterizzate da scarpate o da formazioni rocciose fortemente modellate dagli agenti atmosferici che costituiscono un’attrazione per geologi di tutt’Europa.
Sbagliereste però, cari lettori, se (seguendo la vostra anima razionale) vi avvicinaste muniti di guide e carte geografiche a questa valle che sembra realizzare l’eterno sogno di far dialogare l’uomo con la natura e, soprattutto, l’uomo con sé stesso:
(dalla poesia Maricla, 1989)
Lasciatevi trasportare, forti della vostra immaginazione e fantasia, dalle parole del poeta contraddistinte dal carattere corsivo, inseguendo percorsi che vi porteranno su storie e cose minime, quelle che – al di là dei grandi avvenimenti – lasciano tracce indelebili nella nostra memoria.
Tenete bene a mente quanto ha scritto un fecondo autore di guide, Albano Marcarini, che mandai a esplorare la valle per Airone, la rivista di natura e civiltà che ho diretto per nove anni:
Andrea Guerra, figlio di Tonino, musicista e affermato compositore di colonne sonore per film, ripreso all'interno del museo "Nel mondo di Tonino Guerra", da lui creato a Santarcangelo.
Sono strade che mi piace associare alle “strade blu” evocate in un libro che ha avuto un certo successo in America e anche in Italia (Le strade blu, di William Least Heat-Moon, Einaudi, 1988). La spiegazione del titolo è nelle prime parole del libro:
Sulle vecchie cartine stradali d’America le strade principali erano segnate in rosso e quelle secondarie in blu. Adesso i colori sono cambiati. Ma subito prima dell’alba e subito dopo il tramonto – brevi istanti né giorno né notte – le vecchie strade restituiscono al cielo un poco del suo colore, assumendo a loro volta un tono misterioso di blu. È l’ora in cui le strade blu hanno un fascino intenso, e sono aperte, invitanti, enigmatiche: uno spazio dove l’uomo può perdersi.
Uno spazio dove il protagonista, a bordo del suo furgone, può intraprendere un viaggio “dentro” l’America, e dentro sé stesso. Per compagni d’avventura ha con sé solo due libri di poesia e di civiltà locali, oltre alle occasionali, ma non rare e sicuramente non poco importanti, conoscenze che fa durante il suo lungo tragitto. Un tragitto segnato da un itinerario circolare – simile all’immagine del mondo che gli mostrano gli indiani Hopi -, quasi un viaggio a spirale, durante il quale percorre quelle “strade blu” sconosciute non solo ai turisti europei, abituati a un’immagine stereotipata degli Stati Uniti, ma agli stessi americani; strade strette, tortuose, a volte non asfaltate o dissestate, che attraversano paesi di poche centinaia, o addirittura poche decine di abitanti, in mezzo a una natura spesso non assoggettata dall’uomo, affascinante e viva. Un’America diversa, sconosciuta, con indimenticabili personaggi, lontani dalle mode, che consentono al viaggiatore incontri, ricerche, inaspettate svolte, momenti di arte, di ritrovata memoria.
I genitori di Tonino Guerra venivano, prima con i cavalli e poi in camion, a vendere frutta e verdura da Santarcangelo (tornandosene in Romagna “da quella mia Himalaya, luoghi di neve e di freddo”, con carbone e legna), poi un giorno il barbiere di Pennabilli Gianfranco Giannini, Gianni per gli amici (dopo aver sentito parlare di Tonino dall’ex professore del poeta, Augusto Campana) lo andò a trovare nella piazza grande di Santarcangelo e gli propose di andare a vivere a Pennabilli, quel posto frequentato d’estate da ragazzo e mai dimenticato per via della sua aria buona che manteneva sani i polmoni. Una scelta felice in base alla sua teoria più volte ricordata:
(Gianni è poi diventato l’alter ego di Tonino, memoria storica del paese, archeologo dilettante con il pallino del restauro, l’uomo che ha accompagnato fino all’ultimo il poeta su e giù per la Valmarecchia alla ricerca dei boschi incantati, anziani dal cuore pieno di saggezza, chiese abbandonate. Il dardo della morte lo ha colpito nel dicembre del 2020).
Eleonora “Lora” Kreindlina, conosciuta da Tonino Guerra nel ’75 e sposata a Mosca nel ’77 (ha regalato a Tonino l’Oriente e la Russia, sua seconda patria, oggi fa da vigile custode della casa-museo di Tonino a Pennabilli) con Gianfranco “Gianni” Giannini, l’uomo che ha accompagnato fino all’ultimo il poeta su e giù per la Valmarecchia alla ricerca dei boschi incantati, anziani dal cuore pieno di saggezza, chiese abbandonate. Gianni ci ha lasciati nel dicembre 2020.
Questa è la terra che ha alimentato la creatività di Tonino. E questa è la terra alla quale il poeta ha dedicato la sua attenzione profonda, continua, accompagnando il canto poetico con un canto concreto, che si insinua negli oggetti, nelle piazze, nei vicoli, nei giardini. Pochi artisti hanno lasciato tracce fuori dai fogli bianchi, disseminandole negli spazi della terra e dei borghi. Ecco le tappe scelte per questo itinerario poetico in alcuni luoghi che portano i segni della fantasia di Tonino. (La guida completa e più dettagliata la trovate nel libro “La valle del Kamasutra”, di Tonino Guerra, a cura del sottoscritto, Bompiani, 2010).
Rimini. Il Tempio Malatestiano, cuore culturale e storico della moderna capitale delle vacanze. Nelle atmosfere e nelle architetture racconta il dominio dei Malatesta su questo territorio.
Tappa n.1: la Riviera romagnola, con Rimini e Cervia
Un viaggio tra geografia e poesia sulle tracce di Tonino può iniziare dalla Riviera romagnola e dal suo mare. Con l’avvertenza che, per chi vuole saperne di più sui vari incontri nelle tappe, c’è il sito ufficiale dell’Associazione culturale Tonino Guerra avviato con studiosa cura dalla biografa ufficiale del poeta, Rita Giannini, che ci ha regalato al meglio il suo ritratto percorrendone la vita e raccogliendo, in vari volumi, infiniti fatti che confluiscono nei suoi versi e nella sua molteplice opera.
Sulle distanze c’è un gioco del tempo e della memoria e questo gioco fa sì che le più lunghe restino sempre quelle dell’infanzia.
Tomba di Sigismondo Malatesta e della sua amata Isotta, il Tempio Malatestiano conserva opere artistiche di grande pregio, tra cui quelle di artisti del calibro di Leon Battista Alberti e Piero della Francesca.
Da ragazzo andavo al mare insieme al poeta Tito Balestra, di Longiano. Andavamo in bicicletta a Castellabate, vicino a Igea Marina. Le dune erano oltre i campi degli ortolani e noi camminavamo scalzi sulle foglie d’insalata fino alle gibbosità di sabbia cariche di lumachine bianche e stavamo a guardare il mare con un sorriso spento da una leggera paura.
La stessa sensazione che provai la prima volta quando mio padre ci portò con il carretto al mare e, mentre lui lavava il cavallo, gli chiesi: ‘Perché il mare non viene avanti?’. Lui si girò e mi disse, dopo qualche minuto, con voce imprecisa: ‘Si vede che non ne ha voglia’.
Adesso è un mare assediato. E per questo che, a ogni occasione, ripeto: ‘Se il mare fosse uno specchio, noi saremmo delle brutte facce!’. Ricordo quando vidi il mare la prima volta: nostro padre ci portò col cavallo da Santarcangelo, il 15 di agosto, e quando arrivammo, lo scorsi da lontano, perché in quel tragitto di strada, l’ultima parte per arrivare alla spiaggia d’Igea è in discesa e tutti noi, bambini, a un tratto gridammo: ‘Il mare! Il mare!’. C’era un silenzio favoloso e si scendeva verso quella zona leggermente pericolosa, ma piena di fascino, con le dune che sapevano tanto di avventure africane.
A Rimini è tornato a risplendere, grazie al progetto del grande scenografo Dante Ferretti, quel Cinema Fulgor dove Fellini vide il suo primo film “Maciste all’inferno” e dove meritano una sosta approfondita, tra gli altri molteplici richiami, quell’autentico gioiello del Rinascimento che è il Tempio Malatestiano e l’antico quartiere dei marinai e pescatori, San Giuliano.
A Cervia merita un incontro una delle fontane artistiche ideate da Tonino, che fanno ormai parte del paesaggio romagnolo: è nel luogo simbolo del Piazzale dei Salinari, dove s’incontra alla base del Magazzino del Sale Il tappeto sospeso, realizzato nel 1997 in occasione del 300mo anniversario della fondazione di Cervia Nuova;
Cervia. La fontana del “Tappeto sospeso”, ideata da Tonino Guerra e realizzata dal mosaicista di Ravenna Marco Bravura.
Tappa n. 2: Santarcangelo di Romagna
La Sangiovesa, versione moderna dell’osteria tradizionale romagnola, nasce nel 1989 dall’incontro tra l’editore Manlio Maggioli e il poeta Guerra preoccupati perché a Santarcangelo, il paese delle osterie da sempre, stavano scomparendo.
Inno alla Romagna più autentica, è stata premiata dalla prestigiosa Guida ai Ristoranti d’Italia de Il Gambero Rosso per l’eccellenza nel porgere a tavola “la quintessenza della romagnolità, che risulta non ostentata in modo chiassoso ma disseminata in tanti piccoli dettagli. Qui la carta mette l’acquolina in bocca solo a leggere le proposte”. Le tradizionali piadine vengono impastate e cotte al momento, i piatti della tradizione che vanno dagli strozzapreti alla trippa, passando per lo squacquerone, gli ottimi salumi e una robusta presenza di etichette di vino Sangiovese.
Nel cuore del borgo è collocata nell’antico Palazzo Nadiani, dalle origini medievali. Un paziente lavoro di recupero ha portato alla creazione degli ambienti dell’osteria, caratterizzati da sale con volte a botte e a crociera, con solai dai grandi travi, da mura in sasso e pietre scheggiate, ma anche mattoni consumati dal tempo. Il tutto si presenta come un insieme armonico, dal fascino misterioso e austero, arricchito dai suggerimenti di Guerra, che ha voluto farne un luogo anche di incanto per gli occhi (“si mangia anche con gli occhi”) oltre che per il palato: qui numerosi sono i segni del passaggio dell’artista, dalle tovagliette di carta impreziosite dalle poesie di Tonino alle splendide sue stufe.
Passare una serata in Sangiovesa, è come compiere un fantastico viaggio nella terra di Romagna, un viaggio di sapori e di ricordi, immersi in quella particolarissima, calda atmosfera che fa della Sangiovesa un posto unico. Ogni angolo in Sangiovesa, ogni singolo muro, ogni pezzo di soffitto o volta affrescata, ha in sé una storia da raccontare, la memoria di intere generazioni, di un paese e della sua storia. Così, si entra in Sangiovesa come in un libro di meraviglie e di ricordi.
Santarcangelo. L’artigiano-artista Alfonso Marchi indica il tassello che copre il nascondiglio (mai aperto) con i documenti ancora segreti della costruzione del seicentesco mangano usato per stirare le tele.
Alfonso Marchi dialoga con Salvatore Giannella nella sua bottega nel centro storico di Santarcangelo. Il suo mangano ha suscitato la curiosità di visitatori illustri come i Reali inglesi e il direttore del Museo Nobel, Svante Lidqvist.
Un altro di questi macchinari pioneristici (per ironia della sorte, proveniente proprio da Pennabilli) opera dal lontano 1826 nella vicina Gambettola, città dell’infanzia di Fellini, e sforna, grazie alle mani sapienti della famiglia artigiana dei Pascucci, arazzi stampati con i decori creati dalla fantasia di Tonino: frutti e farfalle, donne, anatre e lune (link).
Tappa n. 3: Torriana
Proseguendo da Santarcangelo lungo la statale Marecchiese, si incontra Torriana con la fontana che zampilla nella piazza principale del paese. È la prima delle fantasiose creazioni di Tonino:
Il santuario di Saiano, su uno scoglio gessoso in riva al Marecchia, restaurato dieci anni fa, grazie anche all’interessamento di Tonino. È dedicato alla Vergine del Carmine, rappresentata da una statua in gesso del XV secolo ritenuta miracolosa. La leggenda racconta che ogni 15 agosto le partorienti andavano alla chiesetta a invocare la Vergine per un felice esito del parto, mentre per chi desiderava rimanere incinta, c’era una particolare seduta, si dice miracolosa. La porta in bronzo della chiesa, realizzata da Arnaldo Pomodoro, detta “La porta che raccoglie i tramonti”, rappresenta il Marecchia e i suoi affluenti.
