Dal Trevigiano la bella storia dei vigneti di Baver. Minacciati da un progetto di edificazione proposto dal Comune, sono stati salvati grazie al riconoscimento del loro valore storico-agricolo

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Ogni tanto, per fortuna, girando per l’Italia ci si imbatte ancora in qualche bella storia, di quelle che appassionano e garantiscono il lieto fine (anche se gli inizi non erano promettenti). Adesso ve la racconto.

Alle porte del paesino di Baver – frazione del comune di Godega Sant’Urbano, nel Trevigiano – c’è un vigneto composto da tre piccoli appezzamenti vitati che hanno dei toponimi curiosi: Zhercol, Talpon e Talponet. Le viti occupano quasi un ettaro e mezzo di terreno, in leggera pendenza: sono li da più di due secoli (come testimonia il preciso catasto napoleonico del 1811), allevate con il tradizionale sistema della piantata trevigiana, variante locale della piantata padana, che vuol dire che le viti sono maritate a gelsi e olmi, anch’essi centenari. Un sistema che garantiva alla famiglia contadina non solo una buona raccolta di uva ma anche il cibo per i bachi da seta e la legna per il camino. Le tre vigne sono coltivate “come una volta”: solamente con lavori manuali, seguendo i vecchi sistemi di potatura, legando i tralci con il vimini, sfalciando l’erba sotto i ceppi senza utilizzare mai diserbanti, facendo solo qualche trattamento con rame e zolfo. Insomma una cosa di altri tempi, un paesaggio affascinante, d’indubbia charme contadina, che ha sempre rallegrato la vista e la vita dei paesani.

Ebbene il Comune di Godega Sant’Urbano decide, qualche tempo fa, di redigere un nuovo PAT (Piano di Assetto del Territorio) per rendere edificabili quei tre appezzamenti di terreno, assieme a qualche ettaro circostante: l’idea del sindaco leghista Alessandro Bonet – che per ironia della sorte risulta laureato in Urbanistica Responsabile – è quella di abbattere le vigne per costruire condomini e strade di raccordo. Per fortuna la popolazione di Baver si è subito opposta duramente a questo malsano progetto di cementificazione e attraverso la locale Associazione culturale (appoggiata da Italia Nostra, WWF e altre realtà ambientaliste) ha cominciato a scrivere al Presidente della Repubblica, a porre interrogazioni in Consiglio regionale, a sommergere di mail il Comune di Godega e a organizzare feste e ritrovi all’ombra dei vigneti.
Ma soprattutto gli abitanti di Baver hanno richiamato subito l’attenzione della Soprintendenza ai beni storici, artistici ed etnoantropologici di Venezia con un preciso obiettivo: far tutelare Zhercol, Talpon e Talponet come “beni storici”, ai sensi della Convenzione dell’Unesco del 2003, recepita in Italia nel 2007.

A quel punto il direttore regionale della Soprintendenza Ugo Soragni – evidentemente ben disposto nei confronti di questa istanza – da mandato alla dottoressa Marica Mercalli di redigere una relazione “tecnica”. Afferma Soragni in un’intervista: «il Codice dei Beni Culturali ci offre un’ampia possibilità; in questo caso abbiamo applicato l’articolo 10, che al comma 3, lettera a, consente la tutela di cose mobili e immobili che abbiano un interesse etnoantropologico». Una cosa non facile da dimostrare perché i beni immateriali – come la cultura e la tradizione agricola, le antiche tecniche colturali e, estendendo il concetto, le musiche popolari e i racconti dei nonni – non sono oggetti fisici e passano di generazione in generazione attraverso gesti e pensieri di difficile identificazione. Ma – come ha sostenuto la Mercalli nella sua relazione – “ … più le tecniche sono elaborate, come nel caso del vigneto di Baver, più derivano dall’esercizio di abilità acquisite nel processo di scambio tra le generazioni. Questo processo alimenta e vivifica conoscenze locali e gesti del mestiere, rinnova nel tempo un ‘saper fare’ che è espressione di un particolare stile di vita e che, una volta incorporato e condiviso socialmente, dà sostanza al patrimonio culturale di un territorio”.

Insomma, qualche giorno fa il direttore Soragni, sulla base di questa relazione, ha firmato un provvedimento di vincolo che blocca di fatto i sogni cementificatori del sindaco di Godega. I vigneti Zhercol, Talpon e Talponet – ora considerati beni storici – sono salvi. E questa è già di per se una gran bella notizia. Ma il “caso del vigneto di Baver” è ancora più interessante perché ha aperto una strada, quella del riconoscimento di un vigneto come bene storico, che può essere seguita in molte altre regioni d’Italia – pensiamo, per esempio, alle alberate della zona di Aversa, in Campania, o agli alberelli secolari nel Salento – per preservare i vecchi vigneti e i paesaggi agricoli di molti territori. Speriamo bene…

Fonte: dal sito di Slow Food. Credit foto: ecoo.it, baver.it, tribunatreviso.gelocal.it, oggitreviso.it