200 anni fa Leopardi compose "L’Infinito". Migliaia di studenti in piazza la recitano. E io vi racconto di quando scoprii l’originale in una banca di Camerino (e un poetico fotoreportage sulle Marche)
Le parole e gli occhi
testo di Salvatore Giannella, foto di Vittorio Giannella
200 anni fa Leopardi compose "L’Infinito". Migliaia di studenti in piazza la recitano. E io vi racconto di quando scoprii l’originale in una banca di Camerino (e un poetico fotoreportage sulle Marche)
Le parole e gli occhi
testo di Salvatore Giannella, foto di Vittorio Giannella
Credo di fare cosa utile alla comunità di Giannella Channel ricordare l’incredibile vicenda della scoperta a Visso (oggi ancora ferita dal recente sisma) dell’originale de L’Infinito, avvenuta ventun’anni fa da parte mia (allora cronista per il settimanale Oggi), insieme a quelli delle altre poesie leopardiane nella cassaforte di una banca di Camerino: la mia testimonianza è arricchita da uno splendido fotoreportage di Vittorio Giannella sulle Marche leopardiane.
Credo di fare cosa utile alla comunità di Giannella Channel ricordare l’incredibile vicenda della scoperta a Visso (oggi ancora ferita dal recente sisma) dell’originale de L’Infinito, avvenuta ventun’anni fa da parte mia (allora cronista per il settimanale Oggi), insieme a quelli delle altre poesie leopardiane nella cassaforte di una banca di Camerino: la mia testimonianza è arricchita da uno splendido fotoreportage di Vittorio Giannella sulle Marche leopardiane.
Giacomo Taltegardo Francesco di Sales Saverio Pietro Leopardi (Recanati 1798 - Napoli 1837) in un ritratto di Domenico Morelli.
È toccata al cronista di Oggi l’emozione di assistere alla “liberazione” del prezioso manoscritto, prima tappa per il suo viaggio che lo vedrà lasciare il chiuso caveau di una banca e tornare alla luce a luglio, finalmente e definitivamente, tra i “monti azzurri” di leopardiana memoria, quei Sibillini che oggi sono tra i più incantevoli parchi nazionali di tutta Italia e che ieri furono fonte di “pensieri immensi” e di “dolci sogni” per il poeta.
Così la collana dei luoghi leopardiani, luoghi che si stanno addobbando a festa per celebrare il bicentenario della nascita del poeta (29 giugno 1798) si arricchirà di una nuova perla: Visso, capitale del parco dei Sibillini, stupendo borgo medievale ricco di storia e di opere d’arte, dai cui amministratori sono conservati gelosamente dal lontano 1869 alcuni importanti manoscritti leopardiani a cominciare proprio da L’Infinito.
Come mai quei 15 endecasillabi sciolti e altre carte autografe, che manifestano “situazioni, affezioni, avventure storiche” dell’animo, come il Leopardi stesso scrive, rivelatori dell’intima solitudine di un genio intento a esplorare i meandri del proprio cuore e a fare della natura la sua più cara confidente, erano finiti in questo borgo distante da Recanati? C’entra la reale frequentazione della famiglia Leopardi a Visso, come fa pensare la presenza dello stemma di famiglia Iil leopardo sorreggente un giglio) che appare in più luoghi di Visso? C’entra il fatto che, alcuni decenni dopo la morte del poeta, una figlia del conte Giacomo junior, Maria Giacoma Vincenza, sposò Anton Maria Bonelli di Visso? È forse per questa via che arrivarono qui da Recanati i manoscritti leopardiani? “No”, mi chiarì il sindaco di Visso Alessandro Lucerna, classe 1933.
Arrivarono via Bologna. E va dato merito al mio predecessore di un secolo fa, il sindaco Giovan Battista Gàola-Antinori, che acquistò i manoscritti di sua tasca, per una cifra allora enorme (400 lire) da Prospero Viani, preside del liceo Galvani di Bologna. Viani fu un accanito raccoglitore delle opere leopardiane provenienti dagli amici del poeta tra i quali l’avvocato Pietro Brighenti, proprietario di una tipografia nel capoluogo emiliano, La Stamperia delle Muse, che nel 1826 pubblicò il gruppo di manoscritti destinati all’archivio comunale di Visso.
