È il giornalista e autore di saggi (è stato pubblicato recentemente “Manifesto contro il potere distruttivo”, scritto a quattro mani con la psicoterapeuta Maria Rita Parsi) Salvatore Giannella il nuovo ospite di “Salotto Blu”, la trasmissione condotta da Mario Russomanno in onda il martedì sera. Giannella ha diretto la rivista “Airone” e il settimanale “L’Europeo” e ha collaborato per diverse testate.
Conosce bene e apprezza la Romagna e qui da anni trascorre le vacanze (dal 2000 ha la seconda casa sul porto canale di Cesenatico).

Manifesto contro il potere distruttivo

La copertina del nuovo libro “Manifesto contro il potere distruttivo”, scritto dalla nota psicoterapeuta Maria Rita Parsi con Salvatore Giannella (nella foto d’apertura negli studi di Videoregione a Forlì). Edito da Chiarelettere, 232 pagine, euro 16 (9,99 su e-book).

Conversando con Russomanno, si è soffermato non solo sulle crisi politiche e ambientali internazionali ma anche sulle vocazioni del territorio romagnolo. Ha detto, tra l’altro che “la Romagna è terra ospitale, densa di cultura e risorse ambientali. Temo però che non stia utilizzando del tutto le proprie potenzialità. La storia, i giacimenti culturali, le tradizioni di intelligenza e operosità, le splendide risorse naturali andrebbero messe definitivamente a sistema, costituirebbero attrazione ancora più seducente per un pubblico cosmopolita”.

Qui il filmato dell’intervista.

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A PROPOSITO/ UN BRANO DEL LIBRO DELLA PARSI E GIANNELLA

Il fiume che scompare: la lezione del Savuti

di Salvatore Giannella

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La scrittrice, psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi di Lodrone (Roma, 1947), nota al grande pubblico per le sue numerose pubblicazioni di tipo scientifico e divulgativo. Nel 1986 è stata insignita del titolo di Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Dal 2015 è presidente della Fondazione Fabbrica della Pace Movimento Bambino Onlus.

Cara Maria Rita, mi viene da ripescare una storia naturale, ricostruita anni fa sulla rivista che diressi per otto anni, Airone: è la storia di un fiume unico al mondo che, con un fenomeno naturale, spiega a noi umani le dinamiche del potere distruttivo. (Che poi, tanto distante dalla realtà umana non è: proprio in questi giorni starai certamente seguendo la storia della carenza d’acqua in Sud Africa, in Australia e in molte altre parti del mondo, compresa l’Italia, dopo mesi di siccità).

Il Savuti è un piccolo fiume ma ci offre una grande lezione. È un corso d’acqua che sta nel Botswana, un angolo di Africa modello, posto al di sopra del Sud Africa. Un fiume che è stato sempre al centro della vita in questo pezzo di continente, un fiume in cui gli ippopotami si esibiscono quotidianamente in fragorose dispute d’amore, gli elefanti giocano in un turbinìo di spruzzi, l’ecosistema si mantiene in un delicato e complesso equilibrio.

Mappa del Botswana

Il Savuti è il fiume capriccioso che scorre nel Botswana, stato dell’Africa meridionale, confinante con il Sudafrica a sud, la Namibia a ovest, lo Zambia a nord e lo Zimbabwe a nordest.

Dai miti e dalle fiabe delle tribù, dai racconti dei cacciatori e dei primi esploratori sappiamo, però, che questo fiume va incontro a periodiche secche. Nel secolo scorso aveva una grande portata, quindi, a un certo momento si prosciugò per 80 anni per poi tornare a scorrere nel 1957. Nessuno ha mai saputo spiegare questo fenomeno geologico. Qualcuno l’ha fatto collegare a delle azioni sotterranee provocate dall’attività sismica. Certo è che un giorno, nel 1982, quel fiume che segnava il confine tra la vita e la morte all’improvviso si prosciugò e smise di scorrere. Nel letto asciutto del Savuti esplosero mille drammi. Non più giochi, non più spruzzi, ma una lotta spietata tra gli animali per difendere l’ultima pozza. Le femmine degli elefanti cacciarono i piccoli, perché la difesa della specie in una situazione estrema impone che sopravvivano gli adulti capaci di riprodursi. Infine, iene e avvoltoi banchettarono per un po’, poi anche per loro il Savuti fu solo sabbia arsa dal sole.

Il Savuti che da paradiso si trasforma in un inferno, da dove scappano tutti, ci indica che cosa vuol dire quando viene a diminuire o a mancare del tutto l’acqua di un fiume. L’acqua del Savuti è scomparsa per un fenomeno naturale. La scarsità di risorse nella società degli uomini, in Africa e altrove, è invece quasi sempre un fenomeno innescato dal malgoverno. Sono le guerre, la corruzione, la tirannide, la cattiva gestione della ricchezza che privano la società civile di quelle risorse che consentirebbero loro di avere un comportamento appunto “umano”. Una risorsa scarseggia: aumentano in natura e tra gli uomini l’aggressività e l’infelicità. Mi spiegò un grande psichiatra e scrittore, Vittorino Andreoli:

Il Savuti, piccolo fiume, racconta anche la grande storia dell’uomo. Ne diventa una metafora straordinaria. C’è tempo per vivere e uno per morire. C’è tempo per piangere e per sorridere, e il tempo scorre con cambi improvvisi che talora sembrano capricci e l’uomo da grande si fa polvere, giunge al successo e poi viene dimenticato. Basta che scompaia un rivo d’acqua. Basta che un legame essenziale, un amore, si dissolva. Giuseppe Ungaretti in uno stupendo verso diceva: ‘L’uomo è attaccato nel vuoto, al suo filo di ragno’. Quando questo filo si rompe o quel rivo si prosciuga, un elefante diventa carcassa e un uomo muore.
Vittorino Andreoli

Vittorino Andreoli (Verona, 19 aprile 1940), neurologo e psichiatra di fama mondiale. Si è laureato in Medicina all’Università di Padova. Ha lavorato in Inghilterra, a Cambridge presso il Department of Biochemistry e negli Stati Uniti: prima al Cornell Medical College di New York e poi alla Harvard University. Unisce al rigore dell’analisi scientifica una eccezionale capacità di divulgazione. Qui i suoi numerosi libri.

Una comunità si sconnette, la democrazia si ammala, il popolo declina la sua responsabilità (per esempio, non andando a votare) e così lentamente muore. La combinazione tra l’astensionismo di massa del popolo (incapace così di discernere, tra i rappresentanti che va a eleggere, i capaci e i giusti) e lo svuotamento dei partiti politici dei padri nobili (animati da ideali politici, anche se non da tutti condivisibili, ma sicuramente volti al bene comune della nazione) con l’infiltrazione nella casa comune democratica di maneggioni e imbroglioni, mette a rischio la sopravvivenza stessa della comunità.

C’è chi ha scritto:

In democrazia l’ignoranza è una colpa. Chi ideò, pagandone un caro prezzo, il sistema democratico, lo fece per togliere il potere ai tiranni e darlo al popolo. Il popolo, però, lo assumeva impegnandosi a colmare le lacune e rendendosi capace di governare. Soprattutto capace di discernere, tra i rappresentanti che andava a eleggere, i capaci e i giusti dagli incapaci e ingiusti, dai corruttori e corrotti, favorendo il merito in ogni elemento della società di cui si erano resi responsabili. Tutto questo in Italia ultimamente è venuto a mancare.

E oggi la democrazia sembra come quella prefigurata da Beniamino Franklin:

Due lupi e un agnello che discutono su cosa mangiare a colazione.

(Antonino Arconte sul suo blog)

La scarsità crescente della partecipazione popolare, in Italia e nel mondo, è il segno più vistoso di questo fenomeno negativo: così è potuto accadere quello che a ogni puntata televisiva di Report o Presa diretta i bravi giornalisti d’inchiesta mettevano e mettono in evidenza con sgomento dei giusti. Che crescessero a dismisura i traffici di droga, armi, prostituzione, ricatti, estorsioni. Che, per via dell’assalto alla diligenza delle Regioni e dello Stato, la sanità pubblica mostrasse crepe sempre più vistose. Che fossero costruite cattedrali supertecnologiche nel deserto, sprecando miliardi di euro di denaro pubblico. Che venisse distrutto il territorio tra inquinamento, opere abusive, cementificazioni di coste e fiumi, riducendoci tra alluvioni e frane in un disastro continuo. Che non editori si impadronissero dei mezzi di comunicazione. Che il debito pubblico salisse a cifre astronomiche. Che pochi ricchi diventassero sempre più ricchi, mettendo in banche all’estero i loro capitali spesso frutto di rapine di denaro pubblico, evadendo le tasse e impedendo la redistribuzione della ricchezza, così facendo mancare i fondi per l’economia reale, per l’economia sana, quella che crea occupazione in un circolo virtuoso. La nostra Italia, cresciuta grazie alla genialità di molti scienziati, artigiani, artisti e imprenditori, docenti e comunicatori dalle indubbie capacità professionali, avrebbe meritato di meglio.

Ecco dove nasce, cara Maria Rita, il mio ottimismo preoccupato: l’Italia è una piccola tessera di un malessere mondiale che porta papa Francesco a richiamare quotidianamente i potenti del mondo a fermare la nuova corsa al riarmo nucleare, che segna un pericoloso ritorno al passato, e ad allontanare i rischi di una guerra planetaria. A riportare indietro, cioè, quelle lancette dell’Orologio dell’Apocalisse che gli scienziati dell’Università di Chicago hanno portato a soli due minuti dalla mezzanotte della fine del mondo per via delle sempre più difficile situazione planetaria. (Guerre diffuse. Un forte aumento del nazionalismo nel mondo. Terrorismo alimentato dal senso di rivalsa dei deboli e dai sempre più voraci mercanti d’armi. Riscaldamento climatico. Tensioni globali. Abuso della tecnologia dell’informazione e vulnerabilità delle democrazie alla disinformazione. Deterioramento della sicurezza mondiale in un contesto di tecnologie sempre più sofisticate così come di una crescente ignoranza delle competenze scientifiche e degli accordi internazionali (cito, su tutti, l’abbandonato Trattato di non proliferazione nucleare…).

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