Durante il suo turno di lavoro presso l’ospedale Hadassah di Gerusalemme, l’infermiera Ula Ostrowski-Zak, mamma di 34 anni, si è trovata di fronte a una situazione un po’ particolare: un bimbo palestinese di nove mesi, Yamen Abu Ramila, si trovava nella struttura insieme a sua madre ricoverata in gravi condizioni in seguito a un incidente stradale, non mangiava da parecchie ore e non c’era nessuno che potesse dargli il latte (il piccolo rifiutava il biberon). Ha pensato allora di risolvere il problema lei stessa allattandolo al seno per diverse volte nel corso della notte, sfamando dunque quel piccolo bambino che oggi è diventato simbolo di pace e speranza per il futuro.

Eh sì, perché Ula è israeliana mentre il piccolo è palestinese, un bambino del tutto sconosciuto e della parte “avversa” alla donna ma appunto un bambino che non ha alcuna colpa di quello che accade nel mondo. Le zie del piccolo, accorse in ospedale per prendersene cura, non credevano ai loro occhi: ha raccontato Ula,

La zia mi ha raccontato che Yaman è sempre stato allattato solo al seno della madre fin dalla nascita. Non ha mai bevuto dal biberon. Hanno chiesto se qualcuno avesse potuto allattarlo e le ho detto che avrei potuto farlo io. Sono rimaste sorprese. Non riuscivano a credere che una madre ebrea potesse accettare di allattare un bambino palestinese. Mi hanno portato in braccio, mi hanno baciato, non smettevano mai di abbracciarmi.
Ula Ostrowski-Zak mentre allatta il bimbo palestinese di nove mesi

Ula Ostrowski-Zak

La giovane infermiera non si è fatta problemi e, da vera mamma, si è mostrata generosa nei confronti del piccolo bisognoso di latte. E non si è limitata solo a questo: Ula, tramite la Leche League, si è messa alla ricerca di donne del territorio disposte a fare da balie al piccolo. Così il suo bel gesto è stato seguito anche da altre donne che allatteranno il piccolo fino a che la sua mamma non starà meglio.

Uno dei momenti in cui Ula sta allattando il piccolo è stato immortalato con delle foto che ovviamente stanno facendo il giro del mondo per la loro infinita dolcezza, considerando tra l’altro tutta la vicenda (il padre del piccolo è purtroppo morto nell’incidente stradale).

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Una vicenda che inizia in maniera triste ma che poi ci regala un finale a sorpresa grazie al quale, almeno oggi, recuperiamo un po’ di fiducia nel genere umano. Prendiamo spunto inoltre per capire come un gesto generoso e utile possa diffondersi senza troppa fatica se qualcuno getta il “seme” e quando alla base vi è un nobile scopo.

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* Green Me (greenme.it) è una rivista online d’informazione e di opinione su tematiche “green”, nata a marzo del 2009 con l’obiettivo di contribuire a diffondere comportamenti e stili di vita maggiormente attenti all’ambiente e al pianeta in cui viviamo. Green Me nasce da Mario Notaro, editore, e Simona Falasca, direttore responsabile

IL BELLO DELLA MEMORIA/ Da «Giannella Channel», estate 2012

Quando Israele e Palestina

sono stati uniti da un cuore

testo di Salvatore Giannella

…Ormai i trapianti di cuore sono una pratica comune, e spesso non fanno notizia. A meno che non sia stato un palestinese a donare il proprio cuore a… un israeliano. È accaduto di recente che Mazen Joulani, un farmacista palestinese della parte orientale di Gerusalemme, è stato ucciso con un colpo d’arma da fuoco sparato da un’auto di passaggio mentre stava seduto a un caffè della sua città. Nonostante il fatto che a uccidere Joulani sia stato probabilmente proprio un commando israeliano, la sua famiglia, di religione musulmana, ha deciso di donare il suo cuore a Yigal Cohen, un israeliano padre di due figli che si è salvato proprio grazie a questo intervento. “L’Islam non proibisce di donare i propri organi per salvare la vita di qualcun altro”, ha dichiarato il padre di Mazan, il 71enne Lufti Joulani. “Perciò abbiamo deciso di donare il cuore e tutti gli altri organi utili di nostro figlio per salvare la vita di altre persone, non importa se ebree, cristiane o musulmane, anche se credo che Mazan sia stato ucciso proprio da dei coloni israeliani”.

“Questo nobile gesto ci ha toccato davvero profondamente”, ha dichiarato David Cohen, padre dell’israeliano a cui è stato trapiantato il cuore di Mazan. “È stata per noi una grossa sorpresa scoprire l’identità del donatore. È una cosa che ci ha colpito molto, soprattutto in questi giorni in cui i rapporti tra israeliani e palestinesi sono così tesi. Questa nobile famiglia palestinese ci ha insegnato che è possibile fare le cose in modo diverso. Sarà proprio grazie a persone come gli Joulani se si riuscirà a trovare una strada verso la pace”.

Il dottor Yaacov Lavie, il cardiologo del Tel Hashomer Hospital vicino Tel Aviv che ha eseguito il trapianto, ha dichiarato alla radio israeliana che Yigal Cohen sarebbe morto senza il cuore di Joulani. E ha aggiunto: “Quando sei tutto preso in un’operazione di trapianto non ci pensi, ma quando dopo ti ritorna in mente che durante l’operazione hai tenuto il cuore di un palestinese in una mano e quello di un israeliano nell’altra, ti viene da sorridere pensando che dentro siamo tutti uguali, e che tutti i conflitti sono assurdi e inutili”.

Infine, il dottor Lavie ha raccontato che, la stessa notte del trapianto del cuore di Joulani, anche la famiglia di una delle vittime di un recente attentato palestinese ha deciso di donare gli organi. “Ci troviamo nel bel mezzo di un tornado politico ed emozionale”, ha commentato il chirurgo, “ma raggi di luce come questi ci danno la forza per continuare a credere in una risoluzione positiva e pacifica dei conflitti”. (link).

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