Nella quinta tappa del nostro viaggio tra i paesi dipinti della Lombardia arriviamo in un territorio dove tradizioni piemontesi e lombarde si sposano: la Lomellina, già delineata su Giannella Channel dall’artista Vanni Cuoghi con le sue ricchezze artistiche associate alle delizie del palato. Si tratta di un territorio fertile nella provincia di Pavia, regno delle risaie, in un mosaico di 60 comuni. Tra questi, uscendo dalla frenetica Milano, sembra di giungere in una piccola oasi quando l’occhio finalmente si riposa, senza più intralciare alti e grigi casermoni, ma percorrendo la profondità di campo delle coltivazioni dorate, scandite da lunghi filari di alberi. Eccoci a destinazione, approdati alla quinta tessera del nostro Atlante dei paesi dipinti: il comune di Gravellona Lomellina.
Campi e risaie, ma non solo: curiosi indizi per la strada. Nella strada di accesso al paese non è solo il fascino della natura a colpire, ma insospettiscono e incuriosiscono, quasi sul ciglio della strada, le sagome colorate di pecore e pastori a dimensione uomo (in luogo dei manifesti pubblicitari, vietati dal Piano di Governo del territorio), collocate per evocare l’origine agricola del borgo, ma già allegro preludio di quello che il visitatore sta per vedere. Gravellona infatti, con circa 2.800 abitanti, si definisce “paese d’arte”: non perché custodisca evidenze storico artistiche dei secoli passati, ma perché ha deciso di diventare tale sfoggiando, a partire dal 1992, una nuova veste sui muri e per le strade, nei campi e sui tetti.
Le origini celtiche. Prima di addentrarci in questa ultima fase storica, ricordiamo brevemente le origini del paese, poiché vengono spesso citate con simboli o installazioni nelle decorazioni sparse per il borgo. Il nome Gravellona deriva dal termine celtico grava, greto alluvionale, poi trasformato in gravella o gravale, parole che indicavano un’area ghiaiosa (ghiaia che si formava sulle rive del torrente Terdoppio, poi fatto deviare da Ludovico il Moro verso Vigevano); è proprio all’influenza dei nuclei celtici dell’età del ferro presenti in Pianura Padana, infatti, che risalgono le prime tracce di insediamento abitativo nella zona di Gravellona, precisamente nel VII secolo a.C., il periodo della cultura di Golasecca.
Gravellona paese bello per tutti. Il sindaco Franco Ratti, medico condotto da anni alla guida del paese, ci fa da cicerone in questo curioso borgo, che subito colpisce per la presenza diffusa di arte e creatività. Su un cartello che illustra il paese, leggiamo: “Fu un paese signorile per pochi, ora diventa bello per tutti”. All’inizio del ‘900, infatti, la terra fertile e il reddito agricolo rendono il borgo il più ricco ed elegante tra quelli vicini, con famiglie di nobili con palazzi, giardini e servitù, quattro mulini e un caseificio all’avanguardia, un teatro. Gravellona però non riesce a stare al passo con l’industrializzazione: la crisi economica fa sentire i suoi effetti, ma quanto meno il paese si conserva dal punto di vista paesaggistico ed edilizio. L’architettura paesana rimane abbastanza similare fino a oggi, ma risulta molto arricchita e decorata, apparendo completamente trasformata grazie al progetto “Gravellona paese d’arte”, nato nel 1992. Allora il pittore surrealista Luigi Regianini indagò, durante una riunione a Vigevano in cui il dottor Ratti (non ancora prima cittadino) era presente, in quale paese potesse organizzare una mostra permanente di pittura murale, prendendo come esempio il primo paese dipinto d’Italia, che abbiamo già illuminato precedentemente: «Io posso fare venire molti pittori, professionisti e non, che dipingeranno il paese come fu fatto ad Arcumeggia tanti anni fa». La proposta fu portata e accettata dall’allora sindaco avvocato Gianluigi Palladini, e così Ratti e il geometra Alfonso Travaglino curarono i rapporti con i proprietari delle case della frazione di Gravellona, Barbavara, dove vennero realizzati più di 70 dipinti dal gruppo di pittori parte del movimento “Arte Nord”. Questi, per due anni,andarono la domenica a dipingere, e la manifestazione risultò d’interesse attirando persino l’attenzione della Tv tedesca; purtroppo i dipinti, per i materiali e l’umidità, si deteriorarono velocemente. Oggi nella frazione se ne conservano solo 5 o 6. Spicca attualmente, ma perché costruito nel 2011, un coloratissimo e geniale lavatoio/palco disegnato dal pittore Libero Greco, che con Gravellona sta vivendo da vent’anni un’intensa storia di collaborazioni e scambi creativi. Su questo palco si sono esibiti artisti come Davide Van De Sfroos, il quale ci ha tenuto a evidenziare la presenza del Bello nella risaia e nei trattori abbandonati, e l’empatia della gente del luogo (vedi video).
