Per coronare l’itinerario tra i paesi dipinti di Lombardia ci avventuriamo, nella cornice di un paesaggio unico, per le nevi e le strade della provincia di Sondrio: meta, Aprica. In questo comune montano sospeso tra la Valtellina e la Valcamonica, le due valli alpine più importanti della regione, il turismo si è affermato verso la fine del XIX secolo, quando sotto il governo austro-ungarico si fece costruire l’attuale strada statale 39 che collegò, proprio tramite il passo dell’Aprica, Edolo e la Val Camonica con Tresenda e la Valtellina, facilitando ulteriormente le vie di comunicazione. Già in epoca carolingia, infatti, c’era una struttura per alloggiare ad Aprica: nella contrada di San Pietro, originariamente chiamata per l’appunto Ospitale, esisteva uno xenodochio, ospizio per viandanti, pellegrini e soldati.
I segreti di un successo. Il nome Aprica sembra derivare dal verbo latino “aperire”, cioè aprire, usato per descrivere un luogo aperto, soleggiato, esposto al sole, come raccontano Marco Della Moretta, presidente della Pro Loco di Aprica, e Laura Caspani dell’Ufficio Turistico. Il clima è un fattore più che favorevole in questo comune montano che, nonostante i 1.200 metri di quota e la presenza della neve da dicembre ad aprile (mediamente), vanta inverni secchi ed estati ventilate. Un clima salubre, adatto a chi cerca tranquillità, a chi scia, ma anche a chi ama perdersi in itinerari naturalistici (sono tracciati oltre 200 chilometri di sentieri). Tra i fedelissimi di Aprica, in passato, anche il rettore dell’Università di Pavia Camillo Golgi, primo premio Nobel italiano (per la medicina, 1906), originario della vicina Córteno, che trascorse le sue estati in questo luogo ameno dal 1880 al 1913. Aprica fa parte inoltre del Parco delle Orobie Valtellinesi, e la sua fortunata posizione permette il facile collegamento con i comuni della Valtellina, della Valcamonica, e con la Svizzera.
Da Aprica la via di fuga per trecento ebrei. Una nota storica: proprio la vicinanza con Svizzera facilitò le gesta di Don Giuseppe Carozzi (1918-1955), originario della vicina Motta di Villa Tirano (Sondrio), che ad armistizio annunciato (8 settembre 1943), al termine del secondo conflitto mondiale, condusse fuori confine quasi trecento ebrei, prigionieri internati all’Aprica in quanto deportati dai territori jugoslavi annessi all’Italia. Tutto anche grazie alla collaborazione di Don Cirillo Vitalini, parroco di Bratta, e della Guardia di Finanza di Madonna di Tirano dalla quale dipendevano anche le stazioni di Campione, Lughina e Sasso del Gallo. Per quest’opera Carozzi fu costretto a rifugiarsi in Svizzera, ma non cessò le sue azioni a favore della Resistenza.
Tra gli artisti conquistati, il veneto Alcide Pancot. Riguardo ai fatti storici e alle tradizioni di Aprica, sono le immagini dipinte sui muri a prendere voce, specialmente quelle riprodotte sulle abitazioni della contrada Santa Maria, nucleo antico assieme a quella di San Pietro. Risale al 2000 l’iniziativa dell’amministrazione comunale di abbellire le strade del borgo con dipinti murali, sedici per ognuna delle tre contrade, Santa Maria, Dosso e San Pietro (quest’ultima da terminare), rispettivamente decorate con storia e tradizioni di Aprica, esempi di flora alpina e di fauna delle cime. La mano creatrice di queste opere dai colori vividi e con scene così vicine al reale è quella dell’artista Alcide Pancot (Vittorio Veneto, 1948), che si è unito alla nostra visita descrivendo il suo amore per quest’area, nonostante la terra d’origine sia il Veneto. Nato da una famiglia di artisti, pittori, scultori e decoratori, Pancot comincia a dipingere come autodidatta, utilizzando (come tuttora fa) solamente i colori di base. Finanziere del soccorso alpino per ventitré anni, lavora tra il Bernina e il lago di Como e si appassiona così alla montagna, a quella vegetazione e quella fauna così varie, e allo sci (è maestro di questa disciplina, che insegna nella stagione invernale sulle attrezzate piste di Aprica). Questo amore lo porta a trasferirsi definitivamente nella provincia di Sondrio dal 1979. Accidentalmente comincia l’avventura di pittore dell’Aprica, in seguito alla richiesta da parte di un privato di realizzare un’opera per il proprio figlio: il talento mostrato in questa commissione fa sì che si sparga la voce della sua bravura, e da allora Pancot diventa il pittore di tutto il borgo. Realizza i murales sulle due torri del centro direzionale di Aprica, i quadri della sala del consiglio in municipio ed è richiestissimo da famiglie e da gestori di bar e locali.
