Sanremo, il brano nato due volte
Storia della Canzone italiana
di Salvatore Giannella, L’Europeo
AL GELO / Parigi, gennaio 1978: la cantante Mia Martini (Domenica Berté) con il cagnolino Movie sugli Champs-Elysées.
La sua musica, il suo nome sono invece legati a canzoni di successo e sempreverdi interpretate da protagonisti dello spettacolo che nel 2013 lo affiancheranno come ospiti in serate intitolate L’arte dell’incontro: Angelo Branduardi (il 25 febbraio) e Al Bano, Fabio Concato e Roby Facchinetti, Michele Zarrillo e Mango. Ai quali vanno aggiunte le grandi firme con cui ha lavorato: Patty Pravo e Mina, Ornella Vanoni e Riccardo Fogli, Eros Ramazzotti e Antonello Venditti, Renato Zero e Miguel Bosé…
Sono stati molti i connubi felici ma, in assoluto, la cantante ideale delle sue appassionanti melodie di questi primi 40 anni di attività “dietro le quinte” è Mia Martini, protagonista del primo degli aneddoti curiosi che Fabrizio fa affiorare alla sua memoria. “Un incontro difficile, ma è stata la prima signora della musica con cui ho lavorato intensamente”. Il racconto rievoca inevitabilmente il mondo della canzone degli anni Settanta. “Allora si operava in modo diverso da oggi, c’era un lavoro di squadra. Ci scambiavamo le idee, lavoravamo al pianoforte, accennavamo con la chitarra… Io ero nel gruppo delle edizioni Come il vento, patron Michele Del Vecchio, dove confluivano molti giovani artisti. Tra loro c’era Mimì, come chiamavamo in tono affettuoso la bella Mia Martini, che già si distingueva per le sue qualità vocali. Composi per lei la musica, e Bruno Lauzi le parole di Almeno tu nell’universo. Ma a lei la canzone non piacque, e il brano rimase chiuso nel cassetto per 15 anni. Nel 1989 mi chiamò Giovanni Sanjust, produttore discografico di Mia, che voleva portare al Festival di Sanremo. «C’è un brano adatto a lei?», mi chiese. Preparai una cassetta con cinque pezzi, allora si usava così, e gliela spedii: tra quelli avevo ripescato Almeno tu nell’universo. E la scelta cadde proprio sul brano rimasto in sonno per 15 anni”.
Quando si recò ad assistere al provino, Fabrizio trovò una donna, Mia, disperata: capelli grigi, voce rauca dopo un intervento alle corde vocali, un umore incattivito dalle crudeli dicerie su di lei. L’amico di sempre, Renato Zero, convinse l’allora direttore artistico del Festival di Sanremo, Adriano Aragozzini, a far gareggiare Mia con la canzone ritrovata. E fu un successo. “Quando andai a trovarla, vidi il miracolo che può fare una canzone: Mimì era tornata bella, luminosa, indimenticabile. Durante le prove, i giornalisti della giuria si alzarono tutti in piedi e l’avvolsero in un applauso interminabile. Fu bello ascoltare da lei: «Erano sette anni che non potevo fare il mio lavoro, è stato un attimo indimenticabile»”.
A quegli anni risale anche l’incontro e il legame più solido e generoso di Fabrizio: Al Bano. L’aveva conosciuto nei primi anni Settanta al Festival di Venezia. “Lì partecipai con mio fratello Popi, classificandomi al terzo posto con Come il vento, lo stesso nome della casa editrice. Con Al Bano ci siamo ritrovati più volte, fino al 1996 quando gli feci ascoltare il brano E’ la mia vita. Eravamo, con l’ex produttore dei Pooh Giancarlo Lucariello, in una cornice singolare: un ristorante giapponese a Milano. Romina e Al Bano da due anni si portavano il peso della tragedia della figlia Ylenia e ogni parola della canzone sembrava rievocare in Romina la scomparsa della figlia. Ma Al Bano fu di diverso parere: «E’ forte, è forte»“. E, dopo un’indimenticabile registrazione nel suo studio di Cellino San Marco, la portò a Sanremo, emozionando tutti, da Pippo Baudo in giù”.
Fabrizio è il secondo compositore, dietro Toto Cutugno, più presente al Festival di Sanremo con ben 33 canzoni, tra cui due primi posti, con Storie di tutti i giorni di Riccardo Fogli nel 1982 e Sarà quel che sarà di Tiziana Rivale nel 1983. All’incontro con quest’ultima il compositore attribuisce l’aggettivo “singolare”: “La Rivale arrivò a Sanremo come vincitrice di un concorso di Domenica In condotto da Toto Cutugno. Il mio editore, Del Vecchio, mi chiese di comporre un brano per lei, che non conoscevo. Le mie note furono accompagnate dalle parole di Roberto Ferri. Io a Sanremo, quell’anno, ero in compagnia del brasiliano Toquinho per il quale avevo composto le musiche di Acquarello. La sera della premiazione ero a cena con Toquinho quando la tv informò me e l’Italia della vincitrice: proprio lei, Tiziana Rivale, con la nostra Sarà quel che sarà. Corsi al teatro Ariston, mi complimentai con Tiziana, le strinsi la mano e, incredibile a dirsi, non l’ho più rivista. Il mondo della canzone ti dà anche queste tristi sorprese”. Sorprese tristi ma anche magiche: “Quando vivevo a Milano, nel quartiere Corvetto, uscendo di casa mi imbattevo spesso in un ragazzo in motorino, avvolto da un abito di velluto blu, capelli folti e aria strana: un tipo strambo, pensavo. Dall’altro lato è Mario Gennari, della Rca, che mi raccomanda un giovane su cui loro vogliono puntare: «Tu, Maurizio, potresti essere la persona adatta per accompagnarlo con gli arrangiamenti giusti». Mi dà appuntamento negli uffici di piazzetta Pattari, nel centro di Milano, arrivo in anticipo, vedo la porta aprirsi e avanzare proprio lui, il ragazzo stravagante mio vicino di casa. Era Angelo Branduardi“.
“Fu l’inizio di un’amicizia e di una collaborazione che dura ancora e che si rafforzerà nel futuro”, spiega. “Presto faremo una tournée da soli, con due chitarre, in tutt’Europa”. Non più dietro le quinte, ma sempre con discrezione.