Ci saranno tutti i vip della riviera, la sera di lunedì 25 aprile al Palace Hotel di Milano Marittima per la 11ma edizione del premio internazionale “Cinque stelle al giornalismo”. Riceveranno la spilla in oro bianco con cinque diamanti Andrea Cangini direttore del Qn (Il Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno); Antonio Di Bella, direttore di Rai News; Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera; Myrta Merlino, giornalista e conduttrice televisiva de La7; Annette Reubesamen, giornalista tedesca che scrive per il quotidiano Welt am Sonntag.

A completare la rosa dei premiati: Giorgio Squinzi riceverà il premio Batani e Giancarlo Mazzuca una medaglia d’oro per celebrare i 60 anni del quotidiano Il Giorno, di cui è direttore.

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Tonino Batani davanti al Palace Hotel di Milano Marittima, storica sede della cerimonia di assegnazione del premio “Cinque stelle al giornalismo”. Terzo di sei fratelli, si sposta a Cervia nel 1950 e da lì prende inizio un’ascesa che, grazie alla sua eccellenza professionale e umana, lo porterà a essere titolare di 12 alberghi del gruppo Select Hotel. Alla guida del suo impero è ora la famiglia: la moglie Luciana e i tre figli Gianni, Cristina e, numero uno operativo, Paola.

Ci saranno tutti, incluso lo storico conduttore della serata Massimo Giletti, tranne uno: l’ideatore dell’iniziativa internazionale, Tonino Batani, l’imprenditore alberghiero a cinque stelle che un malore improvviso ha spento a 79 anni alla vigilia dello scorso Natale mentre era al lavoro nell’ufficio dell’albergo che aveva sognato per tutta la vita: il Grand Hotel di Rimini. Era l’uomo che con gli altri due Tonini (il poeta e sceneggiatore Guerra e il cardinale Ersilio Tonini, arcivescovo di Ravenna) costituiva il simbolico tridente della più operosa Romagna: per l’impresa, per la bellezza e per l’anima.

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IL BELLO DELLA MEMORIA / Intervista di Salvatore Giannella*

Quando il signore degli alberghi

mi indicò il suo eroe: Fellini

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Tonino Batani (Bagno di Romagna, 1936 – Rimini 2015), l’imprenditore alberghiero ritratto nell’ufficio dell’albergo che aveva sognato per tutta la vita: il Grand Hotel di Rimini. Alle sue spalle, l’immagine del suo “eroe”: Federico Fellini con la sua sposa Giulietta Masina.

GIANNELLA. Caro Batani, nello storico Grand Hotel di Rimini, nella tua stanza di comando della catena alberghiera più importante della Riviera adriatica, dominano le foto di un romagnolo d’esportazione: Federico Fellini.

BATANI. “Non sono solo io ad amarlo e ad averlo come ideale bussola. Federico lo è da parte di tutti coloro che fanno o che amano cinema e televisione. Per la sua creatività, per i prestigiosi premi ricevuti, per la sua professionalità che prediligeva i migliori (come cerco di fare io con i mille dipendenti dei miei dodici alberghi). In più, gli devo molto per aver preferito sempre, fuori da Roma e nella sua Romagna, questo albergo riminese come sede ideale. La sua stanza era la 315, al terzo piano, e nella sala da pranzo tutti i tavoli sono occupati meno uno, il suo: quello a destra dell’entrata, con il muro alle spalle e una vista d’insieme sul salone e su parte dei quattromila metri quadrati di parco. Lui amava avere le spalle coperte e la migliore visuale sull’ingresso. Pensa, da quando lui è morto, nel 1993 a 73 anni, nessuno ha voluto prendere quel posto, per una questione di rispetto. E lui il rispetto l’aveva conquistato da parte di tutti, qui, anche per il suo comportamento sempre gentile. Vuole un particolare?”.

G. Sono tutt’orecchi.

B. “Un giorno il mio storico direttore, Leopoldo Veronese, lo ha chiamato ‘dottor Fellini’. E lui: ‘Chiamarmi dottore è tecnicamente sbagliato. Non sono laureato e quelle volte che mi furono offerte le lauree honoris causa le rifiutai’. Capito, in un mondo in cui quei titoli onorifici proliferavano?”.

G. Una di quelle lettere di rinuncia l’ho intercettata personalmente nel cassetto dell’allora Rettore Magnifico dell’Università di Bologna, Fabio Roversi Monaco. Era il 1992 e Fellini scriveva: “…pur capendo il sentimento di generosità che muove i professori, rinuncio al titolo perché mi sento come Pinocchio decorato dal Preside e dai Carabinieri per essermi divertito nel paese dei Balocchi. Mi creda, Rettore, sono già premiato dall’aver fatto i miei film perché mi sono divertito a farli”.

B. “Fellini dovrebbe essere caro anche a tutti quelli che in Italia vivono della bistrattata economia del turismo: lui ci indica una strada maestra, quella dell’immaginazione. In una guida così descrive il Grand Hotel: ‘Era la favola dello sfarzo orientale. Quando le descrizioni nei romanzi che leggevo non erano abbastanza lontani da suscitare la mia immaginazione, allora ricorrevo al Grand Hotel’. Ecco, io concordo con Domenico De Masi, primo assessore all’Estetica a Ravello, quando dice: ‘Il punto in cui è nato o è vissuto un poeta deve diventare il cuore del paese, fate incontrare i grandi spiriti del posto affinché costruiscano qualcosa di fantastico per la vostra terra’. Capito perché i muri della mia stanza grondano dei ritratti di quel genio?”.

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* Fonte: Sette (lo storico magazine del Corriere della Sera), n. 25/2014, direttore Pier Luigi Vercesi. L’intervista fa parte della rubrica “Il mio eroe” arrivata alla 150a puntata. Per l’intervista impossibile a Federico Fellini sul mio blog Giannella Channel il link è qui: “Un libro intrigante sui segreti di Fellini, un Sos per la casa in Romagna dove trascorreva estati felici”
Salvatore Giannella, giornalista che ha ideato e cura con passione questo blog, ha diretto il mensile scientifico del Gruppo L’Espresso Genius, il settimanale L’Europeo, il primo mensile di natura e civiltà Airone (1986-1994), BBC History Italia e ha curato le pagine di cultura e scienza del settimanale Oggi (2000-2007). Ha scritto libri (“Un’Italia da salvare”, “L’Arca dell’arte”, “I Nicola”, “Voglia di cambiare”, “Operazione Salvataggio: gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre”), curato volumi di Tonino Guerra ed Enzo Biagi e sceneggiato docu-film per il programma Rai “La storia siamo noi” (clicca qui per approfondire).