È scomparso a Milano a 97 anni Nicola Dioguardi, scienziato epatologo di fama mondiale e, dopo averlo appreso, quasi all’istante, ho pensato a quello che avevo letto la scorsa estate su di lui in un libro affascinante, inviatomi con dedica da Salvatore Giannella «In viaggio con i maestri. Come 68 personaggi hanno guidato i grandi del nostro tempo» (Minerva 2018). Il libro di Salvatore recava una dedica bellissima per il sottoscritto che non riporto non per pudore, ma solo perché il volume mi è stato ‘sfilato’ da uno dei tanti amici che mi fanno compagnia il sabato e la domenica e potrei ‘errare’ il ricordo delle parole (caro ‘scippatore’ di libri – per questo assolto senza riserve – ora che mi leggerai potrai far rientrare alla base una testimonianza per me ‘speciale’).
Raccontava Giannella che un lustro prima aveva invitato a cena, in un famoso e vetusto ristorante di Milano, il Boeucc, due eccellenze italiane della medicina e della moda: Nicola Dioguardi e Ottavio Missoni.
I due, con sorpresa del giornalista che tra le molteplici attività svolte è stato anche direttore di Airone, Genius e L’Europeo, ‘coadiuvati’ da un vino sublime – voglio sperare pugliese! – iniziarono a discutere di sport e il ricordo approdò alle Olimpiadi di Londra del 1948 che li aveva visti entrambi impegnati con la squadra nazionale italiana per la scherma e l’atletica: di Missoni, giunto sesto a Londra nei 400 ostacoli (e tornato in Italia con la sua medaglia più bella, Rosita) sapevo; del professore Dioguardi che facesse parte della squadra che aveva in Edoardo Mangiarotti (13 medaglie olimpiche) la sua stella più luminosa ignoravo tutto (… non ero ancora nato nel 1948).
Dal libro di Giannella ho appreso che Dioguardi è stato campione del mondo a Parigi nel 1949 per il fioretto, uno sport, all’epoca, ritenuto elitario. Dioguardi a Parigi nel 1948, mentre rientrava in albergo dopo aver sostenuto gli allenamenti, fu avvicinato da una bellissima ragazza che volle affidare a lui parole di ammirazione per Ottavio Missoni “talmente bello che nel correre sembrava un angelo”. Quella ragazza era la stupenda Lucia Bosè, che divenne amica di Missoni ed eletta Miss Italia.
Quella sera Giannella non parlò solo di sport con Dioguardi, ma rimase colpito dal fatto che il famoso epatologo era, come dire, sempre sulle orme di Galileo e impostava le sue ricerche sulla pre-visione, ossia uno scienziato, in qualsiasi campo operi, deve poter pre-vedere la dinamica non solo della scienza, ma del corpo umano. Se ricordo bene Dioguardi asseriva che la malattia è un dato di fatto, ma studiando alcune parti del corpo si può evidenziare la loro usura. A tal proposito Dioguardi stava perfezionando una macchina dal nome ‘dinamometro’, cioè misuratore del dinamismo residuo di un organo, ma il mio ricordo va su un esempio di pre-visione che ritengo calzante per l’epoca in cui viviamo: perché creare 10.000 ingegneri se poi non sono ‘idonei’ per ricoprire quei 10.000 posti disponibili?
L’intervista di Giannella si concludeva con un decalogo di lunga vita del professore che, affinché i consigli non fossero mai dimenticati anche da lui medesimo, li aveva trascritti su una lavagna all’ingresso del suo studio. Impossibile ricordarli senza l’aiuto del libro, ma almeno la metà posso provare a ‘riesumarli’:
“Sit tibi terra levis”, illustre scienziato, non a caso nato a Bari.
Con Galileo diventiamo tutti futurologi. “La pre-visione è il metodo su cui impostava la sua ricerca e questo gusto deve valere sempre”: parola di Nicola Dioguardi
Caro professor Dioguardi, più che nello studio di un direttore scientifico ultranovantenne qui all’Humanitas di Rozzano (Milano) alla cui nascita lei ha dato un decisivo contributo (link), sembra di entrare nel laboratorio di un giovane ricercatore. Vedo la nuova macchina che lei sta creando per aiutare il lavoro dei medici con l’informatica, mi parla di progetti futuri come se non le pesassero 60 anni di docenza e di corsia, e trovo che il volume aperto accanto al suo computer è l’opera omnia di Galileo…
“Io riparto da Galileo e dalla sua pre-visione, il metodo su cui impostava la sua ricerca. La materia, per Galileo, si muove come si muovono gli astri. Quindi un approccio corretto da parte di uno scienziato, di un medico ma anche di qualunque altro che voglia essere protagonista del suo tempo è pre-vedere la dinamica della scienza, della salute del corpo umano e anche del corpo sociale. Essere, in definitiva, bravi osservatori del presente ma anche bravi futurologi”.
Nella sua attività di grande epatologo, che cosa cambia?
