Alla Casa del Cinema di Roma, mercoledì 25 settembre, è stato presentato in anteprima Aquile randagie, film di Gianni Aureli. Un film che merita di essere visto, come spiega Laura Bellomi su quel settimanale sempre puntuale nel cogliere i segni dei tempi che è Famiglia Cristiana: «Il lungometraggio racconta la storia degli scout che dissero “NO” al fascismo. […] Un’impresa, quella dello scoutismo clandestino, durata 16 anni, 11 mesi e 5 giorni, che Aureli ha raccontato studiando i documenti, intervistando testimoni e studiosi, coinvolgendo attori professionisti ma anche semplici scout come comparse. Tante scene corali, tutte in costume: niente male per un film d’esordio. […]
Chi erano le Aquile randagie? Aureli: “Un gruppo di ragazzi, scout cattolici di Milano e Monza che si ribellarono al regime. Quando, il 9 aprile 1928, Benito Mussolini dichiarò soppresse tutte le associazioni giovanili non fasciste, Asci (Associazione scautistica cattolica italiana, ndr) compresa, continuarono a riunirsi a loro rischio e pericolo. Fedeli alla Promessa scout di aiutare il prossimo in ogni circostanza, erano pronti a pagare di persona per i valori in cui credevano. Agirono con coraggio e, forse, anche con un po’ di incoscienza! Sui muri delle stazioni della linea Milano-Colico (che frequentavano per raggiungere località sicure per gli attendamenti, come Colico e la Val Codera, ndr) campeggiava il motto fascista “Solo Iddio può piegare la volontà fascista”. Ebbene, loro ebbero l’ardire di aggiungere “Speriamo in lui”. Dal 1943 alcuni di loro diedero poi vita all’Oscar, acronimo di Opera scautistica cattolica aiuto ricercati, portando in salvo in Svizzera più di duemila persone”».
Una delle colonne portanti degli opinionisti di Famiglia Cristiana è da anni l’ex magistrato Adriano Sansa, che collaborava regolarmente per l’Airone da me diretto (dialogava con i lettori e interveniva sui “Segni dei tempi”). A proposito degli scout, movimento in cui Sansa era stato protagonista da giovane, ricordo quando (Airone, ottobre 1990) diede Una buona notizia da Gorbaciov, e non solo per gli scout. Riporto i brani centrali di quell’intervento che ci aiuta a capire i motivi (l’indipendenza dello spirito, l’incondizionato impulso alla fraternità, l’avversione al razzismo) per cui gli scout erano malvisti dai regimi autoritari. (s.g.)
“Michail Gorbaciov riconosce i nobili obiettivi dello scoutismo e lo riammette, dopo un settantennio di interdizione, in Unione Sovietica: il messaggio è stato indirizzato a un migliaio di capi-scout riuniti per una conferenza organizzativa a Parigi. Da quest’anno, così, i ragazzi sovietici non avranno più quell’unica possibilità delle associazioni di Pionieri, espressione del monopolio del regime. Un primo contatto si era già stabilito dopo la tragedia di Chernobyl: le comunità scout europee avevano ospitato 1.235 adolescenti rimasti offesi dalle radiazioni della centrale nucleare. Era stato un episodio significativo: la solidarietà, la fratellanza internazionale appartengono alle regole fondamentali dello scoutismo, cui la precisazione delle autorità sovietiche secondo la quale le associazioni giovanili non devono far politica non dà alcun problema.
Il movimento, fondato dal generale inglese Robert Baden-Powell e introdotto in Italia il 16 gennaio 1916 da Mario Gabrielli di Carpegna* (vedere riquadro più in basso), ha sempre curato di starne lontano, ed è anche questo uno dei segreti del suo successo planetario (16 milioni in 131 Paesi). Esso ha, invece, assai presto, voluto occuparsi della sofferenza e dell’eliminazione delle barriere sociali e culturali: i gruppi per scout con handicap (ciechi, sordomuti) nacquero ben presto, e già nel 1925 vennero accolti ragazzi spastici, con le opportune modifiche nel programma, che però rimaneva integro nei suoi connotati e ideali fondamentali, anzi ricevendo da questa esperienza, una supplementare ragione di forza.
Nato nel 1908, il metodo scout, che voleva instillare nei ragazzi gli elementi fondamentali per la formazione di un buon cittadino, si diffuse rapidamente e anzi divennero una nuova associazione. Vi si proponeva una preparazione che, aggiungendosi all’educazione ordinaria, puntava sul senso di responsabilità, la capacità pratica, lo svolgimento di attività all’aria aperta e quindi la conoscenza dei mezzi per affrontarle. Ricordo della mia milizia nella squadriglia delle antilopi del reparto Varazze I, lo studio degli itinerari e delle carte, i nodi, le segnalazioni, il pronto soccorso, la cucina essenziale, l’uso della tenda, certe prove di falegnameria, e poi la cura del bosco, il rispetto della natura.
Queste azioni erano insieme lo strumento per un fine educativo e la sua espressione: la promessa scout si regge su uno stimolo del senso dell’onore, del dovere verso Dio e la patria, della solidarietà verso il prossimo in ogni tempo. In tutti i Paesi lo scoutismo tenne fermi questi criteri quasi di una milizia cavalleresca, protesa all’aria aperta (campeggio, vela, nuoto, escursione ed esplorazione, a seconda degli ambienti). La connotazione internazionale, che era stata impressa fin dal principio, si manifestò con chiarezza già nel primo raduno internazionale (Jamboree) di Londra nel 1920; il periodico affollarsi di migliaia di giovani di tutte le nazioni ha poi sempre sottolineato il carattere pacifico, inter-razziale, apolitico. E così la Germania nazista e l’Italia fascista non vollero gli scout, né li vollero i regimi comunisti, mentre altrove il movimento era sempre prospero. Non disturbavano né le attitudini pratiche né le attività fisiche all’aperto, poiché queste furono esaltate dalle dittature e incoraggiate nelle associazioni di regime; ma preoccupavano l’indipendenza dello spirito, l’incondizionato impulso alla fraternità, l’avversione al razzismo.
In questo 1990, nel quale stanno cadendo tante barriere e avvengono mutamenti che nessuno aveva creduto così imminenti e vasti, la riammissione dello scoutismo in Urss potrebbe passare quasi inosservata. E in effetti questo è solo uno dei segni del rivolgimento: ma sembra indicarne una significativa profondità perché avviene all’insegna della liberalizzazione e nel campo dell’educazione. Così si riconosce che l’educazione di regime deve finire. Non solo si constata la necessità della libertà, ma si rinuncia ad allevare i giovani nell’avvilimento della sottomissione e nel fanatismo ideologico. Le associazioni giovanili hanno avuto un peso considerevole nella vita dei regimi totalitari, poiché le si piegava appunto in vista di quella “totale” penetrazione del potere e dell’ideologia. L’apertura delle porte sovietiche allo scoutismo significa, con la fine del monopolio educativo del regime, l’accettazione, per quanto ancora possa essere cauta e prudente, di nuovi princìpi nella concezione del ruolo del cittadino e del rapporto tra lo Stato e il popolo.
A questo aggiungerei, come un aspetto particolare e però attuale e importante, che la essenzialità del programma scout ne garantisce la modernità; e la rivela proprio in relazione a uno di quei temi che ci preoccupano e che inquietano la comunità internazionale. La soluzione efficace ed equilibrata dei problemi dell’ambiente presuppone la conoscenza e il rispetto della natura e insieme un vivo senso del dovere e della solidarietà. Anche per questo la notizia che viene da Parigi è buona, non solo per un vecchio scout”. (a.s.)
P.S.: Alla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991, le due associazioni scoutistiche dell’Urss, HOPC e ОРЮР, lavorarono insieme per ricostruire lo scautismo in Russia, Ucraina e Bielorussia.
A PROPOSITO/ GENTE NON COMUNE
Dal Montefeltro il fondatore degli scout Italiani: il conte Mario di Carpegna
Il conte Mario Gabrielli di Carpegna (Roma, 1856 –1924) è stato il fondatore il 16 gennaio 1916 dell’Associazione Scautistica Cattolica Italiana (ASCI). Di una nobile famiglia fedele alla Chiesa, originaria del borgo di Carpegna nel Montefeltro (Pesaro-Urbino), fu guardia nobile del Papa, poi comandante della Guardia Palatina d’Onore ed esponente di primo piano del movimento cattolico romano. Si laureò in diritto alla Sapienza di Roma. Consigliere comunale e assessore di Roma dal 1892 al 1900, lavorò nel campo dell’Azione Cattolica. Fu anche fondatore e presidente della Federazione delle associazioni sportive cattoliche italiane. Fu il primo traduttore in italiano di Scouting for Boys (Scautismo per ragazzi) di Baden-Powell. Il 9 maggio 1999 è stato inaugurato a Carpegna, nel parco delle Querce, il monumento a lui dedicato, opera di Umberto Corsucci. Ogni anno il borgo, che richiama molti turisti per la purezza della sua aria e del suo cibo (famoso il prosciutto, appunto, di Carpegna) organizza un evento celebrativo della figura del Conte.
Al centro del paese si erge imponente il Palazzo dei Principi di Carpegna Falconieri, progettato dall’architetto romano Giovanni Antonio De’ Rossi per il cardinale Gaspare di Carpegna. Il palazzo, iniziato nel 1675 e completato dopo oltre venti anni, è ispirato alle ville fortificate di matrice fiorentina e alle grandi residenze signorili della campagna romana. È tuttora abitato dai discendenti della millenaria famiglia ed è rimasto pressoché intatto dopo oltre 300 anni, un incendio e qualche forte scossa di terremoto (1781). Nelle sue stanze trovarono ricovero e salvezza gran parte delle 7.821 opere d’arte affidate da varie città d’Italia durante la Seconda guerra mondiale all’allora Soprintendente di Urbino Pasquale Rotondi (info: premiorotondi.it).
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