Il sole si ferma alle 14,30 del 6 agosto 1985. Il Commissario Ninni Cassarà, 38 anni, capo della “Mobile” in una Palermo che in quegli anni sanguinosi somiglia più a Beirut, esce sull’Alfetta blindata, con i suoi agenti di scorta. Ha telefonato alla moglie: “Laura sto arrivando, un bacio ai bambini”. Non vede l’ora di abbracciare la terza figlia, nata da poco. L’auto sfreccia guardinga. Al fianco di Ninni c’è Roberto Antiochia tornato precipitosamente da Roma dove, da poco trasferito, avrebbe dovuto giorni prima sposarsi. Vuole essere a Palermo per proteggere “Ninni”, suo capo della Mobile.
Nove giorni prima la mafia ha ucciso, mentre era con la fidanzata nel comune di Santa Flavia, Beppe Montana, il commissario della “Catturandi” che si occupava della ricerca dei latitanti e che aveva confidato a un cronista di Repubblica:
Ora Cassarà, collaboratore di Giovanni Falcone e del pool antimafia della Procura di Palermo, è in gravissimo pericolo. Arrivati nel cortile del condominio dove questi vive, in via Croce Rossa al civico 81, scendono guardandosi attorno! Uno sguardo verso l’alto. La moglie Laura è alla finestra con la piccola in braccio. Nell’ammezzato di fronte, la “nazionale omicida” formata da un killer per ogni cosca (nove uomini armati di fucile AK-47) implacabile aspetta. Trecento colpi di kalashnikov. Roberto muore subito, la mano protesa a difendere Ninni. Un altro agente, Natale Mondo, si salva riuscendo a ripararsi sotto l’auto (ma sarà ucciso anch’egli il 14 gennaio 1988).
Laura, la bimba in braccio, urla, grida disperata, piange, corre, bussa alle porte vicino. Nessuno risponde. Nessuno apre. “Ninni” agonizzante si trascina sui gradini, verso casa, lasciando dietro una lunga striscia di sangue. In un’ultima luce vede Laura, la bimba. Muore, in un estremo abbraccio di amore. Sirene lontane. Lei attende. Attorno nessuno ha visto niente. Buona giornata a tutti. Sappiate che “anche questo è stato”. Ciao “Ninni” amico, collega, maestro, che ti sentivi vivo in una Palermo piena di morti. Tuo, Ennio.
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