Nel 1868, trovandosi in difficoltà economiche, Viani fu costretto suo malgrado a disfarsi di una parte della sua raccolta: e cioè i sei Idilli (L’Infinito, La Sera del giorno festivo, La Ricordanza o Alla Luna, Il Sogno, Lo Spavento notturno, La Vita Solitaria), i cinque Sonetti in persona di Ser Pecora fiorentino Beccaio; l’Epistola al conte Carlo Pepoli; la prefazione alla seconda edizione del Commento alle rime del Petrarca e 14 lettere indirizzate all’editore milanese Stella.
Per la vendita, Viani si rivolse al suo amico deputato al Parlamento, l’avvocato Filippo Mariotti. Costui, legato da stima e amicizia con il sindaco di Visso (anche lui deputato) Gàola-Antinori, gli propose l’acquisto dei manoscritti e l’affare fu concluso: 400 lire, con tanto di regolare ricevuta. Il 24 marzo 1869 una lettera di Mariotti accompagna le preziose carte al sindaco di Visso: «Caro amico, ecco i manoscritti leopardiani che Visso conserverà per suo ornamento e per gloria d’Italia».
Visso li conservò in municipio ma per pochi anni. Perché una giusta preoccupazione per conservare i manoscritti, ha spinto precedenti amministratori a trovare una sistemazione più sicura da eventuali furti. E per questo motivo L’Infinito fu deposto nel dopoguerra in una cassetta di sicurezza di una banca della vicina, nobile Camerino.
Giorgio Marcolini, direttore della centralissima Banca delle Marche, ci accolse sorpreso: “Sono arrivato in questa sede una settimana prima del terremoto che ha scosso parte di Umbria e Marche e abbiamo dovuto dedicare tutti gli sforzi a gestire l’emergenza. Confesso quindi che non avevo avuto il tempo, fino al vostro arrivo, di sapere del tesoro che custodivamo”.
Camerino (Macerata). Alessandro Lucerna, sindaco del vicino comune di Visso, mostra l'originale (a destra) dell'Infinito di Leopardi. Il manoscritto fu acquistato 145 anni fa dal municipio di Visso per 400 lire.
Un’emozione incancellabile: chi ha visto le cartoline che riproducono l’originale trova che la differenza è come quella che passa tra vedere un amico in fotografia e incontrarlo a quattr’occhi. “Sempre caro mi fu quest’ermo colle / questa siepe, che da tanta parte / dell’ultimo orizzonte il guardo esclude…” Nei 15 endecasillabi, una sola incertezza del poeta: nelle ultime righe, laddove recita: “Così tra questa / immensità s’annega il pensier mio: / e il naufragar m’è dolce in questo mare”, la mano esitante di Giacomo cancella il termine “immensità” e lo sostituisce con “infinità”.
Davanti ai manoscritti, il sindaco s’impegnò a farli tornare a Visso e a trovare una nuova sede più degna per le carte. Impegno mantenuto.
LE PAROLE E GLI OCCHI
Le Marche di Giacomo Leopardi
foto di Vittorio Giannella
Aveva previsto tutto Leopardi, su cosa sarebbe successo negli anni 2000.
Tanta arte in mezzo chilometro. Nella mappa i luoghi leopardiani a Recanati: il mondo che alimentò la vena del poeta è racchiuso in appena mezzo chilometro, il parco letterario più concentrato al mondo. Info: Casa Leopardi 071.9816175; Biblioteca privata Leopardi 071.7573880 – 071.7571964.
Viene il vento recando il suon dell’ora
dalla torre del borgo. Era conforto
questo suon, mi rimembra, alle mie notti,
quando fanciullo, nella buia stanza,
per assidui terrori io vigilava,
sospirando il mattin
da Le ricordanze
La ginestra, penultima lirica di Leopardi, scritta nella primavera del 1836 a Torre del Greco nella villa Ferrigni.
Odorata ginestra,
contenta dei deserti. Anco ti vidi
de tuoi steli abbellir l’erme contrade
che cingon le cittade…
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
che il deserto consola
da La ginestra
Greto del fiume Potenza. Recanati sorge sulla cima di un colle tra le valli del Potenza e del Musone.
