Una nuova ferita al patrimonio culturale della capitale: manomesso l’antico giardino del seicentesco capolavoro dell’architettura. Sempre meno sostenibile la coabitazione tra Galleria e Consiglio di Stato. Un appello al neo-ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini

 

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Palazzo Spada fu costruito nel 1540 per il cardinale Girolamo Capodiferro (1501–1559). L’architetto fu Bartolomeo Baronino da Casale Monferrato, mentre una squadra di lavoro coordinata da Giulio Mazzoni creò i sontuosi stucchi sia dell’interno che degli esterni. Il palazzo fu comprato nel 1632 dal cardinale Bernardino Spada, il quale incaricò Francesco Borromini di modificarlo secondo i nuovi gusti barocchi.
 
Borromini creò, tra l’altro, il capolavoro di trompe-l’oeil della falsa prospettiva nell’androne dell’accesso al cortile, in cui la sequenza di colonne di altezza decrescente e il pavimento che si alza generano l’illusione ottica di una galleria lunga 37 metri (mentre è di 8); in fondo alla galleria, in un giardino illuminato dal sole, si trova una scultura che sembra a grandezza naturale, mentre in realtà è alta solo 60 centimetri. Per creare la sua falsa prospettiva, Borromini fu aiutato da un matematico, Padre Giovanni Maria da Bitonto

Pontinuano le ferite inferte al patrimonio culturale di Roma, con la tolleranza colpevole di chi ha il dovere di tutelarlo. A pochi passi da piazza Farnese e via Giulia, nella quale la debolezza della Soprintendenza non ha risparmiato l’oltraggio dell’ennesima speculazione edilizia, nel giardino seicentesco di Palazzo Spada, è in corso di costruzione un parcheggio sotterraneo. Ruspe e camion stanno smantellando spazi verdi e fontane barocche. L’edificio che ospita la celeberrima prospettiva di Francesco Borromini e la galleria d’arte costituita prima dal cardinale Girolamo Capodiferro e poi dal cardinale Bernardino Spada (romagnolo, originario di Brisighella, città dalla quale sono venuti in seguito altri sette cardinali fra i quali i fratelli Cicognani e il vivente Silvestrini, tutti grandi diplomatici) è, dall’epoca fascista, sede del Consiglio di Stato: per questo un capolavoro del ‘500-‘600 romano è inaccessibile al pubblico, tranne che per gli spazi della Galleria d’arte antica. Non paghi del privilegio, i signori Consiglieri, categoria che è stata spesso agli onori della cronaca per i benefit del tutto inusuali loro garantiti, da anni protestavano per ottenere un parcheggio a loro uso e consumo.

Incredibile, tanto più perché proveniente da uomo di legge, la dichiarazione al Tg5 (26 febbraio 2014) del Presidente di Sezione del Consiglio stesso, Sergio Santoro, che parla testualmente di “deroga al vincolo” e aggiunge, forse con involontaria ironia, che i lavori “han preso molto tempo per motivi archeologici perché nel terreno che è stato scavato a suo tempo, è stato trovato di tutto”.

Dunque, pur in presenza di un patrimonio archeologico, vista l’area, di presumibile importanza, e di fronte non a imprescindibili esigenze legate allo sviluppo urbano, ma alle comodità di pochi privilegiati, la Soprintendenza si è piegata all’ennesimo compromesso.

Al neo-ministro Dario Franceschini chiediamo di fare piena luce su questo episodio. Simbolico per molte ragioni, sia perché esempio della debolezza culturale e politica degli organi di tutela, sia perché, come la scuola, come la sanità, il patrimonio culturale o è pubblico o fallisce quegli obiettivi costituzionali di crescita civile e di uguaglianza sociale per i quali dovrebbe finalmente tornare a essere strumento privilegiato.

Palazzo Spada, acquistato dallo Stato, assieme alla Galleria, alle statue e agli arredi, nel 1927, deve essere in prospettiva integralmente dedicato a funzioni culturali restituendolo così alla fruizione dei cittadini e dei turisti. Come è avvenuto pochi anni fa per Palazzo Barberini che, dal 1932, per molti decenni, era stato in gran parte occupato dal Circolo della Difesa.

 

  • Vittorio Emiliani, Luigi Manconi e Paolo Berdini del Comitato per la Bellezza
  • Vezio De Lucia, presidente dell’Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli
  • Edoardo Salzano, direttore di Eddyburg
  • Maria Pia Guermandi, consigliere nazionale di Italia Nostra