È Madone, un comune con meno di quattromila abitanti a 40 chilometri da Milano e a 16 da Bergamo, la nuova tappa del nostro Atlante dei Paesi Dipinti in Lombardia, dopo Calcio, ripresa e ampliata dalla rivista Weekend in auto, n. 2/2014.

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‘Uomini dei campi a riposo’ in Piazza San Giovanni. Sulla sinistra, Salvatore Giannella e Benedetta Rutigliano.

Le origini nell’età della pietra

Definito con i confini attuali sin dal 1392, Madone fa parte, insieme ad altri 20 comuni, dell’area denominata Isola Bergamasca, ovvero quel triangolo di terra i cui lati sono costituiti dai fiumi Adda e Brembo. Un territorio rurale, reso rigoglioso dalla vicinanza del torrente Dordo, sulle cui rive furono trovati, durante i lavori di scavo dell’argilla nel 1886, arnesi litici e strumenti in selce risalenti all’età della pietra.

Progetto “Storie sui muri

È proprio questa lunga storia che i muri di Madone raccontano, descrivendo nei murales il paesaggio, i monumenti, i volti del popolo, le tradizioni e le date salienti, secondo l’interpretazione di ciascun artista. L’iniziativa “Storie sui muri”, come racconta a Giannella Channel l’allora assessore alla Cultura Pierangelo Beretta, nasce da un’idea di Giovanni Repossi (1929-2012), pittore, docente di decorazione e poi direttore dell’Accademia di Brera. Repossi coinvolge, a partire dal triennio 1992-1994, circa dodici allievi di tre accademie: quella di Brera di Milano, la Carrara di Bergamo e la Cignaroli di Verona, con l’aiuto di Calisto Gritti e Armando Tomasi per l’istituto bergamasco, di Roberto Pedrazzoli e Silvano Girardello per quello veronese, oltre al sostegno di Giuseppe Bellotti e Romeo Bellucci. Il progetto, esteso ai comuni di Pezzaze (Brescia), Filago (Bergamo) e Madone, è stato portato avanti nell’ultimo Comune fino ai primi anni del Duemila. L’intento dell’iniziativa? Quello che da sempre la pittura di grande formato su mura di edifici visibili ai più, sin dai tempi del muralismo messicano degli anni Venti del Novecento, si propone di fare: avvicinare l’arte alla gente comune, colmare la distanza che la pittura da cavalletto relegata alle gallerie private ha creato con il popolo. Nella speranza di creare veri e propri musei all’aperto e, per dirla con il curatore del catalogo Storie sui muri Mauro Corradini, con l’intento “che ogni casa, come auspicava tanti anni fa Cesare Zavattini, possa avere la sua opera da mostrare all’ammirazione stupita dei visitatori”.

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Lo storico locale Vincenzo Malvestiti (al centro) con l’ex assessore alla cultura Pierangelo Beretta e Benedetta Rutigliano.

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Ladri di paesaggio di Giovanni Guercio Guerzoni (Bondeno, Ferrara, 1964).

Contadini e fornaciai

Una decina i murales visibili sulle pareti degli edifici di Madone. Ce li presenta il ricercatore di storia locale Vincenzo Malvestiti, autore di numerose pubblicazioni relative al patrimonio storico dell’Isola Bergamasca. Ammiriamo in queste opere a cielo aperto i paesaggi campestri madonesi, dove l’uomo dei campi andava quotidianamente per svolgere il proprio lavoro; per poi concedersi una pausa di riposo e mangiare, appoggiandosi su dei sassi alle basi di un arco, com’è possibile notare in un altro murale collocato in piazza San Giovanni, di fronte al municipio. Lo storico ci racconta come proprio sui sassi alle basi dell’arco d’ingresso di una corte della metà del Cinquecento, architettura ancora visibile spostando lo sguardo solo cento metri a destra dell’opera citata, si riposassero un tempo i contadini all’ora di pranzo, per prendere in qualche modo parte alla vita paesana.

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La nuova parrocchiale su progetto dell’architetto Luigi Angelini (1925).

Questo paesaggio cede il posto alla cementificazione, come rappresenta il murale “Ladri di paesaggio” in via Piave, dove i protagonisti dell’opera, vestiti con tuniche romane (a ricordarci la presenza di antichi conquistatori), portano via un paesaggio madonese. In fondo alla stessa via Piave, all’incrocio con via Papa Giovanni XXIII, un’altra opera murale raccoglie diversi spunti della storia e dell’architettura locale: sullo sfondo si intravede Cascina Boselli poi Finardi (attuale sede della biblioteca comunale di via Carso), antica casa dominicale del XVI secolo appartenuta ai conti Boselli, originari della Val Brembana e presenti a Madone fino al 1806. Lo stemma della loro casata è ancora leggibile nella chiave di volta dell’edificio: un bue galoppante montato da un guerriero armato. Tornando al murale ecco comparire i contadini al lavoro, l’antica parrocchiale dedicata a San Giovanni Battista, la nuova parrocchiale finita nel 1925 dall’architetto Angelini, la fornace del paese, che dalla seconda metà dell’Ottocento sembra rappresentare un continuum con le attività dei fornaciai del Basso Impero: nella stessa area della fornace infatti, con l’intento di trovare argilla per i laterizi, furono trovati resti di tombe romane, anforette funerarie, monete di rame e argento. Tale architettura industriale viene riproposta anche in altre opere murali madonesi, come per esempio quelle collocate in piazza San Vincenzo, poiché la sua produzione di mattoni è stata così fondamentale per la fortuna e la storia di Madone da diventare il soggetto dello stemma comunale stesso: qui tre livelli di barre rosse, di differenti misure, ricordano proprio la forma dei mattoni madonesi. Altri elementi ricorrenti nei murales, oltre a questi citati, le date 1928 e 1948, a ricordare il ventennio in cui Madone venne accorpata a Chignolo d’Isola acquisendo il nome di Centrisola: un unico territorio centrale nell’Isola Bergamasca.

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Madone (Bergamo). Piazza con paesaggio affrescato

Tra cardini e decumani

La centralità di quest’area rese inevitabile il passaggio dei romani, che divisero il territorio in centurie (lotti) già dal primo secolo a.C. Tuttavia rimangono visibili i segni della seconda centuriazione, quella del I secolo d.C., nel centro storico di Madone, dove si incrociano un cardine e un decumano (secondo il prof. Tozzi l’area del comune di Madone è interessata dall’incrocio tra il 54° decumano e il 12° cardine). In questa stessa area, relativo al periodo romano, vi è testimonianza, nel 1895 del ritrovamento di un vaso fittile con oltre 30 chili di monete di rame e argento, di cui solo otto sono arrivate a noi (in collezione privata, ma rese disponibili a fini storici; le rimanenti sono in collezioni private e in parte accorpate al patrimonio del Museo Archeologico di Bergamo), oltre a resti di necropoli romane.

Le chiese e i curiosi ex voto

Risale invece al periodo della Lega dei Comuni Lombardi il sistema viario, di cui ancora si possono individuare le arterie principali; in particolare l’attuale via Papa Giovanni XXIII, chiamata al tempo Strata Nova, metteva in collegamento Bergamo e Milano, attraversando l’Isola. Dello stesso periodo la Via Carbunera, a nord di Madone, e la via Zana, che portava a Filago passando dall’antica chiesetta di S. Maria Donazana (ora San Pantaleone), la cui cripta risale ai primi secoli del Cristianesimo. La prima parte della struttura sovrastante sembra essere del XIII secolo (con costanti modifiche fino al XVIII secolo). Citata per la prima volta in un documento ufficiale nel 1208 è la vecchia parrocchiale di Madone a San Giovanni Battista, ampliata fino al XIX secolo, e contenente diverse opere di pregio, affreschi e quadri del XVII secolo di pittori molto attivi nell’area come Carlo Ceresa, Francesco Cappella, Gaetano Peverada, Federico Bencovich. Il patrimonio di questa chiesa, attualmente sconsacrata, è stato ricollocato nella nuova parrocchiale, architettura eclettica concepita nel 1911 dall’architetto Luigi Angelini, un vero mosaico di stili differenti il cui elemento di coesione rimane il tipico mattone prodotto dalla fornace madonese. Interessante anche la chiesa settecentesca dedicata a S. Vincenzo Ferreri per volontà della famiglia Zineroni, che al suo interno conserva una copia della Madonna della seggiola di Raffaello, oltre a circa trecento reliquie di santi, messali romani di metà Settecento con acqueforti originarie e numerosissimi curiosi ex voto rappresentanti i miracoli eseguiti dal santo: guarigioni da morbi mortali, incendi spentisi miracolosamente, voli dal terrazzo con atterraggio morbido, pioggia arrivata a battere la lunga siccità, un’aggressione di cane feroce conclusasi con spavento ma senza ferite.

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Mattone con la firma dell’imprenditore Gaspare Zineroni, che introdusse il moderno impianto di cottura Hoffmann.

La fornace simbolo

Altro resto ancora visibile della storia di Madone è proprio la fornace, bellissimo esempio di archeologia industriale risalente alla seconda metà dell’Ottocento, portata al massimo splendore da Gaspare Zineroni, che acquistò la vecchia fornace dallo zio nel 1885 e introdusse il moderno impianto di cottura Hoffmann (dal nome dell’inventore tedesco Friedrich Eduard Hoffmann). La fornace, che si era distinta per la qualità della sua produzione, finì ogni attività nel 1950 a causa dell’esaurimento dell’argilla. Demolita, purtroppo, la Cascina della fornace, importante esempio di paternalismo aziendale, volta a ospitare le famiglie dei fornaciai.

Alle radici del nome

Il nome Madone potrebbe derivare proprio dalla parola “mattone”, confermando l’antica presenza di questa tradizione laterizia sul territorio, o dalla voce mediterranea “matta”, che significa “strato di terra”; ma le interpretazioni sono diverse, e Madone potrebbe riferirsi a un cognome molto diffuso, “Madona”, che a sua volta potrebbe indicare la Madonna o il nome di onore che si attribuiva alle donne. In ultimo, la parola “madò” è un’espressione dialettale utilizzata per esprimere stupore, nata secondo leggende popolari ai tempi della peste del 1630 (alla cui memoria è stata elevata la Cappella dei mortini nel 1957): per quella emergenza sanitaria si diceva fossero sopravvissute a Madone due sole persone.

La torre dei Roncalli

Le architetture di Madone svelano altri segreti, e lo si può intravvedere da alcune tracce sparse per il paese, documenti che permettono di respirare un’aria medievale e di riscoprire storie di potere e fortificazioni. I sospetti nascono nei numerosi sassi di fiume (borlanti) messi a spina di pesce e visibili in diversi tratti, in particolare in via Piave, via Carso, via Trento. Crescono poi quando si scorgono le pietre angolari, a uso difensivo nonché simbolo di potere, nell’edificio all’incrocio tra via Piave e via Papa Giovanni XXIII. Una delle pietre di questa torre angolare porta la scritta “1401” (IQOI), data di costruzione o rifacimento; l’edificio è parte del caseggiato di via Piave, dove al numero civico 26 il portone in pietra reca lo stemma nobiliare con una torre, appartenente alla famiglia Roncalli (omonima ma non collegata ai Roncalli di Papa Giovanni XXIII, della vicina Sotto il Monte). Altro caseggiato dove in facciata sono state conservate alcune pietre originarie è quello tra via Vittorio Veneto e Piazza San Vincenzo.

Non uno, due castelli!

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Nello stemma di Madone spiccano i mattoni, frutti per secoli del lavoro dei madonesi.

Tra queste tracce annoveriamo anche la presenza di due castelli, uno a Madone di Sotto, l’altro a Madone di Sopra. Sì può percepire l’antica presenza del primo nel cortile che parte da via Piave, soprannominato dai madonesi Stal del Castel: ancora si intravvedono in alcuni punti le mura medievali costituite da sassi di fiume e la zona della torre dove la parete si fa tondeggiante. Fino all’inizio del Novecento ancora si scorgevano gli affreschi di questo castello-dimora signorile, poi dispersi con la vendita ai privati. Il secondo castello è la casa fortificata della famiglia Maldura, nobili di origine milanese insediatisi nella bergamasca già dal XIII secolo, in contrasto con la famiglia Colleoni, che fu causa della distruzione della dimora dei Maldura nel 1408. Questa era situata tra le attuali via Carso e via Trento: ancora si può vedere il portone d’accesso al cortile, in cui compare nella chiave di volta lo stemma nobiliare rappresentante uno scudo triangolare. Dove ora c’è il cemento delle due vie citate, correva un tempo il fossato del castello. Sono state conservate piccole parti delle mura originarie.

I dintorni

Per chi ama la natura è interessante addentrarsi nel percorso naturalistico del Parco del basso corso del fiume Brembo, che include i comuni di Boltiere, Bonate Sotto, Dalmine, Filago, Osio Sopra e Osio Sotto. Tra questi a Filago si possono ammirare il castello di Marne, di origine medievale e in seguito residenza di campagna dei Colleoni, e la chiesa di San Bartolomeo del XII secolo. A Bonate Sotto, inglobati nel tessuto edilizio, sono visibili gli antichi resti dell’ex chiesa di San Giuliano, che ospitava una comunità benedettina, e la Basilica di Santa Giulia, splendido esempio di romanico lombardo. Il paese vanta anche l’esempio meglio conservato di architettura e decorazione barocca nell’intera bergamasca, la chiesa di S. Giorgio, edificata nel 1631. Caratteristico il centro storico di Osio Sotto, che presenta un impianto urbanistico medievale con strade strette e tortuose, come di impianto medievale è Brembate, antico insediamento testimoniato da ritrovamenti risalenti all’età del ferro e al periodo gallo romano. Oltre ad architetture come Palazzo Gritti Morlacchi e Palazzo Moretti, d’innegabile interesse sia dal punto di vista architettonico che degli affreschi conservati è la chiesa dei Ss. Fermo e Rustico (nella frazione di Grignano), della quale c’è traccia fin dal 1158. A livello religioso ancora da menzionare rimane l’abbazia di Sant’Egidio a Fontanella che, fondata nel 1080, esercitò un ruolo di notevole importanza socio-economica su tutta l’Isola nel sec. XII. Dopo un lungo periodo di decadimento, nella seconda metà del Novecento riacquisì importanza grazie alla figura di David Maria Turoldo (1916-1992), sepolto in questo stesso comune: poeta e religioso dell’Ordine dei Servi di Maria, “coscienza inquieta della Chiesa”, uno dei più rappresentativi esponenti di un cambiamento del cattolicesimo nella seconda metà del Novecento (chi cura Giannella Channel ebbe l’onore di averlo come collaboratore negli anni della direzione di Airone). Sempre nel territorio dell’Isola si trova il Castello di Solza, noto per essere il luogo che nel 1395 diede i natali a Bartolomeo Colleoni, ancora intatto nella sua complessità stratigrafica, rispecchiando le diverse fasi della storia. Da non perdere, sempre nel triangolo tra Adda e Brembo, il villaggio industriale di Crespi d’Adda, definito dall’Unesco “esempio eccezionale del fenomeno dei villaggi operai, il più completo e meglio conservato del Sud Europa”. Nelle immediate vicinanze, Trezzo sull’Adda, dotato di un castello visconteo: paese che affascinò Leonardo da Vinci e il Manzoni de I Promessi Sposi. Per chi ha la possibilità di percorrere altri quattordici chilometri da Madone, vale la pena di raggiungere Almenno San Bartolomeo per ammirare l’insolita rotonda di San Tomè, una delle rarissime chiese a pianta circolare, edificata tra il 1130 e 1150 per volere dei longobardi. (2. Continua)

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UNA MINIGUIDA

Il mosaico dei cento turismi

in natura e di cultura

a Madone e nei dintorni

Ogni scheda del nuovo Atlante dei paesi dipinti è arricchita da simboli grafici indicanti quali forme di attività turistica, in natura e di cultura, è consigliabile nell’area presa in esame.

Turismi in natura

  • 01b fotografia naturalisticaBotanica, itinerari botanici, fotografia naturalistica
  • 04b campi scuolaEntomologia, campi scuola, vacanze per imparare, biblioteche
  • 06b agriturismoAgriturismo
  • 07b escursioni biciclettaEscursioni in bicicletta, mountain bike, piste ciclabili
  • 09b trekkingTrekking a piedi, sentieri natura, passeggiate nel verde

Turismi di cultura

  • 19b musei e beni storiciMusei e beni storici, architettura, monumenti, castelli
  • 21b itinerari gastronomiciItinerari gastronomici
  • 22b turismo religiosoTurismo religioso (luoghi sacri, convegni, monasteri, cattedrali)
  • 24b artigianatoArtigianato e collezioni
  • 25b concerti musica teatroConcerti, musica, teatro, feste, balletto, danze, festival, eventi di costume, folklore
  • 26b strade romanticheStrade romantiche

Informazioni utili:

  • Municipio tel 035.991174
  • Abitanti: 3.953
  • Altezza sul livello del mare: m. 202
  • Nome abitanti: madonesi
  • Distanza da Milano: 40,8 km, da Bergamo 16 km
    • car_iconAuto: continuare sull’autostrada A4, uscire a Capriate, prendere la SP 170 in direzione di Crespi d’Adda, superato il comune di Capriate San Gervasio, prendere la SP 155 e seguire le indicazioni per Madone.
    • treno_iconaTreno: treno per Bergamo (Milano-Venezia) + autobus sino a Madone.

Mangiare e dormire bene

a Madone e nei dintorni

  • albergoHotel Settecento, via Milano, 3, 24030, Presezzo (BG), 035.466089, hotel-bergamo-settecento.com;
  • ristoranteRistorante Le Ciel, piazza dei Vignali, 2, 20040 Madone, 035.4942980, specialità di carne e di pesce e oltre 50 etichette (guida Michelin). Info: lecielrestaurant.it;
  • ristoranteRistorante pizzeria L’Agrodolce, via Italia 28 – 24040 Madone, tel. 035.991365, specialità di cucina nazionale, pizzeria, carne alla griglia: ristorantelagrodolce.it;

I muri d’autore di Madone

Al progetto “Storie sui muri” (gemellaggio artistico culturale nel triennio 1992-1994 tra i comuni di Madone, Filago e Pezzase) hanno partecipato gli artisti Miriam Bizioli, Agnese Carrera, Federico Castellani, Vincenzo Denti, Michela Ghisetti, Giovanni Guerzoni, Monica Marconi, Alessandra Pelizzari, Giuseppe Perico, Elisa Tomasi, Valentina Tosoni e Alessandra Ursoleo.

Salvatore Giannella, giornalista che ha ideato e cura con passione questo blog, ha diretto il mensile scientifico del Gruppo L’Espresso Genius, il settimanale L’Europeo, il primo mensile di natura e civiltà Airone (1986-1994), BBC History Italia e ha curato le pagine di cultura e scienza del settimanale Oggi (2000-2007). Ha scritto libri (“Un’Italia da salvare”, “L’Arca dell’arte”, “I Nicola”, “Voglia di cambiare”, “Operazione Salvataggio: gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre”), curato volumi di Tonino Guerra ed Enzo Biagi e sceneggiato docu-film per il programma Rai “La storia siamo noi” (clicca qui per approfondire).
Benedetta Rutigliano è giornalista pubblicista, divulgatrice di arte e cultura sul web (Wakeupnews.eu, Artincontro.com, Stillmagazine.eu) che ha dimostrato una passione per il giornalismo e la scrittura dai tempi del liceo classico, quando collaborava con il settimanale La Gazzetta della Martesana, edito a Cernusco sul Naviglio. Si è laureata a pieni voti in Storia e critica dell’arte presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi sperimentale, sulla pittura murale in edifici pubblici nell’Italia del dopoguerra (gli artisti trattati: Aldo Borgonzoni, Renzo Grazzini, Sineo Gemignani, Armando Pizzinato e Sabino Coloni). Ha frequentato un Master in Giornalismo e comunicazione multimediale e lavora nel campo della comunicazione e dell’organizzazione di eventi.
Vittorio Giannella (Trinitapoli, BT, 1961) ha fatto delle sue passioni (natura, fotografia, viaggi) un affascinante lavoro. Collabora da anni con riviste come Bell’Italia, Touring, Bell’Europa, Travelglobe, WeekendIn, Confidenze, Donna Moderna, Madre e all’estero con Terre Sauvage, Der Spiegel, Geo, New York Times e con la collaborazione di Airone e UNESCO ha realizzato un reportage sulla Micronesia. Ha vinto numerosi premi tra cui il “Tourism Photo of the Year” di Singapore. Tre primi premi Agfa Gevaert. La sua mostra itinerante ha un titolo eloquente: “Quando fotografia fa rima con poesia”, ritratti di paesaggi che hanno ispirato le più belle parole di poeti e scrittori.