Un augurio per i miei quattro nipoti, affinché vivano come cittadini attivi in una nuova e più armoniosa Europa, ha preso forma di una installazione che, insieme alla targa ricordo per l’amico e maestro Tonino Guerra, abbellisce la facciata superiore della nostra casa in via Semprini, nel borgo dei pescatori di Cesenatico: si tratta della prima riga del pentagramma dell’Inno alla gioia, con le note scaturite dalle mani sapienti di Francesco Sami, l’ex metalmeccanico e oggi artista conosciuto sulla riviera romagnola per dare vita a colorate farfalle in ferro. Nella foto sono ripreso con i miei nipoti e, a destra, con lo stesso Sami (Cesenatico, 1943).

Cesenatico: Salvatore Giannella con i quattro nipoti e l’artigiano-artista Francesco Sami davanti all’installazione con le prime note dell’Inno alla gioia, in via Semprini, nel borgo dei pescatori della città romagnola.
Nei prossimi giorni una targhetta con QR code permetterà ai passanti muniti di telefono mobile di puntare la targa e di ascoltare l’Inno di Beethoven simbolo dell’Unione Europea.
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(via mail)
Che bell’idea! È un augurio di bellezza e di civiltà. Se ritrovassi la casa dov’è nato mio nonno, Andrea Montevecchi da Cesenatico (8-9-1866; 18-2-1943), la farei mettere pure lì… Auguri!
Una casa al mare
di Claudia Bulgarelli
Un’insegnante di lettere, Claudia Bulgarelli, arriva dal suo Polesine in via Semprini a Cesenatico e visita la nostra casa al mare. Quando torna al suo paese, Castelmassa, scrive queste parole eterne, spesso curiosamente abbracciate, affiorate nel suo ritrovato diario intimo (s.g.).
La casa ci accoglie, si apre da subito. E già al primo vis a vis i nostri occhi incontrano i suoi, di vetro.
C’è qualcosa di nuovo in quello sguardo sulla facciata lunga e stretta: tende bianche e blu come palpebre a mezza via, e sorriso di gerani, dell’estate finita, che non c’erano prima…
Nello stretto vicolo, coi suoi colori di case in riva al mare, una finestra si spalanca. Qualcuno ha captato una voce o i nostri passi chissà. Ed è un salutarsi, abbracciarsi.
Poi su su per le scale. Qualcosa è cambiato anche qui. Ancora le belle tele dipinte dalla mano di un poeta, e, mai vista prima, invece, una tela ricamata con parole di poesia e con disegni magici: quelli copiati dai codici segreti delle conchiglie.
Tutto è un girarsi attorno, controllare le piante.
Svuotare con casuale lentezza le valigie… e c’è chi sostituisce le spesse tende esterne con mezze palpebre leggere: dalla loro trama larga, passa o passerà agevolmente la breve luce del vicolo e della nuova stagione.
C’è chi appende splendidi melograni alle finestre, segno del tempo che muta, ma anche di allegria e, dicono, di buona sorte.
Solo io non faccio niente. Guardo. Ascolto. Sorrido. Cerco ulteriori cambiamenti dall’ultima volta.
Qualcuno ha ridipinto una parete con i colori della trasparenza. E poi altre pareti con il velo vago dell’alba e con le allusioni al tramonto.
Qualcun altro ha ornato il letto grande con un telo spesso e dipinto a mano: ha i colori del mare, del cielo suo fratello e delle conchiglie attorcigliate. Gli stessi colori su un enorme cuscino, ma ancora più belli perché iridescenti. E mentre lo guardo si gira attorno, non ti accorgi nemmeno che manca il silenzio: tutti hanno da raccontare pezzi delle loro storie e dei loro pensieri e figure paterne e materne – grandi come miti – da ricordare; o cari maestri da evocare, per poi commentare o leggere le frasi dipinte sul muro che ti accompagna giù per le scale… o cercare la vecchia felpa o telefonare a qualcuno da invitare o che è lontano…
Nello scambio di parole o di altro, c’è un intreccio che tutti cattura e sembra web. Impossibile non esserne coinvolti.
Poi c’è qualcuno che regala due grossi melograni a chi sta dall’altra parte della strada, e dalla casa di fronte, intanto, domani arriverà la piada con il crescione, e qualcun altro regalerà un mazzo di fiori secchi e giallo sole. E domattina per tempo qualcuno, dal vicolo, porterà il pesce appena pescato, quello che è una rarità.
Tutto si intreccia e si allarga tra reticoli e parole e persone e scambi di regali e pareti ridipinte e nuove poesie ricamate. Tutto è intreccio e mutamento e tutto è naturale, non c’è finzione o recita, né leziosità o salotto. Veri, verissimi sono anche i profumi che riempiono la casa, a partire da indaffarati fornelli. Qui tutti fanno, preparano, producono con sicura leggerezza. Col piacere di essere insieme e cooptando i buoni a nulla per sbucciare fagioli. Casa di colore e calore, questa. Dove per due giorni o tre o sette o finché si può o ci pare ognuno sembra poter stemperare il suo nero di china.
Camminando lungo il porto-canale, in alto in alto, tra le inferriate di una finestra, ultimo piano, appartamento sgarrupato vendesi, stasera ho visto due gabbiani: la testa infossata nelle ali, infreddoliti nel buio. Sono l’esatto contrario di questa casa. Assomigliano alla vita di sempre.