Se volete conoscere i segreti della tavola del commissario Montalbano, l’investigatore televisivo più amato dagli italiani, non chiedetelo al suo creatore, Andrea Camilleri, detentore del record delle copie di libri venduti (oltre 21 milioni di esemplari: e pensare che il primo libro, “Il corso delle cose”, 1978, lo pubblicò a proprie spese).

Per lo scrittore di origine siciliana (nato nel 1925 a Porto Empedocle, Agrigento, vissuto per oltre mezzo secolo a Roma) affrontare questo tema è

come fare penitenza, aspra e dolorosa per chi, come me, a lungo ha gustato i piaceri della buona tavola e ora non può più, per l’età e per ferreo diktat medico. Ho preferito continuare a patire nel ricordo di certi sapori, nella memoria di certi odori.
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Salvo Montalbano è un personaggio di fantasia creato da Andrea Camilleri (sopra), che l’ha reso protagonista dei suoi romanzi polizieschi: oggi noto in tutto il mondo grazie alla fiction televisiva, Montalbano è un commissario di polizia che presta servizio a Vigata. Il cognome Montalbano fu scelto da Camilleri in omaggio allo scrittore Manuel Vázquez Montalbán, ideatore dell’investigatore Pepe Carvalho, con il quale Montalbano condivide sane passioni, tra cui le buone letture e la cucina.

E allora bisogna imboccare un’altra strada, quella che porta a Scicli, suggestiva località del barocco siciliano che fa da cornice alla vita del commissario (il suo municipio è sede del commissariato tv, dal 2002 patrimonio mondiale nella lista Unesco, insieme ad altri sei comuni della Val di Noto: vedi riquadro Vsd) e a una giovane studiosa che per un anno ha indagato l’universo gastronomico della Sicilia orientale di Camilleri. L’inchiesta si è svolta su una tavola imbandita ricostruita attraverso i gusti del più illustre personaggio creato da Camilleri: Salvo Montalbano, il commissario della televisiva Vigata reso popolarissimo dalla fiction a puntate su Rai1 (fin dal lontano 1999) e interpretato magistralmente da Luca Zingaretti, che incarna l’uomo mediterraneo schivo, solitario, con un forte senso morale, dal carattere spigoloso ma anche un goloso affetto da uno smisurato “pititto” (appetito), per dirlo con il suo colorito dialetto siciliano.

Ne viene fuori un’antologia gustosa come una tavolata ben imbandita, con rievocazioni di alimenti e pietanze tratte dai ricordi dell’infanzia di Camilleri nella Sicilia centro-meridionale. Il cibo diventa protagonista trasversale di tutte le storie, acquista una valenza affettiva molto forte, la passione che il commissario ha verso di esso è così prepotente da prevaricare anche la passione amorosa. Per lui, il cibo è l’oggetto del desiderio, più importante degli altri piaceri e deve essere conquistato a tutti i costi ma i segreti delle gustose pietanze sono custoditi da altri, la “cammarera” Adelina; Calogero, proprietario della trattoria omonima (“un diavolo in cucina, mi costringe a peccare”: da Il ladro delle merendine) e il suo successore, l’oste Enzo.

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Una veduta di Scicli, Ragusa.

Gusti e ricette sono svelati in un libro edito nel 2009 I segreti della tavola di Montalbano, Il Leone Verde Edizioni, Torino, 10 €, scritto da Stefania Campo, architetto specializzata in fotografia e cinema digitale, che vive tra Ragusa e Palermo dove affianca alla libera professione e all’insegnamento la passione e l’impegno civile per la sua terra. La Campo ha studiato e promosso itinerari culturali ed enogastronomici ispirati alla letteratura e al cinema. Le gustose pagine del suo libro sono da leggere, certo, ma anche da assaggiare, da gustare in silenzio e solitudine, con animo lieto e mente sgombra, una per volta, come quando Montalbano si siede a degustare i suoi piatti preferiti.

E segnatevi anche questo indirizzo: scicliospitalitadiffusa.it, il portale che offre soluzioni per soggiornare a costi contenuti nella Sicilia di Montalbano.

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Andrea Camilleri e Salvo Montalbano in un’illustrazione di Ro Marcenaro.

Benvenuti nel paese dove i segni del barocco si intrecciano con i racconti di Camilleri

Monumentale città barocca dalle forme di un presepe vivente, Scicli è stata cantata dal celebre scrittore Elio Vittorini, come “la più bella” del pianeta nel suo romanzo incompiuto “Le città del mondo”. Incastonata all’incrocio di tre valloni, il borgo appare subito ai suoi visitatori mentre si snoda nell’impianto medievale dei suoi quartieri densi di case rosee baciate dal caldo sole di Sicilia. Il suo centro storico è espressione del genio creativo dell’età tardo-barocca, frutto della ricostruzione settecentesca seguita al disastroso terremoto del 1693 che rase al suolo l’intera città.

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Scicli: via Francesco Mormino Penna.

Il salotto buono è la via Francesco Mormino Penna, unicum scenografico di palazzi nobiliari settecenteschi (Palazzo Spadaro, Bonelli, Conti, Veneziano-Sgarlata, Papaleo, Carpentieri, Palazzo di Città) e di architetture ecclesiastiche (Chiesa di San Giovanni Evangelista, Chiesa di San Michele, Chiesa di Santa Teresa) in pietra dorata locale. La via è sede del municipio, uno dei set principali delle puntate Rai: l’edificio, costruito nei primissimi anni del Novecento sul sito del demolito monastero delle Benedettine, è stato trasformato nel commissariato di Vigata e la stessa stanza del sindaco, all’occorrenza, diventa l’ufficio del questore televisivo. Altro monumento Patrimonio dell’Umanità è Palazzo Beneventano, definito da Sir Anthony Blunt “il più bel palazzo barocco di Sicilia”, e famoso per i suoi caratteristici mascheroni che rappresentano alcune teste di moro. Da Palazzo Beneventano si arriva facilmente in Piazza Italia, circondata da palazzi come il Massari, il Mormina-Penna, il Fava, la Chiesa Madre di Sant’Ignazio e da Palazzo Iacono, con sullo sfondo la stupenda chiesa di San Bartolomeo risalente al XV secolo e l’omonima cava, un canyon naturale dovuto all’azione del torrente San Bartolomeo sulla roccia calcarea. Anche le ambientazioni della visita a Palermo ne “Il cane di terracotta”, in realtà nella finzione televisiva si trovano nella “cava”, quartiere trogloditico di Chiafura a Scicli.

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Scicli: la Chiesa di San Bartolomeo.

Scicli è anche mare possedendo oltre venti chilometri di costa, diciotto di spiaggia finissima e dorata che degrada in un mare cristallino, e ben quattro borgate marinare. Sul litorale tra Donnalucata e Cavadalica sono state girate le scene della puntata “La gita a Tindari”. Splendido è il piccolo borgo marinaro ottocentesco di Sampieri da cui si snoda una spiaggia a mezzaluna che culmina a Punta Pisciotto dove si erge la sagoma della Fornace Penna, fabbrica di laterizi costruita nel 1912 e in disuso dal 1924 quando fu incendiata. Esempio mirabile di archeologia industriale fra i più importanti in Italia, è una vera e propria “cattedrale del mare”. Sampieri è meta di illustri visitatori come, in passato, Guttuso, Pasolini e Carlo Levi e, oggigiorno, Giorgio Armani, Sgarbi e Roberto Benigni che ha definito Sampieri “un angolo di paradiso”.

Mentre la casa del commissario più famoso d’Italia è in via Aldo Moro 44 a Punta Secca, frazione di 132 abitanti di Santa Croce Camerina (Ragusa), B&B quando non gira Montalbano, 300% di incremento di turisti “da fiction” e di vendite dei commercianti della zona che sono infinitamente grati a Camilleri.

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Punta Secca alias Marinella nel romanzo di Camilleri: lì si trova la casa di Montalbano.

“I paesi hanno nomi di fantasia, i cibi e le ricette sono tutti reali”

GIANNELLA. Architetto Campo, una curiosità pratica: le trattorie citate nei libri di Camilleri e nei film della Rai esistono davvero in Sicilia?
CAMPO. Alcune sì, altre sono inventate. Ma inventate non del tutto, perché per Camilleri nulla è veramente inventato. Lui dice di ispirarsi alla realtà, anche se storpia i nomi, tutti nomi di fantasia che alludono a località reali: Montelusa è Agrigento, un piccolo furto a Pirandello che l’autore dichiara apertamente (Camilleri in modo divertente ne ha modificato i nomi). Lui ha confessato:

Mi capita questa cosa, che io le storie non me le so inventare di sana pianta; ho bisogno di una spinta di verità.

GIANNELLA. I cibi, invece, sono tutti reali.
CAMPO. Sì, io riporto 60 ricette, quelle che si ripetono in più occasioni nei suoi 19 romanzi. Riproducono i profumi, i sapori, l’atmosfera e i segreti della cucina della casa di campagna vicina a Porto Empedocle dove comandava nonna Elvira, la generalessa della cucina. Ogni squisitezza del ricettario di nonna Elvira ha la sua storia, anche i mitici arancini di Montalbano o i polipetti alla napoletana o gli involtini di tonno arrostito, arrivano da lì. Svelare i misteri dei piatti della cuoca-generalessa Elvira significa ritornare all’infanzia dello scrittore, quando lui era un “picciliddro” che aveva sì e no sette anni, e alla prima conoscenza della sua indimenticabile Sicilia.

Prendiamo gli arancini, Camilleri ha rievocato:

Mia nonna diceva che prepararli era lungariusu, ci voleva tanto tempo. Perché bisognava preparare la carne, tanto di maiale e tanto di vitello, spezzettandola col tagghiaturi, la mezzaluna. Si aggiungevano i piselli, un po’ di caciocavallo ragusano e qualche pezzettino di salame, si impastava tutto in un pugno di riso e si passava l’arancino nell’uovo, nella farina e nel pangrattato, per l’impanatura. Ma non si friggevano subito. No, bisognava aspettare una notte, lasciarli riposare in pace. E il giorno dopo, a tavola, si vedeva com’erano venuti. Perché il problema dell’arancino era il dosaggio, che non era mai lo stesso, e dunque ogni volta mia nonna passava un esame. “Comu vinniru stavota?”, domandava. “Un tanticchia asciutti. L’autra vota erano meglio”, rispondeva mio nonno. Un giorno li fece in un modo davvero sublime, e io stavo per dirglielo. Mio zio Massimo mi diede un cavuciu sotto la tavola. “Boniceddu”, mi sussurrò. Ma perché?, gli domandai. “Perché lei deve sempre superare se stessa: se tu le dai soddisfazione, è finita”. Ogni volta che rifaccio un piatto tipico di mia nonna assaporo il piacere di tornare indietro nel tempo. Ho provato anche a ripetere altre cose meravigliose della mia infanzia. Come prendere il pane caldo, andare dalla capra e mungere il latte direttamente sulla fetta. Non ci sono mai riuscito. La verità è che i sapori del passato sono irripetibili. Una volta, bevendo l’uovo appena fatto, ti accorgevi subito se la gallina aveva sconfinato nel campo di trigonella, la pianta conosciuta anche come fieno greco. Oggi… lasciamo stare.
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Stefania Campo, architetto, specializzata in fotografia e cinema digitale. Vive tra Ragusa e Palermo dove affianca alla libera professione e all’insegnamento la passione per la sua terra. Ha studiato e promosso e promosso itinerari culturali ed enogastronomici ispirati alla letteratura e al cinema.

GIANNELLA. Che rapporto ha Montalbano con il vino?
CAMPO. Per gustare il cibo della sua amata terra come dio comanda ha bisogno di accompagnarlo sempre con un bel bicchiere di vino. Quelli che di solito mangia erano piatti che chiamavano vino, e la chiamata non ristò senza risposta (da: Le ali della sfinge). Eppure Camilleri il discorso “vino” lo tocca sempre con moderazione, come a volersi dare una certa parsimonia non solo nel berlo ma anche nell’immaginazione di questa scena. In un racconto alla fine ci dice che quel bianco era “tradimentoso”.

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La bella cittadina barocca di Scicli, patrimonio dell’Unesco, scelta per ospitare il commissariato di Vigata per la fiction Rai su Montalbano.

GIANNELLA. Forse la spiegazione è in un particolare autobiografico da lui rivelato tempo fa a Repubblica: la sua ultima sbornia avvenne il giorno della strage di Portella della Ginestra: “Era il primo maggio 1947. Al mattino mi sbronzai. Poi mi dissero della strage di compagni, la prima strage politica, ordita per impedire al Pci di governare. Vomitai fiele per il resto del pomeriggio. Da allora non ho più toccato un goccio di vino”.
CAMPO. In realtà per il commissario Montalbano il vino è una bevanda normale che deve stare sulla tavola ed è fondamentale per completare un eccellente pasto. In ogni frammento gastronomico dei racconti il vino viene citato, soprattutto il vino rosso di paese che preparava il padre di Camilleri, il nero d’Avola, il Cerasuolo di Vittoria, il Marsala, il Passito di Pantelleria. E fa bere, ovviamente, vino siciliano, a chilometro zero, anche se per le altre bevande preferisce l’estero: il whisky o il caffé che fa arrivare appositamente da Portorico.

GIANNELLA. La Sicilia è la terra del vino per antonomasia, i suoi vini hanno una gradazione piuttosto forte perché che il sole concentra molti zuccheri nell’uva che poi, trasformandosi in alcol, lo lasciano al vino. Non troviamo con facilità vini con gradazione al di sotto dei 13,5%. Di questo Camilleri ne è cosciente e cerca di non far esagerare il suo commissario, altrimenti potrebbe perdere la lucidità utile per le sue indagini. Al suo investigatore Camilleri fa bere poco, fa bere bene.
CAMPO. Di scelte da fare Montalbano ne avrebbe tante: ad esempio il Nero d’Avola rosso siciliano per eccellenza, o tra i bianchi l’Inzolia o il Grillo, il Catarratto, fino ad arrivare all’indimenticabile Passito di Pantelleria realizzato con le uve Moscato di Alessandria altrimenti dette Zibibbo. Per i piatti di pesce che Montalbano ama mangiare nella marinara Vigata, i vini bianchi di accompagnamento potrebbero proprio essere questi. Scrive Camilleri:

Partendo da Palermo verso Agrigento, ho percorso i territori siciliani dal mare alle pianure, lago e colline, incontrando nel mio viaggio coltivazioni di vigne variegate con profumi immaginari che mi hanno invaso l’olfatto aspettando impaziente le degustazioni.

Ne “La gita a Tindari”, quando il commissario mangia nella sua trattoria abituale, Camilleri si lascia scappare un’informazione: quando il ristoratore si avvicina per l’ordinazione scopriamo che Montalbano è solito bere un certo vino bianco. ‘Per lei commissario, la solita minerale e il solito Corvo bianco. E per lei, signorina?’. ‘Lo stesso’. (p. 87). Il Corvo Bianco è un prodotto tipico di Casteldaccia, in provincia di Palermo, ne esistono due tipi: uno di colore giallo paglierino dorato che ha un profumo intenso e un sapore secco e vellutato; l’altro di color bianco carta con un sapore più fresco.

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Monumentale città barocca dalle forme di un eccelso presepe vivente, nel 2002 il centro storico di Scicli è stato insignito del titolo di Patrimonio dell’Umanità da parte dell’UNESCO.

GIANNELLA. In Sicilia, grazie alla fantasia letteraria di Camilleri, è nata una notevole iniziativa imprenditoriale che ha riscosso successo proprio per la bontà dei suoi vini.

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Montalbano / Luca Zingaretti e Camilleri.

CAMPO. La trovata commerciale che dà un nuovo slancio al vino siciliano in Italia e all’estero, è dei fratelli Scordato, che presentano le loro bottiglie con il nome Vigata come marchio. Vigata è un nome che salta subito all’occhio ed è ormai celebre. Non è un caso che sul marchio sia stampata anche una rappresentazione dell’isola Ferdinandea, apparsa e scomparsa in un “vidiri e svidiri”, il 5 luglio 1831, al largo di Sciacca, “tra tuoni, fulmini, saette, dal mare ribollente”, e poi sommersa dai flutti solo 5 mesi dopo. È proprio lì, a metà tra realtà e fantasia, è possibile bere una bottiglia di Vigata, abbinata alle prelibatezze siciliane. Così si può sorseggiare l’Inzolia con i purpi alla carrettiera, il Nero d’Avola con la caponatina e il RossoSalvo con i famosi arancini di Montalbano. O bere un vino di compagnia come il Syrah che Montalbano sicuramente berrebbe con la sua compagna genovese Livia.

GIANNELLA. La passione di Montalbano per il cibo talvolta da spirituale si materializza e diventa carnale…
CAMPO. Ascolti questo brano:

E arrivarono i pirciati. Sciauravano di paradiso terrestre. Il baffuto si mise appuiato allo stipite della porta assistimandosi come per uno spettacolo. Montalbano decise di farsi trasire il sciauro fino in fondo ai polmoni. Mentre aspirava ingordamente, l’altro parlò. “La vuole una bottiglia di vino a portata di mano prima di principiare a mangiare?”. Il commissario fece ‘nzinga di sì con la testa, non aveva gana di parlare. Gli venne messo davanti un boccale, una litrata di vino rosso densissimo. Montalbano se ne inchìun bicchiere e si mise in bocca la prima forchettata. Assufficò, tossì, gli vennero le lagrime agli occhi. “Ci vada chiano chiano e leggero”, lo consigliò il cammareri proprietario. “Ma che c’è?”, spiò Montalbano ancora mezzo assufficato. “Oglio, mezza cipuddra, dù spicchi d’agliu, dù angiovi salati, un cucchiarinu di chiapparina, aulive nivure, pummadoro, vasalicò, mezzo pipiruncinu piccanti, sali, caciu picurrnu e pipi niuna”, elencò il baffuto con una nota di sadismo nella voce. “Gesù” disse Montalbano. Intercalando le forchettate con sorsate di vino e gemiti ora di estrema agonia ora di insostenibile piacere “esiste un piatto estremo come il sesso estremo?”, gli venne di spiarsi a un certo punto, Montalbano ebbe macari il coraggio di mangiarsi col pane il condimento rimasto sul fondo del piatto, asciucandosi di tanto in tanto il sudore che gli spuntava in fronte. “Che vuole per secondo, signore?”. Il commissario capi che con quel «signore» il padrone gli stava rendendo l’onore delle armi. “Niente”. “E fa bene. Il danno dei pirciati ch’abhruscianu è che uno ripiglia i sapori il giorno appresso”.

(da: L’odore della notte).

Per Montalbano il cibo è quindi anche passione carnale, ma se è vero questo, per la logica fantastica dei sillogismi, è anche vero il contrario e cioè non solo un far l’amore con il cibo, ma farlo attraverso il cibo.

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Le origini della città di Scicli sono molto antiche e risalgono, con ogni probabilità, al periodo siculo (oltre tremila anni fa).

GIANNELLA. Parliamo d’altro. Del gelato, per esempio.
CAMPO. A Porto Empedocle il gelato aveva il suo tempio nel Caffè Castiglione, che aveva un segreto per i pezzi duri. Meravigliosi. Il giorno che Mussolini passò da lì (fermandosi in tutto 15 minuti) gli offrirono proprio il gelato del Caffè Castiglione. Dopo un po’ di tempo telefonarono da Roma alla Capitaneria di porto avvertendo che stava ammarando un idrovolante per caricare un pozzo di gelato per il duce. Il gelato del Caffè Castiglione. Da quella volta, ogni sabato si ripeteva l’operazione. Sentiamo ancora Camilleri:

Così, quando Mussolini inaugurò la prima autostrada italiana, da Roma a Ostia, mio zio Riccardo che era antifascista disse a mio padre, fascistissimo: “Pippi’, lo sai picchì Mussolini fici ‘sta strata? Picchì si scantava ca i gelati c’arrivavunu squagliati”.

GIANNELLA. Carne o pesce?
CAMPO. Rigorosamente privilegia il pesce, abbinato al vino bianco, quando mangia in casa, servito dalla “cammarera” Adelina o dall’oste Calogero, proprietario della trattoria omonima a Vigata (“un diavolo in cucina, mi costringe a peccare”: da Il ladro delle merendine, Sellerio) o, quando chiude Calogero, dal successore Enzo. Se si avventura in trasferta, verso i piccolissimi paisi dell’interno, “dove i pesci non erano mai stati di casa”, allora Montalbano non ha esitazione: “Carne, carne”, da abbinare a vino rosso. Come quando va trovare la signora Fazio che, per la visita di Montalbano,

s’assuperò: la pasta ‘ncasciata fece leccare le dita, il brusciuluni (un rollè con dentro ovo sodo, salame e pecorino a pezzetti) si volatilizzò, e dire che sarebbe stato bastevole a una ventina di persone. Il commissario aveva portato una cassetta con 12 bottiglie di vino bono, quello che faceva suo padre. Finita la cena e finite macari le 12 bottiglie, dato ch’era una bellissima serata di principio maggio decisero di fare una lunga passiata sul molo, fino a sotto il faro, per alleggerire tanticchia il carrico che ognuno di loro portava a bordo.

