(Melbourne)

Nino_Borsari

Nino Borsari (Cavezzo, 1911 – Carlton, 1996).

Avanziamo nella città più italiana d’Australia e nel quartiere “tricolore” per eccellenza, Carlton, ci vengono incontro insegne con nomi che ci suonano familiari. Colpiscono, in particolare, due locali (un negozio di biciclette e, poco distante, un ristorante) che evocano lo stesso cognome: Borsari. Ci affacciamo nei due locali in Lygon Street per chiedere di saperne di più e la nostra curiosità viene premiata dall’incontro con Fabian, l’attuale titolare del negozio di bici al civico 193, gestito con Matt, il meccanico. Perché quel cognome rimanda alla storia formidabile di Nino Borsari, un ciclista campione olimpico arrivato dall’Emilia Romagna ad aprire un emporio qui nel 1941, due anni dopo il suo sbarco in Australia (in vetrina è ancora esposta, in mezzo alle ultime meraviglie tecnologiche, la prima bicicletta tutta in legno creata da Nino). L’emporio è diventato un punto di riferimento per la comunità ciclistica di Melbourne, in particolare per gli studenti universitari (soggetti di sconti speciali) dietro ai quali ci mettiamo in rispettosa fila prima di incontrare Fabian e ascoltare da lui, che ci rimanda per approfondimenti al mare magnum di Internet, la storia di Nino, il grande imprenditore in Australia che, da campione del ciclismo, ha tirato la volata a migliaia di italiani arrivati in questa terra lontana.

borsari-cycles-matt-fabian

Matt e Fabian, titolare e meccanico del Borsari’s Cycles.

Grazie a un generoso farmacista

Nino nasce il 14 dicembre 1911 a Motta di Cavezzo, borgo confinante con la più nota Mirandola, terre modenesi ferite dal terremoto del 2012. Borgo piccolo, oggi conta poco più di settemila abitanti tra i quali ancora molti Borsari, ma con felice dimestichezza con i campioni sportivi (è nato qui, tra gli altri, anche un antico attaccante dell’Inter e della Juventus, Fausto Faglioni). La famiglia di Nino era molto povera: “Faceva fatica a mettere sul tavolo qualcosa di più di un po’ di polenta, cibo pesante per lo stomaco, ma lo stesso quando correva da dilettante vinceva quasi tutte le corse”, ha raccontato una volta suo figlio, anch’egli chiamato Nino jr. La sua vecchia, sgangherata bici era stata anche il suo primo strumento di lavoro: un generoso farmacista del paese gli affidò il compito, retribuito, di consegnare i medicinali agli anziani.

salvatore-giannella-borsari-cycles-melbourne

Salvatore Giannella davanti al Borsari’s Cycles a Melbourne.

Trionfo a Pasadena

La svolta avviene il giorno in cui nelle strade di Cavezzo vede passare una squadra di ciclisti professionisti. Nino si mette all’inseguimento, riesce a tenere il loro passo. Uno degli atleti lo nota e, d’accordo con il farmacista, gli compra una bicicletta nuova fiammante. Lo allena, vede crescere le potenzialità del giovane. A 19 anni Borsari è già un campione e a 21 conquista la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Los Angeles, specialità inseguimento a squadre (i suoi compagni: il bolognese Marco Cimatti, il romano Alberto Ghilardi e il comasco Paolo Pedretti): al Rose Bowl di Pasadena, Borsari porta l’Italia sul podio più alto, battendo Francia e Inghilterra.

bicicletta-legno

La bicicletta di legno costruita da Borsari in Italia nel 1940.

Un provino a Hollywood

La vittoria in California coincide, per lui che sognava una carriera di attore, con un provino a Hollywood, ma i risultati lo convincono a continuare a pedalare. A Cavezzo i suoi concittadini sono così felici che gli costruiscono un velodromo in terra battuta, in modo che possa allenarsi in tranquillità. Sul terreno messo a disposizione dal Comune, volontari realizzano in un anno l’impianto, inaugurato alla presenza di molti campioni nel 1934. In quel periodo Borsari gira il mondo in tournée ciclistiche che gli fruttano buoni guadagni. A Coney Island, New York, l’affetto degli emigrati italiani è la molla che gli fa battere il campione statunitense Fred Spencer. Gareggia al Madison Square Garden e conosce il pugile Primo Carnera, l’eroe sportivo degli italo-americani.

nino-borsari-1936

Nino Borsari nel 1936.

Sul Rex felliniano

Borsari torna in Italia sul mitico Rex felliniano, i velodromi di tutto il mondo lo chiamano, lui riparte e nel 1934 va in Australia, dove partecipa alla Centenary Cycling Road Race, vincendola, e ad altre gare. Ritorna in Australia nel 1939 ma, mentre si trova a Sydney pronto a imbarcarsi per l’Italia, il nostro paese entra nella seconda guerra mondiale e rimane bloccato in una terra per la quale improvvisamente diventa straniero e nemico. Per alcuni mesi Borsari deve subire l’onta del campo di concentramento. Liberato grazie all’intervento di sportivi australiani, si rassegna ad aspettare la fine della guerra dall’altra parte del mondo. Si mette a riparare biciclette in un negozietto in Carlton, il quartiere della “piccola Italia”. Confinato dapprima in un sottoscala, comincia dopo la guerra un piccolo commercio, importando biciclette dalla Bianchi, per la quale aveva corso ai tempi d’oro, dopo un’esperienza con la Ganna.

Sposa la cantante Fanny

Intanto incontra e sposa Fanny, un’affermata cantante lirica. L’Italia è sempre più lontana. Gli affari a Melbourne crescono, salgono redditi e posizione sociale e nel 1961 il negozio s’ingrandisce. Ora ha tre ingressi, al 193 di Lygon Street e alle biciclette e agli articoli sportivi (come le qui sconosciute bocce) si aggiungono fucili da caccia, oggetti per la casa inclusa la prima macchina per caffè e cappuccino (un’idea vincente, che relega in secondo piano l’usanza inglese del tè), giornali italiani (Gazzetta dello Sport, Corriere dei Piccoli, L’Europeo e Grand Hotel su tutti), argenti e gioielli (a questa sezione bada Fanny). Tutti in città conoscono l’Emporium Borsari dell’ex campione olimpionico. Prima ancora che venisse istituita l’ambasciata italiana in Australia, Borsari per gli emigrati italiani è la persona di riferimento e l’Emporio, posto nel Borsari’s Corner, diventa un centro di assistenza per i nuovi arrivati. Nino Borsari ormai è per tutti King of Carlton, il re del quartiere italiano di Melbourne.

nino-borsari-cycles-melbourne

Fanny Borsari, moglie di Nino, nella sua gioielleria, in Lygon Street angolo Grattan Street (il “Borsari’s Corner”) a Melbourne. L’immagine è stata scattata da Elizabeth Gilliam nel 1986, due anni prima della morte di Fanny. (Credit: State Library of Victoria)

Solidarietà e sport…

… con queste due ali, Nino continua a registrare successi. L’antica medaglia d’oro olimpica aiuta il governo nel sostegno al ciclismo, organizza gare, fonda e presiede i club del ciclismo per professionisti e dilettanti dello Stato di Victoria. Lui stesso monta in sella fino a tarda età: si fermerà solo dopo essere stato ferito in un incidente, investito da un’auto.

Non si impegna solo nel ciclismo: lo eleggono presidente dell’Australian Boxing Federation, con l’aiuto dei suoi due fidati manager Dick Lean e Bill Long, porta nella terra dei canguri molti pugili italiani alcuni dei quali decidono di fermarsi in Australia (tra questi Luigi Coluzzi, il cui Bar Coluzzi a Sydney, pieno di fotografie dei grandi della boxe, rimane un’istituzione). Fonda lo Juventus Soccer Club di Melbourne, comprando le scarpe per tutti in modo da favorire la partenza in campionato: vincerà sei campionati. Gioca un ruolo decisivo come ambasciatore di Melbourne per l’assegnazione della XVI Olimpiade, 1956. Il figlio Nino jr. ricorda un particolare decisivo. A Roma i commissari incaricati di scegliere la città per i Giochi lo interrogano: “Signor Borsari, ritiene che l’Australia possa essere in grado di sostenere il pesante impegno di un’Olimpiade?”. Lui risponde secco: “Cosa vuole che sia per loro, hanno costruito un continente in meno di 100 anni. Sono lavoratori molto seri. Saranno i migliori Giochi di sempre!”.

Grazie anche a Borsari, le Olimpiadi si svolgeranno per la prima volta nell’emisfero sud del mondo. Melbourne batte le concorrenti Buenos Aires, Città del Messico, Montreal, Los Angeles, Detroit, Chicago, Minneapolis, Filadelfia e San Francisco. La città australiana fondata nel 1837 come colonia penale inglese sull’enorme baia di Port Phillip, nella regione chiamata Victoria (in onore della inglese Regina Vittoria) e che deve il suo nome al primo ministro inglese Lord William Lamb Melbourne, ospita così i Giochi del 1956, i primi a essere allestiti con enormi spese e una ricchezza di impianti fuori dal comune. (Una curiosità supplementare: a causa delle locali norme restrittive sull’importazione di bestiame, le gare di equitazione si tengono a Stoccolma qualche mese prima).

1952: da sinistra a destra, Nino Borsari con i ciclisti Angelo Catalano e Vince Cincis davanti a Borsari Cycles in Lygon Street, Carlton.

1952: da sinistra a destra, Nino Borsari con i ciclisti Angelo Catalano e Vince Cincis davanti a Borsari Cycles in Lygon Street, Carlton.

Il trionfo del romagnolo Baldini

Il medagliere finale di quei Giochi vede l’Unione Sovietica precedere, con 98 riconoscimenti, gli Stati Uniti (74) e l’Australia (35). Al quarto posto si piazza l’Ungheria (26 medaglie) seguita dall’Italia (25). Sotto gli occhi dell’antico campione olimpico di ciclismo venuto dall’Emilia Romagna, si esibisce un ciclista che diventerà uno dei campioni più acclamati delle strade italiane, il romagnolo Ercole Baldini (a seguire una mia intervista al campione ritrovato sulla Via Emilia, Ndr). Forlivese, classe ’33, Baldini vince la prova in linea al termine di un’intensa preparazione in loco durata 40 giorni. Ma è già famoso: campione del mondo dell’inseguimento, il 19 settembre di quell’anno, lui, dilettante, ha battuto il primato assoluto dell’ora al Vigorelli di Milano, detenuto da Anquetil, con 45,393 km. A Melbourne centra una vittoria per distacco, favorito anche dal buon gioco di squadra in cui si distingue Pambianco.

Il cuore di Borsari si ferma il 31 marzo a Melbourne, la città che con il suo senso di ordinato ottimismo ha contribuito a far crescere in bellezza e visibilità. Ha 84 anni, otto anni prima ha dato l’estremo saluto alla sua amata Fanny che ha dato il suo sostegno alla causa degli emigrati italiani con concerti e spettacoli. Dietro la bara, il figlio Nino, la nuora Diana Espino e i quattro nipoti.

L’Emporium di Nino Borsari è stato trasformato nel ristorante Borsari. Ma, a fianco, il Borsari Cycles è ancora presente in Lygon Street, con tutti i modelli in vendita e con i consigli utili per rimettere a nuovo il vecchio. E con il modello pioniere di bici al 90% in legno costruito nel 1940: l’unico esemplare ammirabile in Australia “made by Nino Borsari”, gigante italiano venuto dall’Emilia Romagna che meriterebbe di essere conosciuto da tutti gli emiliano romagnoli e dagli italiani.

bussola-punto-fine-articolo

Contatto: Borsari Cycles, 193 Lygon St, Carlton, 3053 Melbourne. Mail info@borsaricycles.com.au ; web borsaricycles.com.au.

* Dal mio diario di viaggio in Australia:

A proposito di Fausto Coppi e ciclismo, leggi anche:

A PROPOSITO

Ercole Baldini: la mia sposa Vanda, simbolo della generosità romagnola

IL MIO EROE / Intervista di Salvatore Giannella per Sette*

ercole-baldini-ritratto-streamcolors

Ercole Baldini (Forlì, 1933) è stato un campione di ciclismo su strada e su pista. Si aggiudicò nel triennio 1956-1958 un titolo olimpico su strada, il record dell’ora, un Giro d’Italia e un campionato mondiale su strada.

Caro Baldini, venendo a casa tua lungo la Via Emilia pensavo a Forlì e alla fama (meritata) di essere una città generosa nella volata della solidarietà. È grazie al volontariato (316 associazioni nell’intera provincia, con 53.918 soci iscritti), se ogni anno classifiche come quella del Sole 24 Ore la premiano.

“Queste migliaia di persone impegnate nel sociale sono un patrimonio straordinario della mia terra romagnola. Per questo credo di non essere di parte se ti indico, a simbolo di questa bella umanità, una donna da poco scomparsa: Vanda Beccari, che è stata presidente della Croce rossa femminile, sezione di Forlì, e a capo di altre società impegnate in beneficenza”.

Di parte perché?

“Vanda è stata la mia sposa. Veniva da una famiglia agiata dell’Emilia e aveva trasferito in Romagna le cose belle di lassù. L’amore per la musica e il teatro, per esempio: quante volte mi ha portato alla Scala di Milano o alla Fenice di Venezia o al Maggio fiorentino… Noi non eravamo ricchi (famosi sì, perché all’epoca i ciclisti erano più famosi dei calciatori) ma facevamo la vita dei ricchi. Io sono amico del presidente della Confindustria, Squinzi, e quando lo incontravamo in queste serate musicali lui ci faceva i complimenti per le scelte fatte da Vanda, per come ha contribuito ad arricchire Baldini uomo. Far del bene era una sua predisposizione naturale. Periodicamente ci veniva a trovare un sacerdote impegnato in India: se ne tornava nella sua missione con quanto aveva bisogno. E quando la comunità di Sadurano, qui vicina, che dà futuro a persone disagiate, si trovò in un momento di difficoltà, grazie all’organizzazione da parte di Vanda di un concerto con Muti e Pavarotti, riuscì a trovare i fondi per continuare”.

vanda-beccari-ritratto-streamcolors

Vanda Beccari (Castelnuovo Rangone, Modena 1938- Forlì 2008). Ha sposato Baldini nel santuario comasco della Madonna del Ghisallo, la patrona dei ciclisti, nel 1959. Ha dato a Ercole due figli, Anselmo e Riziero, costruttori edili impegnati in Costarica.

Come la conoscesti?

“Era figlia di Anselmo, presidente della società Niccolò Biondo di Carpi, per cui corsi come dilettante. Il mio futuro suocero mi comprò dalla Baracca di Lugo regalando ai lughesi una gigantesca forma di mortadella. A Carpi, per risparmiare, venivamo ospitati in casa dei consiglieri di amministrazione. A me capitò di essere accolto in casa del presidente, che aveva due figlie studentesse a Bologna. Per quasi un anno non le vidi mai. Poi un giorno Vanda è venuta a una corsa e lì la mia vittoria è stata galeotta: ci conoscemmo, ci sposammo nel 1959, da allora siamo sempre stati insieme fino al 2008. Nell’orazione civile in suo onore, il sindaco forlivese Balzani sottolineò la passione e l’equilibrio, il forte carattere e l’ironico buonumore con cui Vanda ha agito nel mondo del volontariato. Capisci perché la considero una donna campione di vita”.

E capisco perché qui vicino, a Longiano, se ogni anno, per restare in campo ciclistico, la 2XBene e il suo vulcanico ideatore Roberto Landi premiano i gregari dei campioni come te.

bussola-punto-fine-articolo

* Fonte: dalla serie “Il mio eroe” (marzo 2015), interviste curate da chi vi scrive per Sette, lo storico magazine del Corriere della Sera diretto da Pier Luigi Vercesi e giunte alla 150ma puntata.