Da mercoledì 29 ottobre a venerdì 31 il Ministero della Pubblica Istruzione promuove tre Giornate della Lettura nelle scuole di ogni ordine e grado. Vuol dire che in ogni scuola d’Italia, elementari, medie e superiori, si leggerà qualcosa ad alta voce, per un certo tempo, ogni giorno per tre giorni, e senza valutazione. Perché, si legge nella nota ministeriale, “il fine deve essere stimolare negli studenti il piacere della lettura”. In occasione di questa lodevole iniziativa (anche se accolta da qualcuno con tristezza: “Chi ama i libri dovrebbe sentire il desiderio di leggerli senza costrizione”, ha scritto Paola Mastrocola sul Sole 24 Ore) sono andato a ripescare l’intervista fatta a Romano Montroni.

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Romano Montroni (Bologna, 1939) insegna alla scuola per librai Umberto ed Elisabetta Mauri di Milano.
CREDIT GIACOMO GIANNELLA / STREAMCOLORS (DA UNA FOTO DI MARIO MARINELLI)

Caro Montroni, auguri per la sua nuova sfida. Lei, il più celebre libraio d’Italia, una vita tra le scaffalature (per 40 anni è stato l’anima delle librerie Feltrinelli) da poco è stato chiamato dal ministro per i Beni culturali a capo del Centro per il libro e la lettura, organismo che “ha il compito di divulgare e promuovere il libro, la cultura e gli autori nazionali”.

“Dobbiamo recuperare un grave ritardo educativo, fotografato dalle statistiche: negli ultimi tre anni, a causa anche della crisi economica, si sono persi per strada il 15% degli acquirenti. Siamo passati dai 22,8 milioni di italiani che hanno comprato almeno un libro nel 2011 ai 19,5 milioni del 2013. Il 43% degli italiani dichiara di aver letto almeno un libro l’anno (in Germania è l’82%). Siamo il fanalino di coda dell’Europa. L’obiettivo del Centro è di cercare di suscitare interesse e formare lettori nella scuola dell’obbligo, a partire dalle elementari fino alle superiori. Cercheremo di seminare nelle aule la curiosità del leggere: è un’impresa titanica, ma bisogna cominciare da lì.

Mi anticipi i punti principali del suo programma

Penso a un programma in più fasi.

  1. La lettura ad alta voce per i bambini è utilissima, i piccoli devono imparare a prender confidenza con i libri dai sei mesi in poi. Per potenziare questo primo approccio ci vogliono i genitori. Ma è necessario, subito dopo, radicare l’abitudine nelle scuole. E allora? Ecco un piano a cui devono dare il loro contributo librai, editori e ministero dell’Istruzione: gli scrittori devono essere ospiti delle aule, salire in cattedra, fare lezione. Faccio un esempio. Da noi il ministro Tremonti se ne uscì con l’infelice battuta: ‘Con la cultura non si mangia’. In Inghilterra Tony Blair, appena insediato a Downing Street, regalò cinque sterline agli studenti per l’acquisto di un volume. Vede la differenza?
  2. Un altro esempio viene dalla mia esperienza familiare: mia figlia ha fatto tre anni di liceo in Inghilterra e c’era un programma di lettura obbligatorio intensissimo che andava dalle due ore della mattina alle quattro ore del pomeriggio. La pagina scritta non era un optional ma una compagnia fissa, sempre presente nella giornata.
  3. Far acquistare a prezzi agevolati agli allievi i volumi di cui discuteranno con l’autore. Questo è un primo approccio. Alle Feste dell’Unità i libri vanno via numerosi quanto le salsicce e le piadine. L’esperimento di animare centri e borghi del Sud, portando opere ovunque, viene compiuto tutti gli anni da Giuseppe Laterza con i ‘Presìdi del libro’. E allora? Che aspettiamo? Popoliamo le città di stand con i libri. Anche in questo caso serve la cooperazione di chi scrive, di chi pubblica e di chi gestisce i prodotti.
  4. Ricordarsi sempre che dare dignità ai libri è un piacere che offre un ritorno economico. Esistono gli sponsor di bellissime mostre d’arte, se ne possono trovare anche per le manifestazioni che coinvolgono l’editoria. A Mantova i commercianti si tassano per finanziare il Festivaletteratura. In Italia vi sono numerosi imprenditori disposti a supportare il mondo dei libri, come a Bologna, ma è solo un esempio, ‘Scienza in piazza’, organizzata per la diffusione della cultura scientifica, che quest’anno ha proposto una food immersion, appagando al contempo i golosi di libri e di cibo.
  5. Infine potenziamo i supporti televisivi e negli stessi libri. Gli scrittori di fiction – che a volte sono anche autori di libri – inseriscano nei loro sceneggiati un personaggio che legge…”.
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Jack London (San Francisco 1876 – Glen Ellen 1916), aderì al socialismo, battendosi in difesa delle fasce deboli della società: partecipò a una marcia di disoccupati su Washington per chiedere al presidente statunitense il finanziamento di programmi di lavori pubblici contro la povertà e la mancanza di lavoro (richiesta che precorreva di decenni il New Deal rooseveltiano).

Nel mare di titoli e scrittori che le sono passati tra le mani, chi può essere indicato come il suo eroe da condividere con altri?

Jack London con il suo Martin Eden. Vede, io vengo da una famiglia della periferia di Bologna, mio padre era vigile urbano e mia madre casalinga. A casa libri e disponibilità per comprarli erano inesistenti. Sono diventato fattorino alla Feltrinelli sotto le Due Torri. Frequentare quell’ambiente insolito, movimentato da studenti e da professori, ha cambiato le mie abitudini, la mia personalità. Ho cominciato a essere diverso dal ragazzo che passava la sera al bar, sono diventato capo commesso. Nel frattempo leggevo tutto quello che mi capitava sottomano: passavo da Dostoevskji alla Yourcenar, da Tolstoj a Calvino a Giamburrasca a Moby Dick. Però l’opera della mia crescita ed emancipazione è stata quel bellissimo Martin Eden di London, autore che avevo conosciuto da ragazzino per via di Zanna Bianca e Il richiamo della foresta. Il libro descrive la difficile vita di un marinaio che lotta per diventare scrittore e per non deludere Ruth, giovane donna dell’alta borghesia di San Francisco di cui si è innamorato. E’ un libro autobiografico, utile, direi ideale per giovani che si apprestano ad affrontare le difficoltà della vita magari con una scarsa preparazione scolastica: quel marinaio può essere il modello di riferimento, come lo è stato per me”.

Mi fa venire in mente quanto confessato al poeta inglese Wilfred Owen da un marinaio incontrato in treno nel 1915: “Leggere un libro, signore, mi spinge al largo”.

“Esatto. Mi auguro che, con il nostro piano di lavoro, un numero crescente di italiani prossimamente siano spinti al largo dalla lettura, in mondi sconosciuti e da sogno”.

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A PROPOSITO

A Romano Montroni ho girato un punto supplementare per la sua ben fornita ricetta.

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Enzo Biagi. Consigli per un Paese normale, a cura di Salvatore Giannella (Rizzoli, 2010)

La proposta prende spunto da un sogno di Enzo Biagi, sogno di cui parlo in un libro edito da Rizzoli dal titolo “Consigli per un paese normale”. Diceva Biagi: «Ho un sogno che dura da tempo e voglio offrirlo alla città che mi ha adottato. Cinque libri a chi si sposa». E, rivolgendosi all’allora sindaco Letizia Moratti:

Signor sindaco, perché non regala cinque libri a chi si sposa in Comune a Milano? Si fanno sempre dei doni per i matrimoni: il servizio di piatti, le posate o i vasi che poi vengono rifilati in occasione di altre nozze. Nessuno ha mai regalato qualche libro alla nuova coppia. E gli italiani, si sa, hanno scarsa familiarità con le librerie.

«Beato chi nasce in una casa dove c’è una biblioteca», diceva D’Azeglio. Io credo che si potrebbe dare qualche testo essenziale: un libro sui diritti e sui doveri, una guida per le madri, alcuni classici della nostra letteratura e di quella mondiale. Forse sarebbero utili e magari perfino apprezzati.

Da noi non si fa niente per suscitare la curiosità dei cittadini. In Inghilterra, quarant’anni fa, vidi in una biblioteca comunale dei bambini che non sapevano ancora leggere e una signora che raccontava alcune storie. Forse, oltre alle immagini che ricevevano in casa dalla Tv, scoprivano il gusto della parola: c’era qualcuno che si sostituiva ai nonni o ai genitori, che purtroppo non hanno più tempo né per fare il soffritto né per narrare qualche favola… Potrebbe essere il Comune, come augurio, magari mettendosi d’accordo con gente che guarda lontano e pensa ai neonati, a donare agli sposi un «inizio di biblioteca». Basta un simbolo: cinque libri. E gli editori, credo, collaborerebbero volentieri.

Finora quella proposta è rimasta un sogno. Ma Helder Camara ci raccontò un giorno che quando a sognare si è in pochi, allora resta un sogno. Se si è in tanti, allora comincia la realtà. (s.g.)

Risponde Romano Montroni

Caro Salvatore, grazie per il suggerimento! L’idea è veramente bellissima e voglio subito provare a proporla al sindaco di Bologna, sarebbe fantastico poi poterla diffondere in tutta Italia. Sto già cominciando a pensare a quali potrebbero essere, precisamente, i cinque titoli. Penso anch’io che gli editori collaborerebbero volentieri e condivido in pieno le tue osservazioni sull’importanza della lettura ad alta voce ai bambini. Teniamoci aggiornati, naturalmente anche sulla “ricetta”! (r.m.)

Dalla collana “Il mio eroe”: