Gian Antonio Stella, Corriere della Sera, 29 marzo 2014

Da sinistra verso destra: ‘San Martino dona parte del mantello al povero’ di Giuseppe Montanari (1956), ‘Il soldato che non vuole la guerra’ di Gioxe de Micheli (1991). In basso Salvatore Giannella e Benedetta Rutigliano.
Uno su cinque veniva da noi in Italia, dei turisti internazionali, nel 1950: adesso uno su ventitré. È cambiato il pianeta, d’accordo, ma una frana così non l’ha subita nessuno, denuncia l’editorialista di punta di via Solferino, in un’inchiesta sul turismo che ci vede scivolare dal primo posto di trent’anni fa al quinto posto tra le mete mondiali. Sono tante le cause, ma se veramente si vuole “dopo trent’anni tornare primi”, come recita il titolo di un rapporto scomodo dell’associazione Italiadecide presieduta da Luciano Violante e presentata lunedì 31 marzo a Montecitorio, davanti al presidente Giorgio Napolitano, allora sentite la storia esemplare (in negativo) che abbiamo ricostruito a due passi da Milano, futura capitale di Expo 2015, e da Malpensa e Varese, nel cuore della Lombardia locomotiva d’Italia e d’Europa.
Qui c’è un borgo senza tempo che è il primo paese dipinto d’Italia: Arcumeggia (Varese), oggetto della nostra terza puntata del nuovo Atlante dei paesi dipinti in Lombardia dopo Calcio e Madone con l’Isola Bergamasca. Prima dell’invito alla visita, chiediamo scusa a tutti quegli artisti, Remo Brindisi e Aligi Sassu in testa, che con generosa creatività hanno prestato la loro opera, la loro arte, il loro ingegno per affrescare i muri delle case con la storia del paese. Ci scusiamo perché nell’avventura che ci porta a disegnare l’Atlante dei paesi dipinti, ci siamo meravigliati per le importanti firme di coloro che hanno contribuito a rendere Arcumeggia un unicum, un vero e proprio museo all’aperto ideato perché l’arte giunga proprio a tutti; e insieme a ciò abbiamo scoperto amaramente come non siano oggi presenti in Arcumeggia esercizi aperti al pubblico. Non un bar o un ristorante, non più una locanda per dormire da ormai qualche anno, né strutture finalizzate a rendere questo patrimonio più facilmente accessibile a tutti, come negli intenti di chi ha messo passione e professionalità al servizio del pubblico.

In piedi: Angela Viola, Presidente di Pro Loco Arcumeggia. Seduta: Rossella Bernasconi, direttore dei lavori restauro. Sullo sfondo il cartone preparatorio all’affresco ‘Sant’Ambrogio benedice Arcumeggia’ di Aldo Carpi (1966), conservato nella Casa del Pittore.
Non denunciamo qui l’abbandono dei dipinti, che sono oggetto di uno scrupoloso restauro dallo scorso anno: ma la mancanza di interventi per valorizzare e promuovere questi muri d’autore mirati a riportare vita e turismo in questo piccolo gioiello pieno d’arte, che fu per anni fulcro di fermento artistico e creativo e che oggi è dimenticato. Un gioiello che in quanto tale emana una luce che potrebbe attrarre turisti italiani e stranieri, non solo in vista di Expo: ma che rimane offuscato per incuria e per la diffusa convinzione politica che la cultura non abbia un valore economico, convinzione che sta affossando ulteriormente il Paese con la maggiore quantità di beni storici e artistici del pianeta.
Dalla fortezza romana allo spopolamento. Arcumeggia si trova a metà tra la Valcuvia e Valtravaglia, ai pendici del Monte Nudo: sorge come insediamento romano di carattere strategico, in difesa dal popolo alpino dei Leponzi. Da qui il suo nome latino Arx Media, ovvero Fortezza di Mezzo tra le due valli, per l’appunto. Di vocazione agropastorale, rimane comune autonomo fino al 1927, quando viene accorpato al comune di Casalzuigno. Già dalla metà del XIX secolo da Arcumeggia molti uomini decidono di emigrare per sostentare le famiglie a distanza, cercando situazioni lavorative più stabili nelle vicine Svizzera, Francia e Germania. Il progressivo spopolamento del paese (che conta oggi 65 abitanti), che continua con la crisi e l’industrializzazione del secondo dopoguerra, porta gli abitanti di Arcumeggia a essere solo 156 nel 1956 (contro i 304 di fine Novecento).

