Sul mio comodino nella casa di Cesenatico mi accoglie da qualche tempo il libro con cento storie piccole e grandi: “Di mare, barche e marinai”, autore il giornalista-velista Carlo Romeo editore Mursia, euro 15. È una godibile miscela di storia e storie di personaggi che amano e vivono il mare, di tecnologie e di natura. Nelle 227 pagine che sanno di salsedine si susseguono pagine che diventano palcoscenici animati in maniera sorprendente, da leggere d’un fiato o (come preferisco io) da piluccare lentamente prima di addormentarmi: da Temistocle alle manovre di ormeggio, da Humphrey Bogart e la sua barca Santana all’isola Ferdinandea scorta nella sua prima emersione da un giovane marinaio destinato a diventare famoso (Giuseppe Garibaldi), dal comandante Straulino alle leggende del castello di Milazzo, da come costruire una barca in garage (consigli brevettati da Omero nell’Odissea, libro V, verso 228 e seguenti!) alla storia inquietante del sottomarino tedesco UB-65…
Il fascino della lettura è spiegabile certamente con le parole di Andrea Camilleri:
E a me affiora alla mente il ricordo di parole di un’altra lontana lettura: quelle confessate al poeta inglese Wilfred Owen da un giovane marinaio, incontrato in treno nel 1915:
Sono certo che anche voi, grazie a queste cento storie di Romeo tra cielo e mare, sarete spinti, come capita a me, un po’ più al largo. (s. gian.)
La fanciulla era lì, dietro quel muro, da duemila anni. Per tutto quel tempo, se avesse potuto sentire, avrebbe sentito soltanto il rumore del mare a pochi passi da lei. Per quale ragione qualcuno la abbia murata dentro quel buco nella parete, non è difficile immaginarlo. Paura che venisse portata via da una delle tante invasioni che Anzio (città di mare e città chiave per prendere Roma da sempre) ha subìto nel corso dei millenni.
Oggi, della antica costruzione romana trasformata in villa imperiale da Nerone (che in quella villa era peraltro nato) restano di fatto ormai poche tracce che testimoniano l’antico capolavoro. Il mare e il vento, ai confini dei quali era costruita, nel corso dei secoli hanno fatto quel che era nella loro natura.
La Fanciulla nascosta nella nicchia è in realtà uno dei più indiscussi capolavori della scultura di ogni tempo, capace di colpire immediatamente il genio di Federico Zeri, che di opere d’arte se ne intendeva e parecchio.
A grandezza naturale, la Fanciulla avanza verso sinistra, elegante in un passo sospeso, fermato nel marmo e pieno di movimento, di grazia. Nella mano sinistra porta, su un vassoio rituale, delle offerte votive, una benda di lana, un ramoscello d’olivo e una zampa di leone. Forse appartiene a un corteo sacro, forse si tratta di una giovane sacerdotessa.
Il mare, quella notte di burrasca del 1878 ad Anzio (sfondando quel muro che era lì da decine di secoli) ha riconsegnato una piccolissima parte dei tesori che nasconde, regalando un’opera che gli storici collegano all’arte universale e al genio di Lisippo. Un grande regalo restituito da quello che è da sempre e suo malgrado il più grande collezionista di opere d’arte del mondo.
La Fanciulla di Anzio oggi è a Roma, al Museo Nazionale di Palazzo Massimo, assediata dai rumori ferroviari della Stazione Termini (a poche decine di metri da lei) e da quelli di un traffico capitolino ormai totalmente, irrimediabilmente anche lui come il resto della città.
Il rumore del mare, ascoltato per secoli nel buio della nicchia, sarà certo una delle cose che le manca di più.
A PROPOSITO
Per un alfabeto civile:
vedi alla voce
S come Silenzio
Potrebbe essere considerata a tutti gli effetti un a forma di dipendenza se non addirittura di depravazione. Il fatto che a bordo delle barche sempre più gente monta televisori grandi quanto un campo da tennis. L’idea che fuori ci sia uno dei più grandi spettacoli della Terra cui sia concesso di assistere, pieno di movimenti e colori e silenzi e suoni, purtroppo per qualcuno è incomprensibile.
Nel silenzio della rada, quando tutto è pace e poesia, da certe barche arrivano le flatulenze orali di conduttori isterici, i rumori doppiati di telefilm di infima serie, perniciosi per il cervello quanto lo può essere del cibo scadente e scaduto per lo stomaco.
C’è poco da fare. Forse il silenzio fa paura così come capita per i bambini con il buio. Ci è in qualche modo insopportabile, insomma, e facciamo di tutto per sconfiggerlo.
scrive in una delle sue più famose poesie Edgar Lee Masters, quello della Antologia di Spoon River, per intenderci.
Noi, invece, sembra che il silenzio non sappiamo più riconoscerlo. Così finiamo per portarci appresso il nostro rumore cittadino, questa spazzatura dell’anima che certamente aiuta a non pensare, a non parlare, a non capire. (Carlo Romeo)
(via mail)
Il mare è da sempre un grande narratore. Le pagine d’acqua che ispirano Carlo Romeo raccontano di uomini eroici, di naufraghi, di comandanti e di misteri. Il mare è un maestro severo e rigoroso. Se non conosci le sue correnti, la forza delle sue onde, i giochi potenti che con il vento sa tessere mettendoti in balia della sorte, puoi solo sperare di essere salito in barca con il piede destro, di esserti ricordato di pagare la compagna di una notte nel porto appena lasciato, di prestare molta attenzione affinché le parole che si dicono sulla barca siano di buon auspicio e a interrompere il canto che chiama il vento non appena le vele si gonfiano. Il mare è da sempre il primo e più grande richiamo capace di creare nella nostra mente direzioni circolari uguali e contrarie. Il mare ti riporta all’origine della vita e, nello stesso tempo, ti conduce verso l’esplorazione di nuove terre.
Un consiglio a chi di queste pagine d’acqua non può fare a meno: è di lasciare che le pagine di questo libro ti conducano al largo. Per navigare, per naufragare.