Il successo del pallone era stato determinato dalla… mancanza di concorrenti. L’aerostato era l’unico mezzo per volare e tanto bastava! Sul piano pratico, però, era una macchina tutt’altro che soddisfacente: pericolosa a causa dei gas usati per il gonfiaggio (tutti infiammabili) e irrimediabilmente sottoposta ai capricci del vento. I tentativi di renderla “dirigibile” (con l’applicazione di motori, eliche e timoni) cominciarono a dare buoni risultati verso la fine dell’Ottocento. Ma, anche in seguito, l’affermazione dei dirigibili sarà ostacolata dall’alto grado d’insicurezza.

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Il 25 luglio 1909 il francese Louis Blériot compie la prima trasvolata della Manica.

L’aeroplano, invece, si presenta come un mezzo completamente nuovo e promettente. Più pesante dell’aria, ha un motore che ne assicura il sostentamento e la propulsione anche controvento.

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L’aviatrice americana Harriet Quimby. Nata nel 1875, diventa nota a New York nel 1903 come giornalista. Vola occasionalmente: ma poi punta al brevetto, che ottiene nel 1911. In seguito va in Inghilterra, col proposito di attraversare la Manica da Dover a Calais (in senso contrario a quello adottato da Blériot tre anni prima). L’impresa le riesce il 16 aprile 1912.

Alcune superfici mobili ne permettono il controllo e la guida in ogni direzione. La sua nascita, comunque, è laboriosa e i passi iniziali molto lenti. Il primo volo dell’americano Orville Wright (17 dicembre 1903) sulla spiaggia di Kitty Hawk nella Carolina del Nord, è un modesto balzo di 36 metri. Anche il brasiliano Alberto Santos-Dumont, nel 1906 a Parigi, non va oltre una sessantina di metri. Poco migliori si rivelano le prove di altri pionieri. Ma nel 1908 i fratelli Wright vengono in Europa con il loro modello più recente e si constata che riescono a stare in aria quasi un’ora, raggiungendo una velocità di circa 70 chilometri orari. L’avvenimento che polarizza l’attenzione della gente sull’esordiente macchina aerea è la prima trasvolata della Manica, compiuta dal francese Louis Blériot il 25 luglio 1909.

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Madame de Laroche con il primo brevetto di pilotaggio rilasciato (maggio 1910) a una signora.

Un mese dopo questo sensazionale episodio ha luogo, a Reims, il primo raduno aereo internazionale, al quale partecipano una trentina di aviatori. E’ proprio a Reims, probabilmente, che le donne prendono per la prima volta contatto con la nuova macchina aerea. Un contatto tutt’altro che simbolico, perché non passano neppure sei mesi ed ecco che viene ufficialmente rilasciato il primo brevetto di pilotaggio a una signora. Lo riceve, l’8 maggio 1910, la “baronessa” francese Elise Deroche.

Nata a Parigi il 22 agosto 1882, Elise in realtà era figlia di un idraulico ed era cresciuta in un ambiente piuttosto umile. Ma fin da bambina aveva mostrato una forte attrazione per le automobili e le motociclette, orientando più avanti – dopo essersi affermata come attrice di teatro con lo pseudonimo di Raymonde de Laroche – la sua passione verso gli aeroplani, che stavano rapidamente imponendosi come i veri dominatori dell’aria. Spigliata e attraente, era rimasta stupita dalle dimostrazioni in volo effettuate a Parigi da Wilbur Wright nel 1908; in seguito, incoraggiata dai diversi aviatori francesi di cui era diventata amica, decise d’imparare a sua volta a volare.

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Elise Deroche (1882-1919): dalle auto alle moto, alla passione finale per gli aeroplani.