I murales di Santa Maria. Nel giugno 2002 si inaugurano così i murales della contrada di Santa Maria, area di casupole in pietra, organizzate per accogliere, in passato, anche il bestiame e il raccolto. Si comincia così a raccontare la storia e le tradizioni di Aprica con la vicenda dell’uccisione dell’ultimo orso, avvenuta nel comune orobico nel 1892. L’orso era molto rispettato in passato dalla gente locale, ma esistevano anche molti cacciatori dell’animale bruno. Attualmente ad Aprica, all’interno dell’Osservatorio Eco-Faunistico Alpino di cui parleremo più avanti, vive l’orso Orfeo, amatissimo dagli aprichesi e attrattiva per i visitatori. Tornando ai muri dipinti, si passa poi alla descrizione della transumanza (dalla bergamasca alla Svizzera e dal paese al Bernina), segue il trittico che descrive la produzione del carbone di legna (procedimento complesso illustrato nelle stazioni collocate lungo il “sentiero del legno” che collega Malga, Magnolta e Palabione), la rappresentazione della “süènda”, ovvero il tracciato per condurre il legname dal bosco al piano, l’allevamento del bestiame sull’alpe Palabione e il Belvedere d’Aprica, che negli anni Trenta comprendeva la cantoniera, un ristorante e due abitazioni.
I muri raccontano la storia del turismo. Importante il murale che rappresenta l’albergo Negri, il primo albergo di Aprica, attivo dal 1873 e gestito da Elena Sinistri e Carlo Negri. La sua fortuna coincise (oltre che con il miglioramento delle vie di comunicazione) con l’arrivo di una comitiva di milanesi in viaggio verso St. Moritz che, fermatisi solo per un momento di ristoro, decisero di soggiornarvi più a lungo, invogliati dall’ospitalità e dal luogo. Tornarono anche negli anni successivi, così come molti altri viaggiatori di passaggio divenuti ospiti abituali. L’albergo cessò l’attività nel 1919, donato alla Croce Rossa gestita da un ordine di suore di Brescia. Seguono poi tre dipinti con le tre contrade principali (S. Maria, Dosso e S. Pietro), un accampamento militare che ricorda la prima guerra mondiale (il fronte, l’Adamello, non distava molto da Aprica), e la rappresentazione di un altro momento importante per il turismo di Aprica, ovvero l’avvento dei primi sciatori: l’allieva e il maestro (il primo maestro di sci ufficiale fu Achille Cioccarelli) discendono da una pista ancora priva di impianti, molto diversa da quelle attrezzate di oggi. Nei dipinti successivi si ricordano i mulini (ad Aprica erano in funzione cinque mulini, per macinare grano e castagne), la costruzione della diga di Frera (1957-1959), la prima seggiovia, quella del Palabione, costruita nel 1947, che incrementò ulteriormente il turismo nel comune montano. Importante, soprattutto per l’artista Pancot, anche il murale che descrive il fenomeno del contrabbando ad Aprica: il pittore, in passato finanziere, racconta di aver vissuto in prima persona scene come quella descritta, e così si rappresenta in primo piano, nelle due figure dei finanzieri appostati vicino al sasso denominato “corna di finanser” (situato all’imbocco della Val Belviso) per sorprendere i contrabbandieri di caffè e tabacco. L’edificio su cui è dipinto questo murale era una volta una caserma della finanza.
