L’attrice Elena Sofia Ricci ha un tesoro in famiglia, un tesoro discreto quanto il suo cognome con cui fu registrata all’anagrafe di Firenze alla sua nascita, il 29 marzo 1962: Elena Sofia Barucchieri. La protagonista indiscussa della stagione televisiva con Vivi e lascia vivere su Rai 1 (una media di oltre sei milioni di spettatori, prossimo impegno impersonare Rita Levi Montalcini, sempre su Rai1) e che ricopre ruoli in primo piano in film (nel 2018 partecipa al film biografico su Silvio Berlusconi di Paolo Sorrentino, Loro, nel ruolo di Veronica Lario), nel teatro e in tante altre fiction televisive come l’amata Suor Angela in Che Dio ci aiuti, con quel cognome Barucchieri riporta il cronista al nonno paterno, Vincenzo, che fu un eroe silenzioso durante la seconda guerra mondiale. Fu scelto da Pasquale Rotondi, soprintendente delle Marche, come responsabile dei custodi che vegliarono per 5 anni, 3 mesi e 8 giorni su 7.821 opere d’arte affidate dai soprintendenti di Milano, Bergamo, Venezia, delle Marche, di Roma e di Tarquinia e che trovarono ricovero e salvezza tra il 1940 e il 1944 nella Rocca di Sassocorvaro e nel Palazzo dei Prìncipi di Carpegna. E che opere! Molti erano capolavori di importanza universale come La Tempesta del Giorgione, 13 Tiziano, 17 Tintoretto, 4 Piero della Francesca, il Tesoro di San Marco…
Questa Operazione Salvataggio era rimasta sconosciuta al grande pubblico per mezzo secolo (poi raccontata dettagliatamente nei miei libri L’Arca dell’Arte, Delfi, 1999 e Operazione Salvataggio, Chiarelettere, 2014, e nel docu-film per Rai Educational La lista di Rotondi, da me sceneggiato). Per portarla a termine positivamente Rotondi fece ricorso al prezioso aiuto di eroi silenziosi, manovali, facchini e custodi… uomini straordinari, onesti cittadini, di elevata caratura morale. È anche grazie a loro se al termine dei conflitti ogni opera, sottratta alla barbarie della guerra, fece ritorno integra e in perfetto stato di conservazione al proprio luogo di provenienza.
Per questo il Premio Rotondi 2019, assegnato come ogni anno dal 1997 ai salvatori dell’arte (la storia è su premiorotondi.it) nella cornice dei due monumenti architettonici di Sassocorvaro e Carpegna, nel Montefeltro marchigiano, è andato alla memoria proprio di Vincenzo Barucchieri.
L’attrice, invitata con la famiglia tutta, non ha potuto essere presente perché impegnata sul set, ma non ha voluto far mancare un segno della sua soddisfazione per questo riconoscimento al talento di suo nonno Vincenzo. Questa la lettera che Elena ha mandato agli organizzatori del premio (la giuria è presieduta dalla figlia di Rotondi, Giovanna, e coordinata dal sottoscritto) tramite il primo cittadino di Carpegna, Angelo Francioni:
Egregio signor sindaco, tramite la Sua persona ringrazio tutta la città di Carpegna (con Sassocorvaro) per il vostro invito che ho apprezzato molto. Il premio assegnato alla memoria di mio nonno Vincenzo Barucchieri significa tanto per tutta la nostra famiglia e, in particolare, per tutti noi nipoti che purtroppo non abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo a fondo ma che è vivo, attraverso la narrazione dei suoi figli.
Era una persona con il senso del dovere e con la passione per il suo lavoro che si è trovata al centro di una grande opera di salvataggio di gran parte del patrimonio artistico nazionale alla quale diede il suo contributo rischiando anche di persona ma che non si è mai sentito un eroe.
Dopo le vicende belliche è rientrato a Firenze con la sua famiglia e ha continuato a svolgere il suo lavoro con la consueta semplicità e serietà e nel coltivare i suoi hobby nell’andare in bicicletta e della musica classica.
Mi spiace davvero non poter essere presente, l’avrei fatto con tutto il cuore ma improcrastinabili impegni di lavoro (sto girando un film) me lo impediscono.
So che Carpegna è molto attenta alla cultura, come testimoniano gli interessi concreti per il mondo della scuola e la riscoperta della Maddalena del Crivelli (il dipinto originale, 1474-1476, eseguito per la contessa Caterina di Carpegna, di origini ascolane, devota alla Maddalena, è oggi al Rijksmuseum di Amsterdam, Ndr).
A maggior ragione sono rammaricata nel non poter partecipare. Tuttavia sarà presente la mia famiglia composta dai miei zii e da una folta delegazione di cugini. (e.s.r.b.)
A PROPOSITO/ Appunti biografici dello studioso Giuseppe Alpini
Due, tre cose che sappiamo
di lui, nonno Barucchieri
Il signor Barucchieri Vincenzo, fu Giovanni, nato a Palermo il 18 gennaio 1897, appartiene all’Amministrazione del Ministero dell’Educazione Nazionale (Direzione Generale delle Arti) e presta la sua opera al servizio della Soprintendenza alle Gallerie di Urbino, con lo speciale incarico di custode delle opere d’arte ricoverate presso la Rocca di Sassocorvaro. In tale qualità, il signor Barucchieri Vincenzo è altresì addetto alla Squadra di Primo Intervento del nominato ricovero.
Urbino, 20 luglio 1944, Il Soprintendente (Pasquale Rotondi)
Il lasciapassare tradotto in lingua tedesca veniva controfirmato il 29 luglio 1944. “Gesehen , Oblt. U. Ortskommandant, Von Macerata Feltria”.
Nella sua relazione presentata il 18 ottobre 1945 alla R. Accademia Raffaello dal titolo: “CAPOLAVORI D’ARTE SOTTRATTI AI PERICOLI DELLA GUERRA E ALLA RAPINA TEDESCA” il professor Rotondi a pagina 4 così informa:
Al posto di guardia venivano assegnati quattro custodi fissi e due straordinari, con servizio continuativo diurno e notturno. A essi era anche attribuito l’obbligo di costituire una squadra di primo intervento in caso di pericolo, e ne veniva pertanto curata, anche sotto tale aspetto, un’adeguata istruzione e una completa attrezzatura.
Successivamente, a pagina 16, sempre il professor Rotondi narra:
Un reparto di SS germaniche si presentava improvvisamente nel Palazzo dei Principi di Carpegna verso le ore 22 del giorno 19 ottobre, allo scopo di effettuarvi una perquisizione. L’azione si svolse fulminea. I carabinieri di guardia al ricovero che avevano cercato di opporsi a che fossero perquisiti anche i locali dove erano le opere d’arte. furono disarmati, malmenati e portati via dai tedeschi. Sembra che questi opinassero che nel ricovero fossero nascoste armi. “Munitionen, munitionem”, ripetevano smuovendo le casse e rivolgendosi ai custodi Barucchieri Vincenzo e Sguazzini Ignazio che, con coraggiosa resistenza, tentavano invece di persuaderli che il contenuto di quegli imballaggi era di tutt’altra natura.
Uno dei più accaniti perquisitori, fatto saltare un suggello dal baule coi manoscritti del Rossini (depositato nella sala stessa ov’era custodito anche il Tesoro di San Marco) si convinceva poi finalmente che armi in quelle casse non ve n’erano e desisteva dall’impresa.
A pagina 29 sempre il professor Rotondi ci informa:
Ecco d’altronde, a distanza di pochi giorni, l’ordine di sfollamento di Sassocorvaro e dintorni. Poche ore di tempo vengono lasciate ai civili per allontanarsi dalle loro case, ma i custodi, Sichel, Barucchieri, Renon e Tamanti, seguendo le mie direttive, tergiversano abilmente e rimangono sul posto. Cerco allora, da parte mia, di legalizzare la loro posizione, chiedendo al comando germanico di Urbino che essi siano forniti di un’autorizzazione che eviti loro delle noie.
