L’ultimo rapporto Akamai ci dipinge
come fanalini di coda in Europa:
la velocità di connessione è in calo

 

Non porta notizie troppo positive per l’Italia il rapporto sullo stato di Internet relativo al terzo trimestre del 2013 e pubblicato da Akamai.
Se la velocità media è rimasta la stessa rilevata nel secondo trimestre – 4,9 Mbit/s – si registra comunque un piccolo calo, pari all’1,4%: in pratica, in tre mesi c’è stato un rallentamento della banda larga.

Su base annua il dato è ancora positivo – l’incremento rispetto al 2012 è ancora del 24% – ma la flessione è preoccupante e significativa: mentre il resto d’Europa cresce, noi non solo ci fermiamo, ma andiamo indietro.
Anche l’adozione della banda larga ha fatto registrare un segno negativo, con un calo del 6,4% rispetto al secondo trimestre del 2013: il risultato è che la diffusione è ferma al 49%, la stessa percentuale della Turchia.

La velocità massima di connessione si è addirittura inabissata, attestandosi sui 18,2 Mbit/s: un calo del 22% rispetto al trimestre precedente e del 4,9% in un anno. È andata un po’ meglio per la banda ultralarga (dai 10 Mbit/s in su), cresciuta dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e del 40% in un anno, portando l’adozione al 3,7%. Questo dato diventa un po’ meno positivo se confrontato con quello del Regno Unito (27%) ma anche con quello della Spagna (17%), della Germania (14%) e della Francia (12%).

L’Italia non sfigura invece nel settore mobile, e non c’è da sorprendersi: lì la lotta è durissima, ma anche l’attenzione da parte degli utenti è altissima.
Chi si connette su rete cellulare può aspettarsi di raggiungere una velocità massima di 25,6 Mbit/s e una velocità media offerta dal miglior operatore pari a 4,5 Mbit/s (l’operatore peggiore si ferma a 2,9 Mbit/s).
Nel complesso si regista un aumento del traffico mobile in un anno pari all’80%, segno della particolare attenzione verso questa modalità.

Piccola consolazione in questo panorama non troppo positivo: in Italia i cybercriminali sono pochi. Dal nostro Paese proviene appena lo 0,7% degli attacchi informatici: una percentuale ben lontana da quella della Cina, Stato da cui parte il 35% degli attacchi.

 

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