“Mi piace il suo modo di dire: ci-si-impegna-poi-si-vede. Ti aiuta a pensare che tutto sia possibile”, mi raccontò un anno fa l’editore multimediale in forte ascesa risultato il più votato in un sondaggio di Milano Finanza. Il suo decalogo e un libro che guida in un viaggio alla scoperta delle radici della sua fede calcistica (il Torino), tornata a risplendere dopo le emozioni di ieri.
Si chiude un anno speciale per Urbano Cairo: il 59enne imprenditore multimediale (presidente, amministratore delegato e azionista di controllo con il 60% di Rcs, il gruppo del Corriere della Sera), che a novembre era stato già premiato come miglior manager italiano, è risultato il più votato come imprenditore dell’anno in un sondaggio di Milano Finanza che ha visto in gara sessanta candidati, tutti personaggi di primo piano del mondo degli affari: per i più curiosi, sul podio sono saliti al secondo posto Vincent Bollorè, presidente di Vivendi, e al terzo Nerio Alessandri, che a maggio ha portato in Borsa la sua Technogym (a questo link, la mia intervista a quell’imprenditore cesenate del wellness).
Per conoscere meglio Cairo, credo possano essere utili i brani centrali di un’intervista che mi concesse nel 2015 per la rubrica del 10 ottobre de “Il mio eroe” che curo su Sette, lo storico magazine del Corriere della Sera, arrivata a fine 2016 a 170 incontri.
Dottor Cairo, una volta lei ha detto: «Leggere un libro è metà divertimento e metà utilità. Leggere due volte lo stesso libro a distanza di anni è consigliabile perché in diverse fasi della vita consente di approfondire aspetti diversi». Oggi che lei festeggia 20 anni da editore e 10 da presidente della squadra di calcio del Torino, quale libro sta rileggendo?
“Premetto che io amo la saggistica e in particolare le biografie. Ora sto rileggendo una vita di Napoleone. Racconta un personaggio affascinante: un piccolo corso che non era nessuno ed è diventato imperatore, facendo tanti errori ma lasciando il segno nella storia. Ebbene, quando lo lessi per la prima volta (allora frequentavo il liceo scientifico Cremona a Milano), fui incantato dallo stratega militare, tanto che mi proposi di andare all’isola d’Elba, dove lui visse dieci mesi in esilio, per visitare la sua casa museo. Oggi, invece, mi attrae la sua visione filosofica e amministrativa: quel suo modo di dire ‘ci-si-impegna-poi-si-vede’, che ti aiuta a pensare che tutto sia possibile, che ogni soldato possa avere nello zaino il bastone di condottiero. E quel suo solido impianto della pubblica amministrazione che è poi sfociato nell’Ena, l’Ecole nationale d’administration che sforna la classe dirigente della Francia, basata su merito e competenze. Ah, come sarebbe utile in Italia una scuola per manager pubblici tipo Ena che usino in modo efficiente le risorse dello Stato”.
Come aiuterebbe i singoli e le squadre applicare la formula ‘ci si impegna e poi si vede’?
“Quelle parole vogliono dire che se c’è una cosa che voglio fare, mi ci butto dentro, poi strada facendo troverò le soluzioni per raggiungere quell’obiettivo che sembrava irraggiungibile. Hanno ispirato anche me quando ho preso in mano il Torino. Non sapevo come fare il presidente di una squadra fallita che doveva ripartire dalla serie B, senza giocatori né palloni. Era un’impresa speciale quella cui mi chiamò l’allora sindaco di Torino, Sergio Chiamparino. Mi impegnai, sto vedendo i buoni risultati. Questo è valso anche per La7: quando nel 2013 ho preso quella Tv, rilevavo un’azienda che aveva perso cento milioni fino ad allora per dieci anni di fila e però operando al meglio ho trovato soluzioni per non perdere più un centesimo”.
Forse c’è un terzo esempio personale precedente. Quando, nel ‘95, lei mollò la carriera di manager…
“Certo, quando la Mondadori mi comunicò che non avevano più bisogno di me, mi venne forte il desiderio di fare l’imprenditore, pur non avendo né uffici né una segretaria. Anche lì era un salto nel vuoto. Ci si impegna poi si vede, è andata bene”.