Nasce la Festa dell’arte (ed è ancora viva). L’arte e il Bello rimangono il motore per Gravellona, e il passo successivo, nel 1995, è la creazione della Festa dell’arte, di cui si è da poco celebrata, nel giugno 2014, la ventesima edizione. A vincere il premio della prima edizione, il cui concorso è denominato “Medioevo: San Giorgio combatte contro il drago; XX secolo: l’uomo libero combatte contro la burocrazia”, una ceramica di Giovanni Crippa di Omegna, sul lato sinistro della casa Volpi in piazza Delucca. Nella prima scena un cavaliere attraversa una valle di libri e codici per salvare, nel secondo pannello, un uomo sopraffatto da un drago in un mondo di leggi (a fare da pendant, sulla simmetrica facciata a fianco, pannelli che raccontano la trasformazione dell’agricoltura e l’arrivo della cementificazione, sovrastati da un fregio con simboli celtici quali il maiale-cinghiale e altri animali tipici della zona). Secondo premio ex-aequo per il murales sulla parte sinistra del municipio, che si affaccia sulla medesima piazza: da una parte razionalità, luce, significati, vincono il buio nell’opera di Elio Bozzola. Poi, per mano di Umberto Cardano, ecco tornare il cavaliere, alle cui spalle è situata la città, quindi la civiltà, mentre combatte contro il drago, situato nella foresta, quindi le avversità della natura. In seguito lo stesso drago assume le sembianze meccaniche di un trattore e distrugge la foresta trasformandola in carta: la denuncia di Cardano sembra qui essere molto chiara. Interessanti anche i pannelli, sempre sulla facciata del municipio, realizzati l’anno successivo dall’artista Libero Greco: ecco un uomo pronto a scattare apparentemente in una corsa, ma incatenato a una pila di fogli (la burocrazia), mentre un bambino lo minaccia con una pistola-ventosa. Nei pannelli successivi l’artista rappresenta la società (ricordandoci la pungente ironia di George Grosz ne I pilastri della società, 1926) chiamando in causa banchiere, mafioso, borghese, politico, medico, avvocato, giudice, generale, sindaco, poliziotto, prostituta, prete, giornalista, ecologista, professore, fronteggiati da un maiale che simboleggia il popolo: questi prima inghiotte di tutto, poi si fa mangiare.
Infine torna San Giorgio, che infilza tutti i presenti come spiedini con la sua lancia (primo premio del 1996). Sugli stessi temi poi dipingono sulle pareti di alcune case anche quattro artisti di Novara: Roberta Filippi, Vittorio Tonon, Antonio Ferrara, Massimo Gemelli.