Tappa n. 4: Saiano
Nei luoghi dell’anima di Tonino Guerra un posto importante è ricoperto dai luoghi della preghiera e dell’incontro con la spiritualità. Ci sono le chiese abbandonate, quelle ritrovate, mondi dimenticati, santuari di silenzio. Uno di questi è il santuario di Saiano, precipite sulla Valmarecchia su uno scoglio gessoso vicino al fiume. Per arrivarci dalla riva opposta è stato costruito nel 1993 un ponte di legno che, simbolicamente, vuole essere
Il santuario di Saiano nel progetto originario di Tonino.
Tappa n. 5: Maioletto
Qui si approda in un mondo circondato da una sinistra fama:
La voce popolare raccontò poi che quella notte su nel castello, i cui resti grandiosi spiccano sulla sommità della cima, il conte e la sua corte ballavano nudi e che questa disgrazia (come la precedente: 1639, un fulmine colpisce la polveriera della rocca che salta in aria) sia stata una punizione divina per i licenziosi abitanti di Maiolo che erano soliti praticare “balli angelici”, cioè danze notturne senza alcun abito addosso. Il paese ricostruito un po’ più a valle ha assunto il nome di Maiolo, mentre l’antica Maiolo, abbandonata dopo la frana, ora viene chiamata appunto Maioletto. Lassù è rimasto un cimitero con alcune croci di ferro appoggiate ai muri che fanno da quadrato.
Tappa n. 6: Talamello
Questo piccolo borgo, antica proprietà dei Malatesta signori di Rimini, ha un’antichissima tradizione legata all’enogastronomia locale, in particolare alla fossatura del formaggio: il suo nome deriva infatti da thalamos, cioè grotte. L’usanza vuole che il formaggio venga infossato una volta all’anno, nel mese di agosto, per tornare alla luce a novembre: questo evento si festeggia con la fiera chiamata, da Tonino l’ “Ambra di Talamello”, che si svolge nelle prime due domeniche di questo mese e che riempie le strade del borgo di profumi e sapori unici. Qui chi vi scrive ha ricordato in una giornata speciale il cittadino illustre del borgo, il musicista Amintore Galli (1845-1919), autore dell’Inno dei lavoratori.
Il convento delle suore Agostiniane a Pennabili. Sorge ai piedi della rupe sulla quale vi sono le rovine dell'antico castello.
Tappa n. 7: San Leo
Il giornale inglese The Telegraph ha stilato nell’estate scorsa una classifica dei 19 borghi italiani più belli da visitare, inserendo nell’elenco San Leo, unica città menzionata per la regione Emilia-Romagna per il suo incanto e suggestione unici. Caratteristiche che avevano catturato grandi spiriti antichi (Dante Alighieri e Machiavelli) e contemporanei (Umberto Eco e Roberto Benigni) e che avevo sottolineato nel corso di Linea Verde Orizzonti (Rai1, 17 maggio 2014) condotta da Chiara Giallombardo.
San Leo, piccola ma meravigliosa capitale d'arte, citata da Dante nella Divina Commedia e ammirata da San Francesco e, tra gli ultimi, da Umberto Eco come "il più bel borgo d'Italia". Due chiese, una piazza, una rocca e uno sperone roccioso a 600 metri sul livello del mare, rendono questo abitato nell'entroterra di Rimini un luogo fuori dal tempo. (credit: Luigi Ciucci)
Tappa n. 8: Petrella Guidi
Da questo pugno di case, frazione del borgo ideale per il Mibact Sant’Agata Feltria, inizia la storia del Rico e della Zaira raccontata da Tonino Guerra ne Il viaggio. Questo vetusto pugno di case, ribattezzata “Borgo del Sole e della Luna”, negli ultimi decenni non è sprofondata nel nulla grazie a un generoso mecenate: Benny Faeti, “giornalista televisivo che ci era andato per un servizio e c’è rimasto per sempre cercando da solo, letteralmente, di non far crollare le antiche mura”.
