Rimetti una sera a cena, in un tavolo dell’antico ristorante milanese Boeucc, Carlo Tognoli, indimenticabile sindaco di Milano dal 1976 al 1986, il più giovane nella storia della città e anche ministro per le Aree urbane. Affiancagli Daniela Mainini, avvocato specialista in materia di anticontraffazione e motore come presidente del Centro Studi Grande Milano, con il suo instancabile braccio destro operativo, il direttore Roberto Poli. E anche Franco Ascani, presidente della FICTS (Fédération Internationale Cinema Television Sportifs e membro della Commissione Cultura e Patrimonio Olimpico del Comitato Olimpico Internazionale) con il sociologo e sondaggista Renato Mannheimer e il cardiologo fidato di Tai, Luigi Collarini, mio dirimpettaio.
È ripresa, una sera piovosa di primavera, una consuetudine lanciata anni fa dall’indimenticabile Ottavio “Tai” Missoni, che prima della sua scomparsa, avvenuta a 92 anni nel maggio 2013, chiamava a raccolta un gruppo di amici per trascorrere insieme una serata piacevole dedicata soprattutto ai tanti e straordinari ricordi dei convocati al Cenacolo. Il luogo che era stato scelto dal grande stilista aveva a che fare, a sua volta, con i ricordi di Tai: sì, perché il Boeucc (nel centro storico di Milano, a un passo dal teatro alla Scala, della Galleria Vittorio Emanuele, sulla splendida piazza Belgioioso dove si affaccia anche la casa che fu di Alessandro Manzoni) fu inaugurato nel 1696: in quello stesso anno cadeva la città-repubblica di Libertalia, nel nord del Madagascar, creata dal pirata e capitano di mare Misson (tra gli avi di Missoni) ispirandosi ai modelli di Atene e della Roma di Catone e di Scipione e il cui scopo era la libertà assoluta per tutti i suoi cittadini, detti appunti “I Liberi”.
Ha lasciato scritto il noto psicoterapeuta Fulvio Scaparro, altra punta di diamante del Cenacolo:
Questa è la sua risposta (tratta dal libro Vecchi con grinta, Messaggero di Padova, 2007):
Scaparro è stato il motore di un’altra bella iniziativa primaverile che rinnova il ricordo di Ottavio Missoni: la Rosa dei venti, inaugurata all’Idroscalo nel Giardino dei giochi dimenticati “Aulì Ulé”, lo spazio verde dedicato alle bambine e ai bambini del mondo (ne avevamo salutato la nascita nell’estate 2015). La Rosa per Tai è un’opera basata su un arazzo in patchwork di maglia, creata con Daniele Paggiaro da Luca Missoni, figlio di Rosita e Ottavio, che simboleggia la curiosità e la fantasia infantile (nella foto sotto Scaparro è tra Rosita e Angela Missoni, e sulla sinistra Luca). Una tessera supplementare al mosaico del Bello costituito da sedici opere del Museo dei giovani artisti, nato dall’accordo tra la Città Metropolitana, l’Accademia di Brera e l’Associazione degli Amici dell’Accademia di Brera.
Ma torniamo al tavolo del cenacolo ritrovato: qui il ricordo di Tai si è materializzato con le sue parole riprese da un affascinante volume (Storia moderna del vino italiano, di Walter Filiputti, Skira editore, 2016, 480 pagine, euro 55) che racconta, con dovizia di particolari, la storia di lavoro e di creatività tutta italiana nella sua intrigante complessità e varietà di uomini, aziende e vini. Le estendo anche ai lettori di Giannella Channel. (s. gian.)
A PROPOSITO/ “Dodici boti” con vino e amici
In osteria, “un luogo che di volta in volta si fa bottega, scuola, incrocio e foro”. Un racconto ritrovato di Ottavio Missoni
Mezzogiorno, dodici boti. In osteria per l’aperitivo. Qualche dondolo (tartufi di mare) e un bicchiere di bianco: “Assaggia questo Traminer, non c’è di meglio con i dondoli”. Arrivano altri amici, un altro bicchiere. “Come va?” “Non xe mal”. “Ti te ricordi?” “Xe bon sto bianco”. “Ancora qualche dondolo?” Era un giorno di festa, il giorno dei morti.
Un boto. Qualche amico va a casa, ne arrivano altri a sostituirli. Si mangia: prosciutto crudo, sottaceti, jota, carne con le verze, si beve rosso Teran. Per finire caffè e grappa, quella buona istriana del contadino.
Do boti. Alcuni si alzano, vanno al cimitero a trovare i morti, altri in arrivo ne prendono il posto.
Tre boti. Un altro caffè, ancora un bicchierino di grappa. Qualcuno astemio continua col vino ma chiede di cambiarlo “ché el ‘Teran’ xe un poco garbin”. Si prova il Refosco, bicchieri per tutti. Discussioni sul vino “che adesso xe tutto sofisticà”, e alla fine tutti concordano che il vino si divide in due sole specie: “quel che xe bon” e “quel che non xe bon”.
Quattro boti. Siamo in sette “per batter carta”, manca uno per fare due tavoli. C’è l’oste: quattro per la scopa e quattro per la briscola.
Cinque boti, sei boti, sette boti. Paga chi ha perso. Si ritorna al bianco, non quello dei dondoli, uno un po’ più secco. Un po’ di prosciutto crudo, ma anche cotto, tipo Praga, sempre tagliato a mano, niente sottaceti, rovinano il palato per il vino, magari un pezzettino di formaggio. Si discute di politica, il governo è sempre ladro, i tipi sono quasi tutti liberi pensatori. Di pallone si parla poco, la Triestina è in B, si ricordano i bei tempi di Rocco, Valcareggi e Memo Trevisan. In compagnia ci sono anche due musicisti, un artista pittore e un poeta, “Certo che Saba lui sì che era un poeta”, e poi c’è uno delle assicurazioni e un altro che lavora in porto. Cioè che non lavora. “Xe na vergogna, nessun che cariga, nessun che scariga”. Povero porto e povero anche il cantier. “Certo che sotto l’Austria…”.
Otto boti. “Xe proprio bon sto bianco, ma non xe de Istria?” “No, xe Tocai del Collio”. “Paron, porta do vovi duri”. “I mejo bianchi xe del Collio”. “Sì ma dipende da cantina a cantina”. “Paron, te gà do fasioi col radicetto?” “Ah, allora anche mi, ma con do fòie de rucola”. “Bon, ve saludo, vado a casa che stasera go anche mia suocera”. “Aspetta, vegnimo anche noi”. Nel frattempo sono tornati quelli del cimitero, ma con le mogli. “Signora vuole un po’ di bianco?” “Grazie, co’l Spriz, magari anche un vovo duro, meglio non bere a stomaco vuoto”.
Nove boti. Chi viene, chi va; per la cena siamo sempre in sette, con le signore in nove. “Paron cosa se mangia?” “Jota avete mangiato a mezzogiorno, go pasta e fasioi”. “Allora jota per le signore, noi sentimo questa pasta e fasioi”. “La go fatta co le codeghe e ossa de prosciutto. Ve dago un bon rosso de furlania, un Merlot, i dise che lo bevevano anche i legionari di Giulio Cesare”. “Signora la sua jota?” “Bona, certo come la faceva mia mamma!” “La mia iera brava de far patate in tecia”. “Sta matina semo andai pescar”. “Gavé ciapà?” “Sì gavemo ciapà freddo”. “Mona, perché non te metti il cul a nassa, te vedarà quanti pesci che te ciapi”. “Bon questo rosso!” “Alla salute! Cin-cin”.
Dieci boti. “Sapete l’ultima? Quella dei due sordi?” “Ma non romper con le barzellette, raccontala domani ai colleghi delle assicurazioni”.
Undici boti. “Paron, femo un giro de grappa”. Intanto qualcuno incomincia a cantare: “Dove te ieri fino sta ora… iero in malora, iero a far l’amor…”. Non è proprio un coro, ciascuno canta un po’ per proprio conto.
“La mula de Parenzo, ga messo su botega…”, un po’ meglio ma ancora qualche dissonanza. E così insieme alle voci in coro sembra che vengano a galla anche i sentimenti migliori; e se gli ultimi “evviva” hanno la voce roca è un gran buon segno. Domani tornerà limpida.
Mezzanotte, dodici boti. È da più di dodici ore che sono seduto allo stesso posto. Qualcuno incomincia ad andarsene: “Buonanotte”. “Saluta a casa”, “Domani sarà bello, andemo a pescar?” “Sì, basta che non sia ‘borin’”. “Paron, buona notte”. Esco anch’io. “Se vedemo”. Prendo la strada di casa, avvolto in un tepore di amicizia, di gratitudine. E siccome in ogni felicità c’è sempre un’ombra di malinconia, camminando mi ritornano in mente identiche serate zaratine con amici di là che sono uguali agli amici di qua e mi tornano alle labbra i versi di quando cantavamo:
Val più un bicer de dalmato, che l’amor mio,
che l’amor mio, mio proprio amor.
Non voglio amar più femmine perché son false,
perché son false nel fare l’amor…
Ottavio Missoni
- Quel giorno nella vita di mr. Technogym, il romagnolo che fa muovere il mondo. Nerio Alessandri porta la sua azienda leader del wellness in Borsa: è il tredicesimo gioiello fra le quotate emiliano-romagnole che nel 2015 ha chiuso con un fatturato di 511,8 milioni di euro (+10%). E noi ricordiamo un altro giorno importante nella storia dell’imprenditore cesenate: quello dell’inaugurazione del Technogym Village, quando si svegliò “affamato come quando ho cominciato, a 22 anni”
- Prada, un secolo portato bene. Storie di donne e di uomini che hanno disegnato il nostro stile nel mondo
- Ferrero & C.: le 50 aziende che godono della più alta reputazione in Italia. La classifica 2016 di Reputation Institute (al primo posto si conferma l’azienda dolciaria piemontese) vede una leggera crescita delle società. I segnali di ripresa del Paese sembrano andare di pari passo con la fiducia che gli italiani danno alle aziende
- Tiberi, il “Made in Italy” gioca la carta di Fabriano. Alla stazione bolognese per “viaggiatori di idee” approda il Maestro Cartaio di Fabriano che coniuga sapientemente tradizione e innovazione, artigianato e arte, creatività e sostenibilità. Un faro per l’Italia
- A Como il primo liceo dell’artigianato, dove i ragazzi imparano anche i mestieri. Oltre alla formazione liceale, la scuola “Oliver Twist” nella città lariana offre l’insegnamento delle arti della cucina e dell’accoglienza, dell’arredo ligneo e del tessile (con un articolo ritrovato su “Inventiamo la nuova scuola” che mi mandò Umberto Eco, NdR)
- Favini, la carta antica che profuma di economia circolare. A volte bisogna cambiare l’immaginario collettivo per orientare la produzione industriale in senso sostenibile. La storia della cartiera Favini di Rossano Veneto (280 anni di attività, oltre 150 milioni di euro di fatturato e 500 dipendenti) ne è un esempio concreto
- Il caffé etico nel mondo? Per il terzo anno parla in italiano e viene da Trieste. Porta la firma di Illy, tra le World’s Most Ethical Companies elencate dall’Istituto Ethisphere che ha premiato l’azienda per la sua attenzione nei confronti dei coltivatori
- In Sardegna le mani sapienti degli artigiani battono l’industria. Nell’isola dove soffrono il tessile, la petrolchimica e altri settori industriali, resistono i telai della tradizione e “il sapere della mano”
- Giovanni Rappazzo, il padre del film sonoro. Nella Giornata mondiale della proprietà intellettuale, a poco più di due decadi dalla scomparsa del geniale inventore messinese che ha dato la parola al cinema muto vogliamo ricordare come, per sfortune economiche e cecità del sistema industriale italiano, si è visto “scippato” dagli americani la sua rivoluzionaria creatura
- Il computer ha un cuore veneto: storia di Federico Faggin, lo Steve Jobs italiano. Pochi lo sanno: ma è stato un inventore vicentino ad accelerare la rivoluzione elettronica creando il microprocessore, cuore di ogni computer. Nel 1984 mandai un grande divulgatore a trovarlo nella Silicon Valley. Che ci ricostruì la sua vicenda, le sue idee e la sua ultima creatura: un telefono davvero intelligente alla base della civiltà digitale, dal touchscreen alle teleconferenze da scrivania a scrivania
(via mail)
Un prestigioso premio mondiale al volume Storia moderna del vino italiano (edito da Skira)
Walter Filiputti (Percoto di Udine, 1945), curatore del libro “Storia moderna del vino italiano” (Skira). Insegna nel corso di Linguaggio e comunicazione del vino per la laurea in enologia presso la facoltà di Agraria dell’Università di Milano. “L’idea del volume si materializzò durante il corso che tengo agli studenti. Ne parlai a un gruppo ristretto di amici: Angelo Solci, enologo; Mario Bosso, scrittore; Davide Rampello, storico della cultura materiale; e Attilio Scienza, docente di viticoltura. L’idea piacque. Concordammo che c’era un vuoto culturale da colmare. Poi l’incontro con l’editore Skira, il cui presidente, Massimo Vitta Zelman, immediatamente si entusiasmò al progetto”.
Caro Salvatore,
due righe per annunciarti che il volume Storia Moderna del vino italiano curato da Walter Filiputti (da te presentato nei giorni scorsi a corredo di un testo del grande stilista Ottavio Missoni) ha vinto il primo premio mondiale nel Gourmand World Cookbook Awards 2017 assegnato a Yantai, in Cina, nella sezione Wine & Drinks Books.
Il libro è arrivato primo nella categoria Best European Wine Book tra centinaia di pubblicazioni arrivate da tutto il mondo.
ha dichiarato Edouard Cointreau, presidente della Giuria del prestigioso riconoscimento.
Grazie se vorrai darne notizia ai lettori di Giannella Channel. È motivo di orgoglio non solo per la casa editrice, ma per tutta la filiera italiana del vino. Cari saluti,
Lucia Crespi