Parola d’ordine: creatività. Non solo sul muro. La festa si rinnova di anno in anno, così dai muri dipinti si passa ai trattori riverniciati e a escavatori trasformati in fioriere, nelle periferie del paese (1998). Le cabine dell’Enel diventano giganti con occhi e orecchie (1999); sui fili di conduzione che corrono sulle pareti delle case si appoggiano rondini sagomate (2001). Sui tetti, per mano di Greco (2001) compaiono operosi spazzacamini e streghe, collegate ancora a una celebrazione celtica, quella di Samain, l’attuale Halloween; i paracarri si trasformano in galeotti, carabinieri, preti, cinesi (2003), gli spartitraffico vengono dipinti (2004). La piazza principale è onorata da una rana, animale tipico delle zone paludose, con funzione di fontana (Giuliano Zanetti, 2005), da un velocipede con due ruote di carro (Giuseppe Petralia, 2006). Già abbiamo citato le sagome di pecore e pastori (2007), a cui si sommano quelle delle zebre a indicare la segnalazione di strada chiusa (2009). Ma anche guardando a livello della strada ci sono decorazioni: i mosaici sui marciapiedi, che narrano dalla protostoria a ieri, opera di Camilla Struskug. Ancora una volta la simbologia è importante, così la dama e gli stemmi rimandano al passato nobiliare, cervi e omini ricordano i Camuni, che si fusero con i Celti, menzionati ancora dal simbolo del tris e dal cinghiale-maiale; l’aquila si riferisce alla colonizzazione romana (III sec a.C.); il cavaliere richiama alla memoria i Longobardi, la croce la cristianità, giochi tradizionali e diverse sagome si riferiscono a strumenti, usanze e attività gravellonesi passate.
Il Parco dei tre laghi. Il sindaco Ratti ci guida nel parco del paese, per il quale, come ribadisce, ci sono voluti 12 anni di battaglie burocratiche e politiche al fine di ottenere diversi permessi per piani e appalti. Nel 1993 l’Amministrazione progetta il parco, posto di fronte al giardino all’inglese della settecentesca Villa Barbavara: un altro modo per ribadire che tutti possono usufruire di uno spazio verde, non più solo privilegio di pochi. Un tempo al posto del parco c’era la valle del torrente Terdoppio, poi deviato su Vigevano; l’avvallamento era stato livellato prima a marcita e poi a risaia. Ora il visitatore e il cittadino possono godere di uno spazio di 240 mila metri quadri, con tre laghi di acqua sorgiva, dove è possibile praticare sport acquatici quali pesca e canoa, prenotare aree attrezzate per pic-nic e cerimonie, immergersi nella natura in un’oasi di biodiversità, dove ancora svolazzano specie di farfalle ormai rare e dove la vegetazione, piantata da volontari, è ormai rigogliosa.
Sono il personale comunale e i volontari riuniti negli “Amici del Parco” a gestire e mantenere funzionante questo polmone verde, dove ancora una volta si cerca di trovare un equilibrio tra natura e spirito mediante installazioni artistiche che riproducono quelle di antiche civiltà: di fronte a uno dei laghi si erge un totem (Libero Greco, 2008), in cui gli animali locali, cioè zanzara, airone, pesce, rana vengono sacralizzati; un dolmen formato da massi granitici caduti nel 1998 durante una frana a Gravellona Toce si innalza vicino al lago Pescatori (primavera 2010, prima collocato sul dosso del Valdarengo); non lontano, sulla collinetta, un cromlech, anche questo, come il precedente, rimandante ai monumenti costruiti durante l’Età del Bronzo, collegati alle posizioni del sole. Il parco porta circa 20mila visitatori l’anno, facendo sperare nell’incremento del turismo e in una maggiore visibilità per il borgo.
Un libro d’arte all’aperto. La fame di arte per Gravellona non finisce qui, così l’Amministrazione comunale, a partire dal 2011, decide di stampare in grande scala alcune opere ottocentesche di pittori lombardi, da Segantini a Lega a Previati, fino a opere-icona come IlQuarto Stato di Pellizza da Volpedo o Il bacio di Francesco Hayez. Questo, ci spiega il sindaco, «perché nell’Ottocento i pittori hanno deciso di rendere il ceto lavoratore soggetto delle loro opere, restituendogli in pittura la stessa dignità riservata prima solo ai nobili». Così per il Comune nasce la volontà di «portare l’arte di alto livello per le strade del paese, partendo da opere in cui il popolo si sente rappresentato». Vicoli e strade diventano così come le pagine di libro d’arte all’aperto che anche il meno avvezzo all’argomento ha fame di sfogliare, con riproduzioni di opere complete di didascalie e dimensioni originali. Suggestivo anche l’ingresso pedonale al parco, dove roggia e mulino sono accompagnati da riproduzioni di opere ottocentesche e da un divertente “Monumento alla Zanzara” (Salvatore Fiori, 2001) insetto comune divenuto oggetto del “primo campionato europeo di caccia alla zanzara per coppie“ tenutosi proprio a Gravellona (2001).
Uno sguardo ai monumenti di Gravellona… Come accennato, inizialmente Gravellona era una radura con un piccolo villaggio celtico; nel III secolo a.C. poi l’arrivo dei romani lascia segni soprattutto nella toponomastica locale, mentre nel medioevo il borgo si trasforma in un villaggio con una pieve romanica, un battistero, un piccolo castello (probabilmente distrutto dalle truppe viscontee), una roggia e un mulino (quelle ancora esistenti all’ingresso del parco). Al giorno d’oggi rimane d’interesse la settecentesca Villa Barbavara, tuttora abitata dai Conti Barbavara: qui si possono ancora ammirare due antiche carrozze in perfetto stato di conservazione, nella romantica cornice del vasto parco all’inglese, uno dei più grandi di tutto l’Oltrepòcon i suoi sette ettari circa (accessibile gratuitamente durante ogni edizione della Festa dell’Arte, prossimamente visitabile su prenotazione). La vecchia Chiesa parrocchiale è stata sostituita da quella dedicata a San Faustino, costruita nel 1617, che conserva nella cappella del Carmine le spoglie di San Faustino, patrono di Gravellona. A fianco al civico cimitero sorge il Santuario Mariano (1762), sulle fondamenta un’antica chiesetta del 1347 distrutta nel Settecento dedicata a San Zeno, protettore dalla peste.
…e uno sguardo ai dintorni. Oltre alla più grande Pavia, a neanche 7 chilometri di distanza da Gravellona si trova Vigevano, con la piazza Ducale (Patrimonio dell’Unesco) fatta costruire dal 1492 da Ludovico il Moro come anticamera nobile del castello, il Duomo, citato in un documento del 963 ma la cui costruzione andò avanti fino al 1606, il Castello Sforzesco (1345), la Torre del Bramante ristrutturata da Donato Bramante nel 1492-1493, e il Museo della Calzatura (essendo Vigevano considerata capitale delle scarpe). A dieci chilometri si trova Mortara, capoluogo della provincia di Lomellina fino all’Unità nazionale, che conserva nella gotica Basilica di San Lorenzo (1375-1380) tavole di Giulio Cesare Procaccini, Cerano e un singolare presepe ligneo (XV secolo). Notevole la chiesa di Santa Croce (1596) riedificata da Pellegrino Tibaldi; la chiesa di San Carlo e Santa Veneranda, innalzata durante la pestilenza del 1630; il Teatro (1846) il Palazzo Municipale (1857), la Borsa Contrattazione Merci (ex macello), il Museo Civico e alcuni esempi del razionalismo italiano. Interessante il Santuario Antoniano, dove nel 1929 venne eretta una riproduzione della grotta di Lourdes.
A PROPOSITO
Per trasformare il paese, puntiamo su uno spirito Libero
INTERVISTA A LIBERO GRECO
Camminando per Gravellona non si può fare a meno di sorridere, quando oltre ai colori dei muri dipinti e all’ironia con cui vengono interpretati i temi proposti nelle diverse edizioni, si intravvedono con sorpresa le streghe e gli spazzacamini sui tetti, zanzare-monumento, rane-scultura e diversissime e curiose installazioni che vi invitiamo a scoprire, come in una divertente caccia al tesoro (sono circa 100 le installazioni disseminate per il piccolo borgo).
Diversi artisti hanno preso parte a questo progetto di trasformazione urbana cominciato circa ventidue anni fa. Uno di loro è Libero Greco (Novara, 1941), artista e architetto novarese che ha realizzato molte opere presenti nel borgo. Lo abbiamo intervistato.
Il suo Piemonte è vicino a Gravellona, ma come è avvenuto il primo contatto con questo borgo? Da dove è nato questo rapporto di collaborazione?
“L’incontro è avvenuto in modo davvero curioso, poiché non avevo mai sentito nominare prima il paese. Negli anni ’90 ero stato incaricato, nell’area della bassa novarese, a partecipare a un progetto chiamato Civiltà contadina valori e memoria dove avevo presentato dei manifesti. Francesco Ratti, l’attuale sindaco di Gravellona, li vide e si adoperò per cercare il mio numero, incontrarmi e chiedermi se fossi disponibile a partecipare alla trasformazione di Gravellona in paese d’arte. Accettai con molto entusiasmo, coinvolgendo alcuni amici artisti novaresi. Da lì la collaborazione si è infittita, ormai sono vent’anni che continuiamo. Spesso Ratti stesso, grazie al quale il paese ha acquisito un volto completamente diverso, ha delle idee o delle intuizioni che io poi sviluppo e trasformo ulteriormente con la mia creatività, come per esempio è accaduto per il lavatoio-palco del 2011, utilizzato in moltissime occasioni”.
Certamente l’avrà spinta ad aderire al progetto la convinzione che l’arte, specialmente se sui muri degli edifici e per le strade, può trasmettere il suo messaggio anche ai non addetti ai lavori. Eppure nel suo primo intervento a Gravellona, quello sulla facciata del municipio, in un pannello dipinge in maniera grosziana tutti i personaggi della società come dei corrotti; ma anche il popolo, a cui in realtà si rivolge, è rappresentato come un maialino, e infine infilzato da San Giorgio assieme a tutti gli altri. La critica è quindi generalizzata, non salva nessuno?
“Sicuramente credo nella potenza del messaggio dell’arte, e l’ironia contraddistingue la mia intera opera. Io non ho assolutamente alcun giudizio contro il popolo, anzi, il mio è un invito al popolo perché rifletta, in qualche modo lo costringo a pensare”.
Questa è infatti spesso, da secoli, la ”missione” di intellettuali, scrittori, artisti, che trasformano in immagini o parole la loro visione del mondo, cercando di invitare a una riflessione. E che tipo di rapporto ha instaurato con i gravellonesi? Hanno colto la sua ironia e il messaggio?
“So di essere benvoluto da loro, tanto da essere stato nominato cittadino onorario di Gravellona, e sono davvero molto orgoglioso di quella targa. Negli anni molte persone mi hanno aiutato, come volontari, nell’installazione di alcune opere da me realizzate: vige quindi un rapporto di collaborazione e stima reciproca”.
Abbiamo visitato, in un suggestivo spazio espositivo della Ca di Ratt di Gravellona, una mostra che celebra il suo ventennio di collaborazione con il paese, assieme agli artisti Elio Bozzola e UldinoDesuò. Pensa che oltre al passato, per Gravellona ci saranno anche progetti futuri?
“I progetti senz’altro continueranno, non so in quale veste perché i tempi sono cambiati. Sto pensando di dedicarmi, in un futuro prossimo, solo all’attività di artista, come sempre partecipato. Non ci sono più le condizioni, di questi tempi, per lavorare come prima e continuare a fare l’architetto. Quindi certamente il rapporto di collaborazione con Francesco Ratti e Gravellona andrà avanti”.
SUI MANIFESTI REPUBBLICA DI WEIMAR
Si scrive Gravellona, si legge Weimar
I messaggi per il popolo tedesco presto in mostra nel borgo della Lomellina
Gravellona si è rivelata una sorpresa, un paese dove ancora, nonostante le difficoltà economiche che attanagliano tutti i comuni italiani in questi tempi, c’è una forte volontà di vivere nel Bello e affrontare tutto con ironia, ottimi antidoti anti crisi.
Ma non è solo questo che abbiamo scoperto: abbiamo infatti avuto modo ammirare, proprio nel paese dove l’arte dialoga col popolo, una collezione privata di affiches e manifesti relativi al periodo della Repubblica di Weimar. Costituita nel 1919 dopo la sconfitta delle Germania nella Prima guerra mondiale e la caduta dell’impero, prese il nome dalla città in cui si tenne un’assemblea nazionale per creare una nuova Costituzione: fu messa in crisi dalla depressione del 1929 e da diverse manovre politiche tra cui la determinazione aggressiva del partito nazionalsocialista di Hitler.