Il signor Vincenzo Barucchieri, quando venne chiamato nel Montefeltro, prestava servizio agli Uffizi di Firenze. Si trasferì a Carpegna con la moglie Elisa e i tre figli: Franco, Paolo e Giovanni, ma presto prese alloggio a Sassocorvaro in un appartamento situato al piano più alto della Rocca. I bambini Barucchieri avevano rispettivamente 10, 7 e 3 anni. I primi due frequentarono lì la scuola che era collocata proprio all’interno della Rocca.
Finita la guerra la famiglia Barucchieri ritornò a Firenze dove Vincenzo continuò il servizio e i figli completarono gli studi. Tutti e tre sono stati dei professionisti.
Giovanni si è affermato nel campo della fotografia.
Il primogenito Franco, classe 1933, ha guadagnato fama internazionale costruendo (e riparando) rinomati clavicembali e strumenti antichi a tastiera (contatti: info@francobarucchieri.com; web: francobarucchieri.com)
Le mani del maestro
hanno creato
questi rari strumenti
Il secondogenito, Paolo, purtroppo, è deceduto nel 2012, mentre la figlia Elena Sofia era impegnata nelle riprese de I Cesaroni 5. Paolo ha insegnato Storia dell’arte in diverse università degli Stati Uniti d’America. Aveva sposato in prime nozze la scenografa Elena Ricci “Poccetto” (scomparsa a 77 anni nel 2018, è stata la prima donna scenografa in Italia e paladina di una grande battaglia contro i pregiudizi dell’epoca) e da questa unione è nata a Firenze nel 1962, appunto, Elena Sofia (registrata all’anagrafe “Elena Sofia Barucchieri”). Dal secondo matrimonio sono nati Elisa, Marco e Paola. Anche Elisa è nel mondo dello spettacolo come danzatrice e regista di spettacoli.
A Castiglion Fiorentino vive parte della famiglia Barucchieri che cura la presenza di studenti di varie Università degli Stati Uniti che in questa città giungono per perfezionare i loro studi presso il “Santa Chiara Study Center”. (Ha collaborato Italo Farnetani)
ANCORA UN MOMENTO, PREGO
Quella volta che Elena Sofia scappò da Hollywood
Un retroscena professionale svelato a Pietro Tarallo*
Complice la quarantena forzata per il coronavirus, riprendo in mano un libro che mi aveva incuriosito all’uscita, Persone (Il Canneto editore, 2017), dove l’autore, il giornalista e viaggiatore Pietro Tarallo, pubblica le interviste a protagonisti/e della società incontrati tra il 1980 e il 2014. Tra loro, spicca il colloquio con Elena Sofia Ricci che, insieme a rapidi squarci di vita privata, illumina un aspetto poco conosciuto della sua carriera di attrice: il mancato approdo a Hollywood, con conseguente fuga dagli Stati Uniti.
TARALLO. Lei, Elena Sofia, è pluripremiata. Questo la inorgoglisce?
ELENA SOFIA RICCI: “A questo punto della mia carriera, dopo aver vinto tutti i premi italiani di cinema e gran parte di quelli stranieri, dico sempre, scherzando, che mi manca solo l’Oscar. Ma il prezzo da pagare credo sia troppo alto. L’America non fa per me. Anzi: ne sono addirittura scappata via. Hollywood è una macchina infernale che ti stritola. L’unico ricordo piacevole che mi è rimasto è un lungo bacio con Kevin Costner.
Nell’88 Tony Scott mi aveva chiamato negli States per Revenge. Tutto era andato nel migliore dei modi. Il provino girato nell’Iowa con Costner era perfetto. Quando un giorno, prima di una scena drammatica in cui avrei dovuto piangere, Tony Scott mi ha schiaffeggiato brutalmente così che potessi entrare meglio nella parte. Non ci ho pensato un solo istante e sono tornata in Italia. Hanno metodi di lavoro a cui non sono abituata”.
* Il giornalista Pietro Tarallo (Firenze, 1941). Ha girato il mondo e lo ha raccontato in 80 libri. Tra gli ultimi: Monasteri in Italia; Le antiche vie della fede e, nel 2019 Giro del mondo in 80 paesi (Polaris). Organizza dal 2007 Il Salotto del Viaggiatore dove racconta i suoi viaggi e quelli dei suoi ospiti. Dal novembre 2016 presidente per due mandati della Neos (giornalisti di viaggio associati). (credit: Fabio Bussalino)
- Quei 1.653 tesori rubati da Hitler e ancora prigionieri di guerra
- Nel Montefeltro marchigiano sulle orme di Pasquale Rotondi, salvatore dell’arte italiana. Tra Pesaro e Urbino si snodano una collana di borghi ideali che furono esplorati dal Soprintendente delle Marche prima di trovare gli edifici sicuri ove dare salvezza a ben 7.821 tesori culturali a lui affidati
- Roberto Malini, l’italiano che ha salvato l’arte dell’Olocausto. E i dipinti condannati alla damnatio memoriae. La storia straordinaria di Malini, che viaggiando in mezzo mondo ha recuperato e donato al Museo della Shoah 240 opere di artisti vittime dell’Olocausto
- Cercatori di tesori in Italia. Quei tesori d’Italia che intrigano gli Indiana Jones. Armati di metal detector, i predatori di antiche ricchezze scandagliano terreni ed esplorano fortezze dal Piemonte alla Sardegna. Per vivere il brivido del ritrovamento
- Gli 007 dei Carabinieri riportano in Italia da Ginevra 45 casse di reperti romani ed etruschi trafugati. Erano in depositi di proprietà dell’antiquario inglese Robin Symes, arrestato
- I monumenti di Arquata del Tronto, nelle Marche, prima delle scosse, nel censimento fatto dal futuro “salvatore dell’arte”, Pasquale Rotondi (testo di Pasquale Rotondi, introduzione di Salvatore Giannella)
- Francesco Papafava, l’uomo che ha combattuto nella ex Jugoslavia per salvare i suoi tesori d’arte. Fino all’ultimo pendolare tra la sua casa sulle rive dell’Arno e il Kosovo per invocare un aiuto (concesso) affinché possano rinascere 1.800 monasteri e affreschi stupendi
- Crimini contro il patrimonio culturale: analisi empirica e strategie investigative. “La dichiariamo dottoressa in legge grazie alla sua tesi su guardie e ladri d’arte”. Una serata condotta dal capitano Francesco Provenza, impegnato nel recupero delle opere d’arte, la scintilla per una documentata tesi di laurea
- Ritrovato dopo 70 anni il Cristo rubato a Lucca dai nazisti. Gli 007 dell’arte dei Carabinieri, sezione Toscana, guidati dal maggiore Lanfranco Disibio, hanno recuperato una scultura in terracotta di Matteo Civitali, del valore di oltre un milione di euro, trafugata dalle truppe tedesche
- Finalmente esposto a Bonn e Berna il tesoro di Hitler custodito da Gurlitt. Due mostre per fare chiarezza ed esortare altri eredi a richiedere la restituzione di opere trafugate in Italia e nel resto dell’Europa.
- L’Italia ringrazia l’avvocato cacciatore di tesori perduti, Maurizio Fiorilli. Un ritratto del mantovano Fiorilli, inflessibile avvocato di Stato che dal 1965 ha rappresentato l’Italia in vari tribunali del mondo. Grazie alla sua diplomazia culturale ha riportato a casa tanti capolavori, soprattutto tesori archeologici, saccheggiati in anni recenti, meritandosi l’appellativo di “flagello dei predatori di tombe”.
- Eike Schmidt: “eredi del ladro nazista, siate eroi, ridate il van Huysum agli Uffizi”. Cento giorni dopo l’appello del direttore tedesco delle Gallerie fiorentine e nonostante siano stati raggiunti anche da Chi l’ha visto?, gli eredi del caporale Stock continuano a negare la restituzione del dipinto rubato