Nome Anna
Cognome Kuliscioff pseudonimo di Moiseevna
Data di nascita 9 gennaio 1855
Luogo di nascita Sinferopoli (Crimea)
Data di morte Milano, 29 dicembre 1925
Nazionalità Russa naturalizzata italiana
Segni particolari Rivoluzionaria, medico, giornalista
Anna-Kuliscioff

Milano, 29 dicembre 1925. È una giornata piovosa, fa freddo e l’aria è umida, una giornata tipica d’inizio inverno della città lombarda. Un immenso corteo accompagna il feretro di una donna verso l’ultimo viaggio terreno. Il corteo imbocca via Ceresio e dopo aver percorso un centinaio di metri, entra nel cimitero monumentale. C’è tanta gente, tanta gente comune, moltissime sono donne.

Il corteo giunge nella grande piazza del cimitero, il feretro al centro, nel posto che sarà occupato qualche decennio più tardi dal monumento funebre a Luca Beltrami, tutto intorno alle corone di fiori. Prende la parola Enrico Gonzales, deputato del Partito Socialista Unitario, antifascista, noto avvocato dalle particolari doti oratorie. Mentre Gonzales pronuncia l’appassionata orazione funebre, un gruppo di fascisti con la camicia nera provoca tumulti, vengono strappati i drappi e le corone, e il funerale si trasforma in guerriglia urbana. È il caos. Quel funerale è pericoloso, le idee appartenute e sostenute da chi è in quella bara sono pericolose.

A chi appartiene quel corpo che non trova pace? È Anna Moiseeva Rozenstejin, ma tutti la conoscono come Anna Kuliscioff. La donna che, presa dallo sconforto per la scalata al potere da parte di Benito Mussolini; scrive a Turati il 17 novembre 1922: “Oggi chiederei a te una parola di conforto, tanto sono piena di disgusto, avvilita e quasi sgomenta dello spettro di rovine che si prospetta nell’avvenire”. È la donna che, per la sue idee portate avanti con determinazione e di grande attualità (il “welfare”, la lotta per l’effettiva parità tra i sessi, la scelta di mantenere la battaglia politica e sociale sul terreno della legalità e del rispetto delle istituzioni, l’alleanza di tutte le forze antifasciste da lei fortemente auspicata e il cui fallimento consegnerà il potere a Mussolini), sarà definita da Antonio Labriola “l’unico uomo del socialismo italiano”.

Anna-Kuliscioff

Una vita avventurosa

Nata nel 1855, figlia di un commerciante ebreo della penisola di Crimea, a 18 anni decide di trasferirsi in Svizzera per frequentare i corsi di filosofia presso l’università di Zurigo. Rientrata in patria predica, nei villaggi dei poveri e dei contadini sfruttati, la libertà, la giustizia, la ribellione: è la cosiddetta “andata verso il popolo” che la costringe a fuggire dal suo paese e riparare nuovamente in Svizzera. Qui conosce Andrea Costa, dapprima anarchico poi uno dei padri fondatori del Partito Socialista. Cambia anche il cognome in Kuliscioff che in Russia portano solo le persone provenienti da famiglie di schiavi, manovali e braccianti.

Nel 1877 Anna e Andrea vanno a Parigi, dove è arrestata ed espulsa. Ripara di nuovo in Svizzera. Nel 1878 è a Firenze ma anche qui è arrestata ed espulsa con l’accusa di cospirare con gli anarchici per sovvertire l’ordine costituito. In carcere si ammala di tubercolosi e artrite. Anna e Andrea si trasferirono nuovamente in Svizzera, che lasciano nel 1880 per rientrare clandestinamente in Italia, dove però ancora una volta vengono arrestati a Milano. Dopo l’ennesima breve permanenza in Svizzera a Lugano, Anna raggiunge Costa a Imola: qui nel 1881 partorisce la loro figlia Andreina. Poco tempo dopo la relazione tra i due finisce con gran dolore di Anna, che, portando con sé la figlia, torna in Svizzera, a Berna, dove si iscrive alla facoltà di medicina. Quegli anni sono segnati dallo studio e dalla malattia che s’aggrava.