Nell’aprile del 1994, su iniziativa di Tonino Guerra, presenti Michelangelo Antonioni e Wim Wenders e con le note del maestro Nino Rota, a Petrella Guidi è stato creato il Campo dei Nomi, un luogo solitario e silenzioso in ricordo delle giornate passate da Federico Fellini e la moglie, Giulietta Masina, seduti in cima al borgo di Petrella Guidi, a godersi il panorama.
In questo piccolo borgo aggrappato
ai monti dove passò esiliato Dante
Alighieri e dove nacquero Uguccione
Della Faggiola e Fra Matteo da Bascio
inventore dell’Ordine dei Cappuccini,
c’è un prato d’erba quieta
sulla quale sono state posate le lastre di marmo
dedicate a Federico Fellini e a Giulietta Masina.
Un santuario dove si onorano
i nomi di chi ha regalato all’umanità
arte e commozione.
Oggi, a pochi metri dalla panchina dove sedevano, ci sono queste due lapidi.
Qualcuno lo sapeva e diverse volte lo hai confidato anche a me: ‘Basterebbe una pietra rettangolare in un prato d’erba e magari una panca per chi vuole tenerci compagnia’
La valle, Federico, desidera stare vicino al tuo nome.
(Federico Fellini)
La valle di Ranco e del saggio agricoltore Eliseo avvolta dal gelo. Alla domanda se credesse in Dio, Eliseo rispose: ‘Dire che c’è può essere una bugia, dire che non c’è può essere una bugia più grande’. Per Guerra, "solo Socrate può dire una simile cosa".
Tappa n. 9: Sant’Agata Feltria e la Fontana della chiocciola
Tra le creazioni di Guerra più inclini all’incantamento c’è la fontana di Sant’Agata Feltria, la seconda nata in ordine cronologico. Anch’essa porta con sé il fascino della favola e dispiega il pensiero filosofico di Tonino. La chiocciola, che ha così tanta tenerezza per la pioggia da uscire solo dopo che questa è caduta, è il simbolo della lentezza e della costanza. La sua lentezza è indice di saggezza: sta a testimoniare che
Una frase che il maestro ha raccolto dagli indios della foresta del Chapas (evocati in una lettera mandatami quando dirigevo Airone da Michael Ende, il grande scrittore di Momo e de La storia infinita).
Tonino la citava spesso come stimolo per la riflessione in questo nostro tempo frettoloso. La fontana è composta da oltre 300 mila tessere di mosaico policrome e dorate. L’originale opera si adagia lungo la scalinata che unisce la parte alta del borgo alla piazzetta sottostante, Piazza Martiri d’Ungheria, su cui si affacciano i saloni delle Scuderie, proprio dietro quello splendido gioiello che è il seicentesco Teatro Mariani, il più antico teatro interamente in legno esistente in Italia.
Pennabilli: un albero fiorito nel giardino della casa-museo di Tonino Guerra per porre il suo nido eterno. Oggi ne è vigile custode la sposa Lora.
Tappa n. 10: Pennabilli e i luoghi dell’anima
Un’ora d’auto separa la casa natale di via Verdi a Santarcangelo, con la casa-museo in cima alla Valmarecchia collegata alla sede dell’associazione culturale che porta il suo nome.
È proprio Pennabilli, questo paese che potrebbe stare indifferentemente in Valmarecchia, in una favola di Gianni Rodari o in un racconto di Italo Calvino, l’epicentro dell’universo creativo di Tonino. “Il mondo di Tonino Guerra”, voluto tenacemente dalla moglie Lora, è infatti il titolo che hanno scelto nel 2005 per definire lo spazio in cui trova ospitalità la sua multiforme opera artistica. Un museo che poco ricorda i musei tradizionali, perché nelle intenzioni di Tonino e degli enti pubblici fondatori (Comuni di Pennabilli e Santarcangelo, Province di Pesaro Urbino e Rimini, Comunità montana Alta Valmarecchia) esso vuol essere un luogo vivo in cui ci si incontra, si discute, si lavora. La sede di via dei Fossi ospitata nei sotterranei del trecentesco Oratorio di Santa Maria della Misericordia, si anima periodicamente per gli incontri culturali, artistici e turistici gestiti da Tonino in prima persona fino alla sua scomparsa: lì lui presentava le sue opere, teneva lezioni di sceneggiatura, metteva in scena il suo teatro di lettura, incontrava gli studenti. Un archivio, con videoteca, fototeca e biblioteca consente di approfondire la sua opera e il contesto in cui è nata e si è sviluppata. E illumina il mosaico circostante dei “luoghi dell’anima”, sette musei all’aperto e non, ognuno con caratteristiche proprie ma uniti dall’obiettivo comune di sollecitare l’anima e la fantasia del visitatore, capaci di far pensare e sorridere insieme. Questo singolare museo diffuso si snoda attraverso il borgo di Pennabilli e parte dell’Alta Valmarecchia.