Mostriamo qui solo un paio di esempi dei manifesti in oggetto, dove immagini e parole, ai fini meramente propagandistici, sono fortemente persuasivi. La combinazione e la scelta dei colori, della grafica e dei contenuti lanciano al popolo imperativi inequivocabili, e hanno il potere di toccare anche lo spettatore odierno, pur lontano da quegli avvenimenti storici.
Prossimamente in mostra, in quel borgo che non solo è un “libro d’arte all’aperto”, ma che a breve ci racconterà anche un denso capitolo di storia.
IL MOSAICO DEI TURISMI A GRAVELLONA E DINTORNI
Ogni scheda del nuovo Atlante dei paesi dipinti è arricchita da simboli grafici indicanti quali forme di attività turistica, in natura e di cultura, è consigliabile nell’area presa in esame.
Turismi in natura
- Botanica, itinerari botanici, fotografia naturalistica
- Birdwatching
- Picnic, scoutismo, vacanze scolastiche e famigliari
- Escursioni in bicicletta, mountain bike, piste ciclabili
- Turismo equestre
- Trekking a piedi, sentieri natura, passeggiate nel verde
- Pesca sportiva
- Canoa, Rafting, Gommone
Turismi di cultura
- Musei e beni storici, architettura, monumenti, castelli
- Archeologia (specialisti), itinerari archeologici (turisti)
- Itinerari gastronomici
- Turismo religioso (luoghi sacri, convegni, monasteri, cattedrali)
- Artigianato e collezioni
Informazioni utili:
- Municipio Tel. 0381.650057
- Abitanti: 2.748
- Altezza sul livello del mare: 118metri
- Nome abitanti: gravellonesi
- Distanza da Milano: 41, 2 km, da Pavia 45 km
- Come arrivare:
- Auto: da Milano SS494 direzione Vigevano; poi SP192 direzione Gravellona.
Mangiare e dormire bene:
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Cascina Nidasio, via Cascina Nidasio, 4. 27020 Gravellona Lomellina Cell. 345.9544910/ 346. 8088894. E-mail. cascinanidasio@gmail.com; web. Facebook/B&BcascinaNidasio
Con annessa l’osteria La Beerbona, Tel. 0381.650849. Cell. 331.4307112 E-mail. Gustareconarte@gmail.com Web. Facebook/LaBeerbona selezione di salumi e formaggi, primi piatti della tradizione e secondi di carne, accompagnati da vino o birra artigianale
- Ristorante Ca Di Ratt, C. Insurrezione, 10, 27020 Gravellona Lomellina. Tel. 0381.95811, Cell. 333.4749901. Ottima cucina locale, si segnalano risotti e polenta, ma anche ricchi antipasti di salumi e formaggi. Alternativa vegetariana.
Fotogallery
Alcuni dei più significativi muri d’autore e decorazioni di Gravellona Lomellina
Dalla collana “Il nuovo atlante dei paesi dipinti in Lombardia”:
- Calcio, Bergamo: in questo borgo il paesaggio è un’opera d’arte
- Madone: di strada in strada la storia dell’Isola Bergamasca
- Arcumeggia e la prima galleria all’aperto in Italia. Non dimentichiamo un borgo pilota per l’arte
- A Runo di Dumenza 68 affreschi e il dipinto che cercherete invano: la leonardesca Gioconda
- A Gravellona Lomellina, paese d’arte dove bellezza e creatività si sposano con l’ironia
- Expo: a Milano per sei mesi, a Dairago è per sempre
- A Guidizzolo i colori dell’arcobaleno avvolgono velocità e moda, pace e star come Mina o Chaplin
- In bici a Crotta d’Adda, con le Dolomiti e la Cina all’ombra dei muri d’autore
- Lasco, da bandito a ispiratore dell’identità colorata di Parlasco
- C’era una volta a Cadorago un uomo che sognava opere d’arte su ogni casa
- Aprica: stazione “aperta” al sole, a viandanti e Nobel, artisti e turisti
- Cassina de’ Pecchi, ieri stazione di posta e oggi ciclovia, si rinnova nel segno della Street Art
- I muri d’autore di Dozza raccontano storie da più di mezzo secolo
L’invito al viaggio di Flavio Caroli: “Quei muri d’autore che ci donano le piccole storie di una grande regione: ecco la Guida ai paesi dipinti di Lombardia”.