Si dice, citando malamente L’Idiota di Dostoevskij, che la bellezza salverà il mondo. Se la bellezza fosse sufficiente a salvare il mondo, basterebbe riempire il mondo di bellezza e saremmo tutti salvi, tutti santi. In realtà la storia dell’arte è, anzitutto, storia di capolavori scomparsi, collezioni disperse, opere inaudite di cui si posseggono soltanto copie postume, calchi, riproduzioni fedeli o varianti perché gli originali si sono perduti. E si sono perduti perché sono stati distrutti, frantumati, contesi: i bottini di guerra, dalle antiche civiltà fino a qualche decennio passato, sono stati soprattutto razzie non solo di materie prime, ma di opere d’arte, preziosità, sculture che dai territori dei vinti venivano trasferiti con forza e autorità nei paesi, nelle città, nelle corti, nei palazzi dei vincitori.

Su questo lato oscuro dell’arte punta il suo studioso microscopio il critico d’arte Luca Nannipieri nel suo Capolavori rubati (Skira Editore, 192 pagine, 19 euro) in cui l’autore raccoglie e amplia alcuni casi già narrati nella rubrica televisiva Caffè di RaiUno.

Omicidi, furti, razzie, corruzioni, contrabbandi, soprusi, roghi, devastazioni, confische hanno contraddistinto la vita di molti tesori artistici. Da Caravaggio a Picasso, da de Chirico a Munch, da Renoir a Klimt, a Van Gogh (uno degli artisti più preso di mira dalla criminalità organizzata) fino alle statue della classicità, sono molti gli episodi, alcuni celebri, altri sconosciuti, alcuni risolti e altri ancora sotto indagine da parte soprattutto dei Carabinieri del Nucleo TPC (ne parla approfonditamente un altro recente libro, Rizzoli, sul mio comodino: Detective dell’arte, del nuovo comandante degli 007 della cultura, generale Roberto Riccardi: ma su questo torneremo prossimamente).

Ritratto di signora - Gustav Klimt

Gustav Klimt, Ritratto di signora (1916-1917; olio su tela, 60 x 55 cm; già Piacenza, Galleria Ricci-Oddi).

Nannipieri conduce il lettore per mano nell’intrico di illegalità, della criminalità, del mercato nero, della cupidigia, della volontà di potenza che si nasconde dietro ogni ladrocinio. Lo fa con una narrazione e la ricostruzione giudiziaria dei fatti, l’inquadramento storico (dai saccheggi dell’antichità fino alla razzie naziste e, più recentemente, da parte degli integralisti islamici del Daesh: di Arte e terrorismo lo stesso Nannipieri si è occupato in un saggio edito da Rubbettino nel 2015), l’esame dei sistemi di protezione delle opere d’arte e delle loro falle.

Lo fa segnalando anche una ricca bibliografia, con in testa Fabio Isman e I predatori dell’arte perduta, Skira) in grado di approfondire gli argomenti trattati. (A proposito: grazie per le generose citazioni che mi riguardano, da L’Arca dell’arte. Storie e storia della Rocca di Sassocorvaro, nelle terre di Urbino, e degli uomini che mezzo secolo fa salvarono per il mondo i capolavori dell’arte italiana, Delfi, Cassina 1999; a Operazione Salvataggio, Chiarelettere, 2014, dedicato ai Monuments men di tutte le guerre dal Novecento a oggi; fino al MAiO, Museo dell’arte in ostaggio, varato su mia idea a Cassina de’ Pecchi, alle porte di Milano, per ricordare le 1641 opere d’arte italiane trafugate in gran parte dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale).

Caravaggio - Natività (1600)

Caravaggio, Natività con i santi Lorenzo e Francesco (1600; olio su tela, 268 x 197 cm; Palermo, già nell’oratorio di San Lorenzo, trafugata nel 1969).

Dalle pagine di godibile lettura, tra cronaca e storia dell’arte, emerge una costante, paradossale considerazione: che molte delle opere trafugate sono diventate celebri soltanto dopo il loro furto. Sono i casi della Natività di Caravaggio, rubata nella notte del 17 ottobre 1969 a Palermo forse su commissione di un boss mafioso (oggi è tra le dieci opere più ricercate al mondo), oppure dell’Urlo di Munch (foto in apertura), sparito dal Munch Museet di Oslo nel 2004, o del Ritratto di Signora di Klimt, sottratto nel 1997 dalla Galleria Ricci Oddi di Piacenza. Il mito planetario della Gioconda di Leonardo è nato in seguito al furto del 1911, quando migliaia di persone andarono nelle sale del Louvre per osservare lo spazio lasciato vuoto dal dipinto scomparso per mano dell’imbianchino italiano Vincenzo Peruggia. Proprio il Louvre, tuttavia, nel capitolo dedicato alle controversie storiche, passa da vittima a esemplare espressione delle spoliazioni per volere di Napoleone (finora vana la mia ricerca per acquistare il libro Marche disperse, edito da Silvana, sulle opere d’arte trafugate dalle Marche). Insomma, essere trafugati non sempre per qualche opera potrebbe essere considerata una disgrazia.

