“Habemus Papam, Francesco”: l’annuncio del nuovo pontefice mi ha colto in viaggio nell’Estremo Oriente e ha provocato un’emozione enorme perché proprio con quel titolo, nel gennaio del 2000, avevo varato un libro nella piccola bottega editoriale DELFI che avevo creato tra il 1994 (anno in cui lascia la direzione del mensile Airone) e il 2000 (anno del ritorno in redazione, chiamato dal direttore storico del settimanale Oggi per la cura delle pagine di cultura e scienza).
“Habemus Papam, Francesco” aveva come sottotitolo “Il primo pontefice del terzo millennio in un racconto profetico che arriva da un eremo di Gerusalemme” e in copertina avevo scelto un particolare dell’affresco di Giotto ad Assisi “San Francesco rinuncia agli averi”.
Le parole con cui Jorge Mario Bergoglio, secondo pontefice del terzo millennio, ha motivato la sua scelta possono essere una felice recensione sintetica di quel libro: “Voglio una Chiesa povera per i poveri. Per questo ho scelto di chiamarmi Francesco, come Francesco d’Assisi, uomo di povertà, uomo di pace. L’uomo che ama e custodisce il Creato; e noi oggi abbiamo una relazione non tanto buona col Creato…”.
L’autore che mi aveva mandato il dattiloscritto era l’allora poco conosciuto Paolo Farinella, prete di Genova e studioso della Bibbia che, dopo una vita vissuta tra gli ultimi, si era trasferito a Gerusalemme, nello Studium Biblicum Franciscanum per dedicarsi agli antichi amori: le Sacre Scritture e le lingue orientali. Cominciai a leggere le pagine a sera, prima di addormentarmi, e continuai a leggerle fino all’ultima riga. Se torno a parlarne è perché ho visto che, dopo le numerose citazioni riportate dalle cronache di queste ultime ore, chi va a cercare questo volume dell’Editoriale Delfi (poi rieditato, con una rielaborazione ampliata da Paolo prete rientrato nella sua Genova, lo scorso anno da Gabrielli con il sottotitolo “La leggenda del Papa che abolì il Vaticano”) trova la scritta: “Prodotto esaurito”. In realtà, alcune copie (dopo averne messe in circolazione molte altre,una andò anche al regista Nanni Moretti quando, nel 2010, seppi che stava preparando il suo film “Habemus Papam”) le ho conservate nella mia libreria personale e sono disponibili per chi volesse prenotarle alla mia mail: salvatoregiannella@yahoo.it
L’ho ripreso in mano in queste ore e mi sono trovato a rileggere la presentazione che vi giro.
Agli sgoccioli del terzo millennio, attese e delusioni si fondono insieme. Il mondo laico si interroga non meno di quello religioso. Che senso ha questa conclamata celebrazione, venata di millenarismo? Francesco, primo pontefice del terzo millennio, è la risposta profetica, istintiva e anche drammatica: la sorpresa e la fantasia siedono sul non-trono di Pietro. Un romanzo? Un giallo? Una rivoluzione inattesa, anche se sperata? Il libro Habemus Papam, Francesco è tutto questo, anche se non solo questo.
Nell’ultimo conclave, ambientato idealmente nel giorno di Natale del 1999, a loro insaputa, i cardinali eleggono un semplice prete della diocesi di Genova che assume il nome di Francesco. Il nome stesso è il suo programma. Nel discorso Urbi et Orbi del 1° gennaio dell’anno 2000, di fronte al mondo attonito e allo sconcerto ecclesiastico, in piazza San Pietro, Francesco I si spoglia di tutti i suoi averi (vesti pontificali, insegne di potere, parole di onnipotenza), abolisce di fatto il Vaticano (congregazioni, Ior, titoli onorifici ecc.) per restare semplicemente un uomo pellegrino sulle strade del mondo che, come Francesco d’Assisi, indica la via del futuro: il ritorno alle sorgenti evangeliche e alle fonti dell’umanità… con un colpo di scena finale.
Il racconto di un testimone oculare, narrato come memoria, è frutto di un’intuizione che si propone come un’utopia non impossibile e, proprio per questo, come proposta dirompente oltre il muro d’incenso celebrativo che avvolge persone ed eventi nel varcare la soglia del terzo millennio. Credenti e non credenti che hanno letto le bozze di questo racconto profetico che arriva da un eremo di Gerusalemme hanno suggerito all’autore di renderlo pubblico. Come una riflessione e una storia che sognano la profezia, indipendentemente dalle date che restano puramente occasionali.
(via mail)
Il nuovo Francesco
Leggo su questo splendido blog di una profezia che fa piacere al mondo.
È bello sapere che diversi anni fa qualcuno anticipava con coraggio le scelte di oggi. Scelte importanti. Fondamentali. Un ritorno alla povertà. Alle origini. All’essenziale. Salvatore Giannella, come sempre, riesce (in questo caso come piccolo editore) a cogliere le cose importanti e le custodisce come si custodiscono le cose che contano veramente.
Papa Francesco I fotografato dal nostro commentatore Antonio Capitano nella sua prima uscita pubblica: “Che grande emozione vedere il nuovo Pontefice da così vicino e così presto”.
Il libro di don Paolo Farinella “Habemus Papam, Francesco”, datato 2000, è una sorta di volere collettivo. Quel desiderio di vedere un Vaticano diverso. Più vicino a tutti e meno vicino ai pochi.
Mercoledì sera a Roma ho provato un brivido. Desideravo un Papa semplice che parlasse e agisse semplicemente. All’improvviso spunta un volto sconosciuto ma subito familiare. E ho pensato a questo uomo che si trova ad assumere un compito importante. Ricostruire la Chiesa e il suo significato. Poi il nome, questo nome: Francesco. Un nome che evoca emozioni povere e che ti fa pensare al grande Santo al quale tutti noi siamo affezionati per i gesti concreti che ha fatto nella sua luminosa vita.
Vado spesso ad Assisi città nella quale la pace si incontra per le strade con i pensieri che ti vengono a trovare. E riflettevo guardando le immagini di Bergoglio di come dopo imperdonabili anni si ritorni a Francesco a partire dal nome. E perché nessun papa ci ha mai pensato? Non sono d’accordo con la definizione del Pontefice dell’austerità; piuttosto mi piacerebbe pensare al pontefice della semplicità. L’essenziale dovrebbe avere la meglio sul privilegio e sul superfluo. Dunque non vorrei essere l’ennesimo commentatore a dirlo ma debbono essere affrontati immediatamente i problemi più scottanti. In altre parole la nota vicenda dello IOR e gli scandali che hanno opacizzato la retta via che dovrebbe seguire il Vaticano per primo e tutto il discendente mondo ecclesiastico. Tutto questo, senza tentazioni “politiche” o di sistemi poco chiari. Insomma, deve essere riscoperta l’attenzione verso gli ultimi che sono quelli che sono e fanno la Chiesa. Accennerei poi al nuovo corso di organismi collegiali in una chiave meno arroccata e aperta invece alle nuove sfide con una maggiore elasticità anche nelle cose fondamentali che coinvolgono la vita di ciascuno.
Papa Francesco può davvero rappresentare una svolta. I primi gesti lo fanno pensare. E la voce di questo pontefice è già patrimonio del nostro ascolto e delle nostre speranze. Adesso tocca a lui portare la croce. Ed è bene che faccia le scelte giuste per farsi aiutare da “collaboratori” che possano agire solo ed esclusivamente per riprendere il giusto cammino. C’è una via che deve essere percorsa. Una via fatta di incontri e di nuove frontiere. Apertura e modernità sono le nuove strade da seguire. Diamo fiducia a questo Papa. Non pensiamo subito al pregiudizio o agli eventi opachi. Pensiamo alla luce e alla svolta. Pensare bene non è peccato.
Domenica mattina i miei occhi hanno visto Bergoglio all’uscita della chiesa di Sant’Anna. Non io incontro al Papa, ma lui incontro a me e alla gente. Gente che lo aspettava da tanto tempo. Nel cuore. Benvenuto Francesco!