Milano – 17 dicembre

Un museo recentemente inaugurato in Italia ha raccolto la documentazione di centinaia di tesori culturali di grande valore che ancora oggi sono prigionieri di guerra in qualche parte del mondo dalla fine della Seconda guerra mondiale.

I visitatori del MAIO (Museo dell’Arte in Ostaggio) a Cassina de’ Pecchi, nell’Italia settentrionale, sono guidati in una visita anche tra immagini interattive di 1.650 dipinti, sculture, arazzi, mobili e strumenti musicali che furono rubati durante la Seconda guerra mondiale e mai più ritrovati. Tra questi ci sono capolavori di artisti famosi nel mondo come Michelangelo, Tiziano, Raffaello e Canaletto.

Nell’ambiente in penombra di un antico granaio che è diventato museo, i visitatori vengono a conoscenza dell’origine, dell’autore e del nome di ciascun pezzo d’arte, ma non trovano i pezzi in questione: “Abbiamo voluto dire agli italiani che non dovrebbero dimenticarsi di queste opere d’arte e che un giorno dovrebbero essere recuperate”, ha detto lo scrittore Salvatore Giannella, ideatore del MAIO e autore del libro Operazione Salvataggio, ai giornalisti dell’Associazione Stampa estera dell’Italia settentrionale incontrati a Milano.

Giannella ha anche spiegato che uno dei pezzi più importanti che manca, simbolo delle opere ancora prigioniere di guerra e visibile in un filmato al Museo, è la Testa di fauno ridente di Michelangelo. Secondo fonti storiche, Lorenzo dei Medici, signore di Firenze durante il Rinascimento italiano, voleva creare una scuola d’arte. Quando in un giardino vide questa scultura creata dal giovane Michelangelo, Lorenzo lo volle a palazzo, dando all’artista un salario, e offrì anche un lavoro al padre di Michelangelo.

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Salvatore Giannella, il giornalista e scrittore che ha ideato il MAIO, con alle spalle la “Testa di fauno” di Michelangelo, simbolo delle opere d’arte ancora prigioniere di guerra. Suoi i libri: “L’Arca dell’Arte” (Delfi) e il recente “Operazione Salvataggio” (Chiarelettere), dedicato ai Monument men italiani e non solo.

“La Testa di fauno ridente, che apparteneva al Museo Bargello a Firenze, è stata rubata nel castello di Poppi, in Toscana, da una pattuglia dell’esercito nazista nel 1944 insieme ad altri tesori del Museo fiorentino ricoverati a Poppi. La stessa sorte subirono centinaia di migliaia di altre opere d’arte in tutt’Italia”, dice Giannella.

La maggior parte di questi tesori fortunatamente sono stati riportati indietro a casa alla fine della Seconda guerra mondiale. Tre di loro sono stati recuperati di recente dai carabinieri dello speciale Nucleo di tutela del patrimonio culturale**. Giannella dice che, secondo gli 007 dell’arte operanti su scala internazionale, la maggior parte dei tesori d’arte rubati molto probabilmente è nascosta in Germania e in Russia, dove furono portati dall’Armata rossa come bottino di guerra alla conclusione del conflitto. “La cosa più triste è che questi tesori non possono essere più goduti dal mondo, sono tenuti nascosti alla vista e questa è un grande vergogna per l’umanità intera”, ha sottolineato.

Sfortunatamente il mercato delle opere rubate continua a essere molto florido. È molto probabile che sia il terzo mercato illegale più importante per valore in Italia, che è una nazione molto ricca d’arte, dopo il traffico della droga e delle armi, ha spiegato Giannella. Il recente furto di dipinti del valore di molti milioni di euro da un museo di Verona un mese fa sono tra gli ultimi casi, ha sottolineato.

Giannella ha detto che grazie a Internet oggi potrebbe essere più facile controllare se un pezzo è stato rubato, ma i ladri sono molto abili nel tagliare a pezzi parte delle opere in modo che quando vengono inseriti nelle banche dati non vengono riconosciute come rubate. Ha anche sottolineato che molte opere d’arte sono rubate su commissione di molti collezionisti privati. Alcune di queste opere, ha notato, erano state trovate dai carabinieri italiani nell’intercapedine tra due muri di una casa di Firenze.

La squadra dei cacciatori d’arte italiani è molto famosa nel mondo: lavora d’intesa con i funzionari delle soprintendenze e con gli studiosi dell’arte per identificare le opere rubate e ha ancora molto da fare, dice Giannella. Nonostante questo, il contributo fondamentale di tanti cittadini che segnalano, in modo anonimo e non, ai carabinieri i luoghi dove possono trovarsi le opere rubate ha mostrato una confortante consapevolezza che l’arte pubblica appartiene alla comunità e che tutti dovrebbero proteggerla.

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Marzia De Giuli, 36 anni, giornalista professionista, cinese fluente. Si è laureata in lingue e civiltà orientali all’Università Ca’ Foscari di Venezia e ha trascorso quattro anni in Cina prima di conseguire il master in giornalismo all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Da cinque anni lavora in Italia per Xinhua News Agency, l’agenzia di stampa governativa cinese che ha sede centrale a Pechino e conta quasi 20 mila giornalisti in oltre 140 redazioni nel mondo, incluse Roma e Milano. Twitter: @marziadegiuli

A PROPOSITO

Il servizio del TG3

(26/12/2015)

** Rinnoviamo l’invito: chiunque abbia notizia di una o più di queste opere “prigioniere di guerra” segnali alla più vicina caserma dei Carabinieri o, meglio, al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, Roma, Piazza Sant’Ignazio, 152. Tel. +39.06.6920301 / fax +39.06.69203069 / E-mail tpc@carabinieri.it / web carabinieri.it

Qui c‘è un video (“Gli anni del drago”) che documenta 40 anni di attività del Nucleo TPC, che hanno portato a 823 mila reperti archeologici sottratti al mercato clandestino e 390 mila beni culturali recuperati. Fondato nel 1969, il TPC ha avuto come primo comandante il generale Roberto Conforti; la guida è attualmente affidata al generale Mariano Ignazio Mossa.

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Da “I salvatori dell’arte”: