Fine anno, tempo di pranzi e cene, con amici e con parenti. A cosa servono? A mangiare, a scambiarsi auguri e regali, a parlare del più e del meno. A parlare di niente, insomma. Molti anni fa un amico avvocato, che ora mi spiace di non frequentare più, aveva inventato una piccola procedura per far sì che queste serate conviviali non si trasformassero in inutili perdite di tempo.

Cominciò a telefonare a tutta la compagnia:

Voi siete miei amici perché vi considero affidabili, simpatici e intelligenti, e apprezzo anche le donne che avete scelto come compagne. Non voglio sprecare la fortuna di condividere una serata con voi. Perciò pretendo che quando ci sediamo intorno a un tavolo non si parli noi solo di calcio e le nostre donne solo di cucina o di bambini. Facciamo così: il padrone di casa, al momento dell’invito, propone ai suoi ospiti il tema della serata o accetta che sia l’ospite stesso a suggerirne uno. Al limite i temi possono essere più di uno, se avanza tempo, o se il primo tema non si rivela interessante. Ma non succederà, vedrai…

Si sparse la voce nella cerchia di amici che si frequentavano con continuità, con una decina di coppie che si ritrovavano a rotazione in casa dell’uno o dell’altro. Le serate che fino ad allora s’erano riempite di banalità si accesero improvvisamente, fin troppo calde anche dopo la mezzanotte. Già dalla prima sera il mio amico avvocato si ritrovò bersaglio di attacchi frontali: gli si domandava con quale faccia potesse prendere le difese di un assassino. Mancò poco che la discussione degenerasse in baruffa.

Ben presto ci rendemmo conto che occorreva darci delle regole, anche perché le signore più timide non avevano modo di inserirsi nel dibattito. Decidemmo di evitare i temi politici e quelli che chiamavano in causa troppo esplicitamente la professionalità dei presenti. Tutti avrebbero avuto fino a un massimo di dieci minuti per esporre il loro pensiero, e un presidente della serata eletto a turno avrebbe potuto togliere la parola agli indisciplinati.

Anche con queste limitazioni non ricordo neppure una serata moscia. Scoprimmo ben presto che queste serate ci consentivano di approfondire in poche ore la personalità di amici che credevamo di conoscere da anni. Si andava a dormire con la convinzione di avere rinsaldato i nostri rapporti e di aver dato il nostro contributo a uno spettacolo interessante.

A volte tra le pieghe delle discussioni

venivano alla luce verità

imbarazzanti che erano rimaste chiuse

per anni nei cassetti della memoria.

Uso nomi di fantasia: nella serata sulla legittimità delle droghe leggere Mario confessò di avere scoperto la suocera completamente ubriaca e alla moglie allibita replicò: «Credevo di avertelo detto». Un’altra sera discutendo sull’abolizione del servizio di leva apprendemmo che Enrico, quattro figli, era stato scartato alla visita militare perché affetto da una malattia che lo condannava all’impotenza. E ancora, in un indimenticabile dibattito sul valore della verginità, Daniela, forse in preda ai fumi dell’alcool, ammise dopo molte reticenze di avere avuto una decina di esperienze prematrimoniali.

Il mio amico avvocato, dopo quel primo exploit piuttosto movimentato, era sembrato più propenso ad ascoltare gli altri che a dire la sua. E ogni sera ringraziava tutti dicendo: «Anche questa volta ho imparato qualcosa». I nostri incontri si diradarono progressivamente, perché forse lui stesso non era più così aperto al confronto. Mi giunse voce che aveva litigato con un fratello, e poi che le cose con sua moglie non andavano più tanto bene. Fatto sta che senza di lui le cene a tema sono cessate. Peggio: i temi sono ancora il calcio, la cucina e i nipotini.

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* Fonte: Paolo Occhipinti, giornalista, ex direttore editoriale di Rcs, ex direttore storico del settimanale Oggi. Dopo la pensione, dedica le sue energie creative come direttore del periodico online FuoriTestata (fuoritestata.it), edito dalla Fondazione Lighea, che si occupa della cura e del reinserimento sociale di persone con disagio psichico e fornisce assistenza psicologica ai pazienti e alle loro famiglie. Il modello di intervento è il risultato dell’esperienza maturata negli anni dal dottor Giampietro Savuto, psicologo e psicoterapeuta, insieme alla sua équipe. Contatto: corso Garibaldi 18, 20121 Milano. Tel. 02.72001549. Mail: redazione.fuoritestata@gmail.comA questo link altre due riflessioni, su Giannella Channel, di Paolo Occhipinti sull’Europa.