L’occasione le venne offerta due anni dopo da Charles e Gabriel Voisin, due fratelli che progettavano e costruivano velivoli nella loro officina di Chalons, a 140 chilometri dalla capitale. Qui Raymonde ricevette le prime lezioni sedendo nella cabina di pilotaggio di un biplano monoposto, che faceva rullare sul prato antistante la fabbrica. Voisin le impartiva le istruzioni correndole a lato o affiancandola a bordo di un automobile: un espediente singolare, che toglie ogni dubbio sulla determinazione e il coraggio della donna. L’evento che ne decise la sorte si verificò il 22 ottobre 1909, quando il velivolo si staccò finalmente dal suolo e percorse in volo una distanza di 270 metri.

Malgrado un incidente capitatole all’inizio di gennaio dell’anno dopo, che le causò una commozione cerebrale e la frattura d’una clavicola – benché non si fosse completamente ristabilita – pochi mesi dopo la De Laroche non esitò ad aggregarsi al gruppo di piloti trasferitosi in Egitto per esibire gli aerei dei Voisin al Salone Aeronautico del Cairo. Il suo irriducibile intento di dedicarsi all’aviazione venne premiato al ritorno in Francia – nella primavera del 1910 – il giorno in cui l’Aéro-Club locale le consegnò il brevetto di pilotaggio numero 36: prima qualifica del genere assegnata a una donna dalla competente Féderation Aéronautique Internazionale (FAI).

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1908: il volo del francese Léon Delagrange a Roma merita la copertina della Domenica del Corriere.

La prevedibile conseguenza di questo strepitoso traguardo è una straordinaria notorietà, che ne fa un ideale modello da imitare. Elise ne è giustamente orgogliosa e accetta volentieri gli inviti a esibirsi in volo che le giungono da ogni parte d’ Europa e del mondo. Riceve calorose accoglienze e graditi riconoscimenti a tutti i raduni aeronautici che si stanno organizzando un po’ ovunque; e, in Russia, viene onorata dalle congratulazioni personali che le rivolge lo zar Nicola II. Il successo la stimola a migliorare la sua esperienza pilotando aeroplani dalle prestazioni via via più avanzate, rimanendo però coinvolta in due gravi incidenti che ne interrompono l’attività aviatoria. Quando riprende a volare, nel novembre del 1913, vince un sostanzioso premio in denaro per aver coperto un tragitto di 323 chilometri in meno di 4 ore.

Il tragico scoppio della prima guerra mondiale distoglie l’interesse da qualsiasi altro argomento; e le poche donne capaci di pilotare vengono esentate dall’arruolamento perché non ritenute idonee ad affrontare i combattimenti. La stessa De Laroche viene ignorata: e deve attendere la fine del conflitto per riprendere a pilotare gli aeroplani di più recente evoluzione. Si getta nella sfida per la conquista del primato femminile di altitudine, che il 17 giugno 1919 porta a 3.900 metri.

Poco dopo, però, apprende che il suo record è stato superato dall’aviatrice statunitense Ruth Law Oliver, che ha raggiunto i 4.270 metri. L’orgogliosa francese risponde di botto, e riconquista il primato raggiungendo i 4.800 metri di quota.

Poi, forte delle proprie competenze tecniche, si trasferisce presso il campo d’aviazione di Le Crotoy con l’intento di intraprendere l’addestramento per diventare la prima collaudatrice femminile di aerei sperimentali. Il 18 luglio 1919 prende posto su una delle macchine da valutare insieme a un esperto copilota. Non si è mai potuto accertare chi abbia commesso un errore o se sia stato l’aeroplano tradire entrambi. Di fatto, in fase di atterraggio, il velivolo sfuggì al controllo, fece una fulminea picchiata e si disintegrò all’impatto col suolo provocando la morte dei due piloti.

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La scultrice Therèse Peltier, portata in volo da Léon Delagrange, l’8 luglio 1908 a Torino.

