Dal 1969 le Giornate internazionali di studio del Centro Pio Manzù hanno visto arrivare a Rimini duemila tra capi di Stato, premi Nobel, First Ladies che qui hanno delineato i grandi scenari del pianeta. Eppure, quando mi concesse la sua ultima intervista per Sette/Corriere della Sera, nel gennaio 2014, il “motore” del Pio Manzù, Gerardo Filiberto Dasi, non esitò a indicarmi nella “bacchetta delle baraccopoli” il suo eroe. Gli chiesi:
Caro Dasi, tra i moltissimi protagonisti incontrati chi ha lasciato il segno nella sua memoria da proporre come modello per l’Italia?
«Vivo una stagione in cui i ricordi sono più forti del futuro. Eppure proprio a un futuro migliore è rivolto il mio pensiero, e alla sfida che ci attende: dare una prospettiva ai bambini, gli uomini del futuro. Mi ha allarmato il record italiano dell’abbandono scolastico (il 17,6% degli alunni lascia i banchi in anticipo, 5 punti in più della media europea). Per questo io ho un uomo e il suo piano educativo da segnalare a un’Italia che ha bisogno di gesti coraggiosi nel mortificato campo culturale: José Antonio Abreu, economista e musicista, ex ministro della Cultura del Venezuela che premiammo a Rimini sette anni fa per aver ideato e portato avanti El Sistema, un programma di promozione sociale dell’infanzia e della basato sulla musica che ha del miracoloso».

Gerardo Filiberto Dasi (Ferrara, 1924 – Rimini, 2014) fondò nel 1969 il Centro internazionale di studi Pio Manzù con sede a Verucchio, in Romagna. Per dirla con le parole di un maestro del giornalismo, Arrigo Levi, sul Corriere della Sera: “Ogni anno in Italia avvengono due miracoli: lo scioglimento del sangue di San Gennaro e le Giornate di studi del Pio Manzù”. Ha lasciato due figlie, Laura e Paola. Il suo Centro purtroppo non ha più riaperto i battenti.
(CREDIT Giacomo Giannella / Streamcolors)
Ricordo l’incontro con Abreu che mi delineò le note della sua rivoluzione gentile: dal 1975 ha coinvolto 350 mila giovani e 300 gruppi nel mondo che suonano in centinaia di orchestre.
«Prima che nascessero le Orchestre giovanili in Venezuela la musica era un passatempo per pochi. Oggi l’educazione musicale è un diritto dei bambini. Merito di Abreu che si è sempre impegnato perché i suoi ragazzi potessero avere come insegnanti i migliori direttori d’orchestra».

Abreu nasce a Valera, sulle Ande, nel 1939. Respira musica: piano, organo, composizione. Intanto si sposta nella capitale Caracas, dove si laurea in economia. Entra in Parlamento negli anni ‘60. Lavora come economista per il governo per mitigare la povertà di ampi strati della popolazione. Nel 1975 dà vita a «El Sistema», quella che diventerà la rete nazionale delle orchestre per bambini e ragazzi del Venezuela e che farà scuola nel mondo (300 gruppi si ispirano alla sua lezione). Il direttore d’orchestra Gustavo Dudamel ha twittato: “L’Onu dovrebbe dedicargli non bandiere a mezz’asta ma una marcia trionfale. E magari una task-force orchestrale di peacekeeper armati, più che di fucili, di archetti e violoncelli”.
(CREDIT Giacomo Giannella / Streamcolors)
Se n’era innamorato anche il nostro Claudio Abbado.
«Non è un caso che l’Orchestra Simón Bolívar, composta dai migliori talenti delle orchestre giovanili, sia chiamata a esibirsi nei teatri più prestigiosi del mondo. Così la musica ha dimostrato il suo potere educativo. Abreu, sognatore con i piedi ben piantati nella realtà, parte dal principio che far parte di un’orchestra richiede impegno, studio, disciplina. Non si suona da soli e ognuno deve fare la sua parte: bisogna osservare gli altri, andare d’accordo, sostenersi e correggersi a vicenda. Ci sono ragazzi che per la prima volta hanno scoperto di saper fare qualcosa di buono. Poi la musica unisce, un artista è l’orgoglio della sua famiglia, del suo quartiere. Infine il saper suonare equivale a maneggiare un mestiere e dunque ad avere una prospettiva di lavoro e di guadagno. Gustavo Dudamel, classe 1981, uno dei fiori all’occhiello dell’esperienza di Abreu, oggi dirige la Los Angeles Philharmonic ed è considerato come uno dei migliori direttori d’orchestra». (* Fonte: “Sette” / “Corriere della Sera”, n.3/2014.)
Dalla collana “Il mio eroe”:
- Giovanni Palatucci (1909-1945), scelto da Ennio Di Francesco, già commissario di Polizia e fautore del Movimento democratico della riforma della polizia
- Giuseppe Caronia (1884-1977), grande pediatra che salvò molti ebrei e antifascisti a rischio della sua vita, è l’eroe scelto da Italo Farnetani, il medico dei piccoli
- Roberto Baggio sceglie il maestro buddhista Daisaku Ikeda, che ha dedicato la vita a sradicare le cause della violenza
- E Gianni Boncompagni scelse Arturo Benedetti Michelangeli, il più grande pianista del mondo tifoso di Enzo Ferrari e Topolino
- Nerio Alessandri: quel giorno nella vita di mr. Technogym, il romagnolo che fa muovere il mondo
- Dario Fo elogia il Ruzzante: “Fu un vero rivoluzionario, l’unico che, in forma satirica, ha parlato del suo tempo”
- Urbano Cairo: “Se scalo le montagne lo devo a un filosofo-faro: Napoleone”
- Antonio Cederna, giornalista e battagliero difensore della città, del paesaggio, della bellezza italiana
- Brunello Cucinelli dona bonus culturale ai suoi 1.450 dipendenti e sceglie Marco Aurelio
- E don Ciotti mi indicò il suo eroe: Tonino Bello, vescovo degli ultimi
- Michael Collins: era italiano il gregario spaziale rimasto a orbitare intorno alla Luna. Ecco chi me lo raccontò
- Zorro, cent’anni fa nasceva la leggenda del giustiziere mascherato (l’eroe di Etro)
- Un eroe e un amore che, mi confidò, abitavano nella mente di Luciano De Crescenzo
- Rossana e Carlo Pedretti: le loro vite nel segno di quel genio di Leonardo
- E Roberto Bolle mi confidò: “Il mio eroe? Adam, bambino soldato d’Africa”
- Fabrizio Barca: “il mio uomo faro? Amartya Sen. Quell’economista e Nobel indiano ha dato una risposta alle paure e alla arida globalizzazione”
- Raffaella Carrà: “Felicità è aver avuto una nonna come Andreina mia maestra in una Romagna che era piena di note e di libertà”
- Lo spirito guida di Massimo Giletti? Toro Seduto, un leader lontano da potere e profitto
- E Mauro Corona mi confessò: “Devo a Mario Rigoni Stern la mia rinascita”
- Giuseppe Masera: “per chi come me ha dedicato una vita nella battaglia alla leucemia infantile, la figura di Giovanni Verga assume i contorni di un gigante”
- Nel glossario di Andrea Camilleri inserite la voce: Mandrake, l’idolo che mi confessò
mi interessano soprattutto articoli su personalità altruiste che dedicano la vita al prossimo.