Domenica Diodati, abitante della casa di Arcumeggia affrescata da Ernesto Treccani (‘Composizione agreste’, 1974).
Nasce la prima Galleria all’aperto dell’affresco. Per arginare questo fenomeno e incrementare il turismo, l’Ente Provinciale per il Turismo (EPT di Varese), nelle veci del presidente Mario Beretta e del direttore Manlio Raffo, organizza nel 1956 la mostra permanente “Pittori in vacanza” e inaugura la “Galleria all’aperto dell’affresco” ad Arcumeggia, con l’intento di chiamare artisti da tutta Italia ad affrescare le pareti delle case del borgo. L’architetto Bruno Ravasi si occupa degli aspetti tecnici di questo progetto, e nei mesi da marzo a giugno un Comitato organizzativo invita gli artisti a presentare i bozzetti degli affreschi a una mostra al palazzo comunale di Cuvio. Comincia così una nuova storia per Arcumeggia, che vede coinvolti già nella prima edizione nomi come Gianfilippo Usellini, animatore di diverse manifestazioni che seguiranno (tra cui la Via Crucis per la Chiesa del borgo), e che ha un’intera via dedicata in paese, Achille Funi, Eugenio Tomiolo, Francesco Menzio, Fiorenzo Tomea, Giovanni Brancaccio, Enzo Morelli, Giuseppe Montanari, Bruno Saetti, Ferruccio Ferrazzi.
Margherita Sarfatti, protagonista del movimento italiano Novecento, scrisse a proposito del borgo valcuviano: “Arcumeggia in Valcuvia segna un passo innanzi. È un villaggio pioniere e pilota. Rappresenta un piccolo e riuscito tentativo di riavvicinare l’arte alla vita, in non oziose e non leziose né artificiose vacuità…”.

Pietro Cerini, storico assistente degli artisti che lavorarono ad Arcumeggia, davanti all’affresco che decora la sua casa ‘Maternità’, di Bruno Saetti (1956).
La Casa del Pittore, una residenza per artisti. L’anno successivo anche Remo Brindisi e Aligi Sassu partecipano all’operazione di abbellimento delle strade di Arcumeggia, dove viene inaugurata, sempre per mano dell’architetto Ravasi, la Casa del Pittore, riservata al soggiorno estivo di artisti volonterosi di lavorare con la tecnica dell’affresco. Questa casa a tre piani, ora piccolo museo di proprietà della Provincia di Varese non più aperto al pubblico, radica al territorio la presenza degli artisti, che operano in funzione del luogo, e sviluppano sulle pareti di Arcumeggia temi legati alla vita degli abitanti: non solo quindi episodi religiosi (come la Madonna, Achille Funi, 1956; il Sant’Ambrogio che benedice Arcumeggia, Aldo Carpi, 1966; Il Sant’Antonio Abate, Gianfilippo Usellini, 1967), ma anche di vita quotidiana (La maternità, Bruno Saetti, 1956; Ragazza alla finestra, Giovanni Brancaccio; 1957, Corridori, Aligi Sassu, 1957), arti e mestieri (Abitanti e lavori del posto, Remo Brindisi, 1957; Composizione agreste, Ernesto Treccani, 1974), temi come l’emigrazione (Il ritorno dell’emigrante, Gianfilippo Usellini, 1956; La partenza dell’emigrante, Giuseppe Migneco, 1962), allegorie (Allegoria delle decorazione murale, Umberto Faini, 1994) e solo in ultimo paesaggi (Le Alpi, Antonio Pedretti, 2001).
Artisti e popolo: un grande amore. Tra popolo e artisti si va a creare un rapporto molto approfondito e intenso: sono 45 persone di Arcumeggia a offrire manodopera gratuita per costruire la Casa del Pittore, e gli stessi abitanti ospitano gli artisti per pranzi e pause caffè. Non solo: tra questi residenti, alcuni muratori aiutano i pittori stessi nella preparazione dell’intonaco, al momento della stesura della malta dell’arriccio. Percorrendo le strade del paese con Angela Viola (ex sindaco di Arcumeggia fino al 2009, Presidente di Pro Loco Arcumeggia) e Rossella Bernasconi (direttore degli attuali lavori di restauro) incontriamo due abitanti che vissero quell’età d’oro: Domenica Diodati, detta Menica, che vive nella casa la cui facciata è affrescata da Treccani (Composizione agreste, 1974) e Pietro Cerini, allora assistente di vari artisti in quanto muratore (nella Casa del Pittore è conservato un affresco di Eugenio Tomiolo, intitolato Per Pietro Cerini bravo assistente, 1959). Cerini racconta dei tempi idilliaci in cui Arcumeggia era un crocevia di pittori e creativi, del rapporto con Usellini che, docente all’Accademia di Brera, diviene promotore di numerose iniziative che valorizzano il borgo, e del rapporto con Sante Monachesi, che nel 1959 realizza un affresco chiamato Le donne di Arcumeggia. Il dipinto suscita l’indignazione delle autorità religiose per la nudità del soggetto, legato oltretutto alle donne paesane. La vicenda è peculiare perché il Monachesi rischia addirittura la scomunica e si trova costretto a coprire i corpi delle donne e a cambiare il titolo dell’opera in Trionfo di Gea.

Alcuni affreschi nelle corti e nella via degli Allievi: sulla sinistra si intravvede ‘Pugilatori’, di Giuseppe Montanari (1961 o 1964), docente di uno dei corsi estivi.
Il fermento continua: il manifesto della pittura e i corsi sull’affresco. Una presentazione tormentata quella di Monachesi, artista che in realtà crede così tanto nel progetto del paese dipinto da scrivere un Manifesto della pittura in cui rimarca l’importanza dell’affresco sulle pareti delle case, proponendo anche a Manlio Raffo (direttore dell’EPT varesino) l’idea di un convegno di studi di pittura e architettura caratterizzato dalla presenza di artisti e studiosi internazionali. Grandi aspirazioni quindi per il paese di Arcumeggia, dove nel 1960 Usellini inaugura anche il primo corso estivo sulla tecnica dell’affresco moderno in collaborazione con l’Accademia di Brera, replicato diverse volte negli anni, con momenti di stasi e ripresa. Siamo ancora nell’età d’oro di Arcumeggia, quando al decennale che celebra l’iniziativa, Usellini, partecipando alla trasmissione televisiva “La fiera dei sogni”, esprime il desiderio di vedere nel borgo affrescato della Valcuvia grandi artisti come Picasso o Kokoschka.
Dagli anni ’60 al 2007: interventi di rilancio. La parabola felice è ormai al suo acme, e nel 1966 viene istituita la Bottega del Pittore per ospitare mostre temporanee: la prima personale è di Carpi, l’anno successivo tocca a Renato Guttuso. Gli anni Settanta vedono però un rallentamento di questa ascesa, pur se con notevoli interventi a fresco di Treccani, che tiene anche una personale. Già negli anni Ottanta cominciano le prime operazioni di salvaguardia di alcuni dipinti del borgo, e negli anni Novanta sempre più si percepisce il futuro di Arcumeggia come celebrazione di una gloria passata. Aligi Sassu viene richiamato per catalizzare nuovamente l’attenzione e realizza in via Nuvoloni il suo San Martino dona parte del mantello al povero (1991), grazie a un finanziamento della Banca Popolare di Luino e Varese; nasce anche un consorzio di tutela col fine di curare le iniziative artistiche, i corsi estivi dell’affresco, un laboratorio di arte contemporanea presso la Casa del Pittore. Nel 1994 viene definita la convenzione tra gli enti territoriali e l’EPT per garantire un nuovo futuro a questo paese, omaggiato per la sua vocazione artistica e rilanciato dal nuovo murale, Allegoria della decorazione murale di Umberto Faini. L’artista esalta la condizione privilegiata e mediatrice del pittore, all’opera tra la Musa della pittura e la gente comune. L’ente si preoccupa di altri interventi di restauro, che diventano preoccupazione principale dopo il Duemila: in questi anni vengono svolte alcune operazioni di monitoraggio delle opere, tra cui una nel 2007 (quando ormai l’EPT è sciolta e le sue prerogative passano alla Provincia di Varese) anche da parte dell’autorevole Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Azione poi non portata a termine a causa dei cambiamenti di amministrazione, che hanno reso il patrimonio comune vittima dei cambi di turno in politica.
Arcumeggia oggi: tra restauri e malinconia. Attualmente, dalla primavera dello scorso anno e fino alla prossima estate, sono in corso i restauri conservativi di 31 opere dei Maestri, di 15 degli allievi, di due opere al museo (Casa del Pittore) grazie ad alcuni finanziamenti ricevuti dalla Provincia. Gli ultimi due affreschi effettuati sulle mura delle case di Arcumeggia risalgono al 2001 (Le Alpi, cuore d’Europa, Antonio Pedretti) e al 2006 (Cattedrale, disegno di Albino Reggiori, realizzata da Pier Giorgio Ceresa e Leo Tami, causa morte di Reggiori). Nasce in paese, per volontà e passione del fotografo e collezionista Luigi Sangalli, la Sangalleria, una galleria d’arte che ancora attivamente e lodevolmente organizza esposizioni. L’unica attività rimasta nel borgo che un tempo era un vero e proprio crocevia di artisti, che volevano comunicare col popolo, protagonista dei loro affreschi. Un popolo che abbandona il paese anche per la mancanza di quei servizi che porterebbero turismo e lavoro; un popolo che rimane sui muri, e che ancora si augura di veder tornare quella vitalità tra le strade colorate di Arcumeggia.
Alle porte di Malpensa e di Expo: ma la porta è chiusa. L’indifferenza e l’incuria sono i mali peggiori che affliggono un Paese dal patrimonio culturale inestimabile: la gran parte del turismo (estivo) di Arcumeggia è estero, anche perché sono pochi gli italiani a conoscenza di questo museo all’aperto, dove non si paga neanche il biglietto di ingresso per trovarsi davanti a un Sassu o a un Treccani, che pur di valore sul mercato ne hanno. Non esiste promozione adeguata, né segnaletica stradale sufficiente ad accorgersi di questo gioiellino incastonato tra due valli prima di trovarsi di fronte alla strada che sale all’antica Fortezza di Mezzo. E negative, se la Regione Lombardia diretta da Roberto Maroni che è nato proprio a Varese, non interviene tempestivamente, rimangono le aspettative per la tanto attesa Expo 2015: un borgo d’arte alle porte di Varese, così vicino all’aeroporto di Malpensa, verrà superato inavvertitamente da milioni di turisti, invece di essere considerato valore aggiunto per il territorio. Permettere ciò (e ci rivolgiamo alla sensibilità dello storico dell’arte Pietro Petraroia, direttore di Funzione specialistica di EXPO e ideatore di un circuito di iniziative dei musei “per fare di Expo un’esibizione speciale”) corrisponde a firmare la condanna a morte di un importante capitolo storico-artistico italiano; uccidere le speranze di chi lo ha visto fiorire e non lo ha mai abbandonato, continuando a vivere in quelle case; soffocare la possibilità di allargare a tutti questo Museo all’aperto che deve essere capace di raccontare e di rendere visibile, come nelle pagine di un libro speciale, la storia di questo luogo speciale.
Uno sguardo ai dintorni. Uscendo dalla frazione di Arcumeggia si scende verso il comune di Casalzuigno, che ospita Villa Della Porta Bozzolo, nata come casa di campagna cinquecentesca e poi adibita a dimora nobiliare. Attualmente gestita dal Fondo Ambientale Italiano, vanta un giardino all’italiana del XVIII secolo con scale, fontane, giochi d’acqua, un’edicola affrescata e una ricca fontana del 1723 dell’architetto Pellegatta. Avvicinandosi al lago si giunge a Castelveccana, ambita meta turistica estiva a causa del clima favorevole e della ricchezza del paesaggio. Qui sorgono inoltre alcuni interessanti edifici sacri risalenti ai secoli XI e XII: la parrocchiale di San Pietro, l’Eremo di Sant’Antonio, la chiesetta romanica di San Giorgio, in frazione Sarigo, e il campanile di San Martino. Successivo è invece il Santuario di Santa Veronica, che cela al suo interno pregevoli affreschi e svetta sulla Rocca offrendo ai visitatori un memorabile panorama. Recandosi dalla parte opposta rispetto al lago, invece, Cassano Valcuvia (a 9,4 km da Arcumeggia) ospita il Centro Documentale della Linea Cadorna e della battaglia del San Martino, possibile base per escursioni lungo le trincee, rese ora visitabili. Parte del Sito di interesse comunitario Monti della Valcuvia è idoneo anche per esperienze di tipo naturalistico. Allontanandoci ancora di qualche chilometro, sempre a livello naturalistico è interessante visitare Brinzio (con il laghetto di Brinzio e le cascate del Pesegh) dove ha sede un complesso eco-museale quasi nuovo: il Museo della Cultura Rurale Prealpina, inaugurato nel 2008 per tutelare il patrimonio storico e paesaggistico.
IL MOSAICO DEI TURISMI
AD ARCUMEGGIA E NEI DINTORNI
Ogni scheda del nuovo Atlante dei paesi dipinti è arricchita da simboli grafici indicanti quali forme di attività turistica, in natura e di cultura, è consigliabile nell’area presa in esame.
Turismi di natura
Picnic, scoutismo, vacanze scolastiche e famigliari
Agriturismo
Escursioni in bicicletta, mountain bike, piste ciclabili
Turismo equestre
Trekking a piedi, sentieri natura, passeggiate nel verde
Speleologia (specialisti), itinerari speleologici guidati
Sport d’acqua (escursioni in barca, vela, windsurf)
Alpinismo, arrampicata sportiva
Pesca sportiva
Sport dell’aria (deltaplano, parapendio, aquilonismo)
Turismi di cultura
Musei e beni storici, architettura, monumenti, castelli
Itinerari gastronomici
Turismo religioso (luoghi sacri, convegni, monasteri, cattedrali)
Artigianato e collezioni
Concerti, musica, teatro, feste, balletto, danze, festival, eventi di costume, folklore
Informazioni utili:
- Municipio (tel) 0332.624122 (Comune di Casalzuigno)
- Abitanti: 65
- Altezza sul livello del mare: m. 567
- Nome abitanti: arcumeggiani
- Distanza: 84 km da Milano, 25 km da Varese
- Come arrivare:
Auto: Autostrada dei Laghi A8 MI-VA direzione Sesto Calende – Gravellona Toce, uscita Vergiate-Sesto, direzione Besozzo-Laveno. Dopo Gemonio proseguire per Valcuvia-Luino, fino a Casalzuigno e poi Arcumeggia.
Mangiare e dormire bene:
A.G.C. Ristorante, Piazza Imbarcadero – 21010 Porto Valtravaglia (VA), tel. 0332.547757 – 338.8796884, specialità di carne e pesce, vista sul lago: www.agcristorante.it;
Ristorante del Centro, Via Vidoletti, 54 – 21030 Vergobbio (Cuveglio di Varese), tel. 0332.624746, specialità di pesce, grigliate di carne, pizzeria forno a legna, ristorante.delcentro@libero.it;
Hotel Corona, Largo Cappia, 6 – 21030 Cuvio (VA), tel. 0332.624150, www.hotelcoronacuvio.eu;
Hotel – ristorante La Bussola, via Marconi, 26 – 21033 Cittiglio (VA), tel. 0032.602291
- Bed & Breakfast Il Cortile, via Libertà 87, 21030 Casalzuigno (VA), tel. 0332.618029, www.ilcortile.biz
ALCUNI DEI PIU’ SIGNIFICATIVI MURI D’AUTORE DI ARCUMEGGIA
A PROPOSITO
“QUESTA E’ L’ARCUMEGGIA CHE SOGNO”: IL PROGETTO DEL PRESIDENTE DELLA PRO LOCO

Angela Viola
Per le strade di Arcumeggia abbiamo ascoltato i racconti colorati di ogni murales, le speranze malinconiche degli abitanti che hanno vissuto a contatto con gli artisti, realizzato infine come siano molti ancora a credere in una rinascita del paese e in un suo futuro. Tra i maggiori sostenitori della promozione del borgo abbiamo incontrato Angela Viola, ex sindaco e attualmente presidente della Pro Loco Arcumeggia.
Lei ci ha informato sugli sforzi effettuati per vedere rifiorire il Bello ad Arcumeggia, sui restauri in corso dopo anni di attesa dei fondi. I dipinti finalmente sono in via di salvataggio, sarebbe necessario renderli noti e fruibili. Come sogna il futuro di questo piccolo borgo?
“Vorrei vedere innanzitutto un paese più improntato ai canoni della Bellezza, non quella di maniera o di facciata. Una bellezza che si possa cogliere non soltanto negli occhi dei visitatori stupiti, ma anche nell’atteggiamento degli abitanti. Fatta di rispetto e soprattutto di cura”.
Lei ha seriamente tentato di trasformare in realtà il sogno di costruire un nuovo futuro per il paese, partecipando col progetto “ARC-en-ciel” al Bando ARS Arte che realizza occupazione sociale (Fondazione Italiana Accenture, 2013). Un progetto dal distico introduttivo firmato dallo scrittore Piero Chiara…
“Lui è stato un profondo conoscitore di questi luoghi, dei quali era un frequentatore abituale, e ha elogiato ‘la libera e fantasiosa attività degli affrescatori popolari delle strade della Valcuvia… Arcumeggia è quindi non solo un ritorno e una ripresa della tradizione artistica lombarda, ma anche la celebrazione del popolo delle Prealpi, per secoli operoso in ogni parte d’Europa’ “.
Provi a sintetizzarci quel progetto di rilancio.
“Dopo una premessa storica, passa ad analizzare i punti di forza come l’importanza e notorietà degli autori delle opere presenti; la notorietà della Galleria degli Affreschi; la libertà di accesso alle opere dei Maestri; presenza di un ufficio IAT, aperto nei mesi estivi; l’ambiente naturale circostante preservato, ambiente rurale caratteristico; tranquillità, silenzio; possibilità di svolgere passeggiate, trekking lungo una buona rete di sentieri; presenza attiva della Pro Loco, di una comunità solidale; collaborazione con gli Enti territoriali (Comune di Casalzuigno, Comunità Montana Valli del Verbano, Provincia di Varese). Ovviamente non vengono trascurati i tanti punti deboli della situazione, a cominciare dalla strada di accesso al paese: tre chilometri di tornanti in salita e sede stradale piuttosto stretta. Per poi formulare una proposta, completa dei costi, che può soddisfare i bisogni prioritari:
- Migliorare l’accessibilità alle opere d’arte esposte nel paese;
- Ampliare il servizio offerto dall’ufficio IAT, attivo solo nei mesi estivi;
- Creare una rete di trasporti per agevolare l’accessibilità dalla valle al paese, inducendo pratiche di mobilità dolce e sostenibile;
- Promuovere la nascita di una nuova attività ricettiva e turistica, affinché possa riaprire l’unico esercizio pubblico del paese a opera di persone del luogo attualmente in cerca di occupazione o in condizioni di lavoro precarie;
- Creare, attraverso il coinvolgimento di Università ed Enti, un Centro di Documentazione su Arcumeggia che raccolga materiali e opere inerenti la sua vicenda artistica e gli artisti che vi hanno partecipato;
- Predisporre installazioni multimediali interattive che offrano ai visitatori italiani e stranieri la possibilità di conoscere la vicenda artistica del borgo, la sua storia e le sue tradizioni;
- Agire in rete con gli altri soggetti del territorio varesino nella promozione delle eccellenze e delle tipicità locali”.
Sarebbe ancora possibile, con qualche modifica, rendere quel progetto operativo? Se sì, come?
“Sicuramente sì, anche se bisognerebbe apportare alla struttura originaria alcune importanti modifiche. Sarebbe essenziale dividerlo in lotti, in azioni, per affrontare gradualmente le più piccole fino ad arrivare alle più grandi. Questo è necessario poiché il progetto è molto diversificato al suo interno, intervenendo su strutture e infrastrutture relative alla rete di accoglienza e di ospitalità e su iniziative di natura privata e legate al settore turistico.
Ringraziando Angela Viola per il suo contributo, rendiamo disponibile on line il progetto ARC-en-ciel (link al pdf), e invitiamo chi fosse interessato ad approfondire a contattare direttamente Angela a questo indirizzo: violabilis@gmail.com. (b.rut.)
Dalla collana “Il nuovo atlante dei paesi dipinti in Lombardia”:
- Calcio, Bergamo: in questo borgo il paesaggio è un’opera d’arte
- Madone: di strada in strada la storia dell’Isola Bergamasca
- Arcumeggia e la prima galleria all’aperto in Italia. Non dimentichiamo un borgo pilota per l’arte
- A Runo di Dumenza 68 affreschi e il dipinto che cercherete invano: la leonardesca Gioconda
- A Gravellona Lomellina, paese d’arte dove bellezza e creatività si sposano con l’ironia
- Expo: a Milano per sei mesi, a Dairago è per sempre
- A Guidizzolo i colori dell’arcobaleno avvolgono velocità e moda, pace e star come Mina o Chaplin
- In bici a Crotta d’Adda, con le Dolomiti e la Cina all’ombra dei muri d’autore
- Lasco, da bandito a ispiratore dell’identità colorata di Parlasco
- C’era una volta a Cadorago un uomo che sognava opere d’arte su ogni casa
- Aprica: stazione “aperta” al sole, a viandanti e Nobel, artisti e turisti
- Cassina de’ Pecchi, ieri stazione di posta e oggi ciclovia, si rinnova nel segno della Street Art
- I muri d’autore di Dozza raccontano storie da più di mezzo secolo
L’invito al viaggio di Flavio Caroli: “Quei muri d’autore che ci donano le piccole storie di una grande regione: ecco la Guida ai paesi dipinti di Lombardia”.