Alla scoperta di fiori e piante. La contrada Dosso, da cui si gode bene della vista dell’Adamello, è stata la seconda a essere stata affrescata, e si distingue per la sua particolare esposizione al sole, che tra l’altro fa brillare ancora di più i colori della flora rappresentata con tanta cura da Pancot, contestualizzata in ambienti talvolta esistenti, talvolta immaginari, ma sempre realistici. Ecco la viola di Comolli, tipica delle Orobie (cresce a 2000 metri), il giglio martagone, soggetto a tutela integrale, la stella alpina, il pino silvestre tra i laghi di Torena, nella Val Belviso. A incorniciare il lago entro cui si rispecchia il Palabione (che è visibile di fronte) ecco il rododendro irsuto. Seguono i bucaneve, i primi a spuntare dopo l’inverno, la carlina bianca, che pare prendere il nome dall’uso che i militari di Carlo Magno ne fecero per uscire dalla pestilenza, l’epilobio, la genziana punteggiata, inserita in una scena dove un ragazzino, il figlio del proprietario della casa, munge la capra. E ancora il botton d’oro, il ranuncolo glaciale, ovvero il fiore dei camosci, infatti presenti nella raffigurazione (e omaggio al proprietario della casa, Egidio Negri, guardiacaccia). Un altro omaggio al proprietario di casa reduce dalla seconda guerra mondiale si ritrova nel dipinto successivo, che ritrae la primula irsuta alla presenza degli alpini. Seguono la soldanella, simbolo del risveglio dell’amore e della primavera, il pino mugo attorniato da astri alpini e pianelle della Madonna (un’orchidea rara e protetta), la drosera, pianta carnivora che si trova nella Val di Gembro, qui ritratta con le tife e la rosa selvatica, e infine il doronico del granito, che sorge tra i 2000 e i 3000 metri, qui vicino alla cime del Torena, in Val Belviso.
Nel regno degli animali di montagna. L’ultima contrada dipinta, dove i murales non sono del tutto terminati, è quella di San Pietro, la più antica del paese, inizialmente chiamata Ospitale per la sua funzione di ospitare i viandanti. Qui sorge la chiesa dedicata ai SS. Pietro e Paolo, che lasciarono poi il nome alla contrada. L’amministrazione comunale ha scelto come soggetto per quest’ultima area da dipingere la fauna alpina, e ancora Alcide Pancot dimostra talento, realismo, studio e una passione per i soggetti rappresentati. Ecco il gallo forcello, il gufo reale, il capriolo, il camoscio, il cervo, la marmotta, l’aquila reale, l’orso, la civetta nana, lo stambecco affiancato dall’insegna del Club Alpino Italiano. Compaiono anche (alcuni da terminare, altri non ancora iniziati ma in programma) la volpe, la faìna, l’ermellino, il tasso, lo scoiattolo, la lepre bianca e il gallo cedrone.
Flora e fauna da vicino: l’Osservatorio Eco-Faunistico Alpino. Avendo citato la fauna e la flora alpine rappresentate nei murales, non si può non rimarcare l’appartenenza di Aprica al Parco delle Orobie Valtellinesi, istituito nel 1989, che comprende la catena montuosa esposta a nord delle Alpi Orobie e si estende per 60 chilometri e su una superficie che sfiora i 44.000 ettari. All’interno di questo, ad Aprica, è stato inaugurato nel luglio 1997 l’Osservatorio Eco-Faunistico Alpino, diretto da Bernardo Pedroni (biologo naturalista). Tramite una visita guidata organizzata si accede alla vasta area di oltre 25 ettari dove si snoda un itinerario didattico-naturalistico attrezzato. Qui il visitatore può condurre un’esperienza unica in Italia e rara in Europa: conoscere e osservare da vicino le specie animali e vegetali presenti, alcune in apposite “aree faunistiche” predisposte lungo l’itinerario. Al momento, tra gli altri, vivono camosci, stambecchi e caprioli, rapaci notturni e diurni, l’orso bruno Orfeo, nato in cattività in Trentino e qui dal 2007, quando aveva sedici anni, e infine il gallo cedrone, in via d’estinzione, simbolo del Parco delle Orobie Valtellinesi. L’Osservatorio è sede di ricerche scientifiche e centro di ripopolamento per la fauna selvatica. Pedroni è anche ideatore di un progetto finanziato dall’Unione Europea e scelto con massimo punteggio, il Museo interattivo dell’uomo nella natura, di prossima apertura, volto a ricreare gli ambienti alpini.
Non solo natura. Ad Aprica è la natura a primeggiare, ma si possono visitare, oltre al percorso dei murales, anche la chiesa parrocchiale di S. Pietro, sorta nel XIII secolo, ampliata nel 1600 e decorata in facciata nel 1896, e l’Oratorio della confraternita del SS. Sacramento (1747) a essa annessa. Nella contrada S. Maria si erge invece la chiesa di S. Maria Assunta, del XVI secolo, affrescata dal pittore Turildo Conconi. Interessante vedere anche le trincee della prima guerra mondiale, linee di resistenza collocate in località Magnolta (a ovest del comprensorio sciistico di Aprica) e lungo il sentiero degli alpini, qualora fosse ceduta la linea dell’Adamello. Notevole dal punto di vista culturale anche il “sentiero Zapei d’Abriga”, che collega Aprica, Motta e Tresenda, e il citato “sentiero del legno”.
Uno sguardo ai dintorni. A pochi chilometri da Aprica, nel comune di Villa di Tirano, specie rare di flora e fauna popolano la riserva naturale di Pian di Gembro, un’antica torbiera posta a 1350 metri di quota, formatasi 10.000 anni fa dopo l’ultima glaciazione alpina. Dentro un’aula didattica alcuni paludari visitabili gratuitamente ospitano specie animali e vegetali tipiche degli ambienti umidi, come piante carnivore, insetti, rane, rospi, salamandre e tritoni. A 17 chilometri dal borgo dipinto si trova Tirano, nota per l’apparizione della Madonna il 29 settembre 1504, per la quale fu edificato il Santuario a lei dedicato, monumento religioso più importante della Valtellina. Sempre a Tirano sorge il cinquecentesco Palazzo Salis, col portale centrale barocco disegnato dal Vignola, dentro il quale è ospitato, in dieci sale affrescate e con gli arredi originali, il Museo senza frontiere tra Grigioni e Valtellina. Tirano è sede anche del Museo etnografico, e inoltre da questo comune parte il trenino del Bernina, che attraversa le Alpi a cielo aperto conducendo fino in Svizzera attraverso panorami mozzafiato. Allontanandosi ulteriormente in questa direzione (est) si giunge a Grosio, famoso specialmente per il Parco delle incisioni rupestri, attiguo ai resti del castello Visconti Venosta, con oltre 5000 figure incise databili tra la fine del Neolitico e l’età del ferro. Verso ovest invece si arriva a Teglio, antico borgo che ha dato il nome alla Valtellina (dal latino Tellina vallis). Da visitare Palazzo Besta, antica dimora cinquecentesca in stile rinascimentale valtellinese, la chiesa romanica di S. Pietro e la torre “de li beli miri”. Qui ha sede la rinomata Accademia del Pizzocchero. •
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A PROPOSITO
IL MOSAICO DEI TURISMI AD APRICA E NEI DINTORNI
Ogni scheda del nuovo Atlante dei paesi dipinti è arricchita da simboli grafici indicanti quali forme di attività turistica, in natura e di cultura, è consigliabile nell’area presa in esame.
Turismi di natura
- Agriturismo
- Alpinismo, arrampicata sportiva
- Botanica, itinerari botanici, fotografia naturalistica
- Birdwatching
- Canoa, Rafting, Gommone
- Entomologia, campi scuola, vacanze per imparare, biblioteche
- Escursioni in bicicletta, mountain bike, piste ciclabili
- Micologia (specialisti), itinerari micologici
- Miniere e archeologia mineraria
- Pesca sportiva
- Picnic, scoutismo, vacanze scolastiche e famigliari
- Speleologia (specialisti), itinerari speleologici guidati
- Sport dell’aria (deltaplano, parapendio, aquilonismo)
- Sport di precisione (tiro a segno, tiro al piattello)
- Turismo equestre
- Trekking a piedi, sentieri natura, passeggiate nel verde
Turismi di cultura
- Archeologia (specialisti), itinerari archeologici (turisti)
- Artigianato e collezioni
- Concerti, musica, teatro, feste, balletto, danze, festival, eventi di costume, folklore
- Itinerari gastronomici
- Musei e beni storici, architettura, monumenti, castelli
- Turismo religioso (luoghi sacri, convegni, monasteri, cattedrali)
- Strade romantiche
Informazioni utili:
- Municipio +39.0342.746116
- IAT – Ufficio Turistico di Aprica, 0342.746113, info@apricaonline.com
- Abitanti: 1576
- Altezza sul livello del mare: m 1174
- Nome abitanti: aprichesi
- Distanza da Milano: 170 km, da Sondrio 30 km
- Come arrivare:
- Auto: Prendere la SS 36 fino a Piantedo, SS 38 fino a Tresenda, SS 39 per Aprica; oppure autostrada A4 Milano-Bergamo (uscita Seriate), SS 42 fino a Edolo, SS 39 per Aprica.
