Questo noi mortali abbiamo di immortale: il ricordo che lasciamo, il ricordo che rinnoviamo

(Plutarco)

13 gennaio 1984: quel giorno le cronache dei quotidiani non hanno titoloni da scoop. I socialisti candidano Sandro Pertini al premio Nobel. All’Auditorium della Rai di via Rossini la mostra sulla radio supera i primi diecimila visitatori. In Friuli l’ombra di un maniaco su 13 donne uccise. Rincarano i prezzi di alimentari per il maltempo e le tariffe: “Gennaio è un mese malandrino”, titola La Stampa. Per un poliziotto quel giorno è più che malandrino, è assassino. Il Corriere della Sera sintetizza nel titolo: “Casoria (Napoli). Ucciso l’agente di polizia Agostino Mastrodicasa mentre cerca di arrestare un latitante”.

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Agostino Mastrodicasa (1961 – 1984).

Quella sera, insieme ad altri colleghi della 4^ Sezione della Squadra Mobile della Questura di Napoli, il ventiduenne Agostino (nato il 24 settembre 1961 a Bolognano, Pescara) era impegnato in una serie di controlli nelle abitazioni di pregiudicati a Casoria, nell’hinterland di Napoli, quando un uomo (per evitare di essere fermato dai poliziotti) fuggì all’interno di un’abitazione di Quinto Vicolo Marco Rocco e ne uscì scavalcando una finestra. Inseguito dagli agenti, l’uomo aprì il fuoco contro di loro, uccidendo l’agente Mastrodicasa. Gli altri agenti risposero al fuoco, ma l’assassino riuscì a fuggire attraverso i vicoli. L’omicida venne identificato come un camorrista di 22 anni, fuggito dal carcere dopo un permesso premio e con una pena di sei anni di carcere da scontare. Agostino Mastrodicasa lasciò i genitori, una sorella e un fratello, militare dell’Arma dei Carabinieri.

Se inizio con Agostino questo viaggio di “commissario tra i miei colleghi di lassù” in un Paese che non riesce a onorare i suoi martiri della stagione degli anni di piombo e che poco fa per arginare i fomentatori di odio e violenza, questa sorta di percorso con tanti servitori che lontani nel tempo mi hanno ispirato (Petrosino, Palatucci, Dosi… ) o altri che ho conosciuto direttamente (Calabresi, Custra, Cassarà, Calipari, Varisco) è per una poesia quasi magicamente ritrovata, quasi a volersi presentare per prima essa stessa. Agostino scrisse questi versi premonitori sul suo diario, due giorni prima di essere ucciso in quel conflitto a fuoco a Casoria. Leggiamoli:

PER UN AGENTE DI POLIZIA

Ti hanno chiamato strumento del potere

e ti hanno ucciso.

Sono pochi vent’anni per morire

senza sapere perché, per chi, per cosa.

Alcuni ti hanno chiamato eroe,

altri bastardo.

Tu non eri né l’uno né l’altro,

eri solo un ragazzo di vent’anni,

con speranze e tanti sogni ancora da realizzare.

Forse avevi anche paura,

la vita si era già incaricata di farti conoscere le sue crudeltà.

E quello che ti ha ucciso

chiama potere per te altro non era che un pezzo di pane.

La poesia, da poco riaffiorata tra le mie carte d’archivio, mi era stata data tredici anni addietro dai genitori di Agostino, Angelo e Anna Maria, in un incontro che avevo organizzato a Pescara con figli di “vittime del servizio”. Potete ora ascoltare quei versi, cantati da Gianfranco Di Giovanni, talentuoso quanto schivo compositore, presentatomi a Brittoli un mese fa dall’amico-collega Valentino Di Persio (già collega all’Interpol in Francia) che, ormai in pensione, ivi è tornato a vivere. Aveva insistito, infatti, affinché io presiedessi la giuria giudicatrice del concorso di poesie che da qualche tempo, ogni anno, organizza nel suo borgo natale.

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Ari (Chieti), progetto “Valle della memoria”: una scultura alla memoria dei caduti.

Il 16 settembre scorso avevamo avuto ad Ari (altro borgo d’Abruzzo, dove da anni abbiamo fatto sorgere una suggestiva Valle della Memoria con ormai una trentina di sculture dedicate a “Servitori dello Stato”, tra cui quella in ricordo di Antonio Custra) un incontro con i bambini, presenti il sindaco, il parroco e i mastri per ricordare la figlia di questi, Antonia, da poco spentasi a 40 anni a Napoli a causa di un tumore (una donna con un destino amaro, segnato quando era ancora nel ventre della madre: era il 14 maggio di un anno nero, il 1977, allorché suo padre Antonio, poliziotto nato e Napoli e al lavoro alla Celere di Milano, era stato ammazzato in via De Amicis a Milano durante una manifestazione organizzata da extraparlamentari di sinistra: i particolari a questo link) sono andato a Bolognano, poco più di mille abitanti in provincia di Pescara, per cercare la casa della famiglia Mastrodicasa: i genitori di Agostino erano deceduti anni fa. Ho abbracciato il fratello Giovanni, già appuntato dei carabinieri. Insieme abbiamo posto un fiore nel cimitero dove Agostino riposa coi genitori. Giovanni e altri familiari hanno ascoltato la canzone commossi. Oggi Agostino avrebbe 56 anni, sarebbe sposato, avrebbe forse figli e nipoti. Resta la poesia “Per un agente di polizia”, da Lui scritta chissà per quale disegno divino. Porti un seme di fratellanza contro ogni violenza.

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1. Continua.

* Ennio Di Francesco, già ufficiale dei Carabinieri e funzionario della Polizia di Stato. Figlio di un Maresciallo di Carabinieri deceduto per infermità di servizio. Tra i promotori negli anni ’70 della riforma democratica di polizia che condusse alla legge 121/81. Autore di: Un Commissario con prefazioni di Norberto Bobbio, Gino Giugni, Marco Tullio Giordana, Giancarlo De Cataldo, Corrado Stajano e don Andrea Gallo; Radicalmentesbirro con quelle di Don Gallo e Marco Pannella; Frammenti di utopia, con quelle di Mario Calabresi e Marco Alessandrini; Il vate e lo sbirro. L’indagine segreta del commissario Giuseppe Dosi sul «volo dell’arcangelo». È un uomo dello Stato che ha avuto una vita difficile per la sua intransigente fedeltà alle istituzioni della Repubblica. Per approfondimenti: enniodifrancesco.it