En souvenir de Metilene (c.1920) dal catalogo “Montparnasse Déporté. Artisti europei da Parigi ai lager”

Nel giorno dedicato alla Memoria, un buon giorno per ricordare un orrore (purtroppo non unico) nella storia recente dell’umanità, vado a visitare, nel Circolo della Speranza del paese dove risiedo (Cassina de’ Pecchi, sul Naviglio Martesana, a venti chilometri da Milano), la bella mostra a cura dell’amministrazione comunale: “Artisti dell’Olocausto: dipinti, disegni e incisioni che testimoniano con i segni e i colori della memoria lo sterminio di milioni di esseri umani” (catalogo piccolo ma bello, stampato presso la collaudata casa della micro-editoria che è la Compostudio di Cernusco sul Naviglio). Jacob Vassover, Shimon Balicki, Leo Haas, Yehouda Bacon, Regina Mundlak, Tamara Deuel, Richard Grüne e molti altri raccontano l’Olocausto dalle opere in mostra.

Efficace la presentazione, a opera di Manuela Cuoghi, della collezione di Roberto Malini, curatore insieme alla docente di educazione artistica Carol Morganti. Trovo molti visitatori, inclusi l’assessore alla Cultura Emma Squillaci, la presidente della locale sezione Anpi Maria Grazia Mastrandrea, l’imprenditrice della Compostudio Flavia Saluzzi.

Roberto Malini

Spiega Roberto Malini, storico della Shoah, presidente del Gruppo Watching The Sky, organizzazione che cerca di salvare dall’oblio opere prodotte da artisti perseguitati e titolare della collezione in continua crescita (oggi comprende più di 160 opere di artisti che furono colpiti dall’Olocausto, internati nei lager nazisti, costretti alla clandestinità o all’espatrio): “La collezione dedicata all’arte dell’Olocausto, che ho costituito ricercando e recuperando dipinti, disegni, incisioni e opere di scultura create da artisti scomparsi nei luoghi di sterminio o sopravvissuti alla persecuzione, è nata per restituire alla Memoria dell’umanità frammenti di una parte fondamentale del pensiero umano, che abbiamo perduto nella tragedia della persecuzione attuata dai nazisti contro gli ebrei e altre minoranze… Se è vero che l’opera di artisti ebrei come Pissarro, Lipchitz, Modigliani, Soutine, Chagall o Band è riuscita a proporre al mondo, nel XIX e XX secolo, una parte del retaggio di una cultura, è anche vero che si tratta di un contributo che non ha potuto ‘fare scuola’, perché le basi di tale straordinaria accademia sono affondate nel sangue, sono state umiliate e annichilite nella cenere dei forni crematori”.

Al gruppo di lavoro della mostra dedico questo scritto poetico in yiddish di Marc Chagall (il suo vero nome era Moishe Segal, nacque a Liosno, presso Vitebsk nella odierna Bielorussia il 7 luglio 1887, primo di sette figli in una famiglia ebrea; morì a Saint-Paul-de-Vence il 28 marzo 1985). Lui, ebreo perseguitato, dedicò questi versi “Agli artisti martiri”.

Marc Chagall (Vitebsk, 7 luglio 1887 – Saint-Paul de Vence, 28 marzo 1985) è stato un pittore russo naturalizzato francese, di origine ebraica.

Li ho conosciuti tutti? Sono andato / nel loro atelier? Ho visto la loro arte / da vicino o da lontano / e adesso esco da me stesso, dai miei anni /per arrivare verso la loro tomba sconosciuta. / Mi chiamano. Mi trascinano in fondo / allo loro fossa – io innocente – io colpevole / chiedono: dove eri? / – sono scappato.

Li portavano, tutti, al bagno della loro morte / e là sentivano il sapore del proprio sudore / allora ho intravisto la luce / delle loro tele non dipinte. / Loro, hanno contato gli anni non vissuti / vegliati e attesi / per andare fino in fondo dei loro sogni -/ dormienti e non dormienti / in se stessi ritrovarono / l’angolo dell’infanzia dove la luna circondata / di stelle annunciava un futuro limpido, / l’amore giovane in recessi oscuri nell’erba.

Sui morti e nelle valli, i frutti tagliati / bagnati di latte, nascosti sotto i fiori / promettevano il Paradiso. / Le mani della loro madre, i suoi occhi / li scortavano fino al treno, verso la lontana Gloria.

Ora li vedo laceri che si trascinano / a piedi nudi su cammini muti. / I fratelli d’Israele, di Pissarro e di Modigliani / i nostri fratelli – condotti / con corde dai figli di Durer, di Kranach e di Holbein – / verso la morte e i crematori.

Come posso, come faccio a versare lacrime? / Da tanto tempo sono immersi nel sale / dei miei occhi./ Li hanno consumati per derisione / per farmi perdere l’ultima speranza. / Come posso piangere, / quando ogni giorno ho sentito / strappare un’ultima tegola dal mio tetto? /

Quando sono stanco di proseguire la mia guerra / per il pezzo di terra dove sto in piedi, / nel quale starò disteso più tardi per dormire? / Vedo il fuoco, il fumo e il gas / che salgono verso la nuvola azzurra / e che la rendono nera./ Vedo i denti, i capelli strappati. / Proiettano su di me – il mio colore / scatenato.

Sono nel deserto di fronte a mucchi di scarpe, / di vestiti, spazzatura e cenere, mormoro / il mio kaddish. / E mentre resto così – dai miei quadri / scende verso di me il Davide dipinto, / con la sua arpa in mano. / Vuole aiutarmi a piangere, a suonare versetti dei Salmi./ E dopo di lui scende il nostro Mosè, / dice: non abbiate paura di nessuno, / vi prescrive di riposare in pace / finché ancora una volta non abbia inciso / nuove Tavole per un nuovo mondo.

Si spegne l’ultima scintilla, / svanisce l’ultimo corpo. / Tutto si svolge come prima di un nuovo diluvio. / Mi alzo e vi dico addio, / e prendo la strada che porta al nuovo Tempio, / e là accendo un lume / per la vostra immagine.

Marc Chagall, 1950

Fonte: Montparnasse déporté. Artisti europei da Parigi ai lager, Elede edizioni, Torino 2007, catalogo edito in occasione della mostra omonima presso il Museo Diffuso della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà a Torino (post datato 27 gennaio 2009)