In viaggio verso la quarta tappa del nuovo Atlante dei paesi dipinti in Lombardia, ci lasciamo alle spalle gli storici affreschi di Arcumeggia per dirigerci ancora più a nord, in una piccola frazione di Dumenza, Runo, situata nella verdeggiante Val Dumentina (soprannominata anche Valle Smeraldo). Proprio qui, in un centro di 369 abitanti in provincia di Varese e al confine con la Svizzera, ci troviamo inaspettatamente di fronte a un’avvincente storia su un clamoroso furto d’arte che ha catalizzato l’attenzione della stampa nazionale ed estera, divenuto poi oggetto di film e documentari. Si tratta del furto della Gioconda, l’enigmatico ritratto eseguito da Leonardo da Vinci nella prima decade del 1500, sottratto abilmente dal celebre museo del Louvre grazie alla mano lesta di un italiano nato proprio in questo paese del varesotto, Pietro Vincenzo Peruggia: un suo parente, Valerio Peruggia, che incontriamo in municipio, è proprio il sindaco di questa comunità.
Dumenza, madre di artisti. Prima di entrare nei dettagli di questa vicenda rocambolesca, ci piace sottolineare i sottili legami di questo piccolo paese con l’arte: si cominciano a delineare già registrando proprio a Runo la nascita del celebre pittore, peraltro di scuola leonardesca, Bernardino Luini, nel 1481 circa. Non solo. Dalla stessa famiglia dell’artista nasce, qualche anno dopo, il cuoco che fu a servizio di personaggi quali il cardinale Lorenzo Campeggi, Papa Paolo III, e Pio V: Bartolomeo Scappi, lungimirante antesignano della tecnica di cucina, soprannominato, ancora a rimarcare il gene creativo, “il Michelangelo della cucina”. Runo è inoltre luogo d’origine dei vari rami della famiglia Trezzini che si diressero nelle confinanti località svizzere, dove nacque il celebre architetto e urbanista Domenico Trezzini, che nel 1703 fu incaricato dallo zar Pietro il Grande di edificare la nuova capitale russa, San Pietroburgo. Nel 1822 nacque poi Raffaele Casnedi, prima allievo dell’Accademia di Brera, poi insegnante dal 1856. Si dedicò soprattutto all’affresco (specialmente nelle chiese della Brianza) e con Giuseppe Bertini decorò tra il 1861 e il 1863 il sipario del Teatro alla Scala con Le Fabulae atellanae.
L’arte per le strade: nasce Runo per l’affresco. Il gene artistico del paese, che evidentemente scorreva nella forma di un particolare patriottismo e “attaccamento per l’arte” anche nel giovane Peruggia, si rinnova in tempi non lontani, nel 1978, con l’iniziativa “Runo per l’affresco”, di cui ci racconta l’attuale assessore alla Cultura di Dumenza, Graziella Nuvoli. Con lo scopo di valorizzare il patrimonio storico del territorio e vivacizzare il borgo, il progetto coinvolge numerosi artisti locali e lombardi che realizzano mediante l’arte millenaria dell’affresco ben 68 pannelli su muro. Questi, a differenza dei murales ammirati nei precedenti paesi dipinti (vedi Calcio link; Madone link; Arcumeggia link), si distinguono proprio per essere removibili e collocati all’interno di una cornice, esattamente come dei quadri appesi sui muri. Restituendo l’effetto di una passeggiata in una galleria d’arte, ma all’aperto, questa manifestazione allieta i cittadini di Runo e dintorni anche grazie a uno strutturato comitato organizzativo di circa venti persone, presieduto da Pietro Renzo Pelandella e numerosi consiglieri tra cui Carlo Alberto Lotti. Purtroppo l’entusiasmo dura pochi anni, fino al 1981 circa, data entro la quale si conclude anche il restauro della via Crucis al Santuario di Trezzo.
I restauri dei corsisti dell’Accademia di Brera oggi. La storia dei quadri a fresco appesi sui muri delle case di Runo, personali espressioni di ogni singolo artista senza un tema predominante, fortunatamente non termina negli anni Ottanta: a fare rivivere queste opere è intervenuta la prestigiosa Accademia delle Belle Arti di Brera, che dal 2008-2009 si è adoperata, grazie al lavoro degli allievi del corso di restauro, per riportare luce su queste opere rovinate dal tempo e dal degrado. Un lavoro fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale che si è presa carico delle spese per i materiali utilizzati. I restauri dei quadri non sono ancora del tutto terminati, e hanno incluso anche l’edicola funeraria del pittore Davide Pozzetti e a un’edicola della Via Crucis del Santuario di Trezzo.
La Gioconda va in vacanza per due anni. Vincenzo Peruggia (Dumenza, 8 ottobre 1881 –Saint-Maur-des-Fossés, 8 ottobre 1925) è il protagonista di questa storia (che non ha nulla da invidiare, in quanto a contenuti, alle finzioni letterarie di Dan Brown), sarebbe stato certamente soddisfatto nel vedere tra i quadri restaurati dall’Accademia anche uno dei dipinti più celebri al mondo, la Gioconda di Leonardo da Vinci. Capolavoro reso ancor più noto anche grazie al gran rumore derivato dal furto al Louvre nel 1911, architettato proprio da Peruggia stesso. Nato a Trezzino, una delle frazioni di Dumenza, nel 1881 (esattamente quattro secoli dopo la nascita di Bernardino Luini) Vincenzo Peruggia segue il padre muratore a Lione nel 1897. In cerca di altro lavoro, nel 1907 va a Parigi, e assunto dalla ditta del signor Gobier, viene mandato al Museo del Louvre per pulire i quadri esposti e ripararli con cristalli. Un lavoratore senza macchia, fino a quella mattina del 21 agosto 1911, quando decide di prelevare dal museo niente poco di meno che la Monna Lisa, che allora non godeva di una stanza tutta per sé all’interno del Louvre, ma condivideva meriti e onori con altri dipinti del Salon Carrè.
Indagati anche Apollinaire e Picasso. Determinato e lesto, Vincenzo stacca il quadro dalla parete, lo libera della cornice e del vetro e lo avvolge nella giacca; con l’aiuto di un idraulico riesce a lasciare il museo dirigendosi, dopo altre peripezie (nella fretta sbaglia la direzione dell’autobus e chiede passaggio a una vettura in transito) in rue de l’Hopital Saint Louis, dove nasconde il dipinto in una cassa di legno. Ventiquattro ore dopo, la mattina di martedì 22 agosto (il lunedì era giorno di chiusura del Louvre) gli artisti Louis Beroud e Frederic Languillerme, desiderosi di imparare dai grandi maestri, si accorgono del quadro mancante e informano il capo della sicurezza, monsieur Poupardin, della sua scomparsa; in poco tempo nella sala si riuniscono il direttore del museo monsieur Homolle, il sottosegretario di Stato alle Belle Arti, il capo della polizia e il prefetto di Parigi, Louis Lepiche. Bloccate le uscite, tutto il personale del museo viene indagato, e le accuse vengono scagliate persino su Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso. Peruggia stesso viene sottoposto a interrogatori nella sua modesta abitazione, ma ancora è premiato dalla sua astuzia: riesce infatti a nascondere il quadro in uno spazio ricavato sotto l’unico tavolo e a uscirne indenne.
La notizia del furto dilaga subito occupando tutte le prime pagine della stampa internazionale, che contribuisce in questo modo ad alimentare notevolmente la fama del dipinto. Per la prima volta, fuori dal Louvre, file lunghissime di visitatori attendono di entrare per ammirare uno spazio vuoto.
Da Parigi a Firenze, un gesto patriottico. Per due anni gli occhi della sorridente Monna Lisa si riposano per incontrare solo quelli di Vincenzo Peruggia, che tenta nel 1913 un’altra impresa memorabile, quella di portare in Italia il dipinto leonardesco come sorta di “bottino” volto a equiparare i vuoti lasciati dalle opere sottratte da Napoleone I. Mosso da tale intento, Vincenzo coglie questa occasione: nell’autunno del 1913 il collezionista d’arte fiorentino Alfredo Geri organizza una mostra nella sua galleria chiedendo ai privati, tramite un annuncio sui giornali, il prestito di alcune opere. Riceve così da Parigi una lettera firmata da un enigmatico Monsieur Léonard V, nome inventato ad arte da Peruggia, nella quale si propone la vendita della Gioconda a patto che il capolavoro torni in Italia e venga lì custodito. Consultatosi con Giovanni Poggi, direttore degli Uffizi di Firenze, Geri fissa un incontro con Monsieur Léonard l’11 dicembre 1913 in un albergo di Firenze. Appurato, assieme al direttore degli Uffizi, che il dipinto in questione non è una copia bensì l’originale, Geri fa arrestare Peruggia. Questa storia ce la racconta l’attuale sindaco di Dumenza, Valerio Peruggia, che come suggerisce il cognome è parente del noto sottrattore della Gioconda. È proprio il sindaco a dirci che, svoltosi il processo nel giugno 1913, il suo antenato riesce il mese successivo a ottenere la riduzione della pena da un anno e mezzo a soli sette mesi e otto giorni grazie a due motivazioni principali. Innanzitutto la capacità di difendere se stesso, giustificando il furto con uno spiccato amore per la patria, con la patriottica volontà di restituire all’Italia uno dei quadri prelevati da Napoleone (senza considerare che in realtà la Gioconda non era tra questi, ma venne portata in Francia dal Leonardo nel 1516 e sembra appartenere alle collezioni reali francesi già dal 1625). Altra motivazione importante era stata la pressione popolare, incrementata da personaggi illustri del tempo quali Eleonora Duse e Gabriele d’Annunzio, nel difendere le gesta di questo insospettabile eroe. I carteggi di Duse e d’Annunzio in sostegno di Peruggia diventano cenere a cause dell’ira dei genitori del giovane ladro di Monna Lisa, che gettano tra le fiamme ogni traccia di questa vicenda, addolorati per le azioni inaccettabili del figlio allora trentaduenne.
Il cerchio si chiude: il ritorno al Louvre. Le autorità italiane decidono di restituire il dipinto ai francesi, che consentono così alla Gioconda di farsi ammirare prima agli Uffizi a Firenze, poi all’ambasciata di Francia di Palazzo Farnese a Roma, infine alla Galleria Borghese. La Monna Lisa arriva in Francia a Modane, su un vagone speciale delle Ferrovie italiane, accolta in pompa magna dalle autorità francesi, per poi giungere a Parigi. Qui, nel Salon Carré, l’attendono il presidente della Repubblica francese e tutto il Governo, lieti di poterla nuovamente sottoporre agli sguardi di tutti i fruitori. Che sono moltissimi: ricordiamo che attualmente il Louvre è il museo più visitato al mondo, con quasi 9 milioni di visitatori l’anno.
Peruggia segue la Gioconda: l’ultima astuzia. Nonostante il racconto del “ratto della Gioconda” sia concluso, non possiamo esentarci da ricordare l’ultima scaltra mossa del Peruggia che, una volta scarcerato, dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale, si sposa e torna in Francia utilizzando un altro espediente. Sui documenti per l’espatrio sostituisce il nome Vincenzo con Pietro, altro nome col quale è registrato all’anagrafe di Dumenza. Si stabilisce a Saint-Maur-des-Fossés, nella periferia di Parigi, dove nel 1924 nasce la sua unica figlia, Celestina, che ignara di tutto veniva soprannominata in paese “Giocondina”. Questa vicenda così curiosa e avvincente ha ispirato diverse sceneggiature, tra cui ricordiamo il documentario “Mona Lisa is Missing” (in origine titolato “The Missing Piece”) diretto da Joe Medeiros, il quale nel 2008 ha fatto apporre una targa in memoria di Peruggia vicino al portone della sua casa natale a Trezzino.
Runo e i dintorni. Dopo questo viaggio nel tempo e nello spazio, riportiamo il visitatore del paese dipinto alla piccola frazione di Runo: caratteristica rimane la torre campanaria della chiesa di San Giorgio, che aveva un ruolo militare nel periodo precedente il Mille, unica superstite di un sistema di torri di avvistamento lungo le valli durante le diverse invasioni barbariche che provenivano dal lago. La chiesetta invece fu consacrata nel 1574. Dumenza gode inoltre di un primato: il Monte Lama, il più alto di Varese, è proprio all’interno del suo territorio. Il paese poi, oltre a essere vicino alla Svizzera, confina con Agra, piccolo comune che gode di una posizione privilegiata e può essere considerato una vera e propria terrazza assolata sul Lago Maggiore, in un contesto ambientale e naturalistico di grande pregio. Caratteristico anche il vicino comune di Curiglia con Monteviasco, il solo centro della Val Veddasca situato sul versante meridionale: il paese è arroccato sul fianco della montagna e vanta rustiche costruzioni in pietra a vista e dai tetti in beole. Unica la vista che spazia dalla Val Veddasca al lago Maggiore, offerta dalla panoramica funivia che conduce da Ponte di Piero a Monteviasco. A soli sei chilometri da Dumenza poi si trova Luino, col suo lungolago contrappuntato da platani e dalle architetture dei palazzi che delimitano il vecchio porto napoleonico. Da vedere anche il centro storico, con le stradine in salita, i palazzi rinascimentali e barocchi, i loggiati dei cortili interni, le botteghe artigiane ed i negozi. Proprio qui nacquero il poeta Vittorio Sereni e lo scrittore Pietro Chiara.
IL MOSAICO DEI TURISMI A RUNO (DUMENZA) E NEI DINTORNI
Ogni scheda del nuovo Atlante dei paesi dipinti è arricchita da simboli grafici indicanti quali forme di attività turistica, in natura e di cultura, è consigliabile nell’area presa in esame.
Turismi di natura
- Botanica, itinerari botanici, fotografia naturalistica
- Birdwatching
- Entomologia, campi scuola, vacanze per imparare, biblioteche
- Picnic, scoutismo, vacanze scolastiche e famigliari
- Agriturismo
- Escursioni in bicicletta, mountain bike, piste ciclabili
- Turismo equestre
- Trekking a piedi, sentieri natura, passeggiate nel verde
- Pesca sportiva
- Sport di precisione (tiro a segno, tiro al piattello)
Turismi di cultura
- Itinerari gastronomici
- Turismo religioso (luoghi sacri, convegni, monasteri, cattedrali)
- Strade romantiche
Informazioni utili:
- Municipio (tel): 0332-517239
- Abitanti: 369 (1.464 a Dumenza)
- Altezza sul livello del mare: 411m (casa comunale)
- Nome abitanti: runesi (/dumentini)
- Distanza da Milano: 91 km, da Varese 34 km
- Come arrivare:
- Auto: percorrendo l’autostrada -A8- dei Laghi fino a Varese, proseguire sulla S.S.233 della Valganna fino a Ghirla, S.P. 43 fino a Grantola, S.S. 394 fino a Luino infine, S.P.6 per Dumenza (poi Runo). Oppure percorrendo l’autostrada -A8- dei Laghi fino a Vergiate, proseguire tramite S.S.629 superstrada fino a Besozzo, S.S. 394 per Luino. Raggiunto Luino costeggiare il lungolago direzione confine svizzero di Zenna, all’uscita della città, alla rotonda, deviare a destra per Dumenza, poi Runo (Strada Provinciale 6).
- Treno: linea ferroviaria Milano – Luino (Trenord), proseguendo per Dumenza con autobus per Agra.
Mangiare e dormire bene:
- Ristorante Smeraldo, via Fiume 3 – 21010 Dumenza (VA). Tel. 0332.573139; 0332.517065. Cucina tradizionale e sperimentazioni internazionali dei due chef, con anche piatti ispirati alle ricette di Bartolomeo Scappi. rist.smeraldo@libero.it;
- Bed and breakfast Villa Patrizia di Marin, via Dante Alighieri – 21010 Dumenza (VA). Tel. 3497561894;
- Agriturismo Fattoria Roccolo Dei Fratelli Brancher S.S., V. Roccolo, 1 – 21010 Dumenza (VA). Tel. 0332568477;
- Affittacamere Parco Studer, via Roma, 1 – 21010 Dumenza (VA). Tel. 0332.573411
- Trattoria Vino Porcino, Via XX Settembre 5, 21010 Dumenza (VA). Tel. 0332.517403. Specialità di cucina regionale italiana e pizza.
OTTO SIGNIFICATIVI MURI D’AUTORE DI RUNO DI DUMENZA
A PROPOSITO
Il ladro del sorriso che pensava ai figli e al ritorno a Dumenza
Dieci anni fa un romanzo-thriller ambientato tra Buenos Aires di inizio Novecento e la Parigi della Bella Epoque, vinceva il Premio Planeta. Titolo: Il ladro del sorriso, autore Capàrros Martin, poi edito in Italia da Ponte alle Grazie. Un giornalista viene convocato da un anziano ed enigmatico signore dai modi aristocratici, che sostiene di conoscere la verità sul clamoroso furto della Gioconda avvenuto anni prima al Louvre. Rivelandogli di esserne stato l’ideatore, il vecchio racconta la propria incredibile storia: un’incessante avventura tra l’Argentina e Parigi, vissuta sempre cambiando comportamento e identità, da rivoluzionario a galeotto, da commesso a truffatore per culminare con quel delitto spettacolare che è il suo capolavoro. Qui il brano dell’incontro tra Vincenzo Peruggia (testo in chiaro) e la parigina Valérie, con sullo sfondo il ricordo e i progetti su Dumenza.
“Tu non sai cosa significa nascere in un piccolo paese, vivere in un piccolo paese pensando di non riuscire mai ad andartene via da lì”.
Vuoi che non lo sappia?
“No, non è lo stesso. Qui è diverso. Al mio paese i ragazzi l’unica cosa che dicono è chissà se potranno andarsene; ma li vedi e sai che non potranno, che non hanno le palle. Io sì che ho le palle, ed eccomi qui”.
Avere le palle, si chiama questo? Così tu sei quello che ha le palle?
“Certo, signorina. Per questo sono qui: perché ho le palle. E farò quello che loro vogliono e non possono fare. Io sì che lo farò. Io qui farò i soldi, tu sai come funziona”.
Se sapessi come funziona…
“Tu sai come funziona, qui in città, sì che è possibile. Ci riuscirò. Anche se non ci credi ci riuscirò. E allora sì che tornerò al mio paese…”.
Tornerai al tuo paese?
“Certo, tornerò al mio paese con i soldi e aprirò la mia officina di falegname, diventerò famoso in tutta la regione perché so fare cose che laggiù nessuno sa, cose moderne, di Parigi. E allora guadagnerò ancora più soldi e mi troverò una buona moglie, una moglie decente, una del paese per formare una famiglia insieme, una buona famiglia che…”.
Che bello. E tutto questo è venuto in mente solo a te?
“Lasciami parlare. Stavo dicendo: una buona famiglia, i miei figli non dovranno avere questi problemi, fin da bambini insegnerò loro il mestiere così che diventeranno dei grandi falegnami, ancora migliori del loro padre. Io, cosı` come mi vedi, sono un bravo falegname”.
Sicuro, sì.
“Sì, sono un bravo falegname. Mi ascolti? Sono un bravo falegname. Se mi hanno preso perfino al Louvre, a me, al museo, per lavorare come falegname”.
Al museo del Louvre?
“Sì, al museo del Louvre. Non te lo aspettavi, eh? Credevi che fossi un idiota, e invece no: perfino al Louvre ho lavorato, io. Ora, pochi mesi fa, me ne sono andato perché è venuto fuori un altro lavoro, ma posso tornare quando voglio, io, così come mi vedi, posso tornare quando me ne viene voglia”.
Ah sì?
“Sì, quando me ne viene davvero voglia”. •
A PROPOSITO
Monna Lisa è uno dei tanti successi di uno straordinario cantautore e chitarrista italiano prematuramente scomparso in un triste Capodanno: Ivan Graziani (Teramo, 1945 – Novafeltria, 1997). La sua intensa vita è raccontata qui. La discografia di Ivan è stata ricostruita da Fernando Fratarcangeli (e pubblicata in Ivan Graziani – Discografia e in seguito nel volume Discografia italiana; poi ampliata con alcune integrazioni da Michele Neri, Franco Settimo e Vito Vita. Il nome di Ivan è portato avanti con studiosa attenzione a Novafeltria, nell’entroterra di Rimini, dalla sua sposa Anna e dai figli, in particolare da Filippo, che segue le orme del padre: il suo ultimo CD, Le cose belle, prende il nome dal brano cantato a Sanremo 2014.
Dalla collana “Il nuovo atlante dei paesi dipinti in Lombardia”:
- Calcio, Bergamo: in questo borgo il paesaggio è un’opera d’arte
- Madone: di strada in strada la storia dell’Isola Bergamasca
- Arcumeggia e la prima galleria all’aperto in Italia. Non dimentichiamo un borgo pilota per l’arte
- A Runo di Dumenza 68 affreschi e il dipinto che cercherete invano: la leonardesca Gioconda
- A Gravellona Lomellina, paese d’arte dove bellezza e creatività si sposano con l’ironia
- Expo: a Milano per sei mesi, a Dairago è per sempre
- A Guidizzolo i colori dell’arcobaleno avvolgono velocità e moda, pace e star come Mina o Chaplin
- In bici a Crotta d’Adda, con le Dolomiti e la Cina all’ombra dei muri d’autore
- Lasco, da bandito a ispiratore dell’identità colorata di Parlasco
- C’era una volta a Cadorago un uomo che sognava opere d’arte su ogni casa
- Aprica: stazione “aperta” al sole, a viandanti e Nobel, artisti e turisti
- Cassina de’ Pecchi, ieri stazione di posta e oggi ciclovia, si rinnova nel segno della Street Art
- I muri d’autore di Dozza raccontano storie da più di mezzo secolo
L’invito al viaggio di Flavio Caroli: “Quei muri d’autore che ci donano le piccole storie di una grande regione: ecco la Guida ai paesi dipinti di Lombardia”.