“Nella mia Ruhr la sostenibilità ha un cuore d’acciaio. E nasce dall’incontro tra imprenditori, ecologisti e poeti”. Comincia con lo storico dell’arte tedesco Roland Guenter il mio viaggio sulle tracce dello sviluppo sostenibile
Friendly, dialoghi per un futuro amico e sostenibile (1)
intervista di Salvatore Giannella
“Nella mia Ruhr la sostenibilità ha un cuore d’acciaio. E nasce dall’incontro tra imprenditori, ecologisti e poeti”. Comincia con lo storico dell’arte tedesco Roland Guenter il mio viaggio sulle tracce dello sviluppo sostenibile
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intervista di Salvatore Giannella
Caro Roland, inizio con lei, tedesco e storico dell’arte, il nostro viaggio nella comunità internazionale di architetti, interior designer e studiosi di varie specialità. Mi propongo di illuminare l’evanescente sentiero dello sviluppo sostenibile con esempi e consigli pratici.
Mi incuriosisce questa tua scelta (mi viene difficile rispondere con il lei data la nostra antica conoscenza). A che cosa è dovuto il privilegio di essere la prima tappa del tuo viaggio eco-tecnologico?
Il suggerimento mi è arrivato dall’ultimo numero della rivista National Geographic Traveler. Nella storia di copertina i redattori delle varie edizioni internazionali hanno indicato le 25 mete più entusiasmanti della Terra da visitare nel 2022. Le hanno divise in 5 categorie: Avventura, Cultura, Natura, Famiglie e – appunto – Sostenibilità. Per quest’ultima categoria, resa celebre dalla Commissione Bruntland delle Nazioni Unite il 20 marzo del 1987, la scelta è caduta sulla regione in cui tu vivi: la Valle della Ruhr, nella Renania Settentrionale-Vestfalia. Questa la motivazione ufficiale: “Oggi la regione tedesca sta cambiando la destinazione d’uso ai siti industriali del carbone e dell’acciaio per trasformarli in parchi e aree culturali”. Una scelta, la mia, rafforzata dal seminario dell’Unione Europea avvenuto il 16 ottobre scorso qui in Essen sulla gestione sostenibile del patrimonio industriale per lo sviluppo urbano. E tu, Roland, sei stato un pioniere nel salvataggio di siti industriali dalla demolizione e nel processo della virtuosa riconversione…
Effettivamente nella mia lunga vita (sono nato nel 1936) ho ricevuto numerosi riconoscimenti, qui in Germania e anche in Italia: ricordo il Premio Rotondi ai salvatori dell’arte assegnatomi nel Montefeltro marchigiano quale stimolatore della resurrezione dei paesaggi nel segno della bellezza e della poesia, della storia e della cultura.
Ecco, queste ultime parole le vedo comparire raramente nei discorsi di chi, specie nella comunità degli imprenditori, predica il valore della sostenibilità. Loro, in sostanza, quando parlano di transizione ecologica, si fermano su due concetti chiave: ridurre l’impatto ambientale e farsi carico dei problemi che comportano la produzione e i consumi.
Eppure voi in Italia, idealmente prima potenza culturale del pianeta, avete le molecole giuste per la combinazione vincente capace di farvi leader nelle attività economiche sostenibili e nel delineare un futuro che torni a essere amico e non minaccioso. E ve lo dico perché conosco bene l’Italia, è la mia seconda casa. Io e mia moglie Janne ci sentiamo italiani d’adozione, da anni abbiamo uno studiolo in Anghiari, nella Valtiberina toscana, da anni tifiamo per la riconversione del Sulcis, di Bagnoli, della stessa Taranto.
E allora avanti con i tuoi consigli utili agli italiani, basati sulla tua esperienza nella Ruhr.
Nella riconversione di un palazzo, di un territorio o di una impresa non si deve mai perdere di vista il patrimonio della storia. È bello vestire il futuro con gli abiti dell’antichità: questo abito voi italiani lo avete da duemila anni, a differenza di altri paesi (come la stessa mia Germania) che tendono a distruggere la sua storia. Molti qui, quando produrre carbone e acciaio non era più un business, volevano demolire tutto, radere al suolo come fanno altrove. Ma io e altri amici abbiamo detto no: questo patrimonio di archeologia industriale è un pezzo della nostra storia e della nostra identità, è un giacimento di cultura industriale al quale va riconosciuta la dignità. È un patrimonio che va riqualificato dandogli una moderna funzione. Amministratori e imprenditori illuminati hanno avuto fiducia in noi. Il Land, cioè la Regione, ha comprato nel 1989 l’area del bacino minerario con le strutture abbandonate. È nata una Fondazione fatta da rappresentanti istituzionali e anche da privati, che ha fatto da cabina di regia della Operazione Riconversione raccogliendo i primi 600 milioni di euro.
Facciamo qualche esempio concreto.
A due passi da casa mia, a Oberhausen, aveva funzionato a lungo un grande Gasometro, costruito nel 1929 come deposito per lo stoccaggio dei gas di cokeria. Alla vigilia della riconversione, il giudizio quasi unanime era di sbarazzarsi di quel gigante d’acciaio, considerato un brutto contenitore. Ho scritto e dimostrato che poteva essere uno scenario mirabile come scenario teatrale o museale. E quell’ex Gasometro oggi è diventato uno degli spazi espositivi più singolari di tutt’Europa, insieme all’ex miniera di carbone dello Zollverein in Essen, incluso nel patrimonio mondiale dell’UNESCO, simbolo di eccellenza della trasformazione dell’intera regione.
La regione della Ruhr (o bacino della Ruhr, in tedesco Ruhrgebiet) è una regione storica tedesca nella Renania Settentrionale-Vestfalia che prende nome dall'omonimo fiume Ruhr che la attraversa. La Ruhr con i suoi 5,3 milioni di abitanti è una delle più grandi aree urbane europee che si estende su una superficie di 4.535 km².
L’ex Gasometro, l’ex miniera (che, chiusa nel 1986, ospita una piscina all’aperto, una pista di pattinaggio sul ghiaccio e percorsi per passeggiate), ma anche ex altoforni, ex torri d’estrazione diventate utili per addestrare scalatori del Club Alpino tedesco, ex cumuli di scorie diventati punti panoramici con attrazioni artistiche… nell’itinerario del patrimonio industriale, 400 chilometri da Duisburg a Hamm e Hagen, si toccano 54 straordinarie testimonianze del passato e presente operoso della Ruhr. Nelle cinque città capofila Duisburg, Oberhausen, Essen, Dortmund e Bochum ma anche negli altri 54 centri della regione sparsi su 4.535 chilometri quadrati, mille antichi scenari industriali hanno contribuito a dar vita alla concentrazione più alta al mondo di musei (circa 200). Bochum, la città con più miniere in passato, è diventata la città con il maggior numero di teatri. Sono stati creati oltre ventimila posti di lavoro, molti dei quali assegnati ai figli e ai nipoti dei minatori e degli operai.
Parliamo della trasformazione della regione che era la più industrializzata al mondo: nella prima metà del Novecento qui operavano oltre 400 mila lavoratori, la base della rivoluzione industriale tedesca che ha fatto viaggiare i treni di lusso della Belle époque e che ha reso prospera la borghesia della Mitteleuropa. Questa riconversione in regione verde e leader del turismo culturale è avvenuta rispettando la propria eredità industriale e continuando a renderle omaggio. Se le tracce industriali fossero andate distrutte, oggi il nostro territorio sarebbe un non luogo, un deserto: invece i valori di ieri si sono aggiunti a quelli di oggi trasformando la regione in un immenso teatro (si contano oltre 120 arene) che dal 2010, quando fu designata capitale europea della cultura e toccò la cifra record di 17 milioni di presenze, attira visitatori (pandemia permettendo) quanto la vostra Pompei.
Oggi la miniera Zollverein, insieme alla cokeria e al pozzo minerario, è un sito dichiarato patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
Visitatori furetti ad alto tasso di curiosità e di mobilità (ma anche di spendibilità) mossi da quella potente molecola che è la voglia di esperienze, alla base dell’economia della conoscenza e della reputazione.
Io considero Goethe un simbolo di questo target di viaggiatori, lui non era un genio, era un uomo spinto da un’insaziabile curiosità. Questa è una riflessione che riguarda gli amministratori dei territori (che dovrebbero avere un’adeguata formazione in materia, frutto di tanti libri e tanti incontri) ma deve interessare anche gli imprenditori attenti all’innovazione e alla ricerca della sostenibilità, alla guida di aziende con un patrimonio storico che diventa anche un fattore importante del bilancio nella nostra epoca post-industriale.
Libri e incontri, auspichi. Quali titoli? Con quali figure?
I libri da privilegiare sono quelli di storia locale, specie quella industriale: io ho avuto il privilegio di scriverne tanti in questa materia, il più recente lo dedico a un secolo di attività della Bauhaus, scuola di architettura arte e design fondata da Walter Gropius e culla di innovatori come i pittori Paul Klee e Wassily Kandiskij, leggibile anche su Werkbund-initiativ.de. Gli incontri sono con gli operatori culturali e visionari di talento: gente come Karl Ganser, geografo e urbanista, direttore di parte dei progetti di riconversione nella Ruhr, che ha messo in moto un’economia circolare nel consumo di suolo e di energia, nel patrimonio edilizio e nella gestione dell’acqua: gli ho dedicato una biografia. A questi operatori aggiungerei i poeti.
Zollverein: tra i grossi tubi e le grosse ciminiere é stata creata un’immensa pista di pattinaggio che ogni giorno ospita, in un paesaggio surreale, centinaia di persone. Molte provenienti dalla vicina Olanda.
Poeti? Mettere insieme poeti e imprenditori attenti ai profitti mi pare complicato.
Sì, hai capito bene: per impostare un futuro sostenibile sarà importante ascoltare i poeti. Lo dico con esperienza personale. Io per anni ho portato i miei giovani allievi universitari in viaggi di formazione in Italia. Li portavo a quasi 1.400 chilometri da qui, a Pennabilli, nell’interno di Rimini, ad ascoltare i consigli di Tonino Guerra.
Lo so, lo so… Una volta sono stato testimone diretto di una lezione sul campo nella sala del consiglio comunale di quell’amato amico e maestro in quell’amato borgo della Romagna.
Lì quel grande poeta e sceneggiatore preferito da Fellini e Antonioni e da tanti altri registi di fama ha arricchito la Valmarecchia di tante invenzioni poetiche, di spesa limitata ma di grande fascino: cito per tutti il piccolo ma suggestivo museo con un quadro solo e l’orto dei frutti dimenticati. Le idee di Tonino sono state importanti anche per la riconversione nella Ruhr, tanto che lungo un corso d’acqua bonificato c’è un parco a lui intitolato, con una panchina arricchita da una sua statua e da un totem che diffonde le sue storie a chi sosta. Tonino sfornava di continuo nella sua Romagna idee creative, sogni che sono diventati una rete di luoghi dell’anima, grazie anche al suo geniale e pratico collaboratore Gianni Giannini e ai tanti artigiani di qualità che lui attivava.
Lui aveva capito che il segreto del successo era, ed è, di mettere in connessione amministratori preparati e visionari (come Heinz Dieter Klink, governatore della Ruhr dal 2005 al 2011, con me membro della Deutscher Werkbund, Lega tedesca degli artigiani, uno che diceva: “Pur essendoci differenze nelle visioni tra maggioranza e opposizione, c’è sempre stato accordo su quello che doveva essere il futuro della regione”) con manager e burocrati pronti a rinunciare al proprio piccolo potere e non adagiati nello sterile trambusto delle carte, quelle carte che hanno portato alla ingiusta condanna del modello Riace per mitigare l’emergenza dei profughi in Europa. Di vedere scendere in campo un agente di sviluppo locale che alla fine ha anche la responsabilità di aiutare il centro a destinare i fondi.
Duisburg Landscape Park: ogni zona è stata dedicata a una differente attività. Nell'immagine, appassionati di climbing si misurano con la scalata alle alte mura presenti nel parco.
Nel mio blog il poeta Franco Arminio lo chiama un “allenatore” del paese, una persona mandata in un territorio circoscritto, tre-quattro paesi al massimo, e ci resta per tre anni, mettendo su casa e dialogando ogni giorno con le persone che lavorano o con quelle che potrebbero lavorare nel territorio.
Esatto. E, infine, mani sapienti e pratiche di professionisti, artigiani-artisti che ieri venivano sfornati da Scuole d’arte e mestieri, addestratrici dell’immaginazione, alle quali bisognerebbe tornare a dare un futuro degno del loro passato. Anche in questo l’Italia potrebbe dare un segnale importante all’Europa e al mondo. (Prima puntata – segue)