"Caro Salvatore, ti auguro di ritrovare il tempo dell'anima", firmato: Michael Ende, il papà di Momo e della "Storia infinita"

Sì, mi ricordo – Reprint

testo di Salvatore Giannella

"Caro Salvatore, ti auguro di ritrovare il tempo dell'anima", firmato: Michael Ende, il papà di Momo e della "Storia infinita"

Sì, mi ricordo – Reprint

testo di Salvatore Giannella

Un mio antico testo ritrova una prevedibile fiammata a causa della sua attualità in questi tempi di emergenza sanitaria. Riguarda la lettera che mi spedì, a Capodanno del 1990, un amico e prestigioso collaboratore di Airone: lo scrittore tedesco Michael Ende (Garmisch, Baviera 1929 – Stoccarda 1995), il padre di Momo e La storia infinita, che scelse l’Italia per l’ultimo ciclo della sua intensa vita. Ri-eccola.
Caro Salvatore,

anni fa lessi la relazione di un gruppo di ricerca che aveva intrapreso una spedizione nell’interno dell’America centrale per effettuarvi scavi. La spedizione aveva ingaggiato un gruppo di indios per il trasporto del materiale. Era stato stabilito un programma di marcia preciso, e durante i primi quattro giorni tutto andò secondo le aspettative, in quanto i portatori erano robusti e volenterosi, e si contava quindi di rispettare i tempi. Ma al quinto giorno gli indios si rifiutarono di proseguire; se ne stavano seduti in silenzio, in cerchio, accoccolati sul terreno, e non c’era verso di stimolarli a riprendere i carichi. Gli scienziati offrirono più denaro e, quando la proposta venne rifiutata, li insultarono, li minacciarono persino con le armi. Gli indios rimanevano muti, seduti in circolo. I ricercatori non sapevano più che cosa fare, ed erano rassegnati. Il programma era ormai in crisi ma improvvisamente, due giorni dopo, i portatori si alzarono tutti insieme, si caricarono i bagagli e si rimisero in cammino, senza aver accettato un aumento di paga e senza che gli fosse stato in alcun modo ordinato. Gli scienziati non sapevano spiegarsi questo straordinario comportamento, i portatori tacevano e non sembravano disposti a fornire chiarimenti. Solo molto più tardi, quando si stabilì un certo rapporto di fiducia reciproco, uno di loro diede una spiegazione:

Correvamo troppo, e quindi abbiamo dovuto aspettare che le nostre anime ci raggiungessero.

Sebastiao Salgado, "Amazonas Images".

Abbiamo da imparare dagli indios “primitivi”

Ho spesso riflettuto su questa frase, e mi è sembrato che gli uomini «civilizzati» della società industriale abbiano molto da imparare da questi indios «primitivi». Noi osserviamo gli orari delle azioni esterne, ma in noi è morta quella sottile sensazione del tempo interiore, il tempo dell’anima.

Singolarmente non abbiamo scelta, non possiamo sottrarci; abbiamo creato un sistema, un ordine economico di concorrenza spietata e di pressione mortale per la prestazione. Chi non ce la fa rimane per strada. Ciò che ieri era moderno, oggi è già obsoleto. Corriamo con la lingua fuori l’uno dietro l’altro, e questo è diventato un folle girotondo. Se uno corre più forte, gli altri devono fare altrettanto. Questo noi lo chiamiamo progresso. Ma da dove «progrediamo»? Dalla nostra anima? Quella l’abbiamo ormai lasciata indietro da molto tempo. Però, se si trascura l’anima, anche i corpi si ammalano, si affollano le cliniche per la cura delle nevrosi. Era questo il nostro obiettivo, un mondo senz’anima? È effettivamente possibile che si ponga termine alla frenetica ridda, per sederci assieme per terra, ad aspettare in silenzio?

Sebastiao Salgado, "Amazonas Images".

L’elogio della difficoltà

Un’altra risposta che mi ha fatto riflettere me l’ha riferita un amico etnologo. Anche questa proviene da una «primitiva», da una indiana Hopi. Durante uno dei suoi viaggi, il mio amico arrivò su un monte, sulla cui cima sorgeva un villaggio indiano; l’unica fonte d’acqua dei dintorni si trovava alle pendici della montagna e le donne del villaggio, tutti i giorni, dovevano compiere una discesa di mezz’ora, e poi risalire con le brocche piene d’acqua, impiegando un’ora. Egli chiese a una di queste donne se non fosse più ragionevole ricostruire il villaggio più in basso, vicino alla fonte. Ed ecco la sua risposta:

Forse sarebbe più logico, ma temiamo di subire la tentazione della comodità.

Questa risposta è ancora più stupefacente della prima per noi uomini civilizzati. Come può essere una tentazione la comodità? Tutte le nostre lavatrici, automobili, ascensori, aerei, telefoni, catene di montaggio, robot, computer, tutto quello che il nostro mondo moderno produce non è forse stato creato per la nostra comodità? Tutte queste cose rendono la nostra vita più agevole, ci scaricano di lavori gravosi, ci lasciano più tempo per dedicarci all’essenziale. Dunque, ci liberano. Ma da che cosa ci liberano? Forse proprio dall’essenziale? E in che modo? Come mai non riesco a liberarmi dalla sensazione che quella donna indiana sia in realtà molto più libera di tutti noi?

Nel Vangelo di Matteo, 26-16, leggo una frase curiosamente simile:

Che vantaggio avrebbe l’uomo se conquistasse tutto il mondo, e poi perdesse l’anima sua?

Mah, che ci importa, ormai, delle nostre anime! Le abbiamo già perse da qualche parte lungo il nostro cammino. Il mondo del futuro sarà un mondo completamente comodo e completamente irreale. Non credi? Buon anno.

Michael Ende

L’irresistibile ascesa di Giuda (traditore o no?) e il ricordo di un maestro ritrovato: Mauro Crocetta

La riflessione del Papa su Giuda all'Angelus di domenica 26 agosto ha offerto uno spunto di grande interesse non solo sul piano teologico ma anche dal punto di vista storico. In sostanza, Benedetto XVI ha detto che Gesù sapeva che anche tra i dodici Apostoli c'era uno...

Quel giorno con il cardinale Martini e la sua lezione sul giornalismo responsabile e contro la televisione violenta

Nel giorno dell'ultimo saluto al cardinale arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini mi affiora alla mente un convegno che, nei primi anni Novanta, quando dirigevo l'allora primo mensile di natura e civiltà Airone, mi vide relatore, dopo la sua arricchente “lezione”,...

Una mostra di artisti martiri dell’Olocausto
e i versi ritrovati di uno di loro:
Marc Chagall

Nel giorno dedicato alla Memoria, un buon giorno per ricordare un orrore (purtroppo non unico) nella storia recente dell'umanità, vado a visitare, nel Circolo della Speranza del paese dove risiedo (Cassina de' Pecchi, sul Naviglio Martesana, a venti chilometri da...

Quando i contadini pugliesi andavano alla scuola della firma

  La lettura di un recente articolo del collega e amico Mario Pancera Meno parole conosci, più il padrone ci guadagna in cui si sostiene la giusta tesi che “l’attacco globale del ricco contro i poveri è sostenuto dall’ignoranza dei loro figli”, mi ha fatto...

Johan Holst, “l’angelo della pace” che pagò con la vita lo sforzo per pacificare il Medio Oriente

Le sconvolgenti immagini della guerra che arrivano da Gaza mi fanno affiorare alla mente un incontro con Johan Jorgen Holst, l'uomo che morì per far fare pace tra Israele e i palestinesi, tra Yasser Arafat e Shimon Peres. Lo incontrai a Rimini nel 1993, durante le...

Il volto e le parole del padre Giorgio che affiorano dal pozzo della memoria guardando Umberto Ambrosoli

Sabato mattina, 15 dicembre, arriva Umberto Ambrosoli ai seggi per le primarie del centrosinistra nella regione Lombardia e chiede un voto per cambiare: "Di scandali in questi anni ce ne sono stati tanti che è diventata questa la normalità: la sequenza degli...

Quando Rita Levi Montalcini mi consegnò la sua Agenda che affiancava ai Diritti i Doveri

Nel giorno dell'ultimo saluto a Rita Levi Montalcini, una donna e un'italiana che nella sua lunga intensa vita ha testimoniato con straordinaria lungimiranza e fermezza il valore e l'importanza della ricerca scientifica, affiora alla mente il ricordo di un'Agenda (sì,...

Sanremo, il brano nato due volte

Storia della Canzone italiana di Salvatore Giannella, L'EuropeoDomani sera, venerdì 15 febbraio, milioni di italiani che guardano il Festival di Sanremo ascolteranno, nella puntata dedicata alle canzoni più famose della rassegna, Chiara...

Ogni 4 marzo non dimentichiamo
un eroe italiano, Nicola Calipari

Il 4 marzo del 2005 moriva in Iraq Nicola Calipari, agente segreto italiano. Nato a Reggio Calabria il 23 giugno 1953, brillante funzionario della Polizia di Stato, coraggioso e scomodo per amore di verità. Dopo avere lavorato per 22 anni in posizioni di...

“Habemus Papam, Francesco”: un libro edito dalla mia piccola bottega editoriale ha anticipato un’utopia non impossibile

"Habemus Papam, Francesco": l'annuncio del nuovo pontefice mi ha colto in viaggio nell'Estremo Oriente e ha provocato un'emozione enorme perché proprio con quel titolo, nel gennaio del 2000, avevo varato un libro nella piccola bottega editoriale DELFI che avevo creato...