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Nel sommario di Capolavori rubati spiccano le storie riguardanti: la Natività di Caravaggio; la Saliera di Benvenuto Cellini a Vienna; i due Van Gogh ad Amsterdam; il furto di Boston di cui parlo qui sotto; l’unico Dalì dell’America Latina; l’Urlo di Munch a Oslo; Ritratto di Signora di Klimt a Piacenza; Cezanne e Van Gogh a Roma; il De Chirico di Béziers; le opere trafugate al Museo di Castelvecchio a Verona; la Madonna dei fusi nel castello di Drumlanrig; la Venere di Morgantina; il Trapezophoros; il cratere di Euphronios; l’Atleta di Fano; il furto della Gioconda; le spoliazioni di Napoleone; le razzie naziste; il contrabbando internazionale dal Medio Oriente.

Salvatore Giannella, giornalista che ha ideato e cura con passione questo blog che vuole essere una bussola verso nuovi orizzonti per il futuro, ha diretto il mensile scientifico del Gruppo L’Espresso Genius, il settimanale L’Europeo, il primo mensile di natura e civiltà Airone (1986-1994), BBC History Italia e ha curato le pagine di cultura e scienza del settimanale Oggi (2000-2007). Ha scritto libri (“Un’Italia da salvare”, “L’Arca dell’arte”, “I Nicola”, “Voglia di cambiare”, “Operazione Salvataggio: gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre”, “Guida ai paesi dipinti di Lombardia”, “In viaggio con i maestri. Come 68 personaggi hanno guidato i grandi del nostro tempo” e, a quattro mani con Maria Rita Parsi, “Manifesto contro il potere distruttivo”, Chiarelettere, 2019), curato volumi di Tonino Guerra ed Enzo Biagi e sceneggiato docu-film per il programma Rai “La storia siamo noi” (clicca qui per approfondire).

A PROPOSITO/ Un brano estratto dal libro di LUCA NANNIPIERI

81 minuti per depredare il museo di Boston

Rembrandt, Vermeer, Degas e Manet a Boston: con il furto nel piccolo Louvre del Massachusetts, la pittura olandese non è più la stessa

Isabella Stewart Gardner Museum

Il cortile dell’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston, nel Massachusetts. (Photo: Sean Dungan)

Il più grande furto d’arte nella storia del mondo, Il più grave reato contro la proprietà negli Stati Uniti, Taglia da 10 milioni di dollari per avere notizie, La ricompensa è disponibile da subito: sono questi alcuni dei titoli gridati da agenzie e quotidiani di tutto il mondo occidentale di fronte alla rapina (forse la più ingente nell’ultimo mezzo secolo in un paese in pace) che è avvenuta la notte del 18 marzo 1990 all’Isabella Stewart Gardner Museum a Boston, nel Massachusetts.

L’edificio è stato costruito seguendo la volontà della ricca ereditiera e filantropa di cui la galleria porta il nome: Isabella Stewart Gardner (1840-1924). Avendo la ricca signora visitato Venezia nel 1884, si innamorò di Palazzo Barbaro, affacciato sul Canal Grande, nel sestiere di San Marco, che era luogo di ritrovo e di confronto per artisti, mecenati ed espatriati americani e inglesi.

Con la morte del padre, che le lasciò una corposa eredità grazie ai soldi fatti con il commercio del lino e delle miniere di rame, l’ereditiera decise di creare una collezione d’arte di respiro internazionale e di allestirla in un edificio che si rifacesse all’architettura veneziana di cui si era innamorata durante il suo viaggio in Italia, con un cortile interno che avrebbe dovuto verdeggiare di piante da fiori stagionali. La struttura fu costruita tra il 1899 e il 1901, in un appezzamento di terreno che si trovava nel Fenway Park, e fu inaugurata nel 1903.

Avendo una liquidità molto generosa, Isabella e il marito iniziano ad acquistare opere d’arte di gran pregio. Nel 1891 comprano un’opera di importanza assoluta per l’arte europea: il concerto a tre di Vermeer, battendo in un’asta parigina la National Gallery di Londra e il Louvre di Parigi. È una delle prime acquisizioni che la porteranno, negli anni, ad accumulare, in sede permanente, presso il suo edificio dipinti, sculture egizie e greco-romane, mobili, arazzi, edizioni rare, arti decorative e invitando anche gli artisti viventi a frequentare lo spazio con mostre, concerti, conferenze… Quando morì, Isabella lasciò scritto che la collezione, composta da oltre 7.500 dipinti, mobili, tessuti, sculture, reperti archeologici, oggetti ornamentali, oltre 1.500 edizioni e libri rari e 7.000 documenti d’archivio, avrebbe dovuto essere aperta “per l’educazione e il divertimento del pubblico per sempre”.

Isabella Stewart Gardner Museum

L’Isabella Stewart Gardner Museum (esterno).

La notte del 18 marzo 1990 accadde l’inaudito: due ladri, travestiti da agenti di polizia, in poco più di un’ora, precisamente in 81 minuti, si fanno aprire il museo dalle guardie di sicurezza, le imbavagliano, le portano nel seminterrato, le legano ai tubi delle condutture, salgono di nuovo nelle sale espositive, prendono 13 opere d’arte, con una lama tagliano le tele dalle cornici, e fuggono via. Sono le 2:45 del mattino. I guardiani imbavagliati verranno trovati il giorno dopo. Come se un intero museo di piccole dimensioni ma di grandissimo valore storico-artistico scomparisse dalla sera alla mattina. La sera esiste e la mattina non c’è più nulla.

Il bottino scelto è molto importante, con un valore stimato di oltre 500 milioni di dollari. Questi sono gli artisti più noti rubati: Vermeer, Rembrandt, Manet, Degas. Le opere fondamentali sono state prese dalla cosiddetta “camera olandese”, dove erano esposti i capolavori dei Paesi Bassi: e infatti sono scomparsi nella mani dei criminali l’enigmatico Concerto a tre di Vermeer (1663-1666), l’importante olio su tela Cristo nella tempesta nel mare di Galilea di Rembrandt del 1633 (l’unico dipinto dell’artista che rappresenta un paesaggio marino), definito “la pittura narrativa più sorprendente di Rembrandt in America”; sempre dell’artista olandese un piccolissimo ritratto da giovane, realizzato con inchiostro su carta di quattro centimetri per cinque, e un ampio olio su tela dal titolo Dama e gentiluomo in nero, entrambi del 1633; oltre a questi si sono portati via un olio su tela, dal tritolo Chez Tortoni (1875), di Edouard Manet, quattro opere di Edgar Degas, ovvero un inchiostro su foglio (1885-1888), un acquerello a matita su carta, un altro disegno su carta dal titolo Processione su una strada vicino a Firenze (1857-1860), un gesso su carta del 1884, un antico bicchiere Gu cinese di bronzo del XII secolo a. C., un Paesaggio con un obelisco (1638) di Govaert Flinck, un bronzo dorato della guardia imperiale di Napoleone (1813-1814).

Nonostante la presenza dei ladri sia stata registrata dai rilevatori di movimento, non ci sono stati arresti.

Con il furto di Rembrandt e Vermeer viene irrimediabilmente compromessa una delle più preziose collezioni di opere olandesi in America…

Questa rapina non ha nulla di comparabile nella cronistoria dei furti in un paese in pace. Se si escludono, infatti, le razzie, le spoliazioni, le violente requisizioni che spesso avvengono quando una nazione è soggiogata dal peso di una guerra o di una rivolta civile, i furti sono estremamente mirati e circostanziati. A Boston, invece, i ladri sono entrati e hanno fatto come i saccheggiatori fanno nei paesi in conflitto: hanno depredato.

La scomparsa delle opere nella sala olandese non è grave soltanto per la perdita di vari lavori che avrebbero dovuto rimanere nelle disponibilità pubbliche. È una perdita anche simbolica dal punto di vista nazionale, perché i Paesi Bassi si sono contraddistinti rare volte nella storia dell’arte europea e occidentale. Non lo hanno fatto con l’architettura, ma con la pittura. E lo hanno fatto nel secolo di Rembrandt e di Vermeer: il Seicento…

La perdita, dunque, di queste opere non falcia soltanto gli Stati Uniti, ma anche l’Olanda e, in generale, lo spirito europeo.

Renzo-Piano

L’architetto e senatore a vita Renzo Piano (Genova, 1937). È tra i più noti, prolifici e attivi architetti di fama internazionale, vincitore del Premio Pritzker consegnatogli dal Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton alla Casa Bianca nel 1998. Nel 2006 diventa il primo italiano inserito dal TIME nella Time 100, l’elenco delle 100 personalità più influenti del mondo. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l’ha nominato Senatore a vita.

Nonostante l’ampliamento dell’Isabella Stewart Gardner Museum, realizzato tra il 2005 e il 2011 da Renzo Piano, il quale, dopo un’iniziale titubanza, accettò di lavorarvi perché “quando si varca la soglia e si entra in questo spazio, si percepisce un senso di bellezza più forte di qualsiasi altra cosa, più forte del fato, più forte del kitsch, che fa di questo luogo una grande opera d’arte”, il museo non ha mai celato negli anni la dolorosa ferita del furto. Anzi, oltre a lasciare vuote e appese – a futura memoria – le cornici dei quadri trafugati, sul sito ufficiale online campeggia una dichiarazione che molto raramente troveremo nei musei europei colpiti da analoghe sparizioni. La ricalchiamo qui, come monito e come insegnamento.

Nonostante alcuni indizi promettenti in passato, il furto del Gardner del 1990 rimane irrisolto. Il Museo, l’FBI e l’Ufficio del procuratore degli Stati Uniti stanno ancora cercando validi indizi che possano garantire un ritorno sicuro delle opere d’arte. Il museo offre una ricompensa di 10 milioni di dollari per informazioni che portino direttamente al recupero di tutte le 13 opere in buone condizioni. Chiunque abbia informazioni sulle opere rubate o sulle indagini deve contattare immediatamente il Gardner Museum. Riservatezza e anonimato sono garantiti.

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Da “I salvatori dell’arte”: