In una mostra nel Museo del sale a Cervia incontro un pittrice del mare, Anna Maria Nanni, con il suo sposo, Ennio Ferretti, esploratore di storia locale. Sono un luminoso esempio di quei personaggi che, al pari delle rare lucciole, vivificano con la loro energia l’umanità delle piccole Italie. Ecco la storia di questa famiglia romagnola corredata da una gallery dei principali dipinti di Anna Maria e, in occasione del 200mo anniversario di un evento bellico, una pagina di storia romagnola (“La battaglia di Cesenatico. Un episodio della guerra austro-napoletana del 1815”) ricostruita da Ennio.
A come anna maria, a come arte
Anna Maria Nanni nasce a Cesenatico (Forlì – Cesena) il 30 maggio 1937 da una famiglia di fotografi. Si diploma prima al Liceo artistico di Ravenna, poi all’Accademia di belle Arti di quel capoluogo romagnolo. Qui frequenta anche i corsi di mosaico del professor Renato Signorini. E’ stata insegnante di Educazione artistica nella Scuola media statale di Cesenatico. Pittrice, ceramista e scultrice, ha incominciato a esporre, con la sua prima personale, fin dal 1959. Si sono poi succedute personali e collettive in prestigiosi musei e gallerie d’arte, in Italia e all’estero. Ha partecipato a concorsi di rilievo. E’ presente in cataloghi e repertori d’arte di grande prestigio. Con la preziosa collaborazione del marito Ennio, ideale “spalla” di sostegno e conforto nell’arte, Anna Maria vive e lavora (e cucina crostate ad arte) nella sua casa-studio-bottega-museo a Cesenatico (via Donizetti 9, tel. 0547.81204; mail : Annamaria@amnanni.it; sito web: www.amnanni.it) dove mi presenta i suoi colorati scatti emotivi.
Il privilegio e la condanna
Sono diversi i motivi per cui ho amato da subito il fluttuare lirico delle forme astratte e rigorose di Anna Maria. In principio fu una curiosità “di genere”.Sono molti i pittori e gli scultori attivi in Romagna. Di solito si tratta di artisti al maschile, con rare ma preziose presenze femminili: lei è una di queste, artista che opera in zona di confine. Spesso sono proprio queste zone eccentriche a presentare con chiarezza i riflessi della società sull’arte.
Nella sua storia di artista, Anna Maria ha tracciato e traccia sulle tele un argine dinamico e sottile alla piena forza dei suoi colori, un’energia vitale in principio ingovernabile che subito domina e bilancia, riprende e riconduce con sapienza a un equilibrio perfetto. Come nella sua vita di donna, che ha messo in primo piano la sua famiglia, ma che il privilegio e la condanna di essere un’artista non le ha impedito di raccontarsi e di raccontarci la sua visione musicale del mondo.
Un mondo che nasce da lontano, con il nonno Giuseppe detto Cimbro dall’avvincente calligrafia, primo fotografo a Cesenatico, che aveva la passione per la musica tanto da copiarla a mano. Un mondo che cresce con papà Alberto, fotografo di giorno e chitarrista di notte nell’orchestra capeggiata dalla mitica violinista Isotta Montanari: nella casa dei fotografi Nanni c’erano sempre i colori usati per ravvivare le foto in bianco e nero.
A incoraggiarla c’erano mamma Ines e gli insegnanti, come la Caimmi Pilotti, che la premiava alle elementari, e il Casagrande, che la stimolava ad andar per mostre vicine e lontane e a trovare il coraggio per esporre gli astratti (anche se i ritratti dal vero e le Marine, i Canali, le Scogliere e i Capanni da pesca le venivano pagati bene dai turisti tedeschi e dai milanesi che la vedevano lavorare dal vivo sulle sponde del porto canale).
De Chirico, audacemente avvicinato a 17 anni
E infine una conferma rafforzata da incontri come quello con Giorgio De Chirico, audacemente da lei diciassettenne avvicinato nel ’74 in una mostra a Roma, e con il poeta Marino Moretti, dirimpettaio-faro sul porto canale, che intuendo l’efficacia delle capacità espressive della “Nanni la moderna”, la spronava affettuosamente a riprendere i pennelli in mano (come le sue “sirene” Artemisia Gentileschi, Sonia Delaunay e Peggy Guggenheim) quando i faticosi impegni extra-artistici potevano tentarla a rinunciare a seguire le strade dell’arte e della bellezza: un universo in continua esplorazione che Anna Maria ritrae attingendo al suo ricco Dna e rafforzata nella sua autostima dalle parole di critici come Romano Pieri e Lia Briganti, Davide Gnola e Leo Maltoni.
La sentirete dire: “Non posso smettere di dipingere, è come una malattia. Non ho sempre il coraggio, ma poi mi riprendo e spero di vivere fino all’ultimo con il pennello in mano”. Averne di coraggio, come lei.
A PROPOSITO / Dal pozzo della memoria di Anna Maria Nanni
Marino Moretti e la ‘Via Margutta’ di Cesenatico
Negli anni ’70, d’estate, anche Cesenatico aveva la sua Via Margutta dedicata agli artisti. Il vicolo della Torre, una stradina tortuosa che di giorno serviva come scorciatoia per accedere al porto canale, la sera si animava di luci e di colori, diventando un “salotto buono” della città. L’Amministrazione comunale aveva illuminato efficacemente questo spazio, in cui i pittori locali esponevano le loro opere. I quadri, appesi ai muri consunti delle vecchie case, costituivano un prepotente richiamo per i tanti visitatori.
Il grande scrittore Marino Moretti, che d’inverno viveva a Firenze ma che d’estate passava vari mesi nella sua casa nativa sul porto, di tanto in tanto veniva a fare visita a noi pittori. Arrivava al braccio della sorella Ines e indugiava davanti ai quadri esposti. Una sera in cui si era soffermato più del solito davanti ai miei quadri, salutandomi disse: “Lei è la più moderna”. Questa frase mi è rimasta nel cuore e mi ha sempre incoraggiato a continuare la mia ricerca nella non facile strada di una pittura tendente all’astrazione.
Ho però anche un altro ricordo molto caro di una di quelle serate: quando Moretti mi invitò a casa sua a vedere i suoi quadri. All’ora convenuta, emozionata, suonai il campanello. Mi aprì la fedele Tonina e mi accompagnò nel salone dove Moretti mi aspettava. Mi fece accomodare e mi mostrò le tele di De Pisis appese alle pareti. “Tutti questi quadri sono nati qui, in questa casa”, mi disse Moretti. “Tante volte, quando Tonina tornava dalla pescheria con il pesce ancora avvolto nella carta gialla, De Pisis la bloccava con il braccio alzato: ‘Ferma, ferma!’. Afferrava il cartoccio, lo svolgeva sul tavolo, prendeva tela e pennelli e in men che non si dica creava, con incredibile rapidità, una natura morta”…
Al momento di salutarci mi ringraziò nuovamente per il regalo che gli avevo portato: una mia puntasecca rappresentante un fondo marino.
ANCORA UN MOMENTO, PREGO / 1815-2015: un anniversario storico
Ennio, ci ricordi ancor la battaglia di Cesenatico…
L’originale ricerca su un episodio storico di duecento anni fa che vide una strage di soldati napoletani di Gioacchino Murat da parte degli austriaci del maggiore Pirquet, poi barone di Cesenatico
Anno 1810-1815: mezza Europa è sotto il controllo di Napoleone che ha messo membri della sua famiglia al vertice di molti stati e staterelli del continente. L’Italia, con Napoleone, è sotto il controllo più o meno diretto della Francia. Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria e Lazio fanno parte integrante dell’Impero; Lombardia, Triveneto, Emilia Romagna e Marche formano quello che si chiama Regno d’Italia, di cui è stato nominato viceré Eugenio Beauharnais, figliastro dell’Imperatore. Resta il Regno di Napoli, che comprende praticamente tutta l’Italia meridionale. Re di Napoli è Gioacchino Murat, cognato talentuoso e coraggioso di Napoleone, di cui aveva sposato la sorella Carolina. Con il declino di Napoleone, Murat comincia ad accarezzare il sogno di affrancarsi dalla Francia e di diventare un re italiano. Dopo la disastrosa campagna di Russia (fine 1812) Napoleone sembra ormai ridotto allo stremo. Murat, per garantirsi il trono di Napoli, nel gennaio 1814 firma un accordo con l’Austria con il quale s’impegna, nel caso di una guerra con i Francesi, al suo fianco. In cambio ottiene per la sua dinastia il riconoscimento della sovranità sui territori posseduti in Italia. Tutto sembra filare a meraviglia: con Napoleone relegato all’Elba, Murat (forte del trattato di alleanza con l’Austria) non nutre più il timore che il Congresso di Vienna imponesse il ritorno dei Borboni sul trono di Napoli. Ma a questo punto accade l’imprevedibile: Napoleone fugge dall’isola d’Elba e rientra in trionfo a Parigi. Incominciano i leggendari Cento Giorni in cui l’Imperatore sogna un’impossibile rivincita. Murat cerca allora di rientrare in gioco a fianco dell’illustre cognato. Gli scrive una lettera in cui gli promette tutto il suo appoggio e, facendo seguire alle parole i fatti, parte con le sue truppe verso il nord. E’ il 23 aprile del 1815. I soldati napoletani di Murat cadono nell’agguato teso a Cesenatico dalle truppe austriache. La battaglia vede cadere trecento vittime napoletane. Le strade del borgo rivierasco appaiono “tutte seminate di cadaveri” e nel canale dove adesso galleggiano placide le barche vi furono “uomini gettati vivi” e altri “ammazzati col ferro e col fuoco”. Alla fine il responsabile del massacro (cioè, dal suo punto di vista, un brillante atto di guerra), il maggiore Peter Martin Pirquet, viene premiato e nominato Barone “von Cesenatico”, titolo che permane tuttora ai discendenti.
Scrive lo storico Davide Gnola, nella prefazione al libro di Ennio Ferretti “La battaglia di Cesenatico”, 72 pagine, stampato da Sicograf in Cesenatico:
(S. Gian.)
Leggi anche:
- Si scrive Abbey Road, si legge Cesenatico. Cinquant’anni fa il fotografo Iain MacMillan immortalava la mitica passeggiata dei Beatles sulle strisce più famose al mondo. Un’idea tradotta in salsa romagnola, con altre icone culturali nello scenario del porto canale leonardesco (testo di Salvatore Giannella, foto di Alessandro Mazza)
- Una foto, un augurio per i miei nipoti. E per chi passa davanti a casa nel borgo dei pescatori di Cesenatico. Le note dell’Inno alla gioia di Beethoven, simbolo dell’Europa unita, si affiancano alla targa in onore di Tonino Guerra (testo di Salvatore Giannella)
- Cesenatico, 1946: nel naufragio del “Titanic romagnolo”, la scelta drammatica di Vittorio Bergamini. Alle undici di venerdì 21 luglio 2017 una barca ha lasciato il porto canale leonardesco di Cesenatico e, come ogni anno dal 1997 (sindaco Damiano Zoffoli) sopravvissuti e autorità hanno lanciato due corone di fiori al largo della riviera: una corona bianca (per ricordare neonati e bambini) e una verde (per gli adulti) periti nel ribaltamento della barca Consolata, avvenuto il 21 luglio 1946. A quella tragedia, ribattezzata “il piccolo Titanic romagnolo”, avevo dedicato questa ricostruzione (testo di Salvatore Giannella)
- Nel mare di terra della riviera: intervista sulla Romagna misteriosa tra streghe buone, rocche e tesori nascosti. La prima tappa del nostro viaggio dentro il Tempo nell’entroterra della riviera più famosa d’Europa ci porta all’uscita del casello di Cattolica, sulle belle strade della Valconca, l’ex granaio dei Malatesta. A guidarci tra piccole meraviglie sono Carla e Ferruccio, coppia (anche nella vita) di archeologi che, sedotti dalle storie che le pietre raccontano loro, alimentano la nostra curiosità e desiderio di viaggio (Ferruccio Cortesi e Carla Iacono Isidoro in viaggio con Salvatore Giannella)
- Un secolo fa amici di buona penna componevano una geografia letteraria in casa di Marino Moretti. Giugno 1914, porto canale di Cesenatico: nella casa di Marino Moretti, poeta e scrittore romagnolo allora 29enne, che ha appena pubblicato a puntate sul Giornale d’Italia il suo primo romanzo Il sole del sabato, si compone una mosaico geo-culturale d’eccezione (Alfredo Panzini, Renato Serra e Grazia Deledda) così ricostruito da Medardo Vincenzi in un fascicolo edito per il centenario della nascita di Moretti
- Cesenatico, così nacque il Presepe sulle barche. Da trent’anni il porto canale leonardesco più suggestivo della riviera romagnola diventa palcoscenico per un microcosmo che intreccia i personaggi del racconto evangelico con personaggi del borgo marinaro. Abbiamo chiesto al regista di questa suggestiva iniziativa chi la volle e come vide la luce
- Tornano a fiorire le storie di Leo Maltoni per una ritrovata primavera della Romagna. Il grande poeta e scrittore di Cesenatico, da poco scomparso, era capace di raccontare la sua terra come “isola dei sentimenti”. Ci ha consegnato un’indicazione da aggiornare e non perdere: perché le parole sue e dei Grandi Spiriti non siano solo esercizio di memoria. A seguire: l’Oste Bella, le sexy protagoniste dei quadri del Cagnacci e un’idea progettuale per favorire una permanenza più lunga in riviera
- Cesenatico: e traghettar è dolce in questo porto canale. Arrivo a Cesenatico e mi capita di accompagnare una famiglia di turisti australiani a visitare eccellenze storiche e culturali sui due lati del porto canale leonardesco. Utili si rivelano, per noi come per centinaia di migliaia di turisti della Riviera romagnola, i due traghetti, “Mirko” e “Giovanna d’Arco”. Della loro storia, ricostruita attraverso le parole del padre Elviro soprannominato “Mazzini” e dello zio Sante Zoffoli “Miciol” (entrambi marinai conosciuti e rispettati, non c’è donna che dal primo non abbia ricevuto complimenti e racconti di microstoria locale, di quando la riviera richiamava frotte di turiste del Nord Europa) ci parla, salendo idealmente sullo sgabello domenicale di Giannella Channel, una donna appassionata di poesia e di storia di quel borgo romagnolo dove è nata e vive: Sabrina Bartoli (testo di Salvatore Giannella)
- Cesenatico: la strada che indica Via Semprini. È cominciata così: due sedie fuori casa, il vento fresco del vicolo, il saluto dei passanti in bicicletta, le brevi soste di chiacchiere con i vicini di casa. E l’andare e venire di Anna Battistini che per molte sere e giorni in questi tredici anni di vita da vicolo ha plasmato, con la mano sapiente di prima piadinara di Cesenatico, con le sue storie, il ragù di pesce la sua generosità, il modo di vivere di noi turisti quasi residenti che abitiamo via Semprini, il cordone ombelicale delle case dei pescatori con il porto canale più famoso della Romagna. (testo di Manuela Cuoghi)
- E il ministro pose gli occhi sulla mia casa dove Tonino Guerra arrotolava le parole con gli spaghetti alle vongole. Una visita di Dario Franceschini al suggestivo centro storico di Cesenatico. La targa che suscita la sua curiosità. Una risposta a sorpresa nelle pagine del volume del giornalista caporedattore della TV di San Marino (introduzione di Salvatore Giannella, testo di Sergio Barducci da “Tra Levante e Ponente”)