“Per un medico questo implica una svolta importante sulla pre-visione della malattia. Ci sono parti del corpo umano di cui possiamo identificare l’usura indipendentemente dalla malattia. Magari oggi l’usura è limitata, ma aumenta con l’avanzare dell’età, perché tu consumi la potenzialità dinamica. Conoscere la potenzialità dinamica può aiutare il bravo medico a prendere decisioni più sagge e utili per il paziente”.
La macchina che sta mettendo a punto si chiama dinamometro perché misura la capacità dinamica di un essere vivente. Per esempio, lei può prevedere lo stato di salute e il dinamismo residuo del fegato…
“Esatto, ma la macchina deve essere perfezionata e credo vadano risolti anche delicati problemi di etica. Vede come cambia lo scenario se si passa da una visione della scienza statica a una dinamica?”
Questo vale per i medici e gli scienziati. E per gli italiani normali?
“Per gli italiani normali essere più galileiani vuol dire privilegiare uno sguardo al proprio futuro, chiedersi dove sarò tra due anni, cosa farò, con chi, con quali mezzi. Vuol dire avere il gusto della pre-visione, vuol essere un invito a sviluppare il senso del futuro negli ospedali e nei ministeri, nelle scuole e nel mondo del lavoro affinché non succeda che si creino 40 mila laureati che non sono idonei a occupare 40 mila posti di lavoro richiesti: come purtroppo capita oggi, a riprova del fatto che in Italia è mancata la pre-visione. Vede? Siamo partiti da Galileo (1564-1642, scienziato ingiustamente eretico per le sue teorie sui massimi sistemi, processato e condannato dalla Chiesa per le sue concezioni astronomiche: solo 359 anni dopo papa Giovanni Paolo II riconoscerà gli “errori commessi” nei suoi confronti) e ci accorgiamo quanto pragmatismo ci sia nella sua visione politica. E quanto sia importante riscoprire Galileo nella nostra quotidianità”.
Dalla collana “Il mio eroe”:
- Giovanni Palatucci (1909-1945), scelto da Ennio Di Francesco, già commissario di Polizia e fautore del Movimento democratico della riforma della polizia
- Giuseppe Caronia (1884-1977), grande pediatra che salvò molti ebrei e antifascisti a rischio della sua vita, è l’eroe scelto da Italo Farnetani, il medico dei piccoli
- Roberto Baggio sceglie il maestro buddhista Daisaku Ikeda, che ha dedicato la vita a sradicare le cause della violenza
- E Gianni Boncompagni scelse Arturo Benedetti Michelangeli, il più grande pianista del mondo tifoso di Enzo Ferrari e Topolino
- Nerio Alessandri: quel giorno nella vita di mr. Technogym, il romagnolo che fa muovere il mondo: “Il mio eroe? Un altro innovatore che, come me, partì da un garage: Steve Jobs“
- Dario Fo elogia il Ruzzante: “Fu un vero rivoluzionario, l’unico che, in forma satirica, ha parlato del suo tempo”
- Urbano Cairo: “Se scalo le montagne lo devo a un filosofo-faro: Napoleone”
- Antonio Cederna, giornalista e battagliero difensore della città, del paesaggio, della bellezza italiana
- Brunello Cucinelli dona bonus culturale ai suoi 1.450 dipendenti e sceglie Marco Aurelio
- E don Ciotti mi indicò il suo eroe: Tonino Bello, vescovo degli ultimi
- Michael Collins: era italiano il gregario spaziale rimasto a orbitare intorno alla Luna. Ecco chi me lo raccontò
- Zorro, cent’anni fa nasceva la leggenda del giustiziere mascherato (l’eroe di Etro)
- Un eroe e un amore che, mi confidò, abitavano nella mente di Luciano De Crescenzo
- Rossana e Carlo Pedretti: le loro vite nel segno di quel genio di Leonardo
- E Roberto Bolle mi confidò: “Il mio eroe? Adam, bambino soldato d’Africa”
- Fabrizio Barca: “il mio uomo faro? Amartya Sen. Quell’economista e Nobel indiano ha dato una risposta alle paure e alla arida globalizzazione”
- Raffaella Carrà: “Felicità è aver avuto una nonna come Andreina mia maestra in una Romagna che era piena di note e di libertà”
- Lo spirito guida di Massimo Giletti? Toro Seduto, un leader lontano da potere e profitto
- E Mauro Corona mi confessò: “Devo a Mario Rigoni Stern la mia rinascita”
- Quando Maria Rita Parsi mi illuminò il suo spirito guida: Giovanni Bollea, esploratore delle menti bambine
- Giuseppe Masera: “per chi come me ha dedicato una vita nella battaglia alla leucemia infantile, la figura di Giovanni Verga assume i contorni di un gigante”
- Nel glossario di Andrea Camilleri inserite la voce: Mandrake, l’idolo che mi confessò
- Quando il grande giornalista Enzo Bettiza mi indicò il suo eroe vivente: Mario Draghi, italiano europeo che punta su competenza e controllo