Caro Goran Bregovic,
nel nostro ultimo incontro a Rimini, dove con la tua musica senza frontiere hai dato vita a una festa allegra e coinvolgente, mi hai salutato evocandomi l’Adriatico, “il mare che da sempre ci unisce”. E io ti avevo promesso di ricostruire (per te, ma anche per i tanti romagnoli dalla memoria spesso corta) una storia d’amore, di bellezza e di amicizia tra due artisti che lega le due sponde dell’Adriatico. Una stimolante mostra per il centenario della nascita dell’artista (“Giulio Turci: al sole, dipinti, disegni, fotografie”), incontrata nella Casa Museo di Alfredo Panzini a Bellaria, a metà strada tra Rimini e Ravenna (c’è tempo fino a sabato 9 settembre per ammirarla), mi permette di mantenere la parola e di raccontarti quella storia promessa.
C’era una volta, negli anni Sessanta, un pittore che è sminuente definire solo pittore. Giulio Turci, sì, dipingeva e fotografava il mare e i suoi abitanti come esemplari dell’intera umanità, come barche, sabbia, pescatori, giovani bagnanti, ombrelloni e sedie a sdraio. Ma era anche una bella mente che associava ai colori la musica: suonava il violoncello, il piano e la batteria, con la bravura intuita e incoraggiata dalla maestra elementare Maria Ghinelli e perfezionata nelle scuole di Rimini e nel Conservatorio di Pesaro. Insomma, una di quelle beautiful minds che faceva di Santarcangelo una sorta di Parigi padana con i suoi cantieri di poesia (cito qualche nome: Tonino Guerra, Lello Baldini, Nino Pedretti e Gianni Fucci, Giuliana Rocchi e Annalisa Teodorani) e di arte (con Giulio, appunto, Lucio Bernardi e Federico Moroni).
Con le due ali dei colori e della musica Giulio ha continuato a volare, senza trascurare né l’una né l’altra ala. Tanto che, a chi gli chiedeva, nell’ultima intervista alla radio nel ’77, se si sentiva più pittore o più musicista, lui rispondeva:
Giulio era nato con un DNA lussureggiante da una famiglia a dir poco stimolante, mi ricostruisce la figlia Miresa. Nel ’16 suo padre Giulio sr., musicista con specializzazione in clarinetto, con la riminese Maria Sarti, in America addirittura salita sui palcoscenici come attrice, di rientro dagli Stati Uniti aveva aperto uno studio fotografico “all’americana” a due passi dalla centrale piazza Ganganelli. Nel ’20-21 addirittura aveva fatto costruire il primo cinema, l’Eden, e qui aveva dato il via al primo veglione. Quell’Eden è il confine con i cortili interni del fabbro Giorgetti, con il carbone della famiglia di Tonino Guerra, con le galline della mamma di Moroni e con loro, i Turci. L’Eden d’estate teneva le finestre aperte: quindi i personaggi leggendari di Hollywood, come la Rossella O’Hara di “Via col vento”, e le loro parole e musiche riempivano i silenzi delle strade e dei cortili confinanti.
Sul lato B dei manifesti dei film Giulio disegnava, e ancora oggi è possibile ammirare nella sua Casa della Memoria, al 49 di via Don Minzoni, molti di questi lavori generati dal riciclo in tempi di povertà efficiente e per niente sprecona.
Ma la studiosa curiosità di Turci non poteva limitarsi ai confini del borgo nativo. Il suo istinto di esploratore lo portava ad avventurarsi in treno e financo nei primi aerei intercontinentali, da solo o con la sua sposa Terza Anna, di una bellezza sconfinata. C’è chi, per i romagnoli, ha coniato una originale qualità: il regionalismo estroverso. Questo sguardo aperto al mondo lo porta un bel giorno a incontrare Ico Mutevelic per uno scambio culturale. Ico insegna, dirige una casa editrice, è immerso nel mondo dell’arte a tutto tondo, stimato e coltissimo, rappresenta il governo nelle varie mostre: quando è scoppiata la guerra civile nella ex Jugoslavia, lui è fuggito con una valigia piena di libri e dei suoi amati caratteri tipografici.
Il ponte tra le due rive adriatiche mi viene così raccontato dalla moglie di Ico, Ranka, oggi residente a Mostar:
Prosegue Ranka:
La sposa di Ico chiude con un’immagine poetica:
Ecco, caro Bregovic, questa è la storia bella di un’amicizia che intanto ci insegna che c’è una pittura adriatica, illuminata dalla luce particolare dei pittori che hanno operato sulle sponde del “mare che unisce”, come tenevi a sottolineare tu. Una storia d’arte e di musica che, se ti capita di tornare in Romagna, per la mostra nella Casa Rossa di Alfredo Panzini a Bellaria* o nella Casa della Memoria Turci in Don Minzoni 49, riempirà i tuoi occhi dei sogni colorati di Giulio e ti farà tornare a Parigi con una memoria gentile. Tuo,
Salvatore Giannella
Una mostra in un video
“Giulio Turci: al sole”
- Mostra: “Giulio Turci: al sole”, dipinti, disegni, fotografie
- Aperta fino al 9 settembre 2017.
- Orari: 20,45 – 22,45, chiuso la domenica
- Museo “La Casa Rossa di Alfredo Panzini”. Via Pisino, 1 Bellaria Igea Marina
- Cura: Marco Antonio Bazzocchi
- Allestimenti: Claudio Ballestracci
- Info: Servizio Beni e Attività Culturali 0541-343746-747.
- Per saperne di più su Giulio Turci rimandiamo al sito: giulioturci.it
Il progetto è stato sviluppato in collaborazione con una serie di partner, tra cui l’Associazione “Giulio Turci”, ed il contributo della Regione Emilia-Romagna.
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(via mail)
La storia di Giulio Turci e di Ico fa affiorare alla memoria la mostra dell’aprile scorso nella Rocca Malatestiana di Santarcangelo dal titolo: “Giulio Turci, Guido Cagnacci: LALUCE”, a cura dell’Associazione Giulio Turci e dell’Associazione Sigismondo Malatesta. Con questo evento significativo si è voluto creare un ponte ideale fra passato e presente, fra l’arte del ‘600 e quella del ‘900, fra Cagnacci e Turci. Nelle sale della Rocca, di proprietà di Donna Marina Colonna dei principi di Paliano, sono state esposte “La conversione di Maria Maddalena” realizzata da Cagnacci a Vienna nel 1660-61 di proprietà dei Marchesi Guidi di Bagno, e alcune opere di Turci comprese fra il 1960 e gli anni ’70, provenienti da collezioni private. Curatori: Ugo Amati (psicoanalista) e Laura Muti e Daniele de Sarno Prignano (storici dell’arte), che hanno indagato i legami profondi della loro arte giustificando tale accostamento.
Da molteplici angolazioni si è giunti a quella essenzialità espressiva che i due artisti lasciano tralucere lungo una trama che a ritroso coinvolge ed evoca illustri pittori come Morandi, Hammershøi, La Tour, Guercino e Piero della Francesca. L’indagine su Guido e Giulio ha posto l’accento anche sul femminile, molto significativo nelle opere dei due artisti. L’attore Fabio De Luigi e il violoncellista Claudio Casadei si sono uniti in questo viaggio: il primo leggendo l’ultima intervista rilasciata da Turci e il secondo suonando lo strumento che il pittore amava e a sua volta suonava, il violoncello. Questi e altri intriganti particolari sono visibili al link bit.ly/mostra-turci
Le iniziative per il centenario della nascita di Giulio Turci sono organizzate con la collaborazione e il patrocinio dell’Amministrazione comunale di Santarcangelo, della Fondazione Culture Santarcangelo e del Museo Storico Archeologico di Santarcangelo.