Pennabilli: l’Arco delle favole che introduce nell’Orto dei frutti dimenticati, il primo dei luoghi dell’anima creati da Tonino Guerra nella Valmarecchia.
L’orto dei frutti dimenticati
L’Orto dei frutti dimenticati, creato in un fazzoletto di terra dell’ex convento dei Frati missionari, è il primo intervento a Pennabilli voluto da Tonino, dopo la decisione di risiedere in questa città. È una specie di giardino magico nel quale vegetano in tutta tranquillità un’ottantina di piante, più o meno alte. Sono gli alberi dei frutti dimenticati, dei sapori intensi e prepotenti del passato, che nessuno ormai coltiva più: un’invenzione pionieristica che ha anticipato un tema diventato poi d’attualità. È stato realizzato con la consulenza scientifica di Carlo Pagani, vivaista di Budrio, che ha raccolto e donato piante da frutto e specie arboree oggi scomparse appartenenti alla flora spontanea della campagna appenninica. All’orto si sono aggiunte innumerevoli installazioni ideate da Guerra e create, queste come altre, dalle mani di artisti diversi. Queste le principali installazioni:
- l’Arco delle favole, per raccontare le fiabe di mondi misteriosi e lontani (“Si dice nelle favole antiche che i ragazzi che passavano sotto un arco eretto nelle feste di fine anno, poi avevano una vita con bagliori di gloria”);
- il Bosco incantato (“un labirinto dell’anima, dove per breve tempo puoi perdere la memoria e ritrovarla soltanto il giorno più bello della vita”);
- la Meridiana dell’incontro (due colombi di bronzo irti su una pietra, protagonisti di una piccola meraviglia: tra le tre e le quattro del pomeriggio l’ombra manda due profili indimenticabili, quelli di Federico Fellini e Giulietta Masina, che si baciano);
- la Cappella Tarkovskji (in ricordo dell’amico regista russo prematuramente scomparso, che ha una facciata costruita con le pietre delle chiese scomparse della vallata);
- il Gelso della pace piantato dal Dalai Lama nel corso della sua visita a Pennabilli (1994) per onorare il ricordo del frate Orazio Oliviero della Penna “che nel ‘700 arrivò con la sua voce cristiana sugli altipiani del Tibet e tradusse trentaduemila parole di quel popolo per portarle alle orecchie occidentali”);
- una Porta delle lumache di Aldo Rondini;
- e, infine, all’interno del Lavatoio, le Parole dei mesi.
La strada delle meridiane
Sette meridiane collocate sulle facciate delle case nel centro storico di Pennabilli invitano a sentire l’ora attraverso le ombre, un modo antico di adoperare gli occhi. Le immagini riproducono quelle di quadri famosi, talvolta sono opere riproposte fedelmente, altre volte sono brani di un quadro o di un affresco. La scelta è caduta su noti autori del passato come il “San Sebastiano” di Antonello da Messina, i putti del Mantegna che decorano la Camera degli sposi del Palazzo ducale di Mantova, ma non mancano i soggetti astratti, presi a prestito dalla fantasia di artisti contemporanei, tra cui lo slavo Rabuzin, il santarcangiolese Giulio Turci e lo stesso Guerra.
La secolare torre di Bascio con, ai piedi, Il Giardino pietrificato, una delle invenzioni poetiche di Tonino. Si compone di sette tappeti in ceramica, realizzati dallo scultore riminese Giò Urbinati nel 1991, dedicati ad altrettanti personaggi che nella valle sono nati, hanno vissuto o l’hanno toccata con i passi o con le parole: Uguccione della Faggiola, Buonconte da Montefeltro, Matteo da Bascio, la contessa Fanina di Borbone, Ezra Pound, Giotto, Dante. L'Associazione Tonino Guerra (presieduta dal figlio Andrea, vice la moglie Lora) è tra i destinatari del 2X1000 che potrà essere devoluto con la dichiarazione dei redditi inserendo il codice fiscale 92035480414. Sta restaurando il Giardino pietrificato e ha lanciato un appello per raccogliere fondi.
Il Giardino pietrificato
Il Giardino pietrificato è un allestimento permanente che sta sul poggio della secolare torre di Bascio (frazione di Pennabilli). Si compone di sette tappeti in ceramica realizzati dallo scultore riminese Giò Urbinati e dedicati ad altrettanti personaggi che nella valle sono nati, hanno vissuto o l’hanno toccata coi passi o con le parole: Uguccione della Faggiola, Buonconte da Montefeltro, Matteo da Bascio, la contessa Fanina dei Borboni, Ezra Pund, Giotto, Dante.
Pennabilli: Tonino Guerra davanti al quadro L’angelo coi baffi (dell’artista milanese ma romagnolo d’adozione Luigi Poiaghi) ammirabile nel Museo con un quadro soltanto, “il più sguarnito e poetico museo del mondo”, nato da una sua poesia che accoglie il visitatore. Il cuore di Tonino si è fermato il 21 marzo 2012.
Il museo con un quadro solo
C’era una volta un angelo coi baffi
che non era capace di fare niente
e invece di volare attorno al Signore
veniva giù nel Marecchia
dentro la casa di un cacciatore
che teneva gli uccelli impagliati
in piedi sul pavimento di un camerone.
E l’angelo gli buttava il granturco
per vedere se lo mangiavano.
E dai e dai
con tutti i santi che ridevano dei suoi sbagli
una mattina gli uccelli impagliati
hanno aperto le ali
e hanno preso il volo
fuori dalle finestre dentro l’aria del cielo
e cantavano come non mai
Dalla poesia L’Angelo coi baffi è nata l’idea di creare un quadro e poi un Museo con un quadro soltanto, “il più sguarnito e poetico museo del mondo”. Qui il tutto si struttura nella piccola chiesa pennese dove sono stati collocati due pannelli con la poesia, in dialetto e in italiano, la grande tela realizzata dall’artista milanese ma romagnolo di adozione, Luigi Poiaghi completano la singolare installazione uno stormo di uccelli imbalsamati e un registratore che ricrea il tessuto sonoro dell’ambiente naturale dei volatili e di essi ne raccoglie il cinguettio.
Sette pietre misteriose.
Sette specchi opachi per la mente.
Sette confessori muti
che aspettano di ascoltare
le tue parole belle e le tue parole brutte
Il Santuario dei pensieri è l’opera che meglio rappresenta l’animo e la spiritualità zen di Tonino Guerra. È l’idea più vicina al suo amore per l’Oriente, alla sua filosofia. Ci avvicina alla riflessione intima, ci induce a dialogare con i nostri pensieri, con le nostre passioni, con i nostri desideri. bisogno di introspezione interiore.
In un quadrato di erba verde, che vide camminare i Malatesta, signori della Penna, tra le mura che furono del loro castello, sette pietre (ecco il numero sette che si incontra nuovamente) a volte levigate, altre martellinate, altre ancora sagomate dalle mani dell’uomo o della natura o della storia, si ergono misteriose, affiancandosi a una misurata distanza e compiendo un tragitto che può farsi traccia dell’anima.
Cinte da altre pietre che invitano esse stesse alla riflessione, riportandoci alla loro storia millenaria, il Santuario è posto sopra il giardino del poeta, di cui si può godere una magnifica vista d’insieme. Una panca permette la sosta, il silenzio totale lascia i pensieri liberi di migrare, le antiche muraglie appaiono come il grembo che li accoglie, ne deriva un incantamento che fa scaturire preghiere di ringraziamento.