(da “Un mese con Montalbano”, Mondadori)

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La città antica sorgeva sul colle di San Matteo. Scicli ha sempre mantenuto nei secoli il carattere di cittadella fortificata, sia per la posizione strategica nel territorio a difesa della costa sia per la sua singolare articolazione morfologica su alture particolarmente scoscese che l’ha resa difficilmente espugnabile.

GIANNELLA. Immagino che la crescita del turismo da fiction abbia fatto organizzare un tour gastronomico per mettersi a tavola con Montalbano…

CAMPO. Il desiderio di mangiare alla Montalbano è diventata ormai una moda diffusa. In una delle città più raffinate d’Europa, Parigi, è possibile mangiare a Casa Vigata, un ristorante in rue Léon-Frot dove uno chef prepara menù con le pietanze citate nei libri di Camilleri. Per immergersi a pieno in questa esperienza sensoriale, però, bisogna arrivare in Sicilia in cerca delle splendide location, mossi dalla voglia di ritrovare la trattoria La Rusticana, cioè l’Osteria di Don Calogero, ritrovo di Salvo e Mimì, dove si può ordinare il menù dal titolo “A pranzo con Montalbano”, o il ristorante di Enzo; di provare i cannoli e i biscotti regina del Bar Albanese o il gelato duro del Caffè Castiglione e vivere gli stessi sconfinati piaceri del palato. Marinella è Punta Secca, una località balneare in provincia di Ragusa. È lì che Salvo vive, in quella bella casa con terrazza che dà direttamente sulla spiaggia e sul mare e che quando non è usata come set funziona da Bed & Breakfast. Con un gruppo di amici abbiamo lavorato in passato per incrementare questa forma di turismo culturale, organizzando incontri nelle lingue del mondo e la cucina sicula in un ciclo di aperitivi dal titolo “Los livres of Camilleri for einen schiticchio” ovvero “Il rituale della tavola a manciata”. In genere un locale era stato diviso in quattro aree, dove i presenti hanno discusso in altrettante lingue. Le conversazioni si basavano sulla lettura di libri di avventure di Montalbano. Insegnanti madrelingua traducevano il testo dal siciliano in francese, tedesco, inglese e spagnolo. Contemporaneamente venivano serviti piatti della cucina sicula, come la bruschetta con i pomodori o la caponata di melanzane. Un’esperienza da ripetere.

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A PROPOSITO

Un menù con le ricette di Montalbano

Scrigni segreti di casa Montalbano sono il forno e il frigo, da cui si possono tirare fuori i tesori che l’affezionata cameriera Adelina gli ha preparato. Dal libro di Stefania Campo, abbiamo ricostruito un menù.

Antipasto: Caponata di melanzane

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La caponata di melanzane.

Ingredienti:

  • 1 tazza di salsa di pomodoro
  • 200 gr. di olive bianche
  • 1 mazzetto di sedano
  • 50 gr. di capperi
  • 12 melanzane
  • 3 cucchiai di aceto
  • 3 cucchiai di zucchero
  • 100 gr. mandorle tostate

Tagliate le melanzane a dadi e friggetele dopo averle tenute per più di un’ora in acqua e sale. A parte fate rosolare in un tegame con poco olio le olive snocciolate, i capperi ed il sedano, che avrete tagliuzzato e già bollito in acqua per una decina di minuti per intenerirlo. Aggiungete la salsa di pomodoro e condite con l’aceto e lo zucchero. Versate nel tegame anche le melanzane e lasciatele insaporire per qualche minuto nel sugo a fuoco bassissimo, scuotendo di tanto in tanto il tegame per non farle attaccare la fondo. Passate la caponata nel piatto di portata e copritela con le mandorle tritate. Servite perfettamente fredda, anche il giorno dopo.

Primo piatto: Pasta ‘ncasciata

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La pasta ‘ncasciata.

Una delle pietanze più preziose, quella capace di procurare a Montalbano il massimo godimento è la famosa pasta ‘ncasciata di Adelina che Camilleri cita spesso in più racconti. La pasta ‘ncasciata è una variante della pasta al forno e rappresenta uno dei piatti forti della cameriera Adelina.

Ingredienti: (per 6 persone)

  • 600 gr. di magliette di maccheroncino
  • 200 gr. di tuma o caciocavallo fresco
  • 200 gr. di carne tritata
  • 50 gr. di mortadella o salame
  • 2 uova sode
  • 4 melanzane
  • 100 gr. di pecorino grattugiato
  • salsa di pomodoro
  • ½ bicchiere di vino bianco
  • basilico
  • olio, sale e pepe

Tagliate le melanzane a fette e friggetele dopo averle tenute per un’ora in acqua e sale. Soffriggete in tanto il tritato in un tegame, con olio abbondante, sfumate col vino e completate la cottura aggiungendo qualche cucchiaio di salsa di pomodoro. Lessate la pasta, scolatela al dente e condite in una zuppiera con la salsa di pomodoro. Prendete una teglia ben unta e spolverata di pangrattato e versatevi le magliette alternandole a strati con la carne tritata, le melanzane fritte, il formaggio grattugiato il basilico, le uova sode, la tuma e il salame tagliati a fette. Chiudete l’ultimo strato di pasta con melanzane, salsa e molto pecorino. Passate al forno caldo per circa 20 minuti. Il formaggio, sciogliendosi forma una leggera crosta dorata (da cui il nome ‘ncaciata, da cacio).

Secondo: Triglie fritte

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Triglie fritte.

Ingredienti: (per 4 persone)

  • 1 kg. di triglie
  • 2-3 limoni di media grandezza
  • ciuffetti di prezzemolo
  • farina
  • olio e sale

Pulite le triglie, sciacquate in acqua corrente, infarinatele leggermente e friggetele in abbondante olio caldo in una padella. Appena saranno dorate lasciatele sgocciolare su carta da cucina, salatele e servitele ancora calde in un piatto che decorerete con mezzi limoni e ciuffetti di prezzemolo.

Dolci: Mustaccioli di vino cotto

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I mustaccioli (o mostaccioli) di vino cotto.

Ingredienti:

  • 1 lt. di vino cotto
  • 150 gr. di mandorle
  • farina
  • cannella

Fate bollire il vino cotto e aggiungete a poco a poco la farina finché non si ottiene una pasta consistente. Quindi formate tanti listarelli, sistemateli in una teglia imburrata e infornateli per circa 15 minuti. Infine tagliate i mostazzoli, bagnateli nel vino cotto e passatele nello zucchero e nelle mandorle.

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UNA MINIGUIDA

Il mosaico dei cento turismi

in natura e di cultura

a Scicli e nei dintorni

Turismi in natura

  • 06b agriturismoAgriturismo
  • 01b fotografia naturalisticaBotanica, itinerari botanici, fotografia naturalistica
  • 04b campi scuolaEntomologia, campi scuola, vacanze per imparare, biblioteche
  • 07b escursioni biciclettaEscursioni in bicicletta, mountain bike, piste ciclabili
  • 02b-itinerari-micologiciMicologia (specialisti), itinerari micologici
  • 11b-miniereMiniere e archeologia mineraria, geologia, paleontologia, itinerari nei mondi di pietra (per turisti e per specialisti)
  • Osservazioni e fotografie subacquee
  • 05b picnic scoutismo vacanze scolastiche familiariPicnic, scoutismo, vacanze scolastiche e famigliari
  • 12b-speleologiaSpeleologia (specialisti), itinerari speleologici guidati
  • 09b trekkingTrekking a piedi, sentieri natura, passeggiate nel verde
  • 08b turismo equestreTurismo equestre

Turismi di cultura

  • 20b-itinerari-archeologici Archeologia (specialisti), itinerari archeologici (turisti)
  • 24b artigianatoArtigianato e collezioni
  • 25b concerti musica teatroConcerti, musica, teatro, feste, balletto, danze, festival, eventi di costume, folklore
  • 21b itinerari gastronomiciItinerari gastronomici
  • 19b musei e beni storiciMusei e beni storici, architettura, monumenti, castelli
  • 26b strade romanticheStrade romantiche
  • 22b turismo religiosoTurismo religioso (luoghi sacri, convegni, monasteri, cattedrali)

Mangiare e dormire bene a Scicli e nei dintorni

 

 

Altre coordinate utili:

  • Comune di Scicli: centralino 0932.839111
  • Regione Siciliana – Assessorato Turismo: Via Emanuele Notarbartolo 9, 90141 Palermo – tel.: 091 7078100 – 7078230 – 7078258 – 7078276, fax: 091 7078212. Email: urp.dipturismo@regione.sicilia.it – web: pti.regione.sicilia.it

Scicli VSD

(Venerdì Sabato Domenica)

 

Sette cose da fare in un weekend ideale a Scicli e dintorni. Consigli d’autore (in questo caso della guida turistica autorizzata Michele Gallo, contatto: info@sicilytravel.net) per una sosta arricchente, per sentirsi parte di un luogo, per scoprire le luci della notte e il chiarore dell’alba. Fermarsi un po’, prima di ripartire.

 

 