Ora capisco perché fu fatto, e fanno, il suo nome come commissario ai tagli della spesa pubblica per eliminare gli sprechi e migliorare la qualità dei servizi resi ai cittadini.
“Io sto bene a fare l’editore. Comunque, anche per un’ottima spending, vale quel monito napoleonico”.
A PROPOSITO/IL DECALOGO DONATO AI DIPENDENTI
La dura legge di Cairo: le dieci regole per avere successo (come lui)
“Nulla è impossibile”, recita il primo dei dieci comandamenti contenuti nel decalogo che Urbano Cairo ha regalato, in occasione della festa per gli auguri di Natale, ai dipendenti del suo gruppo editoriale e della Tv La7 (che gli ha dato nel 2016 grandi soddisfazioni grazie al telegiornale di Enrico Mentana o a programmi vincenti come DiMartedì condotto da Giovanni Floris, Piazzapulita di Corrado Formigli, Otto e Mezzo di Lilly Gruber e L’aria che tira di Mirta Merlino). Ecco il decalogo completo.
- Nulla è impossibile
- Nulla accade se non l’hai sognato prima
- Osa, abbi coraggio
- Pensa positivo
- Lavora in squadra, condividi gli obiettivi
- Lavora con passione ed entusiasmo
- Sii veloce
- Non accontentarti mai
- Raddoppia gli sforzi nelle difficoltà
- Agisci con onestà e lealtà.
ANCORA UN MOMENTO, PREGO
Lui pensa in grande anche quando scende in un campo di calcio
testo di Piero Chiambretti
Dieci le regole per avere successo, ma anche 10 come la maglia di Valentino Mazzola, e 10 anche come gli anni di Urbano Cairo al Torino, 10 anni da presidente, arrivato sulle ceneri di un fallimento e ricostruttore dell’orgoglio granata. Li raccontano 10 autori di fede granata nel libro “Urbano Cairo 10” (Cairo editore, 2015, ovviamente 10 euro). Questo il brano conclusivo nella prefazione firmata da Piero Chiambretti.
Ma chi è veramente Urbano Cairo? Le persone che lo conoscono lo descrivono come uno che per indole fa tutto lui, un accentratore infaticabile, una persona che si fida solo di se stessa, un calcolatore; io non posso dire se sia vero perché con me, in un particolare frangente, fu disponibile a seguire le indicazioni richieste in materia calcistica.
Quando ci vediamo al bar Principe di Forte dei Marmi mi sembra ‘uno di noi’.
La cosa interessante è un’altra: a Urbano Cairo la fede granata è arrivata col tempo, piano piano, tramandata dalla mamma o dal fratello, veri ultrà certificati. Un virus che cresce col tempo e non esce più.
Lui, di famiglia alessandrina con residenza a Milano e berlusconiano per anni, faceva pensare a tutti che fosse un simpatizzante rossonero e che il Toro fosse solo un trampolino di lancio del suo imminente impero editoriale. Non è così. Il tifo è arrivato prima del previsto.
Dopo un inizio timido con acquisti incauti e una camionata di calci nel sedere a una camionata di allenatori, è entrato nel ruolo con una tale disinvoltura da far impallidire i veterani del sistema calcio, diventando un presidente che vince, vende e guadagna pure.
A un Gran Galà al Castello Sforzesco di Milano un paio d’anni fa ricordo che Diego Della Valle, presidente della Fiorentina, prendeva in giro Cairo per come gestiva il Torino e per i suoi scarsi risultati. Oggi a distanza di anni quegli sfottò sembrano anacronistici.
Dieci anni di presidenza sono tanti, vissuti pericolosamente tra alti e bassi come vuole la legge del calcio, con l’intensità e la passione del suo carattere mandrogno, cioè tosto e testardo che gli ha permesso di vincere anche in altri territori quali la tv e l’editoria, trattando Ogbonna come Lilli Gruber, Immobile e Cerci come Travaglio e Santoro, Crozza uguale a Floris, Speriamo che quest’anno, nella confusione, non metta Enrico Mentana in porta e Andrea Belotti al tg delle 20.
Dalla collana “Il mio eroe”:
- Giovanni Palatucci (1909-1945), questore eroe “Giusto tra le Nazioni” che salvò molti ebrei dai lager nazisti. Scelto dal “commissario scomodo” Ennio Di Francesco
- Giuseppe Caronia (1884-1977), grande pediatra che salvò molti ebrei e antifascisti a rischio della sua vita, è l’eroe scelto da Italo Farnetani, il medico dei piccoli
- Roberto Baggio sceglie il maestro buddhista Daisaku Ikeda, che ha dedicato la vita a sradicare le cause della violenza
- E Gianni Boncompagni scelse Arturo Benedetti Michelangeli, il più grande pianista del mondo tifoso di Enzo Ferrari e Topolino
- Nerio Alessandri: quel giorno nella vita di mr. Technogym, il romagnolo che fa muovere il mondo
- Dario Fo elogia il Ruzzante: “Fu un vero rivoluzionario, l’unico che, in forma satirica, ha parlato del suo tempo”
- Antonio Cederna, giornalista e battagliero difensore della città, del paesaggio, della bellezza italiana
- Brunello Cucinelli dona bonus culturale ai suoi 1.450 dipendenti e sceglie Marco Aurelio
- E don Ciotti mi indicò il suo eroe: Tonino Bello, vescovo degli ultimi
- Michael Collins: era italiano il gregario spaziale rimasto a orbitare intorno alla Luna. Ecco chi me lo raccontò
- Zorro, cent’anni fa nasceva la leggenda del giustiziere mascherato (l’eroe di Etro)
- Un eroe e un amore che, mi confidò, abitavano nella mente di Luciano De Crescenzo
- Rossana e Carlo Pedretti: le loro vite nel segno di quel genio di Leonardo
- E Roberto Bolle mi confidò: “Il mio eroe? Adam, bambino soldato d’Africa”
- Fabrizio Barca: “il mio uomo faro? Amartya Sen. Quell’economista e Nobel indiano ha dato una risposta alle paure e alla arida globalizzazione”
- Raffaella Carrà: “Felicità è aver avuto una nonna come Andreina mia maestra in una Romagna che era piena di note e di libertà”
- Lo spirito guida di Massimo Giletti? Toro Seduto, un leader lontano da potere e profitto
- E Mauro Corona mi confessò: “Devo a Mario Rigoni Stern la mia rinascita”
- Giuseppe Masera: “per chi come me ha dedicato una vita nella battaglia alla leucemia infantile, la figura di Giovanni Verga assume i contorni di un gigante”
- Nel glossario di Andrea Camilleri inserite la voce: Mandrake, l’idolo che mi confessò
(via mail)
A proposito dei reiterati tentativi di trascinare nell’arena della politica l’editore Urbano Cairo credo di fare cosa utile segnalando le parole con cui lui stesso, il 21 giugno 2019, fa chiarezza al giornalista sportivo del Giornale, Franco Ordine:
DOMANDA: È sempre attratto dalle sirene della politica?
RISPOSTA: «Le racconto perché l’argomento è tornato d’attualità. Ho sempre detto di non essere disponibile perché completamente concentrato sulle mie aziende: ho 5mila dipendenti, altri 5mila nell’indotto e sento tutta la responsabilità di questi numeri. Devo perciò totale dedizione al mio lavoro. Naturalmente apprezzo che dall’opinione pubblica venga questa richiesta di entrare in politica. Ho risposto mai dire mai perché nella vita non si può mai ipotecare il futuro. Resto convinto che ora, un mio impegno in politica, è da considerare molto lontano».
(via mail)
A proposito: nell’isola di Sant’Elena si cerca qualcuno disposto a impersonare Napoleone sconfitto e malato. Si tratta delle celebrazioni per il bicentenario della morte. Non è previsto compenso.