Lungi dal proprio ramo,
povera foglia frale,
dove vai tu ?- Dal faggio
là dov’io nacqui, mi divise il vento.
Esso tornando, a volo
dal bosco alla campagna,
dalla valle mi porta alla montagna
da Imitazione
Di giugno il mese fertile
è giunto ; abbonda il grano
e nitido biondeggia,
ed offrono al villano
le spiche colme e spesse
un’abbondante messe.
da La campagna
Passata è la tempesta…
Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
sgombrasi la campagna,
e chiaro nella valle il fiume appare.
da La quiete dopo la tempesta
Spandeva il suo chiaror per ogni banda
la sorella del sole, e fea d’argento
gli arbori ch’a quel loco eran ghirlanda
da Appressamento della morte
Primavera dintorno
brilla nell’aria, e per li campi esulta,
sì ch’a mirarla intenerisce il core
da Il passero solitario
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna. O donna mia,
già tace ogni sentiero, e pei balconi
rara traluce la notturna lampa
da La sera del di di festa
Sarà per queste piagge, ove non altro
che lieti colli e spaziosi campi
m’apri alla vista.
da La vita solitaria
Limpido il mar da lungi e le campagne
e le foreste, e tutte ad una ad una
le cime si scoprian delle montagne.
In questa ombra giacea la valle bruna,
e i collicelli intorno rivestìa
del suo candor la rugiadosa luna.
da Appressamento della morte
Questo giorno ch’omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo seren un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
da Il passero solitario
Odi, Melisso: io vò contarti un sogno
Di questa notte, che mi torna a mente
In riveder la luna. Io me ne stava
Alla finestra che risponde al prato,
Guardando in alto: ed ecco all’improvviso
Distaccasi la luna; mi parea
Che quando nel cader s’approssimava,
Tanto crescesse al guardo; infin che venne
A dar di colpo in mezzo al prato.
da Alceta
InIziare la settimana con il Tuo scritto su Leopardi. Emozione. Privilegio. Sento l’odore della pioggia. Mi trovo di colpo a Recanati. A due passi dal mare di acqua e dal mare dei colli. E inizio a respirare. Respiro e rifletto sull’immensità delle parole perdute. E ritrovate in un mattino di maggio insolito come insolita è la vita. Grazie Salvatore per questa boccata di ossigeno con la forza del pensiero e della voglia di vedere questa vita dal punto più alto dell’infinito cercare.
(via email)
Caro Salvatore, tempo fa parlasti de L’Infinito (e quale se non quello di Leopardi) e seguii con costernata ammirazione il tuo percorso fino al luogo insolito (il caveau di una banca a Camerino) dove era custodito. Il Manoscritto, s’intende… poiché l’Infinito abita nel recesso più intimo e vero di ognuno di noi. Mi chiedevo, prima che la luce del giorno, disvelasse i tratti e i contorni di una realtà quasi mai in armonia con i nostri pensieri, come avesse potuto comporre, Leopardi, quei versi semplici, belli e sublimi che mettono in cuore tanta pacatezza e abbandono a un Indicibile che pur governa e presiede questo mondo, i cui abitatori fanno a gara per rendere sempre più invivibile. Sento il borbottio della televisione che, nella stanza accanto, vomita l’elenco delle nefandezze che, scrupolosamente, i vari commentatori dei telegiornali enucleano con dovizie di particolari a volte raccapriccianti. Mai uno che, a prima mattina, legga l’Infinito quale viatico sereno e convinto ad affrontare la nuova giornata, che ormai si fa strada e svela intorno ogni dove. È, questo mio, forse uno strano modo di augurarti il buongiorno ed ogni altra buona cosa possibile. Ma, sono certo, che anche tu nel tuo insonne operare, spesso intravedi l’Infinito e reciti a fior di labbra i suoi eterni e meravigliosi versi.
Pietro Rizzo, avvocato in Calabria
È la tua sensibilità, il tuo amore per il bello e la pacatezza con cui illustri ciò ch’è degno d’attenzione, oltre il fuggevole e il transeunte che affascina e cattura, caro Salvatore. Le rispondenze che crei e susciti ne sono l’indispensabile viatico. Grazie per avermi citato. Pietro