Conosceremo mai le dimore civili, la piccola città nella quale visse quasi tremila anni fa una comunità proto-etrusca (si dirà?) alta sulla collina in vista dell’Adriatico che a poche miglia di distanza bagna laggiù gli arenili di Rimini? Difficile prevederlo. Per ora dobbiamo accontentarci (si fa per dire) di gustare, ammirare, fare nostri nella memoria gli straordinari reperti della “città dei morti”, delle necropoli di quella comunità remota, scoperte, scavate e studiate non moltissimi anni fa, ricche di materiali da sballo.
Quando si sale dall’enorme letto sassoso del Marecchia verso lo sperone roccioso di Verucchio, sopra Rimini, viene subito incontro la Rocca di sasso e mattoni rossi del dantesco Mastin Vecchio, da cui provengono i Malatesta, signori geniali quanto spesso feroci, a cominciare da Sigismondo Pandolfo. Noi puntiamo dritto al piccolo convento porticato di Sant’Agostino, sede del civico Museo Archeologico al quale hanno in modo esemplare collaborato lo Stato e il Comune che lo gestisce. Entrando, la prima cosa che colpisce e affascina, nella generale bellezza degli arredi e dei corredi esposti, è un trono ligneo, intarsiato, colorato, dorato, in una parola raffinatissimo.
È il simbolo di una comunità ancora misteriosa che si insediò su questo colle alto quasi 300 metri in vista dell’Adriatico forse nel IX secolo e vi rimase fino al V, quando scomparve (o si imbarbarì, chissà). Forse attratta dal mare Adriatico, dai più agevoli commerci fra terra e mare e fra sponde diverse dello stesso mare. Laggiù sarebbe più tardi nata Ariminum poi città-chiave per giungere da Roma con la Via Flaminia ed inoltrarsi nella Valle del Po, allora in gran parte acque e foresta nordica, con la Via Aemilia proiettata, dopo l’etrusca Félsina, fino a Placentia. Rimini con l’Impero città augustea per eccellenza.
I numerosi, stupendi monili del prezioso Museo Archeologico di Verucchio danno conto di una comunità di origine “villanoviana” da Villanova vicino a Bologna. Forse a regime matriarcale, tanto presenti sono qui, molto più che altrove, i corredi femminili. Comprese – ecco una delle sorprese più stupefacenti – stoffe di lana che le argille delle necropoli fin qui scoperte (negli anni ’70) hanno incredibilmente conservato: sembrano pezze di cashemere blu scuro e ricordano i kilt dei gonnellini scozzesi. Siamo sull’antica Via dell’Ambra tracciata da nord a sud proprio dagli Etruschi e qui, nel Museo di Verucchio, c’è anche molta ambra. Ci sono collane, fibule, anelli, piatti, ciotole. Ma anche elmi guerrieri e spade. Atte a difendere questa arcaica comunità che non sappiamo se venuta sin qui direttamente dall’Anatolia, giunta invece da altri mari o dalla Toscana, oppure autoctona. Certo già di una eleganza già strepitosa in epoca così lontana, così anticipata rispetto allo sviluppo medio della zona in cui visse e operò.
Di essa si conoscono soltanto le sei necropoli situate sotto il colle sul quale poggia il borgo dei Malatesta, edificato, con ogni probabilità, sopra quell’abitato villanoviano. Qui c‘è anche molto Trecento e il Trecento dei pittori riminesi è largamente da scoprire per il turista. Una volta si parlava sempre e solo di Giotto (del quale a Rimini esiste davvero uno splendido Crocefisso, nel Tempio Malatestiano). Oggi si parla anche di Pietro e di Giuliano da Rimini, di Baronzio e di altri riminesi, delle cui vite poco si conosce (si sa soltanto, con certezza, che Baronzio perì nelle terribile peste di metà Trecento). A Verucchio, nella chiesa dei Santi Martino e Francesco, spicca un grande Crocefisso su tavola di ignota, ma preziosa, mano sicuramente riminese.
A Villa Verucchio, a 4 chilometri da qui, si erge la Chiesa della Croce, dal bel portale gotico, che la tradizione vuole fondata nel 1215 da San Francesco. Il quale avrebbe pure piantato il colossale cipresso che sorge ancora nel chiostro, prepotente, come una imponente scultura naturale. Vale una visita da solo. Ne hanno già fatto talea, creando quindi un suo “gemello”, gli amici della Associazione Nazionale Patriarchi della Natura che ha sede a Forlì, presidente Sergio Guidi, agronomo di Predappio. Pronto in vivaio per essere donato a papa Francesco. Come hanno già chiesto. Infine affacciatevi dal Museo di Verucchio. Rivolgete un ultimo sguardo verso l’interno del Montefeltro, verso la rocciosa, vertiginosa San Leo, il paesaggio vi suggerirà un nome solo: Dante.
A PROPOSITO
Mappa e info utili
- Museo Archeologico, Via Sant’Agostino, 14
- tel: (+39) 0541 670222, (+39) 0541 670280 – fax: (+39) 0541 673266, (+39) 0541 679570;
- mail: ufficioiat@prolocoverucchio.it;
- web: www.verucchioturismo.it
- Associazione Pro Loco Verucchio, Piazza Malatesta 20 – 47814 Verucchio (RN)
- tel: (+39) 0541 670222
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Il mosaico dei turismi
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A PROPOSITO
Seconda tappa del nostro viaggio tra le fortezze di Romagna a 180°: la Rocca del Sasso a Verucchio (e altre 14 a Rimini e dintorni)
Il reportage panoramico di Ferdinando Cimatti*
- VERUCCHIO – ROCCA DEL SASSO
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