Certo, prima di Elise Deroche avevano occasionalmente volato altre donne: perché i primi aviatori moderni (come i loro predecessori, ideatori degli aerostati) avevano compreso l’importanza della presenza femminile a bordo delle loro rudimentali macchine volanti. E non avevano lesinato lusinghe e generosi inviti alle donne più influenti per rango o notorietà. Ma poche erano andate oltre l’ebbrezza della prima e unica esperienza, per l’impegno e le incognite ancora collegate al volo. Tra le più precoci e ostinate si può ricordare la scultrice Therèse Peltier – che dalla natia Francia ha seguito l’aviatore Léon Delagrange nei suoi spostamenti e che lui porta in volo – l’8 luglio 1908, a Torino – solo al termine del suo propagandistico giro d’Italia.

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Roma, aprile 1910: la contessa Mary Macchi di Cellere, moglie dell’ambasciatore del Regno d’Italia negli Stati Uniti, accompagna il baffuto Wilbur Wright (realizzatore con il fratello Orville del primo aeroplano a motore) in un volo dimostrativo.

Un diverso atteggiamento terrà la contessa Mary, moglie di Vincenzo Macchi di Cellere, ambasciatore del Regno d’Italia negli Stati Uniti. Nell’aprile del 1910 Wilbur Wright – realizzatore col fratello Orville del primo aeroplano a motore – è a Roma per consegnare uno dei suoi apparecchi, acquistato dall’Esercito italiano. L’americano non ignora che le sue dimostrazioni avrebbero ben altra risonanza se in uno dei voli avesse portato a bordo una donna. Così ha invitato a volare con lui la consorte del diplomatico: la quale, essendo d’origine inglese, parla la stessa lingua del famosissimo pioniere. L’intesa è sfociata dall’invito fatto dai coniugi italiani a dormire nella loro villa – vicina al campo d’aviazione di Centocelle – invece di trascorrere le notti in un hangar accanto al suo velivolo. Ovvio che Wilbur abbia ricambiato la cortesia dell’ospitalità offrendo alla donna l’ambita emozione del volo.

A settembre si svolge a Milano il primo “Circuito aereo internazionale” e, tra i quaranta piloti iscritti, figura la signorina francese Jeanne Hervieu. Di lei non si hanno altre notizie, poiché è passata alla storia solo per avere osato misurarsi con i piloti più abili e spericolati dell’epoca: finendo, naturalmente, in fondo alla classifica. Ma la notizia mette la febbre addosso alle spettatrici e un cronista annota che “tutte le signore vogliono volare”.

Approfittando dei velivoli messi a disposizione per questo scopo e pomposamente definiti “omnibus”, molte dame provano l’inedita emozione, previo un esborso della modica somma di cento lire.

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Lilian Bland veleggia con Mayfly (Farfalla), nel 1910.

In altri Paesi europei si comincia solo ora a prendere coscienza delle straordinarie possibilità dell’aeroplano e a organizzare le prime manifestazioni aviatorie. In Asia, in Sudamerica, si è appena assistito a qualche volo dimostrativo con il mezzo più pesante dell’aria. Anche in questo campo, dunque, le donne sono entrate in scena fin dal primo atto. Anzi: ce n’è già stata una decisa a dimostrare che nemmeno la progettazione e la costruzione dei velivoli sono completamente lasciate all’iniziativa maschile. Lilian Bland, giornalista e fotografa di Belfast, era a Londra nei giorni del trionfo di Blériot. Colpita dall’audacia degli aviatori e trascinata dall’entusiasmo, ha cominciato a seguire l’attività dei pionieri e a impratichirsi del volo. Ispirandosi ai fratelli Wright, ha realizzato un veleggiatore che ha battezzato Mayfly (Farfalla) e che ha collaudato nell’inverno del 1910. Quand’è stata soddisfatta del modo in cui lo padroneggiava gli ha applicato un motore.

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Lilian Bland. Prima che aviatrice, era stata giornalista e fotografa.

La ricerca del propulsore s’è rivelata difficoltosa e la ragazza irlandese è riuscita a farsene spedire uno dalla Gran Bretagna soltanto dopo mesi di trattative. Al momento di toglierlo dall’imballaggio si è accorta che mancava il serbatoio del carburante. Ma questo fatto non ha disarmato l’impaziente Lilian, che ha rimpiazzato il recipiente con una bottiglia di whisky e ha adattato a tubo di conduzione della benzina il corno acustico d’una parente sorda.

Verso la fine d’agosto esegue i primi tentativi di volo, che però sono complessivamente deludenti. Il debole motore non le permette di fare più di qualche salto e miss Bland, sfiduciata, rinuncia all’impresa. Con gli amici si giustifica facendo osservare che la probabile causa del fallimento va attribuita alla stranezza del serbatoio. Sostiene: “Quel motore non l’ha gradito perché non ha il senso dell’umorismo abbastanza sviluppato!…

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Rosina Ferrario, prima donna italiana a ottenere il brevetto di volo, a Vizzola Ticino (Varese) il 3 gennaio 1913, alla fine del corso frequentato alla Scuola d’aviazione dell’ingegner Gianni Caproni su un monoplano Ca-12.

2. Continua. Link agli altri capitoli.

Salvatore Giannella, giornalista che ha ideato e cura con passione questo blog, ha diretto il mensile scientifico del Gruppo L’Espresso Genius, il settimanale L’Europeo, il primo mensile di natura e civiltà Airone (1986-1994), BBC History Italia e ha curato le pagine di cultura e scienza del settimanale Oggi (2000-2007). Ha scritto libri (“Un’Italia da salvare”, “L’Arca dell’arte”, “I Nicola”, “Voglia di cambiare”, “Operazione Salvataggio: gli eroi sconosciuti che hanno salvato l’arte dalle guerre”), curato volumi di Tonino Guerra ed Enzo Biagi e sceneggiato docu-film per il programma Rai “La storia siamo noi” (clicca qui per approfondire).
  1. L’altra metà in cielo. Quando le donne presero il volo
  2. Elise Deroche, Ruth Law Oliver, Therèse Peltier, Mary Macchi di Cellere, Jeanne Hervieu, Lilian Bland e Rosina Ferrario: le antenate di @AstroSamantha nell’epoca degli aeroplani
  3. I primi record delle mitiche antenate di @AstroSamantha: Matilde Moisant, Katherine Stinson, Lillian Boyer e Ruth Law Oliver
  4. Adrienne Bolland, Ruth Elder e Amelia Earhart: un balzo sull’oceano Atlantico delle mitiche antenate di @AstroSamantha
  5. E il mondo si fece piccolo per Amelia Earhart, Amy Johnson, Jean Batten, Sofia de Mikulska e Beryl Markham, le mitiche antenate di @AstroSamantha
  6. La sfida all’oceano Pacifico da parte di una mitica antenata americana di @AstroSamantha: Amelia Earhart
  7. Così la genovese Carina Massone Negrone e le altre antenate di @AstroSamantha Liesel Bach, Marga von Etzdorf, Maude Tait, Florence Klingesmith, Louise Thaden e Jacqueline Cochran, con lo spettacolo di sport e velocità, incantavano folle enormi
  8. Jacqueline Cochran, Betty Gillies e l’epopea delle aviatrici in divisa
  9. Marina Raskova, Lidya Litvyak, Marina Smirnova, Hanna Reitsch, Valérie Andrè: ed Eva partì per le missioni di guerra
  10. La guerra delle due Jacqueline per il primato nei cieli: Jacqueline Douet Auriol e Jacqueline Cochran
  11. Marion Hart, Teodolinda Fornari, Colette Duval, Pelagia Majewska, Juanita Benjamin e Sue Clouston: arrivarono i tempi d’oro delle “nonnine volanti”
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  14. Sulla scia di Valentina Tereshkova, il cielo accoglie tante nuove padrone: Janice Brown, Svetlana Savitskaya, Sally Ride ed Helen Sharman
  15. Jeana Yeager, Marta Bohn Meyer, Barbara Harmer e Samantha Cristoforetti: le donne con le ali ora se ne vanno in giro per il mondo

A cura di Salvatore Giannella e Luigi Butti per Giannella Channel