Gli studi di medicina la portano a frequentare nel tempo diverse università. Nel 1885 incontra Filippo Turati, con cui si lega sentimentalmente fino alla morte. Quello stesso anno viene accolta a Pavia da Camillo Golgi, futuro Nobel della medicina, con cui collabora con una propria ricerca sulle origini batteriche della febbre puerperale. Dopo la laurea a Napoli nel 1886, nel 1888 si specializza in ginecologia, prima a Torino, poi a Padova. Con la sua tesi evidenzia ulteriormente l’origine batterica della febbre puerperale, contribuendo ad aprire ancor di più la strada alla scoperta che avrebbe salvato milioni di donne dalla morte dopo il parto.

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La “dottora dei poveri”

Si trasferisce poi a Milano, dove comincia a esercitare l’attività di medico, andando anche nei quartieri più miseri della città e affiancando la filantropa Alessandrina Ravizza, finché la salute glielo consente, nell’ambulatorio medico gratuito che offre assistenza ginecologica alle donne povere. Per questo viene chiamata dai milanesi la “dottora dei poveri”.

A 65 anni tiene una conferenza presso il Circolo Filologico Milanese dove è vietata l’iscrizione alle donne. Anna considera il suo intervento, pubblicato con il titolo “Il monopolio dell’uomo”, il manifesto della questione femminile italiana (in basso il link al testo integrale di questo documento ritrovato, Ndr). È da questo momento che Anna diventa la portavoce dei diritti delle donne.

È arrestata nuovamente ma rimane in carcere per pochi mesi. Nel 1891 si trasferisce con Turati nell’appartamento in via Portici Galleria, al 23, a Milano, appartamento che viene trasformato anche in studio e redazione della rivista “Critica sociale”.

La casa è piena di libri che circondano due grandi scrivanie dove Anna e Filippo lavorano insieme. A ridosso di una parete c’è un piccolo divano verde (oggi conservato nelle sale della Fondazione che porta il nome della Kuliscioff) dove Anna riceve i visitatori a ogni ora del giorno, dai personaggi più in vista della politica e della cultura milanesi alle donne del popolo che trovano conforto in lei. Secondo la Kuliscioff

tutti gli uomini, salvo poche eccezioni, e di qualunque classe sociale, considerano come un fenomeno naturale il loro privilegio di sesso e lo difendono con una tenacia meravigliosa, chiamando in aiuto Dio, chiesa, scienza, etica e leggi vigenti, che non sono altro che la sanzione legale della una prepotenza di una classe e di un sesso dominante.

Solo il lavoro sociale, decentemente retribuito, può portare la donna a essere libera e indipendente.

In un articolo del 1891 su Critica sociale, la Kuliscioff denuncia il cosiddetto “matrimonio a base mercantile come forma imperante di servitù”. È in prima linea nelle lotte sociali. È al fianco delle operaie tessili milanesi incitate a lottare per ottenere le otto ore di lavoro, la libertà di disporre del proprio salario, l’astensione dal lavoro negli ultimi due mesi di gravidanza.

Nel 1892 è tra i fondatori del Partito dei Lavoratori, il futuro Partito Socialista Italiano e non ha paura negli anni successivi a scontrarsi proprio con gli uomini del partito, che poco o nulla fanno per la causa del suffragio universale.

Nel 1897 le viene affidato l’incarico di redigere una proposta di legge sulla tutela del lavoro minorile e femminile (vedi documento a seguire, Ndr) che, presentata in Parlamento, è approvato come Legge 242/1902 (Legge Carcano). Forte di questo risultato Anna rafforza il proprio impegno politico a favore dell’estensione del diritto di voto alle donne: nasce il Comitato Socialista per il Suffragio Femminile.

L’idea innovatrice è quella di stabilire un rapporto di comunicazione diretta con le donne lavoratrici operaie e contadine per renderle consapevoli dei loro diritti, nel tentativo di porle in condizioni di poter uscire dallo stato di disparità e sottomissione imposta dalla tradizione sociale in cui la donna è stata educata.

Nel 1912 la proposta di legge per la concessione del diritto di voto alle donne viene respinta. È un duro colpo per Anna, il primo effetto è la rottura del rapporto con Filippo Turati. Anna commenta:

Ormai l’italiano per essere un giorno cittadino non ha che una sola precauzione da prendere, nascere maschio.

Seppur scoraggiata, Anna continua la sua battaglia in difesa dei diritti delle donne e nello stesso anno 1912 fonda “la difesa delle lavoratrici” e getta le basi per il progetto “la giornata delle donne”, una manifestazione nazionale che nel 1915 avrebbe dovuto porre l’accento sulla questione femminile. La manifestazione è cancellata dalla guerra.

I suoi articoli taglienti sono firmati con lo pseudonimo “OMEGA” perché, come lei spiega, “mi sento come l’ultima ruota del carro”.

Muore il 27 dicembre 1925 a Milano.

Quando si sentì venir meno e soffocare, volle baciare tutti i suoi intimi, e si spense senza un sussulto, senza un brivido.

Oggi il suo ricordo viene perpetuato da una Fondazione che porta il suo nome (in via Vallazze 34 a Milano: fondazioneannakuliscioff.it) che ha una biblioteca di 35.000 volumi e opuscoli donati da Giulio Polotti tutti dedicati alla storia del Socialismo e da una via le è stata dedicata (sempre a Milano) in zona Bisceglie.

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I funerali di Anna Kuliscioff.

Perché Anna

Anna-KuliscioffAnna Kuliscioff è una donna che “non sa stare al suo posto”, frase questa alla ribalta negli ultimi tempi. La verità è che ancora oggi la donna intelligente fa paura tanto che forse è meglio vederla “dietro a un uomo”. Anna invece, indipendente, libera, determinata, equilibrata, con le sue lotte, ha dato voce per la prima volta alle donne, e l’ha fatto con straordinaria semplicità utilizzando l’arma della conoscenza. Conoscere significa non dipendere, conoscere vuol dire criticare, nel senso di giudicare, ma soprattutto la conoscenza permette di distinguersi e prendere una decisione che sia la tua decisione. Colpisce ad esempio in una lettera ad Andrea Costa quello che Anna scrive della figlia Andreina, andata in sposa nel 1904 a Luigi Gavazzi, proveniente da un’importante dinastia di imprenditori tessili «un giovine buono – sono parole di Anna – che però fa parte del parentado più nero del conservatorismo milanese”. È una gran malinconia di dover convincersi che noi non siamo i nostri figli, e che essi vogliono far la loro vita […]. La malinconia non proviene da quel piccolo incidente di matrimonio religioso, ma dal fatto che nostra figlia non ha né l’animo ribelle, né il temperamento di combattività”.

Con il suo instancabile lavoro, Anna è riuscita a scardinare, con ragionamenti realistici, una società maschilista e sessista ma che ha relegato il ruolo della donna a una posizione di subalternità. Disse di lei Claudio Treves: “Per Anna la rivoluzione era riformista e anche legislativa. Ella pose come necessità, innanzi alla classe, l’obiettivo che si chiamava Legge e lo strumento che si chiamava democrazia”. Forse è proprio questo l’insegnamento della “dottrina dei poveri”, l’instancabile ricerca del cambiamento, in nome della giustizia sociale.

Quando pensiamo ad Anna Kuliscioff ci viene in mente sempre una frase della giovane poetessa indiana, naturalizzata canadese, Rupi Kaur: “Mi reggo in piedi sui sacrifici di milioni di donne prima di me pensando cosa posso fare per rendere più alta questa montagna in modo che le donne dopo di me vedano più lontano”. Anna è proprio questo, è la montagna. È un gigante in mezzo ai tanti mediocri lillipuziani del suo tempo, convinti dell’inferiorità della donna come fatto naturale, quasi antropologico, e spazzati via da una visione, ma anche dall’esserci, fisicamente, per dare finalmente voce a chi non ha parole. (2.Continua. La prima puntata è stata dedicata a: Lo sguardo negato di Věra Caslavska, ginnasta di Praga in dissenso contro l’Urss)

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A PROPOSITO

Le regole di Anna

per una legge

sul lavoro delle donne

Nel novembre 1897 il Comitato del Gruppo femminile socialista di Milano incaricava Anna Kuliscioff di compilare uno schema di disegno di legge, che mirava a mitigare lo sfruttamento eccessivo del lavoro femminile e infantile, “docile e incapace di resistenza”.

Riproduciamo qui sotto, insieme al manifesto che lo precedeva, diretto ai lavoratori e alle lavoratrici della Lombardia “affinché voi lo discutiate nelle vostre Associazioni e Sezioni, lo emendiate se occorre, e infine lo facciate vostro…. Così, trasmesso ai deputati che rappresentano gli interessi del proletariato, sia da essi presentato alla Camera, sostenuto da concorde agitazione della classe lavoratrice, e diventi esso la base di una legge che segnerà un passo notevole sulla via della vostra emancipazione”.

SCHEMA DI PROGETTO

Lavoro delle donne

  1. Durata di lavoro di 48 ore maximum per settimana, non oltre il mezzodì del sabato, onde ogni operaia possa fruire d’un riposo di 42 ore consecutive.
  2. Le ore supplementari di lavoro non potranno essere più di 50 durante l’anno, distribuite in modo che la giornata legale di lavoro non possa prolungarsi più di due ore per giorno, né più di tre giorni per settimana.
  3. Vietato l’impiego delle donne nei lavori insalubri e pericolosi.
  4. Vietato il lavoro notturno.
  5. Vietato il lavoro nell’ultimo mese di gravidanza e nel primo mese dal puerperio.
  6. All’assistenza delle donne nei due mesi antecedenti e successivi al parto provvederà la legge sull’assicurazione obbligatoria per le malattie, in ragione almeno del 75% del salario giornaliero.
  7. La legge sul lavoro delle donne sarà applicata, oltreché alle grandi, anche alle piccole industrie, alle industrie casalinghe, ai lavori di risaia e possibilmente a ogni altro lavoro agricolo.
  8. Il testo della legge sarà esposto, in modo facilmente visibile per le interessate, nei laboratori, nelle officine, negli stabilimenti e ovunque sono donne impiegate al lavoro salariato.
  9. I regolamenti interni saranno fissati d’accordo fra gli imprenditori e le rappresentanze delle operaie: in difetto d’accordo, statuirà il Collegio dei probiviri.
  10. L’applicazione della legge sarà vigilata da ispettrici elette dalle operaie e retribuite dallo Stato.
  11. Ispettori tecnici saranno incaricati di visitare regolarmente gli opifici, le fabbriche, i laboratori, ecc., e di verificare le condizioni d’igiene e di sicurezza.
  12. Una legge speciale stabilirà le norme relative all’igiene e alla sicurezza del lavoro.
  13. La responsabilità dell’osservanza delle disposizioni di questa legge spetterà solidamente ai direttori, imprenditori e proprietari, salva fra di essi la rispettiva azione di regresso. Le trasgressioni saranno punite con ammenda da Lire 50 a L. 200 per ciascun caso e per ciascuna persona impiegata. In caso di insolvibilità di tutti i corresponsabili, l’ammenda sarà convertita in detenzione a carico del più direttamente responsabile, secondo la proporzione stabilita dal Codice penale, purché il totale del carcere non superi un anno.
  14. Le ammende saranno devolute alle Casse di sovvenzione per malattie e vecchiaia.

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Fonte: Da “Lotta di classe”, 1897. Da: fondazioneannakuliscioff.it/resources

Marina Malfatti interpreta Anna Kuliscioff durante il suo arresto a Milano

L’attrice Marina Malfatti interpreta la Kuliscioff durante il suo arresto a Milano.

Tre tra i tanti libri usciti su Anna e un film per approfondire la conoscenza di una donna non comune:

Salvatore Giannella, giornalista che ha ideato e cura con passione questo blog che vuole essere una bussola verso nuovi orizzonti per il futuro, ha diretto il mensile scientifico del Gruppo L’Espresso Genius, il settimanale L’Europeo, il primo mensile di natura e civiltà Airone (1986-1994), BBC History Italia e ha curato le pagine di cultura e scienza del settimanale Oggi (2000-2007). Ha scritto libri (“Un’Italia da salvare”, “L’Arca dell’arte”, “I Nicola”, “Voglia di cambiare”, “Operazione Salvataggio: gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre”, “Guida ai paesi dipinti di Lombardia”, “In viaggio con i maestri. Come 68 personaggi hanno guidato i grandi del nostro tempo” e, a quattro mani con Maria Rita Parsi, “Manifesto contro il potere distruttivo”, Chiarelettere, 2019), curato volumi di Tonino Guerra ed Enzo Biagi e sceneggiato docu-film per il programma Rai “La storia siamo noi” (clicca qui per approfondire).