  1. “Tampasiare” per le strade delle cinematografiche Vigata e Montelusa per assorbire il “genius loci” di una Sicilia autentica, al contempo reale e immaginaria.
  2. Ammirare le splendide “pilaie’ incontaminate e il mare Mediterraneo in cui il Commissario fa le sue nuotate mattutine: la Scala dei Turchi (Agrigento), la spiaggia di Punta Secca dove ha la casa Montalbano, il lungomare di Donnalucata.
  3. Sedersi a tavola con Montalbano, in primis alla trattoria “Enzo a mare” e gustare gli stessi piatti del Commissario (arancini, pasta ‘ncasciata, polpette di neonata, triglie, ecc,) negli stessi posti dove Montalbano trascorre i momenti più belli della sua giornata.
  4. Emozionarsi davanti alle straordinarie creazioni del Barocco ibleo seguite al terremoto del 1693: gli scenografici impianti urbanistici, le facciate imponenti delle chiese, i mascheroni apotropaici, i mostriciattoli di pietra, le volute complicate e le false prospettive. Aggiungere alla visita di Scicli gli altri sei comuni inclusi nel patrimonio mondiale dell’UNESCO: (Caltagirone, Militello in Val di Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa).
  5. Esplorare il territorio circostante per visitare altre località siciliane che l’Unesco, al di là dei sette comuni del barocco, ha inserito nella lista del Patrimonio mondiale: Siracusa e Pantalica, la Villa Romana di Piazza Armerina e la Valle dei Templi di Agrigento.
  6. Cedere alle tentazioni letterarie e perdersi nelle pagine dei grandi scrittori che hanno scandagliato l’anima della Sicilia e delle tante Sicilie che coesistono in questi luoghi: Gesualdo Bufalino, Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Elio Vittorini e tanti altri che un buon libraio vi consiglierà.
  7. Perdersi nella fornace abbandonata di Penna, in contrada Pisciotto a Sampieri, monumento di archeologia industriale in cui il regista di Montalbano, Alberto Sironi, ha ambientato il luogo di lavoro delle prostitute di Vigata.
2017-anno-dei-borghi-viaggio-italiano* Testo adattato dal mio articolo pubblicato su De Vinis n.3/2009, bimestrale dell’Associazione Italiana Sommeliers, nella serie Mondi e idee in un bicchiere: le altre mie interviste riguardavano Umberto Veronesi, Nicola Dioguardi, Mario J. Molina e i Nobel incontrati a Lindau, Vittorino Andreoli, Silvio Garattini ed Ermanno Olmi. Le tappe di questa “geografia della memoria”, che toccherà tanti altre eccellenze della piccola Italia, regione dopo regione dalle Alpi al Gennargentu, hanno riguardato:

  1. Montefalco (Perugia) e i borghi ideali dell’Umbria;
  2. Valsinni (Matera), sulle tracce della poetessa Isabella Morra con i borghi ideali della Basilicata;
  3. Santo Stefano di Sessanio (L’Aquila), borgo recuperato e reso modello di attrattività turistica, commerciale e culturale;
  4. Volpedo (Alessandria), il borgo del pittore del Quarto Stato, Pellizza;
  5. Varese Ligure (La Spezia), comune pioniere sulla strada dell’eco-sostenibilità, con i borghi ideali della Liguria;
  6. Amalfi e la Costiera Amalfitana, con i borghi ideali della Campania;
  7. Orroli, il borgo nel cuore della Sardegna dove abbondano gli ultracentenari;
  8. Da Rimini a Pennabilli sulle tracce di Fellini e di Tonino Guerra: paesaggio con poeta;
  9. Nel Montefeltro marchigiano sulle orme di Pasquale Rotondi, salvatore dell’arte italiana;
  10. La Puglia Imperiale che stupì Federico II;
  11. Scicli, a tavola con il commissario Montalbano e Andrea Camilleri;
  12. A Barga e nella Valle del bello e del buono di Giovanni Pascoli;
  13. A Tropea i profumi del mare e della terra creano un gioiello della tavola: la cipolla rossa;
  14. Arpino, in Ciociaria, mette in campo Cicerone e i Grandi Spiriti;
  15. A Mel e nelle Dolomiti Bellunesi, rifugio del cronista Dino Buzzati;
  16. Nel futuro di Riccia ci sono le pantere grigie: qui sarà bello vivere (specie nella terza età);
  17. A Sappada, il borgo che accende la fantasia dei bambini;
  18. Da Cassinetta di Lugagnano si levò un urlo: “Terra! Terra!”

L’illustrazione di apertura, e qui a destra, è di Ro Marcenaro. Credit immagini idealista.it

BUONO A SAPERSI / UNO SGUARDO ALL'INIZIATIVA DEL MIBACT

I 23 borghi ideali di Sicilia (e gli 11 Borghi storici marinari, 5 paesaggi d’autore e 12 località) che aderiscono all’utile Passaborgo nel progetto “Borghi – Viaggio italiano”

Borghi-Viaggio-Italiano

Un link, un tour

Sul progetto “Borghi – Viaggio italiano”, una delle principali iniziative che caratterizzano l’Anno dei Borghi italiani proclamato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIBACT), vedere viaggio-italiano.it

Capofila delle 18 Regioni coinvolte è la Regione Emilia-Romagna – viale Aldo Moro 52, 40127 Bologna – Centralino: 051.5271. Direzione generale economia della conoscenza, del lavoro e dell’impresa: viaggioitaliano@regione.emilia-romagna.it (Responsabile: Laura Schiff).

Gli altri 23 borghi ideali di Sicilia

Altre eccellenze, oltre a Scicli, dei 23 borghi di Sicilia inclusi nel progetto “Borghi – Viaggio italiano” le trovate, arricchite da una scheda essenziale e utile, cliccando su queste righe.

Borghi storici marinari e paesaggi d’autore

Gli 11 borghi storici marinari sono invece visibili a questo link.

Le 5 località dei paesaggi d’autore sono, oltre ai luoghi di Montalbano: Giovanni Verga e Aci Castello (CT); Giuseppe Tomasi, principe di Lampedusa, Santa Margherita di Belice (AG); Leonardo Sciascia, Racalmuto (AG); Luigi Pirandello, Agrigento.

L’utile passaporto digitale: il Passaborgo

Dieci borghi siciliani e due case della memoria aderiscono a Passaborgo, il passaporto del turista: durante il viaggio i turisti possono completare un “passaporto” digitale collezionando le visite in diverse località e beneficiando di convenzioni con operatori locali e associazioni. Sono:

  • Aci Castello (CT). I faraglioni, il lungomare, l’isola Lachea, tutto già al primo sguardo ci fa capire come Aci Castello sia un borgo dall’anima marinara. Qui, dove Giovanni Verga ambientò il romanzo “I Malavoglia”, l’essenza è rimasta legata al mare, alla vita dei pescatori e ai loro antichi gesti che da sempre si ripetono invariati. La Torre medievale del 1300, chiamata Torre delle Stelle, oggi è un importante osservatorio astronomico aperto anche al pubblico, che ospita anche il Museo del Cielo e una biblioteca scientifica.
  • Brolo (ME). Con il suo scoglio che svetta dalle acque proprio di fronte alla costa, raggiungibile anche a nuoto, Brolo si identifica subito come un borgo dall’identità marittima. Affacciato su uno splendido mar Tirreno e circondato dalla catena montuosa dei Nebrodi, il borgo è un luogo dove cercare un contatto col mare che sia autentico, intimo.
  • Taormina (ME). Casa Cuseni, la villa più prestigiosa della città: via Leonardo da Vinci, 5-7.
  • Ragusa. Castello di Donnafugata, Contrada Donnafugata.
  • Gangi (PA). È un piccolo scrigno di storia e cultura. Secondo la leggenda, le sue origini affondano nella mitica città di Engyon, fondata dai Cretesi vicino all’omonima fonte d’acqua. Poco fuori dal borgo, da vedere è sicuramente il Santuario dello Spirito Santo. Da scoprire, poi i due palazzi: l’elegante Palazzo Bongiorno e il Palazzo Sgadari, oggi sede di musei.
  • Castellammare del Golfo (TP). Vista dall’alto, dalla terrazza panoramica che si sporge dalla Statale, Castellammare si mostra permeata da un fascino senza tempo. E questa sensazione ci viene confermata una volta arrivati nel borgo, mentre passeggiamo nel porticciolo, tra le barche attraccate e le reti dei pescatori messe ad asciugare. Grotte marine, spiagge e calette rendono questo posto ancora più speciale.
  • Palazzolo Acreide (SR). La storia più antica è ancora viva qui a Palazzolo Acreide e le sue tracce sono ad aspettare gli sguardi dei visitatori per narrare loro le origini di questo luogo incantato. Suggestivi, in questo senso, sono il complesso rupestre dedicato alla dea Cibele, divinità frigia orientale identificata con la Grande Madre, e i resti dell’antica Akrai dove nel piccolo teatro greco si svolgono ancora rappresentazioni di teatro classico, in un’atmosfera senza tempo.
  • Petralia Sottana (PA). Nel bellissimo contesto ambientale del Parco delle Madonie, tra alture e aree coltivate, sorge questo piccolo borgo dalla storia antichissima, che ancora oggi sa raccontare il suo passato ai visitatori che avranno il desiderio di fermarsi ad ascoltare. Il cuore del borgo ci accoglie con le sue chiese e i suoi palazzi storici mentre la Centrale Idroelettrica “Catarratti” è un esempio di archeologia industriale visitabile.
  • Petralia Soprana (PA). Nel cuore delle Madonie un balcone naturale dal quale ammirare il maestoso panorama circostante. Nel borgo ci sono infatti tre belvedere: quello di Loreto dal quale si vedono l’Etna, Enna, Caltanissetta e la vallata del fiume Imera; quello del Carmine, da cui si vede la Sicilia occidentale verso Palermi; quello di Piazza Duomo, da cui lo sguardo si perde verso Gangi e l’Etna.
  • Sant’Agata di Militello (ME). Si racconta che alcuni pescatori catanesi si salvarono da un naufragio e, per ringraziare la loro santa patrona, fondarono questa cittadina e dedicarono a lei il suo nome. Il castello domina il paese e il mare da cui si affaccia: intorno a esso, secoli fa, si formò un abitato di pescatori e contadini, e da allora questo paese è sempre stato legato al mare e alla terra. Il porto è uno dei più importanti dell’isola.

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Salvatore Giannella, giornalista che ha ideato e cura con passione questo blog che vuole essere una bussola verso nuovi orizzonti per il futuro, ha diretto il mensile scientifico del Gruppo L’Espresso Genius, il settimanale L’Europeo, il primo mensile di natura e civiltà Airone (1986-1994), BBC History Italia e ha curato le pagine di cultura e scienza del settimanale Oggi (2000-2007). Ha scritto libri (“Un’Italia da salvare”, “L’Arca dell’arte”, “I Nicola”, “Voglia di cambiare”, “Operazione Salvataggio: gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre”, “Guida ai paesi dipinti di Lombardia”, “In viaggio con i maestri. Come 68 personaggi hanno guidato i grandi del nostro tempo” e, a quattro mani con Maria Rita Parsi, “Manifesto contro il potere distruttivo”, Chiarelettere, 2019), curato volumi di Tonino Guerra ed Enzo Biagi e sceneggiato docu-film per il programma Rai “La storia siamo noi” (clicca qui per approfondire).