Una lettera al Giornale di Brescia in cui una lettrice osserva la sua e altrui quotidianità nella giornata dedicata alla gentilezza e come affrontare il pericolo che la prescrizione diventi la tomba della giustizia nelle parole di un magistrato al Corriere della Sera costituiscono le due scelte di questa settimana per la sezione Italiani brave penne. Leggiamole.
La gentilezza potrebbe migliorare la vita
Il 13 novembre è stata definita la «giornata della gentilezza». Nei giorni successivi ho riflettuto e osservato me stessa e chi mi vive vicino. Spesso infatti, per fretta, distrazione, pensieri e preoccupazioni che occupano la mente, non diamo la giusta importanza a ciò che potrebbe migliorare il nostro umore e di conseguenza la nostra vita. Nel mio caso, ho avuto la conferma di essere fortunata: incontro ogni giorno qualcuno che mi rivolge gesti gentili, a volte proprio piccole cose, ma che bastano a fare la differenza, fanno alzare l’autostima, la felicità di vivere, malgrado i problemi. Penso anche che, in buona parte, dipenda da come io stessa mi pongo verso gli altri: sempre sorridente e, nel limite del possibile, disponibile.
Non si può infatti solo pretendere gentilezza dagli altri, bisogna offrirne noi per primi. Essere gentili dovrebbe essere un modo spontaneo di rivolgersi agli altri, senza bisogno di creare una giornata per ricordarlo. Basta un sorriso, un saluto caloroso, una stretta di mano vigorosa, una telefonata a una persona che non si sente da tempo o che non sta bene, una visita a un anziano solo o ammalato… La gentilezza si può dimostrare anche dedicando un po’ del proprio tempo ad ascoltare chi ha bisogno di confidarsi, condividere emozioni, chiedere un consiglio: non servono tante parole, il silenzio rispettoso, un abbraccio, uno sguardo sincero e comprensivo valgono spesso più di inutili discorsi e rende felice entrambi.
Fare ogni giorno qualche piccolo gesto di gentilezza è utile a chi è timido, per uscire dal proprio guscio. Chiunque si comporta gentilmente è sereno, e inevitabilmente trasmette poi questa serenità agli altri. Per questo mi auguro che della gentilezza non ci si ricordi solo perché hanno «inventato» una giornata a tema, ma che diventi uno stile di vita che ci distingua in mezzo a tanta maleducazione e poco rispetto. Giusto insegnarla ai bambini, con l’esempio più che con noiose prediche, ma pure a molti adulti che la dimenticano troppe volte!
Ornella Olfi, Montichiari
Prescrizione: come affrontare il pericolo
Come quasi sempre avviene sul fronte della giustizia, la politica ha improvvisamente scoperto il problema della prescrizione dopo che la Cassazione ha dichiarato estinto (sia pure con una sentenza sbagliata) il delitto di disastro ambientale per il caso Eternit. Sul punto l’Italia ha un poco invidiabile primato. In tutti gli Stati europei la prescrizione opera contro i criminali: si svolge, cioè, attraverso tempi non tanto brevi ma certi e che si azzerano a ogni atto dell’autorità giudiziaria relativo al processo (Francia) o si raddoppiano a ogni interruzione (Germania, Spagna).
Negli Stati Uniti, per esempio, per i reati federali, la prescrizione si estingue con il rinvio a giudizio. In Italia, invece, essa agisce a favore dei delinquenti: si articola in tempi non lunghissimi e, quand’è interrotta con atto del pubblico ministero o del giudice, ricomincia a decorrere senza riprendere da capo. E siccome il procedimento si snoda invariabilmente tra molti gradi di giudizio, fatalmente, in molti casi, arriva all’estinzione.
L’orologio della prescrizione inizia a correre poi non dal momento in cui il reato viene scoperto, ma dal giorno in cui è stato consumato; l’imputato riuscito a farla franca per mesi o anni gode di un tesoretto che avvicina il traguardo della prescrizione. Un traguardo che i difensori degli imputati cercano di cogliere in tutti i modi con sopraffine tecniche dilatorie impensabili negli altri Paesi, favorite da un sistema processuale che, privo di adeguate risorse, cammina a passo di elefante.
Queste sono le ragioni per cui il pericolo della prescrizione aleggia costantemente nelle nostre aule di giustizia (muoiono circa 130 mila processi l’anno) assicurando l’impunità anche ai colpevoli di gravi reati.
Quali rimedi? Ne basterebbe uno, semplice, una norma da introdurre con decreto-legge di appena 12 parole: “La prescrizione cessa di avere effetto con la sentenza di primo grado”.
Nicola Ferri, ex sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione