Piero Calamandrei (1889-1956), giurista e docente universitario, fu tra i pochissimi che nel ventennio non presero la tessera fascista. Fece parte di movimenti clandestini. Grande avvocato, uomo politico e umanista. Nel 1922 con Gaetano Salvemini, i fratelli Rosselli ed Ernesto Rossi fondò il “Circolo di cultura”. Tra i promotori del Partito d’Azione e gli animatori della Resistenza, nel 1945 dette vita alla rivista politico-culturale Il Ponte. Membro della Commissione dei 75 incaricata del progetto della Costituzione (che definì “nata presbite, perché vedeva bene lontano”: a essa è dedicato il mio primo eBook, RiCostituiamoci, ed. Castello Volante, Ndr), deputato, sostenne la causa europea e quella della distensione, anche con scritti di pregio stilistico. Memorabili e di grande attualità i suoi discorsi in difesa della Costituzione e della scuola pubblica. Calamandrei è lo spirito guida di Adriano Sansa, presidente del Tribunale dei minori di Genova.
Quando si è imbattuto per la prima volta nel suo “eroe”, Calamandrei?
Ero in seconda, al liceo “Chiabrera” di Savona. In città un circolo culturale vivissimo, il “Calamandrei” appunto. Il professore di filosofia un giorno mi propose di discutervi un libro dell’economista austriaco Joseph Schumpeter, nientemeno. Dissi banalità e qualche sciocchezza, credo. Ma il contatto era stabilito…
Che cosa di lui ammira soprattutto?
Non si piegò al fascismo,. anzi vi si oppose fermamente. Dedito alla procedura civile, non si dedicò soltanto agli studi e all’Università. Intervenne nel suo tempo, agì con gli strumenti di cui poteva disporre, parlò e scrisse. Ecco, fu l’avversario dell’indifferentismo. Ritengo che quello degli indifferenti sia stato il grande male nostro durante il ventennio fascista, e non solo…
Lo ha ritrovato nel corso degli anni?
Più di una volta. Il suo libro del 1935, Elogio dei giudici scritto da un avvocato, insieme un richiamo alla responsabilità e un’espressione di rispetto, utilissimo oggi quando l’ambiente della giustizia è turbato e teso come in poche stagioni, Calamandrei aveva il culto della legalità ma permeata di un elemento morale, di un’idea di giustizia. Ecco: “Il diritto non fatto per me o per te, ma per tutti gli uomini che vengano domani a trovarsi nella stessa condizione in cui io mi trovo. Il diritto non può essere pensato se non in forma di correlazione reciproca. Esso non può essere affermato in me senza essere affermato contemporaneamente in tutti i miei simili, non può essere offeso nel mio simile senza offendere me…”. Ora la forza educatrice e civilizzatrice della legge si ripropone nel momento in cui la nostra Italia si presenta nel mondo globalizzato come uno dei più corrotti e deboli sotto questo profilo.
L’ultimo incontro?
Solo qualche giorno fa, come per una sorte singolare. Ancora a Savona, una bella libreria ha fatto precedere un dibattito sulla cittadinanza da un vecchio documentario in bianco e nero. Visi smarriti nella memoria, Calamandrei stesso, De Gasperi. Voci di un suono che commuove, di una dignità ormai quasi assente nella politica, sullo sfondo l’Italia povera del dopoguerra, gente in abiti dimessi. Ma un accento di speranza, una fede civile nella ricostruzione e nella moralità. E ancora quel richiamo, a tutti, ai giovani più accurato, contro l’indifferentismo. Allora ho capito perché proprio Calamandrei, ora come e più che nella stagione del liceo.
Dalla collana “Il mio eroe”:
- Giovanni Palatucci (1909-1945), scelto da Ennio Di Francesco, già commissario di Polizia e fautore del Movimento democratico della riforma della polizia
- Giuseppe Caronia (1884-1977), grande pediatra che salvò molti ebrei e antifascisti a rischio della sua vita, è l’eroe scelto da Italo Farnetani, il medico dei piccoli
- Roberto Baggio sceglie il maestro buddhista Daisaku Ikeda, che ha dedicato la vita a sradicare le cause della violenza
- E Gianni Boncompagni scelse Arturo Benedetti Michelangeli, il più grande pianista del mondo tifoso di Enzo Ferrari e Topolino
- Nerio Alessandri: quel giorno nella vita di mr. Technogym, il romagnolo che fa muovere il mondo
- Dario Fo elogia il Ruzzante: “Fu un vero rivoluzionario, l’unico che, in forma satirica, ha parlato del suo tempo”
- Urbano Cairo: “Se scalo le montagne lo devo a un filosofo-faro: Napoleone”
- Antonio Cederna, giornalista e battagliero difensore della città, del paesaggio, della bellezza italiana
- Brunello Cucinelli dona bonus culturale ai suoi 1.450 dipendenti e sceglie Marco Aurelio
- E don Ciotti mi indicò il suo eroe: Tonino Bello, vescovo degli ultimi
- Michael Collins: era italiano il gregario spaziale rimasto a orbitare intorno alla Luna. Ecco chi me lo raccontò
- Zorro, cent’anni fa nasceva la leggenda del giustiziere mascherato (l’eroe di Etro)
- Un eroe e un amore che, mi confidò, abitavano nella mente di Luciano De Crescenzo
- Rossana e Carlo Pedretti: le loro vite nel segno di quel genio di Leonardo
- E Roberto Bolle mi confidò: “Il mio eroe? Adam, bambino soldato d’Africa”
- Fabrizio Barca: “il mio uomo faro? Amartya Sen. Quell’economista e Nobel indiano ha dato una risposta alle paure e alla arida globalizzazione”
- Raffaella Carrà: “Felicità è aver avuto una nonna come Andreina mia maestra in una Romagna che era piena di note e di libertà”
- Lo spirito guida di Massimo Giletti? Toro Seduto, un leader lontano da potere e profitto
- E Mauro Corona mi confessò: “Devo a Mario Rigoni Stern la mia rinascita”
- Giuseppe Masera: “per chi come me ha dedicato una vita nella battaglia alla leucemia infantile, la figura di Giovanni Verga assume i contorni di un gigante”
- Nel glossario di Andrea Camilleri inserite la voce: Mandrake, l’idolo che mi confessò
Piero Calamandrei, “Discorso sulla Costituzione” – Milano, 26 gennaio 1955