Ricevo dall’associazione culturale marchigiana Versante (web: www.associazioneversante.it; mail: associazioneversante@gmail.com) l’invito a segnalare entro il 30 giugno 2014 nomi per il premio nazionale “Poesia onesta” dedicato a narratori sia in italiano che in dialetto. Narratori adulti ma anche per gli studenti della scuola primaria e secondaria. Questo crocevia di parole (poesia onesta, narratori adulti e anche studenti) mi fa affiorare alla mente una figura che da sempre illumina di luce calda la mia terra d’origine, nel Tavoliere pugliese, e che merita di essere illuminata. Si chiama Grazia Stella Elia, e nata nel 1931 e vive a Trinitapoli, città di cui è la voce narrante. In Puglia Grazia ha insegnato per una vita (Indro Montanelli un giorno mi confidò che, se fosse rinato, avrebbe scelto di fare proprio l’insegnante, che plasma l’anima plastica dei giovani facendone donne e uomini giusti), trasmettendo ai suoi alunni l’amore per la poesia e per il teatro. Si è impegnata sin da giovanissima nello studio del suo dialetto, il “casalino” (perché un tempo Trinitapoli era denominata Casal Trinità), ed è stata motore generoso di eventi e iniziative culturali oltre che autrice di molti testi poetici e di saggi, scaturiti dal suo affetto e dalla sua valigia di ricordi per le tradizioni della sua terra e dalla sua appassionata ricerca dialettologica e folklorica, che le hanno meritato numerosi riconoscimenti e l’inserimento in molte antologie. Nel 1995, a 64 anni (quattro anni prima le era stato risucchiato dalla morte lo sposo, dopo 25 anni di matrimonio) ha rappresentato l’Italia all’International Meeting of Writers di Belgrado. Ha diretto i corsi dell’Università della terza età. Ha amato tra i poeti Pascoli e Luzi, Merini, Spaziani, Marniti, ma soprattutto Ungaretti, Quasimodo, Montale, Neruda e Tonino Guerra. Per lei la poesia è “ciò che sogniamo, ciò che immaginiamo, ciò che desideriamo. Può essere utopia, ma anche sogno e realtà in simbiosi. La poesia è la luce dei giorni, della vita. È storia, cronaca dell’anima”.

Ora che lei avverte la progressiva presa di coscienza dell’inesorabile declino fisico, accettato serenamente (“Ho fatto tingere di sole/ i fili bianchi che sapevano/ di luna: i miei capelli, /ma lascio che le rughe/ mi solchino il volto/ come mi scava la vita”), credo sia giusto dirle grazie nelle orecchie, quando è in posizione verticale. E lo faccio riprendendo da Ipogei n.6 (un’utile e approfondita pubblicazione dell’Istituto superiore statale Staffa di Trinitapoli: fgis02600@istruzione.it) i brani di un’intervista condotta da Rosa Strazzeri riguardanti Grazia e la scuola e alcune sue poesie tradotte dal poeta italo-americano Joseph Tusiani. A seguire, l’affettuoso e luminoso ricordo di una sua allieva negli anni Sessanta, Maria Giovanna Regano, alla quale solo gli impegni di moglie e madre hanno impedito di occuparsi professionalmente di editoria e dintorni (come ho potuto constatare nelle collaborazioni che mi ha generosamente donato).

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La poetessa Grazia Stella Elia con il presentatore televisivo Michele Mirabella. Grazia ha pubblicato: Nostalgia di mare; I racconti del focolare; Il cuore del paese; La sapienza popolare a Trinitapoli; Le opere e i giorni della memoria; Versi d’azzurro fuoco; Paràule pèrse; Dizionario del dialetto di Trinitapoli; Il matrimonio e altre tradizioni popolari; L’anima e l’ulivo. Per info: grazia.stellaelia@libero.it

L’INTERVISTA (di Rosa Strazzeri)

Grazia, quale è stato il percorso di studi che hai compiuto?
“Frequentai, da bambina, quello che allora si chiamava ‘asilo dell’infanzia’ , presso l’Istituto Sant’Antonio, con le Suore Vincenziane, qui a Trinitapoli, per passare poi alle elementari della Scuola statale e in seguito alle medie e al ginnasio. Quando arrivò il momento di iscrivermi al Liceo, scelsi, dietro consiglio dei miei genitori (Michele e mia madre Rosa, insegnante elementare) il De Sanctis di Trani, che valse a darmi le basi di una solida formazione umanistica. Conseguita la maturità classica (una fatica immane, se si pensa che allora, negli anni ’50 dello scorso secolo, veniva richiesto da ogni candidato il compendio di studi dei tre anni di liceo, con la perfetta conoscenza, tra l’altro, di un’intera tragedia greca che per me fu l’Edipo re), per volere di mia madre affrontai gli esami di abilitazione magistrale. Superati anche questi, mi iscrissi alla facoltà di magistero, dell’Università di bari. Intanto mia madre mi spronò a partecipare al concorso magistrale, con l’intento di superarlo e di vincerlo. Questo accadde e, una volta intrapresa l’attività d’insegnamento, me ne innamorai, accantonando gli studi universitari”.

Che rapporto hai avuto con i tuoi alunni?
“Diventata maestra, trovai ben presto affascinante il lavoro di insegnante, nel quale profusi tutte le energie, fruendo della valida esperienza di mia madre e delle mie sorelle, anch’esse insegnanti. Ho sempre considerato i miei alunni come dei compagni di viaggio, da amare, educare e istruire. Ho sempre ritenuto molto importante il dialogo, convinta che non si è maestri per un diploma conseguito o un’abilitazione acquisita: maestri si è nel dialogo di ogni giorno, di ogni ora con i propri scolari. Il teatro è stato uno dei mezzi strategici della mia didattica: la recitazione e il canto ne erano i capisaldi. Un’attività alla quale attribuivo particolare importanza, e che coinvolgeva veramente molto i miei alunni, era la corrispondenza interscolastica, tramite la quale stabilivamo rapporti epistolari con gli alunni di varie scuole d’Italia, realizzando anche incontri e gemellaggi”.

L’interagire quotidiano con loro ha influenzato il tuo modo di vedere la vita e di concepire la poesia?
“Ho sempre trovato arricchente, anche sul piano della poesia, il rapporto con i miei alunni. Abbiamo sempre raggiunto importanti traguardi, sia nell’ambito propriamente didattico, che in quello delle cosiddette competizioni in campo nazionale: la Radio per le Scuole, vari concorsi di poesia e soprattutto il concorso nazionale ‘Ragazzi in gamba’ di Chiusi (Siena), nel quale siamo risultati primi per tre volte. Per quanto riguarda la Radio per le Scuole, oltre a ricevere tantissimi premi per la poesia, i racconti, l’Educazione stradale, va evidenziato l’elogio della Direzione generale della Rai e quello di Silvio Gigli, che ogni anno conduceva la trasmissione conclusiva. In occasione di questa intervista voglio rivolgere un saluto a tutti i miei alunni, ormai uomini e donne; con il cuore non più giovane, ma ancor pieno di memorie a loro legate”.

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Grazia Stella Elia a Celle San Vito (Foggia) nel 1959, suo primo anno di insegnamento da titolare. Con i suoi 177 abitanti, Celle è il comune meno popolato della Puglia e da secoli si caratterizza per l’uso della lingua francoprovenzale.

IL RICORDO (di Maria Giovanna Regano per Giannella Channel)

  • Ricordo una maestra, Grazia Stella Elia, che nella prima metà degli anni ’60 mi ha trasmesso l’amore per la lingua italiana e mi ha fatto comprendere che il vernacolo ha la stessa dignità della lingua nazionale.
  • Ricordo una maestra che ha acceso la mia curiosità per il giornalismo e la comunicazione perché cinquant’anni fa, con coraggio da pioniera e fantasia didattica, mi assegnava il compito di seguire le trasmissioni radiofoniche Il giornalino di tutti, condotta dallo scrittore Gian Francesco Luzi, e Semaforo giallo, una trasmissione di educazione stradale.
  • Ricordo una maestra che mi ha insegnato l’amore per la poesia e la passione per il teatro, facendomi recitare in lingua e in vernacolo e conferendo sempre grande importanza alla lettura espressiva: grazie a lei ho conosciuto i più grandi poeti e scrittori italiani fin dalla prima elementare.
  • Ricordo una maestra che mi ha insegnato a scrivere correttamente grazie al rigore nello studio della grammatica e alla correzione senza sconti.
    Ricordo una maestra che mi ha insegnato a considerare i confini del mio paese solo una necessaria convenzione e ha sperimentato i primi gemellaggi tra classi di diverse regioni. Ogni alunno della mia classe aveva un corrispondente in una scuola di Scarperia in Toscana (una mia compagna, grazie a questa corrispondenza, ha anche sposato un signore di quel paese).
  • Ricordo una maestra che quando sono stata assente per un intervento chirurgico mi ha fatto recuperare a casa sua le lezioni che avevo perduto.
    Ricordo una maestra che nell’estate tra la quinta elementare e la prima media mi ha aperto le porte della sua casa per insegnarmi i primi rudimenti di inglese e di latino e che a fine anno, quando venivano esposti i quadri con i risultati, era lì prima di me per accertarsi che il seme gettato continuasse a dare frutti.
  • Ricordo, infine, una maestra che quando stavo per abbandonare la scuola all’ultimo anno di liceo, per un lutto gravissimo che mi aveva prostrato, mi ha dato la forza di andare avanti semplicemente regalandomi un libro.

Ho avuto anche un privilegio che capita a pochi. La mia maestra è stata anche la maestra di mia figlia: due generazioni che sugli stessi banchi e dalla stessa voce hanno attinto non solo nozioni, ma passione per la conoscenza e amore per la cultura.

La mia maestra è diventata una poetessa e una scrittrice conosciuta in tutta Italia e oltre i confini della nazione, ha pubblicato libri di poesie in lingua e in vernacolo e libri sulle tradizioni del paese, molto apprezzati dalla critica, che rivelano una simbiosi con il territorio di cui ha esaltato la bellezza dei paesaggi e la ricchezza delle tradizioni. Ma il dono più grande che la mia maestra ha fatto al paese è il Dizionario del dialetto di Trinitapoli che è stato recentemente inserito nella biblioteca dell’Accademia della Crusca: il lavoro di una vita, uno studio scientifico che ha conferito dignità di lingua all’idioma locale.

Ancora oggi, quando vedo la mia maestra recitare le sue poesie, come al recente convegno sulla dieta mediterranea, nell’Auditorium del nostro paese, la guardo con grande tenerezza e gratitudine perché riconosco che nella vita è importante avere dei buoni maestri.

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A PROPOSITO

Grazia Stella Elia tradotta dal poeta italo-americano Joseph Tusiani

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Joseph Tusiani. La sua vita, da San Marco in Lamis sul Gargano, dove nacque nel 1924, all’operosa attività di docente di letteratura italiana all’Università di New York e di scrittore, è qui (link).

ALL’ULIVO / TO AN OLIVE TREE

Chi saprà mai, / pallido ulivo, / quante aurore rosate, / quanti tramonti infuocati, quanti notte stellate / ha visto scorrere / la tua argentea chioma?

Temporali e piogge scroscianti, / venti tumultuosi e lievi folate, / aure profumate e soffi di primavera, / afe soffocanti e caligini opprimenti / per l’arco lunghissimo / della tua vita…/. Poi, quando pare voglia chiudersi / il secolare spazio, / eccoti ancora vivo / nella fiamma del camino, / nella lampada votiva, / nella lucerna del casolare.

Quanta umiltà nei contorti rami/ del tuo tronco!/ Non fa per te/ svettare con superbia!/ Adori la quiete, e sereno te ne stai, / sia che nel soffice terreno/ le radici affondi/ sia che tra rovi e sassi/ a fatica le spinga./ L’odio si può spegnere / con un tuo ramoscello,/ confermare un’amicizia, / accendere la fratellanza.

Messo a capo del letto, / accanto al Crocefisso, / da un anno all’altro rimani,/ simbolo di pace.

Who will ever guess, pale olive tree,/ how many roseate dawns,/ how many fiery sunsets, / how many starry nights / your silver – sprinkled / hair has seen?

Storms and downpouring rains,/tumultuous gales and fondling breezes, / fragrant air and breath of springtime, / choking haze, oppressing fog / throughout the very lengthy / course of your life… / Then, as your centuries-old span / seems to have reachedCar its end, / here you are, still alive / in the flame of a fireplace,/ in a votive lamp, / in a hut’s flickering light.

What humility in the twisted branches / of your trunk! / ‘Tis not for you / to fly on peaks/ with pride!/ You long for quietude, / and tranquil you are, / whether your roots you bury / down in soft soil / or in the midst of thorns and crags/ with pain you push them deep.

With a small twig of yours / hatred can be extinguished, friendship renewed/ and brotherhood lit up.

High on a bedroom wall, / next to a Crucifix, / from year do year you stay – / a symbol of peace.

UN GRIDO LUMINOSO / A LUMINOUS CRY

Un grido luminoso / una macchia di sole / un verde d’erba nuova / la mia infanzia lontana / tra rosse melagrane / e gialle cotogne / qualche carruba / e tanto povero amore.
A luminous cry / a stain of sun / greenness of newborn grass / my by-gone childhood / ‘mong red pomegranates / and yellow quinces / a carob or two / and so much innocent love too.

ILLUMINERO’ / I WILL LIGHT UP

Illuminerò / accenderò parole. / Per te ancora / canti comporrò / nell’aura azzurra di Maggio / quando soavi le campane / da chiesa a chiesa / per l’Ave si richiamano.
I will light up / and set words aflame. / Songs for you still / I will intone / in the blue sky of May / when sweetly bells / from church to church / for their Hail Mary / each other alert.

UN CHE DI ARCANO / SOMETHING MYSTERIOUS

Un che di arcano / avvolge / questa mia sera / che già alla note / prelude. / A me accanto / ecco i miei morti / in un amplesso senza braccia / che pure tanto mi con sola. / E’ possibile/ almeno per una notte / coi morti riposare?
Something mysterious / enwraps / this evening of mine, / already a prelude / to night. / Here are beside me / my beloved dead / in an armless hug / that so much comforts me / nonetheless. / Is it possible / for at least one night / to rest with the dead?

ALLA SOLITUDINE / TO SOLITUDE

Solitudine, / arrivi di là / dove s’adagia / l’orizzonte sugli ulivi / quando ’ l’aria imbruna’ / e già mi straziano / I pensieri.
Solitude, / you have just come / from where the horizon / rest on my olive trees / as ‘the sky darkens’ / and already / my thoughts torture me.

SA DI CORALLO / CORAL TASTE

Sa di corallo, a volte, / il volto della luna. / Femmina vanitosa, / il trucco si è dato / con polvere d’ambra / e ammicca, / innamorata del vento, / che, a mille, / carezze d’aria le manda. / Attenta, luna, / a quelle lusinghe!
Often the face of the moon / tastes just like coral. / A vain conceited female / has now put up her make-up / with amber powder, / and winks, / flirting with the wind / that by the thousands sends her / caresses of air. / O moon, beware / of all those flatteries.

SONO GRANO / I AM THE WHEAT

Sono grano / che nella terra / ha maturato un sogno / ma vuota è la spiga / che invano / divora il sole.
I am the wheat / that in the earth / has ripened its fruit / but empty is the ear of corn / that uselessly / devours the sun.

MI PIACEREBBE / I WOULD LIKE

Mi piacerebbe entrare / nelle terre vergini / del tempo. Come un aratro / il tempo dissodare / e portare in superficie / gli strati profondi, / la vera ‘terra nera’. / Anche ‘la rosa / fu terra’.
I would like to enter / the virgin landes / of time. / Like a plough / dig time / and to the surface bring / the deepest layers, / the true ‘black earth’. / Once even the rose / was only earth.

ASPETTO CHE UNA STELLA / I AM WAITING FOR A STAR

Triste è viaggiare / nelle tenebre del dolore / quando l’anima / in un mare di malinconia / annega. / Aspetto che una stella / il buio attraversi / per annunziarmi / il sole.
‘Tis sad to fare / trough darkness of grief / when the soul / in a melancholy sea / drowns. / I am waiting for a star / to cross the dark / so as to announce to me / the sun.

UN RIDENTE TRAMONTO / A LOVELY SUNSET

Un ridente tramonto, / rosso fuoco, abbraccia / gli ulivi. / Eccoli, cangianti / d’oro e d’argento, / donarsi al vento / che li culla / con melodie / di ninnenanne / antiche / come il tempo.
A lovely sunset, / fiery – red embraces / the olive trees. / Here they are, chancing / the gold and silver, / surrendering to the wind / that cradles them / with melodies / of lullabies / as ancient / as time itself.