Il rifugio delle madonne abbandonate
In uno stanzone sono raccolte le riproduzioni in terracotta delle tante raffigurazioni sacre che le cellette agli incroci delle strade nella Valmarecchia hanno perduto e ora rivivono grazie alla mano di molti ceramisti, in particolare faentini e imolesi. La mostra si evolve grazie alle continue donazioni di artisti locali e nazionali che, come i sindaci e assessori, hanno faticato molto a contenere la geniale vitalità del poeta-urbanista.
Fotogallery
Pennabilli e dintorni
con gli occhi di Vittorio Giannella*
VITTORIO GIANNELLA
Fotografo
Il mosaico dei cento turismi
in natura e di cultura
da Rimini a Pennabilli
Turismi in natura
Agriturismo
Alpinismo, arrampicata sportiva
Birdwatching
Botanica, itinerari botanici, fotografia naturalistica
Entomologia, campi scuola, vacanze per imparare, biblioteche
Escursioni in bicicletta, mountain bike, piste ciclabili
Micologia (specialisti), itinerari micologici
Miniere e archeologia mineraria, geologia, paleontologia, itinerari nei mondi di pietra (per turisti e per specialisti)
Osservazioni e fotografie subacquee
Pesca sportiva
Picnic, scoutismo, vacanze scolastiche e famigliari
Speleologia (specialisti), itinerari speleologici guidati
Sport d’acqua (escursioni in barca, vela, windsurf)
Sport dell’aria (deltaplano, parapendio, aquilonismo)
Sport di precisione (tiro a segno, tiro al piattello)
Trekking a piedi, sentieri natura, passeggiate nel verde
Turismo equestre
Turismi di cultura
Archeologia (specialisti), itinerari archeologici (turisti)
Artigianato e collezioni
Concerti, musica, teatro, feste, balletto, danze, festival, eventi di costume, folklore
Itinerari gastronomici
Musei e beni storici, architettura, monumenti, castelli
Strade romantiche
Turismo religioso (luoghi sacri, convegni, monasteri, cattedrali)
Visite a paesi fantasma, borghi abbandonati.
Mangiare e dormire bene
da Rimini a Pennabilli
Nella Romagna capitale del turismo europeo c’è solo la difficoltà della scelta: si va dagli alberghi mitici come il Grand Hotel di Rimini ai ristoranti stellati (Da Guido a Miramare di Rimini o Il piastrino a Pennabilli alle tappa d’obbligo della Sangiovesa di Santarcangelo o alle suite suggestive come l’Hotel della Porta di Santarcangelo o il Duca da Montefeltro a Pennabilli, con soffitti affrescati o mobili disegnati da Tonino: schegge della sua architettura poetica le trovate persino in un campeggio in riva al Marecchia (Da Quinto, a Pennabilli), uno dei più belli d’Italia. Comunque in tutto il territorio sono presenti numerose attività ricettive, alberghi di ogni caratura, bed and breakfast e i migliori ristoranti dove pranzare e cenare con piatti tipici e non solo. La bussola per ognuno dei viaggiatori ha un nome e queste coordinate: IAT Rimini, sito web riminiturismo.it – telefono 0541 53399 – mail: info@riminireservation.it
Altri indirizzi utili sono le Pro Loco, da Santarcangelo (0541624270) a Pennabilli (0541.928659).
I migliori ristoranti dove pranzare e cenare a Rimini e provincia.
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Ristorante Da Guido. Lungomare Spadazzi, 12 47924 Miramare di Rimini (RN). Tel 0541.374612 / email info@ristoranteguido.it
Ristorante Il Piastrino. Via Parco Begni, 47864 Pennabilli (RN). Tel (+39) 0541.928106 / email info@piastrino.it
Ristorante La Sangiovesa. Piazza Beato Simone Balacchi 14, Santarcangelo di Romagna (RN). Tel 0541.620710 / email sangiovesa@sangiovesa.it
Ristorante Antica Macelleria Venturi. Piazza Vittorio Emanuele II, 26 . tel. 0541.928528
Osteria Enoteca Al Bel Fico. Piazza Vittorio Emanuele II, 24, tel. 0541.928810 / email info@ristorantealbelfico.it
Ristorante Hotel Della Porta. Via A. Costa, 85, 47900 Santarcangelo di Romagna (RN). Tel 0541.622152 / email info@hoteldellaporta.com