- Treno: Milano – Sondrio – Tirano, prendere l’autobus per Aprica da Sondrio o Tresenda.
- Autobus: Linea Milano – Edolo – Ponte di Legno con cambio a Edolo per Aprica.
Mangiare e dormire bene:
- Hotel Meublè Ambrosini****, via Magnolta 7 – 23031 Aprica, tel. +39.0342.747754, web www.meubleambrosini.it, con camere attrezzate e vista sul panorama aprichese, e annesso, a poche centinaia di metri il ristorante-pizzeria Ambrosini, Corso Roma 158 – 23031 Aprica, tel.+39.0342.747736 con specialità gastronomiche valtellinesi. Tariffe e prenotazioni;
- Agriturismo Li Spondi, via Sponde – 23031 Aprica, cell. +39.339 1924482. Camere per pernottare (tariffe e prenotazioni), cucina tipica (pizzoccheri, sciatt, risotti), specialità con capra e capretto, spaccio aziendale di prodotti dell’agriturismo.
- Ristorante-bar Il piccolo Chalet, via Magnolta – 23031 Aprica, cell. +39.333.5321603, specialità gastronomiche tipiche valtellinesi e non solo. Info e orari.
ALCUNI DEI PIU’ SIGNIFICATIVI MURI D’AUTORE DI APRICA
Dalla collana “Il nuovo atlante dei paesi dipinti in Lombardia”:
- Calcio, Bergamo: in questo borgo il paesaggio è un’opera d’arte
- Madone: di strada in strada la storia dell’Isola Bergamasca
- Arcumeggia e la prima galleria all’aperto in Italia. Non dimentichiamo un borgo pilota per l’arte
- A Runo di Dumenza 68 affreschi e il dipinto che cercherete invano: la leonardesca Gioconda
- A Gravellona Lomellina, paese d’arte dove bellezza e creatività si sposano con l’ironia
- Expo: a Milano per sei mesi, a Dairago è per sempre
- A Guidizzolo i colori dell’arcobaleno avvolgono velocità e moda, pace e star come Mina o Chaplin
- In bici a Crotta d’Adda, con le Dolomiti e la Cina all’ombra dei muri d’autore
- Lasco, da bandito a ispiratore dell’identità colorata di Parlasco
- C’era una volta a Cadorago un uomo che sognava opere d’arte su ogni casa
- Aprica: stazione “aperta” al sole, a viandanti e Nobel, artisti e turisti
- Cassina de’ Pecchi, ieri stazione di posta e oggi ciclovia, si rinnova nel segno della Street Art
- I muri d’autore di Dozza raccontano storie da più di mezzo secolo
L’invito al viaggio di Flavio Caroli: “Quei muri d’autore che ci donano le piccole storie di una grande regione: ecco la Guida ai paesi dipinti di Lombardia”.
Magnifico servizio, complimenti! Ricordo comunque che ad Aprica ci sono anche bei rifugi alpini, agriturismi e un ottimo camping.
Addetto Stampa apricaonline.com,
(sito ufficiale Aprica)
Grazie per le sue gentili parole. Il mosaico dei cento turismi di cultura e in natura, caratteristica editoriale di Giannella Channel, e l’indicazione delle coordinate dell’ufficio turistico di Aprica sono utili proprio per completare la mappa dei servizi per il viaggiatore. (s.g.)
Caro Salvatore,
il rifugio che è all’Aprica vicino alle piste di sci è anche il terminale del sentiero Frassati della Lombardia che parte dalla frazione di Corteno (sant’Antonio all’inizio della splendida Val Brandet) e sale in quota con un panorama ed un percorso di crescente bellezza. È descritto bene in una pubblicazione edita dal CAI qualche anno fa. Può descrivertelo molto bene anche il gestore del camping Aprica, Antonio Stefanini, che presumo abbia scritto il post sopraesposto (tel.03424674204; cell.3474674204). Sappi che sono nativo di Corteno Golgi !
Roberto De Martin