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Il concetto vago che la solidarietà e la condivisione aiuta tutti a stare meglio è in qualche modo radicato in ciascuno di noi. Saranno le radici cristiane della nostra cultura, o forse sono quelle umane. Nel passare da concetto fumoso ad azione concreta, però, quelle radici culturali solitamente si inaridiscono o cercano altre strade. Soprattutto se agire implica impegnarsi, faticare o, ancor peggio, spendere. Ma c’è forse un settore dell’attività umana dove il legame tra vantaggio collettivo e individuale sta per essere dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio. E come? Con un nuovo panegirico filosofico? Con ardenti motivazioni etiche? Macché, tutti strumenti che generano più dubbi di quelli che risolvono: è da almeno 2000 anni che ci si prova senza costrutto.

Bei dollari sonanti! Fino a 3.133,7 dollari, per la precisione. È quanto è disposta a pagare la nota multinazionale americana dell’informatica Google, se aiuterai un loro potenziale concorrente a risolvere un problema che potrebbe riguardare anche Google stessa.
Una commissione di saggi valuterà il tuo contributo, ne valuterà l’importanza e deciderà se ricompensarti. Più il problema è complesso o grave, più dollari ti saranno riversati nelle tasche.

Proviamo a trasportare questa logica nello sport, estremizzandola un poco. È come se la Juve regalasse un goal al Milan perché Balotelli ha tagliato l’erba del campo prima della partita, rendendo un servizio utile a entrambe le squadre e a quelle che giocheranno dopo.
Assurdo. Ce lo vedete Balotelli con la falciatrice?

In qualsiasi altro settore industriale, l’imprenditore medio avrebbe pensato in modo molto diverso. Utilizzo gratuitamente il componente fondamentale X, che è impiegato anche da tutti i miei concorrenti. Un tizio brufoloso arriva e risolve un grave problema che affliggeva X? Buon per lui, una pacca sulla spalla e via. Perché dovrei pagare proprio io, “capitano coraggioso”, per un lavoro che aiuta tutti? Che paghino gli altri per primi!

Eppure è proprio questo l’impegno che Google si è presa il 9 ottobre. Se fai un servizio utile a componenti di terzi, verrai ricompensato. Perfino se questo significa aiutare anche tutti i concorrenti (attuali e potenziali) che si basano sulle stesse tecnologie.
Tutto ciò è possibile perché le tecnologie oggetto della campagna di ricompense di Google sono Open Source. Ovvero, dischiuse al pubblico in modo del tutto gratuito e liberamente fruibile per qualsiasi scopo, senza alcun vincolo se non quello di mantenerle pubbliche per sempre. Sono in un qualche modo i “beni comuni” del mondo digitale.

Questo meccanismo, denominato Google Vulnerability Rewards, è in funzione dal 2010, ma finora venivano accettati esclusivamente contributi relativi a prodotti di cui Google stessa era autrice.

I beni collettivi cui ora si estende l’iniziativa comprendono ad esempio le tecnologie di connessione cifrata tra i computer. Un argomento catapultato all’ordine del giorno di tutti i governi del mondo, dopo che l’indiscriminata intercettazione globale degli Stati Uniti, denominata PRISM, è stata smascherata a giugno dal super-ricercato Edward Snowden.
Chi contribuirà a rendere più difficile questo genere di intercettazione, lavorando su software open-source come OpenSSH, OpenSSL e OpenVPN, verrà ricompensato da Google.
Nella lista di progetti beneficiari compaiono anche librerie di decodifica di immagini e di compressione dei file, e naturalmente Linux, il sistema operativo alla base di tutti i cellulari Android e della maggior parte dei server internet.

Michele Spagnuolo, 24 anni, di Novara. Studia ingegneria informatica al Politecnico di Milano, è stato assunto da Google per la sede di Zurigo

Michele Spagnuolo, 24 anni, di Novara. Studia ingegneria informatica al Politecnico di Milano, è stato assunto da Google per la sede di Zurigo

Nella “Hall of Fame”, la pagina in onore dei vincitori, si legge anche il nome di un giovane italiano, il ben 4 volte vincitore Michele Spagnuolo. Nato nel 1989 a Novara, studia Ingegneria Informatica al Politecnico di Milano.
Ha capito subito che, nell’ambito professionale più globalizzato e meritocratico che sia mai esistito, ovvero l’informatica, non è necessario aver finito gli studi per rimboccarsi le maniche e farsi notare dai colossi industriali multinazionali.
Risale al 2011 la sua prima ricompensa da parte di Google. Seguiranno riconoscimenti da parte di eBay, Nokia, e ancora Google. In tutto qualcosa come 10.000 dollari, guadagnati rendendo un servizio prezioso per la sicurezza di tutti noi, mentre portava avanti gli studi universitari e imparava sui libri e sul campo.

Ho raggiunto Michele per una intervista, scoprendo che è stato appena assunto da Google: il suo lavoro comincerà tra un paio di mesi, ovviamente non in Italia ma in Svizzera, a Zurigo. “In realtà partecipare al Vulnerability Reward Program è proprio un buon modo per farsi assumere!”

Risultati fulminanti come quelli di Michele sarebbero stati molto difficili in altre discipline tecniche, che comportano l’accesso a strumenti spesso non alla portata delle Università italiane. Per non menzionare la remotissima eventualità di farsi notare da una qualche industria tradizionale, per una buona idea nel cassetto.

In campo informatico è diverso: il lavoro è completamente immateriale. Non ci sono ostacoli tra una buona idea e la sua realizzazione, risorse da accumulare, macchinari da acquistare. Programmare è come lavorare il legno, scolpire la pietra, disegnare nella sabbia, scrivere poesie: bastano il duro lavoro e la pazienza. Perché, come ogni vera attività artigianale, in realtà non opera sulla materia visibile – il legno, la pietra, la sabbia o l’inchiostro. Distilla invece la materia più povera e onnipresente che esista, e la più preziosa: l’intelligenza.

Daniele_PaganelliDaniele Paganelli, modenese, classe 1983, è laureato in Chimica e dottorato in Ingegneria dei Materiali. Lavora come ricercatore privato nel campo della strumentazione scientifica per lo studio delle proprietà dei materiali. I suoi interessi vertono principalmente su temi relativi alla scienza e all’informatica, ma cerca con la scrittura e il racconto di mantenere attivo il proprio emisfero cerebrale destro.