Nome | Alfonsina |
Cognome | Morini Strada (cognome da coniugata) |
Data di nascita | 16 marzo 1891 |
Luogo di nascita | Castelfranco Emilia (Modena) |
Data di morte | 13 settembre 1959 |
Luogo di morte | Milano |
Nazionalità | Italiana |
Segni particolari | Ciclista, pioniera della parificazione tra sport maschile e femminile |
Ma dove vai bellezza in bicicletta
Così di fretta pedalando con ardor?
Le gambe snelle, tornite e belle,
m’hanno già messo la passione dentro al cuor?…
Quante volte abbiamo ascoltato mentre veniva canticchiato dai nostri amici e conoscenti più anziani questo brano reso popolare dal Quartetto Cetra fino a Mina? La canzone ha per titolo “Bellezze in bicicletta” ed è stata composta nel 1950 da Giovanni D’Avanzi e Marcello Marchesi, per l’omonimo film interpretato da Silvana Pampanini. Non tutti sanno, però, che la canzone è stata ispirata dalle gesta di una ciclista italiana, Alfonsina Morini, nota con il nome da coniugata Strada, la prima donna a gareggiare al Giro d’Italia: una storia, la sua, che racconta la tenacia delle donne e la bellezza dello sport.
Amore a prima vista
Alfonsina Morini nasce a Castelfranco Emilia, nel 1891. È la seconda dei dieci figli di Carlo Morini e Virginia Marchesini, una coppia di braccianti agricoli che lavorano nelle campagne emiliane. All’età di dieci anni, Alfonsina riceve in dono dal padre la sua prima bicicletta. Due ruote al limite della rottamazione, ma che consentono ad Alfonsina di imparare a pedalare. È amore a prima vista. Quel vecchio rottame consente alla giovane Alfonsina di assaporare la libertà e allontanarsi dalla vita faticosa della campagna che lei non ama. La domenica Alfonsina racconta ai genitori di recarsi in bicicletta alla vicina parrocchia, in realtà partecipa ad alcune gare, a volte fingendosi uomo, perché le donne non sono ammesse, collezionando diverse vittorie. Un biografo racconta che alla sua prima vittoria, Alfonsina riceve in premio un maialino vivo.
Nel 1907, sedicenne, Alfonsina decide di andare nella più liberale Torino dove gareggia in diverse competizioni fino a guadagnarsi il titolo di “miglior ciclista italiana”. Due anni dopo, nel 1909, partecipa al Gran Prix a San Pietroburgo ricevendo una medaglia direttamente dalle mani dello zar Nicola II. Nel 1911 a Moncalieri, stabilisce il record mondiale di velocità femminile, raggiungendo la velocità massima per una donna di 37,192 chilometri orari, superando quello stabilito otto anni prima dalla francese Louise Roger. Nella sua Castelfranco, per tutti, Alfonsina è ormai “il diavolo in gonnella”!
La madre, a questo punto, fa di tutto per convincere Alfonsina a mettere da parte i suoi sogni ciclistici e a sposarsi: il rischio è di rimanere sola per tutta la vita. È il 26 ottobre 1915 Alfonsina sposa Luigi Strada, meccanico e cesellatore, e si trasferisce a Milano. Luigi, contrariamente alle attese della famiglia, diventa il primo sostenitore di Alfonsina e le regala come dono di nozze, una bicicletta da corsa nuova, con i manubri ricurvi all’indietro proprio come occorre per gareggiare. Alfonsina comincia quindi ad allenarsi sotto la guida del marito.
Nel 1917 Alfonsina si reca alla redazione della Gazzetta dello Sport per iscriversi al Giro di Lombardia. L’iscrizione è accettata. La gara comincia il 4 novembre 1917 a Milano, 44 ciclisti in gara, tutti uomini tranne Alfonsina. L’arrivo a Milano, ala Parco Trotter, dopo aver percorso 204 chilometri. Alfonsina è l’ultima tra coloro che hanno completato il tragitto. Dopo di lei una ventina di corridori non termina la corsa. Va meglio nel 1918, stessa gara, Alfonsina giunge ventunesima, in penultima posizione.
1924: uno strano Giro d’Italia
Ma Alfonsina entra nella storia nel 1924 quando partecipa alla sedicesima edizione del Giro d’Italia. Uno strano Giro, quello del 1924. Molte squadre prestigiose hanno deciso di disertare la corsa a seguito di dissapori con l’organizzazione per ricevere compensi in denaro. Inoltre non tutti sono d’accordo alla presenza di una donna alla competizione ciclistica più importante d’Italia, alcuni temono che la gara si possa tramutare in una “pagliacciata”. A tre giorni dall’inizio la Gazzetta dello Sport pubblica l’elenco dei partecipanti tra cui tale “Alfonsin Strada di Milano”. Quella a mancante è forse dovuta a un refuso o a una precisa volontà. Il Resto del Carlino fa di più: cita Alfonsino Strada, con la o che nasconde la femminilità. Solo alla partenza viene svelato l’arcano e la notizia della prima donna partecipante al Giro d’Italia si diffuse in tutt’Italia creando curiosità, approvazione oltre agli immancabili sorrisi di scherno.
La gara inizia. Dodici tappe, 3.613 chilometri, ben 11 giorni di riposo, poco più di cento corridori iscritti, 90 al via, Alfonsina parte con il numero 72 su una divisa nera. La gara è faticosissima, le strade non sono asfaltate, le biciclette pesano circa 20 chili, senza cambio di velocità.
Alfonsina dimostra, tappa dopo tappa, di essere forte e tenace e di essere animata da forte determinazione.
Lo scrittore e regista Gianni Celati la descrive così nel suo breve racconto Narratori delle pianure:
Ogni qualvolta taglia la linea del traguardo, a ogni tappa, Alfonsina è accolta con fiori e donazioni in denaro, bande musicali e striscioni d’incoraggiamento la attendono a ogni fine tappa. Alla fine della terza (Firenze – Roma 284 chilometri), è accolta in trionfo, le regalano un paio di orecchini e una divisa nuova da ciclista. Un ufficiale a cavallo, inviato da re Vittorio Emanuele II, le consegna una busta con 5.000 lire.
Al termine della tappa Foggia – L’Aquila, durissima, le viene consegnata una busta contenente 500 lire, dono dei lettori della Gazzetta dello Sport. Alfonsina utilizza quel denaro per pagare le rette dell’ospedale psichiatrico di San Colombano al Lambro dove quell’anno 1924 viene ricoverato suo marito Luigi e quella del collegio che ospita la nipote.
Alla fine dell’ottava tappa, L’Aquila-Perugia, Alfonsina giunge fuori tempo massimo. Condizioni meteo proibitive, numerose cadute e forature le fanno accumulare un ritardo di quattro ore dal vincitore di tappa. Si rompe pure il manubrio della sua bicicletta, che Alfonsina sostituisce con il manico di una scopa di una contadina. A causa di questo ritardo, il direttore della rosea Gazzetta, Emilio Colombo, propone un compromesso: ad Alfonsina sarà consentito di proseguire la corsa, lui stesso le pagherà l’albergo, ma non è più considerata in gara. Lei acconsente e prosegue il suo Giro.
Vincitrice morale
L’ultima tappa, Bologna – Fiume, 415 chilometri, vede Alfonsina pedalare per 21 ore consecutive. Al traguardo è accolta con calore ed entusiasmo, è lei la vincitrice morale di quel Giro d’Italia. Dei 90 ciclisti partiti da Milano, all’inizio del Giro, solo in trenta completano la corsa, tra essi Alfonsina Morini Strada.
Sebbene il successo guadagnato sul campo, Alfonsina non partecipa più a nessun Giro d’Italia. I suoi tentativi d’iscrizione sono tutti vani. Nonostante ciò, lei percorre le tappe per conto proprio, giungendo sempre al termine, con la stessa tenacia e con la medesima determinazione, guadagnandosi in questo modo la stima dei suoi colleghi ciclisti più famosi come Costante Girardengo.
Sfruttando la propria fama, Alfonsina partecipa a diversi varietà in Italia e all’estero. Nel 1937, a Longchamp, in Francia, stabilisce il record mondiale dell’ora femminile, percorrendo in 60 minuti 35,20 chilometri. Ha 38 anni.
Rimasta vedova, nel 1950 Alfonsina sposa a Milano Carlo Messori, anche lui ex ciclista di fama. Insieme aprono un negozio di biciclette con annesso laboratorio, in via Varesina 80 a Milano. Nel 1957 rimane nuovamente vedova. Continua a recarsi in negozio in bicicletta, decide, però, di acquistare una moto Guzzi 500, di colore rosso per gli spostamenti più lunghi.
Il 13 settembre 1959 Alfonsina è di ritorno a Milano, ha assistito a una classica del ciclismo, la “Tre Valli Varesine”. “Mi sono divertita tantissimo”, dice alla portiera del palazzo dove vive, “porto la moto in negozio e torno in bici”. Cerca di riavviare la moto, senza riuscirci, piange, impreca, tenta con rabbia di spingere giù quella maledetta leva di avviamento. La moto cade, Alfonsina sviene e rovina a terra. Viene soccorsa da alcuni passanti che la caricano in macchina per portarla in ospedale, ma per Alfonsina non c’è più nulla da fare. Il cuore non ha retto, quel cuore messo a dura prova dalle faticosissime competizioni ciclistiche cessa di battere per sempre.
Alfonsina, “il diavolo in gonnella”, riposa al cimitero di Cusano Milanino. Sulla lapide una fotografia la ritrae, maestosa, sulla sua amata bicicletta. La sua storia corre sui libri (segnaliamo, tra i tanti, quello di Paolo Facchinetti, Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada, Ediciclo, 2004 e di Gianpaolo Ormezzano, Storia del ciclismo, Longanesi, 1980) e sperabilmente sulla targa di qualche strada delle città che la videro protagonista (oltre quella dedicatagli a Milano) o che legano il loro nome alle classiche del ciclismo come, per restare nella sua regione di nascita, Cesenatico, patria della granfondo internazionale Nove Colli (che quest’anno a maggio, nel suo 50mo compleanno, a causa dell’emergenza sanitaria non ha visto arrivare in riviera come al solito il mondo intero, ci si rivedrà per la grande festa nel 2021); e Longiano, capitale della benefica, settembrina 2XBENE, gara ciclistica a cronometro per Lui & Lei: una gara per coppie miste varata nel 2000 in quel villaggio ideale di Airone e che sarebbe piaciuta molto alla nostra Alfonsina e al suo secondo marito Carlo Messori, anch’egli ciclista di fama.
Perché Alfonsina
È un brano di un’intervista che Alfonsina rilasciò al Guerin Sportivo. La prima cosa che viene da dire ad Alfonsina dopo aver letto questa dichiarazione è che ha ragione: non è affatto bella, invece è donna bellissima! Tenace, caparbia, quel viso tondo da contadina e quell’animo emiliano fatto di tenacia e sregolatezza, la sua storia è una di quelle storie genuine, che ti accarezzano il cuore, perché Alfonsina sapeva di essere l’unica donna ad avere avuto il coraggio di correre tra gli uomini e una volta accettata la sfida, di dover terminare la corsa, a ogni costo. Alfonsina non voleva e non doveva dimostrare nulla a nessuno, il suo è solo il naturale diritto di chiunque a fare qualcosa che piace e che non nuoce a nessuno. Quella stessa bicicletta, amica silenziosa, compagna di viaggio nella vita di Alfonsina, oggi è posta in alto, sulla parete del piccolo Santuario della Madonna del Ghisallo, protettrice dei ciclisti, sul colle sopra Bellagio, a significare che la nostra Alfonsina è lì, nell’Olimpo dei campioni. E se proprio vogliamo fare un omaggio alle gesta di questa pioniera della storia dello sport che ha segnato una delle prime tappe nel percorso dell’emancipazione femminile in Italia, ci piace immaginare di sentire alla radio, guardando la sua bici, la voce inconfondibile di Mario Ferretti:
A PROPOSITO/ UNA CANZONE
Alfonsina e la bici con Margherita Hack
Con Têtes de Bois, Militant A (Assalti Frontali), Lao Satta, Roma Scorselo, 2010
Alfonsina ha le tette sgonfie
Alfonsina si faceva fina fina la mattina
Alfonsina ha le gomme piene
Alfonsina a una ragazza questa storia non conviene
Alfonsina ha le gomme piene
Alfonsina che c’avevi nella testa che c’avevi nelle vene…
Dalla collana Storie di Donne non comuni,
- Lo sguardo negato di Věra Caslavska, ginnasta di Praga in dissenso contro l’Urss
- Onore ad Anna Kuliscioff, signora del socialismo che migliorò l’Italia
- Franca Viola, la donna che tutte le donne italiane dovrebbero ringraziare
- Grazie a Tina Anselmi, madre del Servizio Sanitario che il mondo ci invidia
- Riscopriamo Laura Conti, partigiana e pioniera dell’ambientalismo scientifico
- Quella ribelle Alfonsina Strada, prima e unica Lei a correre il Giro d’Italia
- Invito alla visione: Felicia Impastato, una serata in Tv con la madre coraggio dell’eroico Peppino
- Renata Fonte, vita e morte di una eroina ambientalista che difendeva il Salento
- Ridiamo l’onore a Eleonora Fonseca Pimentel, eroina di Napoli contro i Borbone
- Angela Casella, madre coraggio che vive nei cuori di tutti gli italiani
- Riannodiamo il filo nel nome di Maria Lai, artista sarda, bambina antichissima
- Per la medicina del territorio ispiriamoci alla romagnola Isotta Gervasi, prima donna medico condotto, angelo in bici
- Cari sindaci lucani, intitolate una via a Teresa De Luca Petrone che ha portato il figlio Rocco dai sassi di Matera ai sassi della Luna
A proposito di storia e ciclismo:
- Fausto Coppi, l’Airone che pedala ancora nella mia memoria. Un grande libro (“Fausto Coppi, la grandezza di un mito”, Minerva) racconta, con immagini mai viste e con testi unici di grandi firme, i cento volti dell’Airone in coincidenza con i cento anni dalla nascita
- Nove soste sulla Nove Colli tra storia e meraviglie dei borghi di Romagna. La Granfondo ciclistica più antica d’Europa, con partenza e arrivo a Cesenatico, è l’occasione per invitare alla visita di nove tra le eccellenze lungo il percorso. A seguire, illuminiamo una terra generosa con la mia intervista al “treno di Forlì” Ercole Baldini e con la festa per la solidale gara della 2XBene a Longiano
- Due pittori in viaggio lungo il Po: De Pisis, con le parole e in bici, Nino Vincenzi con i suoi pennelli. Un artista d’oggi e il grande pittore ferrarese uniti, ognuno con la sua storia e la sua memoria, dal grande fiume tra Ferrara e Rovigo in una iniziativa editoriale a tiratura limitata
- Dalla Romagna fino in Nuova Zelanda: a Jovanotti partito per un viaggio in bici di 3.000 chilometri consigliamo la visita dei piccoli musei che hanno molto da insegnarci. Il cantante, da sempre legato alla riviera romagnola, s’è messo in viaggio da Forlì per un giro della Nuova Zelanda in bicicletta. Può essere utile (a lui e a tutti i fan dei piccoli musei italiani) rileggere il reportage di un noto economista marchigiano, Ercole Sori, sul ricco patrimonio di esperienze raccolto durante un viaggio di studio in quello Stato insulare, terra dei Maori
- Oliviero Beha, il giornalista contro che aveva come eroe Gino Bartali. Affido alle parole che mi consegnò due anni fa il ricordo di un cronista aspro e amico. Per lui “le parole erano molto importanti” e la libertà “un lusso di pochi”. Ammirava un uomo su tutti: il campione ciclista, toscano come lui, salvatore di ebrei e antifascisti
- Quando il campione Nino Borsari tirò la volata agli italiani di Melbourne. Originario dell’Emilia Romagna, Borsari (1911-1996) vinse l’oro olimpico nella gara ciclistica dell’inseguimento a squadre ai giochi di Los Angeles del 1932. La guerra poi lo bloccò in Australia, dove restò per sempre. Qui il suo nome è ancora sinonimo di qualità nel campo del ciclismo, degli affari e della solidarietà.
(via mail)
Caro Salvatore, grazie per la citazione della nostra iniziativa benefica 2XBENE. Come sai, ogni anno in questo mese di aprile, a nome di tutti gli organizzatori, ero solito invitarti con piacere alla tradizionale cena di consegna del ricavato dell’ultima edizione della 2XBENE alla quale hai presenziato apportando sempre il tuo prezioso contributo di solidarietà e condivisione.
“Mala tempora” di quest’anno non permettono il festoso conviviale ma tu sarai comunque con noi alla consegna in municipio a Longiano di 3.000 euro a ciascuna delle quattro realtà veramente bisognose del nostro territorio che tu, romagnolo d’adozione, conosci assai bene. Lo ricordiamo a chi non le conosce: Casa famiglia di Santa Paola di Rtoncofreddo, Comunità Papa Giovanni XXIII di Balignano, Caritas di Longiano, Nuova famiglia onlus di Cesenatico. Ci auguriamo che ciò avvenga assai presto perché, com’era solito raccomandare S. Madre Teresa di Calcutta, “i poveri non possono attendere”. Grazie (r.l.)
La copertina della Domenica del Corriere, firmata da Giacomo Giannella / Streamcolors, dedicata alla 2xBene (edizione 2014) per Corriere.it. A questo link per saperne di più sulla 2XBENE e per conoscere il mosaico del turismo a Longiano e dintorni.
(via mail)
Caro direttore,
sono un dottore commercialista di Perugia, presidente dell’Automobile Club del capoluogo umbro e le scrivo perché ho letto con piacere su Giannella Channel la storia di Alfonsina Strada (il cui nome è già una predestinazione!), una delle storie dedicate alla giusta causa che portate avanti della toponomastica più al femminile delle strade italiane. Quella di Alfonsina è una storia che conoscevo e che mi aveva indotto già nel 2018 a rivolgere per iscritto un appello al sindaco di Perugia, avvocato Andrea Romizi, affinché fosse intitolata ad Alfonsina una strada di Perugia dove si concluse la tappa più dura del Giro d’Italia del 1924.
Ecco i brani centrali di quella lettera che mandai al sindaco e che fu pubblicata sul Messaggero Umbria:
La lettera prosegue con la storia della straordinaria avventura umana e sportiva di Alfonsina e si conclude con questo capoverso:
Caro direttore, sono lieto di aggiornarla che, dopo l’articolo su Giannella Channel, ho contattato nuovamente il sindaco Romizi il quale mi ha detto che la pratica per intestare una strada di Perugia ad Alfonsina è una delle prime che evaderà. Ovviamente aggiornerò i lettori del suo stimolante blog. Buon lavoro (Ruggero Campi)