Nel testo introduttivo che Ferdinando Scianna (Bagheria, 1943) ha scritto per il bel volume Un fotografo in tipografia, edizioni Henry Beyle, si parla di odori, di profumi di camera oscura, di stampa, di inchiostro. Così una sorta di sinestesia iconografico-olfattiva ci si presenta di fronte alle sue immagini esposte alla Galleria Antonia Jannone di Milano, corso Garibaldi 125.
Sono fotografie scattate all’interno della tipografia di Rodolfo Campi, a Quinto de’ Stampi, nei pressi di Rozzano, un Comune alle porte del capoluogo lombardo. Di fronte a quelle immagini in bianco e nero, stampate in maniera magistrale, si percepisce l’odore forte e intenso di quanto viene rappresentato: una tipografia editoriale. Quelle immagini raccontano il procedimento necessario per dare vita ai bei volumi, stampati alla maniera antica, come sono quelli della stendhaliana Henry Beyle, casa editrice milanese di Vincenzo Campo, sita alla Bovisa. Sono operine deliziose, generalmente di piccolo formato, che propongono scritti minori di grandi autori e non solo. I bibliomani le acquistano per tenersele e per farne dono agli amici, sodali della congrega.
LAVORARE CON LE IMMAGINI
Scianna ha fotografato le macchine, i caratteri, gli uomini che lavorano, lo ha fatto con amore. Quell’amore che lo lega da tutta la vita alla fotografia, alla stampa, a quella di Franco Sciardelli, siciliano come lui, scomparso un paio di anni fa, a quella di Giorgio Upiglio, ma anche alla sua, a quella della sua sapienza fotografica in camera oscura.
Non si tratta di una mostra nostalgica, va detto. Piuttosto è la presentazione di un modo di operare attraverso le immagini, che sarebbe banale e inesatto chiamare documentazione. Scianna legge, metabolizza, elabora e ci propone il suo punto di vista. Le macchine sono presenze severe, le raccolte di lettere sembrano sculture. La luce sottolinea i volumi, la dimensione plastica degli oggetti.
COSTRUZIONI SAPIENTI
Quella di Antonia Jannone è una galleria specializzata in disegni di architettura. Qui il campo si allarga, ma coerentemente. Ci troviamo di fronte a costruzioni sapienti, a mondi artigianali in cui passato e presente si fondono nella fotografia.
Nel volume, stampato in poco più di 500 copie numerate, in cui le foto sono state attaccate a mano sulle pagine di carta avoriata, si trovano anche i testi colti e ricchi di informazioni di Matteo Codignola e Stefano Salis.
A PROPOSITO/ Il declino di una professione visto da Scianna
“Il mestiere di fotoreporter nell’era digitale? Come suonare il violino in mezzo al traffico”
Ferdinando Scianna è stata una delle grandi firme del settimanale d’attualità L’Europeo, pubblicato dal 1945 al 1995 per poi conoscere una nuova stagione editoriale, che si è conclusa nel luglio 2013. La squadra dei fotoreporter che ho conosciuto di persona (in quel mitico settimanale sono entrato nel 1975 e ho percorso tutti i gradini gerarchici, fino a dirigerlo dall’aprile 1985 al gennaio 1986 quando sono stato chiamato da Giorgio Mondadori alla direzione di Airone) includeva, oltre a Scianna, potenziato dalle amicizie con Leonardo Sciascia prima e con Henri Cartier-Bresson poi che lo introdusse nella squadra “olimpica” della Magnum Photo, Gianfranco Moroldo, Duilio Pallottelli, Piero Raffaelli, Stefano Archetti, Enzo Luceri e Maurizio Bizziccari che potete incontrare alla Libreria Internazionale del Mare a Roma (www.maremagazine.com). Erano succeduti ad altri giganti del mestiere, come Giancolombo, Oliviero Toscani, Tazio Secchiaroli, Uliano Lucas, Gianni Roghi…
In una tesi di laurea (Grandi reportages, avventure indimenticabili: l’identità de “L’Europeo” tra cronaca e storia). presentata nel 2005 alla facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, autore Dario R. Aquaro, Scianna individuava la causa del declino della professione fotoreporter con queste parole:
I lettori, tempestati di notizie e di immagini, non riescono più a distinguere la semplice notizia dai discorsi più complessi.
A risentire di questo processo moltiplicativo è, oltre al reportage in sé, anche la fotografia. “Nella confusione provocata da un bombardamento mediatico che pretende di ridurre tutto in slogan”, risulta modificato il rapporto tra lo scritto e l’immagine, tra il verbale e il visivo. Dalla cultura del newsmagazine all’italiana viene fuori un diverso utilizzo delle foto. “Perché ci sono modi diversi di utilizzare gli scatti all’interno delle pagine. E per lo più sono tutti modi ‘illustrativi’. Un filo narrativo non sempre contestuale al testo. Ormai è una tendenza piuttosto accentuata, assai diversa da quella che poteva essere fondante ne L’Europeo di Arrigo Benedetti: foto come un qualcosa non da aggiungere al testo ma come sua parte integrante. Tanto che il settimanale benedettiano aveva i propri fotografi, regolarmente assunti, che mandava in giro a fare reportage ad hoc. Cioè un settimanale che aveva una idea del tutto diversa del fotografo (e della fotografia, che usualmente giganteggiava nelle pagine formato lenzuolo, elemento narrativo principe, a sé stante, autosufficiente, oggetto in sé per sé), e comunque mille miglia lontano dall’idea attuale: giornalista e fotografo erano considerati sullo stesso piano, l’uno e l’altro parte integrante dello stesso team, e non come l’uno al seguito dell’altro. E la fotografia era tenuta in altissimo conto”. Con la cultura del newsmagazine, invece, i periodici “finiscono per diventare dei supermarket della notizia e in questo contesto anche l’immagine perde centralità, per assumere il ruolo di riempitivo, di tappabuchi dentro i menabò”. Foto tagliate, rigirate, scontornate, sabbiate, ripetute, trattate e ritrattate. “Spesso si illustrano gli articoli (anche di cronaca e di attualità stringente) con foto di repertorio che non c’entrano nulla con quel fatto specifico (le guerre in particolare, ma anche i fatti di cronaca nera o giudiziaria)”.
Per quanto riguarda le fotografie, il “rumore di fondo” a cui si riferisce Scianna si è fatto baccano con l’arrivo del digitale e delle tecnologie collegate…
A proposito di fotografia e fotoreportage, leggi anche:
- Il “National Geographic” fa 130 anni: il fascino discreto della geografia
- L’ultimo flash: addio ad Arnaldo Magnani, paparazzo romagnolo amico dei divi di Hollywood
- Stefano Unterthiner, il fotografo che sussurra ai cigni
- Faccia a faccia con Salgado, il fotografo che porta in mostra la Genesi del pianeta Terra
- E gli occhi curiosi e studiosi di Tommaso Protti si posarono sulla vita lungo le acque del Tigri e dell’Eufrate
- Gianfranco Moroldo, l’ultimo guerriero del fotogiornalismo italiano
- Elisa Leonelli, fotoreporter da Modena a Hollywood
- Il selfie del macaco: niente copyright per la creativa scimmia
- Silvestre Loconsolo, due occhi curiosi sulla civiltà che sudava
- Professione fotoreporter: Daniele Pellegrini, figlio d’arte in cerca dell’armonia del mondo
- Ghigo Roli, il fotoreporter che svela i taccuini di Dio
- Neos, un viaggio lungo 20 anni in compagnia dei migliori reporter del bello nel mondo